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— Clara, tesoro, non so cosa dirti e neanche cosa fare. Penso che sarebbe meglio chiamare la Sorveglianza Medica.
Con un gemito di spavento lei si alzò e lo abbracciò, tremante e supplichevole. — Oh, no, Conrad, non è necessario, credimi! Questo non è necessario. Ho soltanto dimenticato di prendere la mia Soporina, ma non succederà più. Tutto ciò di cui ho bisogno è un po’ di Soporina. Ti prego, prendi il mio medibox e vedrai che poi starò bene.
Era così disperata che Conrad si lasciò convincere, e pur di vedere la paura abbandonare il suo volto andò a prendere il medibox di lei e un bicchiere d’acqua.
Pochi minuti dopo aver preso la Soporina la giovane donna s’era calmata, e mentre lui la faceva stendere sul letto rise, con pigra indolenza. — Oh, Conrad, tu prendi tutto così sul tragico. Avevo bisogno della Soporina, nient’altro, e adesso sto benissimo. Dormirò tutto il giorno. Oggi è giorno di riposo, no? Adesso vai pure a gareggiare con il volojet, e smettila di preoccuparti e non pensare più di chiamare nessun sorvegliante medico.
Ma Conrad non andò a fare un’ora di volojet come aveva programmato. Clara s’era riaddormentata solo da pochi minuti quando il visifono squillò: in ufficio avevano bisogno di lui. La città di Santa Fé sarebbe finita nel caos entro una dozzina di ego-rotazioni se i nuovi piani del traffico non fossero divenuti operanti quanto prima. Avrebbero dovuto cominciare ad applicarli nei cinque giorni successivi, cioè quando non sarebbe stato il suo turno di ego-rotazione. E adesso lui e gli altri tre direttori del traffico con cui lavorava dovevano familiarizzarsi con la nuova operazione, per essere pronti fin dal primo giorno del loro prossimo turno.
Conrad diede un’occhiata a Clara prima d’uscire e la trovò profondamente addormentata, nella totale sospensione di coscienza prodotta dalla razione di droga prescrittale. Al ricordo del suo spiacevole comportamento ebbe ancora una smorfia, tuttavia ora che l’episodio era chiuso non volle preoccuparsene più. Era tipico di lui togliersi dalla mente ogni guaio, una volta rimesse le cose sul binario giusto: ora non avrebbe più pensato a lei fino a sera.
Fin dal 1950 il pioniere dell’ingegneria delle comunicazioni Norbert Wiener aveva dimostrato che c’era una stretta relazione fra la dissociazione delle personalità e il disordine in un sistema di comunicazioni. Wiener s’era riferito specificamente alla prima chiara descrizione, fatta da Morton Prince, delle personalità multiple che convivevano in uno stesso corpo. Prince aveva studiato solo casi individuali, e le sue osservazioni non erano del tutto accettabili ai tempi di Wiener. Comunque, nella società schizofrenica del XXIX Secolo uno dei maggiori problemi consisteva nell’equilibrare le attività della popolazione inserita, oppure disinserita, nei sistemi di comunicazione.
Per quel che riguardava Conrad e gli altri esperti del traffico presenti alla riunione, Santa Fé era un’area d’ingresso e di uscita per 100.000 corpi umani, i quali consumavano più di quel che producevano ogni singolo giorno dell’anno. Qualunque cosa stabilissero i rappresentnati della Sorveglianza Medica e dell’Ufficio delle Comunicazioni, non avrebbero dovuto esserci grossi mutamenti nel tipo di generi alimentari o altri prodotti di consumo in ingresso a Santa Fé, e Conrad avrebbe potuto farsi un’idea dell’intero nuovo piano del traffico in dieci minuti dopo che il problema fosse stato messo in tavola. Ma, come al solito, lui e gli altri esperti del traffico dovettero starsene seduti per due ore mentre le rotelline della Sorveglianza Medica e dell’Ufficio delle Comunicazioni giravano sui loro problemi circa l’equilibrio della popolazione.
Per loro, Conrad doveva pur ammetterlo, Santa Fé non rappresentava soltanto 100.000 corpi umani in attività: le personalità umane erano 200.000, due per ogni corpo. Talvolta Conrad si chiedeva come se la sarebbero cavata se i casi di tre o quattro personalità multiple, così frequenti nel XX e nel XXI Secolo, fossero stati permessi. Le 200.000 personalità che si alternavano a Santa Fé erano già un problema abbastanza complesso.
Come tutte le città, Santa Fé operava su cinque turni di ego-rotazione: A, B, C, D, ed E.
Per Conrad questo significava dunque che a Santa Fé quello era il giorno di riposo suo e di altri 20.000 ipoego del turno D. Quella sera, verso le 18, costoro si sarebbero recati in un gabinetto per la ego-rotazione e sarebbero stati rimpiazzati dai loro iperego, i quali avevano gusti diversi in fatto di cibarie e di divertimenti, e usavano diverse quantità di droga.
L’indomani sarebbe stato il giorno di riposo per gli ipoego del turno E, i quali a sera avrebbero anch’essi lasciato il corpo ai loro iperego.
Il giorno successivo sarebbe stato quello di riposo per gli ipoego del turno A, e tre giorni più tardi tutti gli iperego del turno D, incluso Bill Walden, si sarebbero riposati fino a sera, quando nuovamente Conrad e ogni altro ipoego cittadino del turno D avrebbero ripreso possesso dei loro corpi per cinque giorni consecutivi.
In quel momento il guaio in una città isolata come Santa Fé, la cui popolazione lavorava solo per il suo mantenimento, stava nel fatto che troppa gente anziana del turno D e del turno E stava morendo. Il problema fu illustrato da un ambizioso e attivo giovanotto delle Comunicazioni.
Conrad mugolò rassegnato quando, proprio come avrebbe giurato, un ufficiale della Sorveglianza Medica s’affrettò a dimostrare, carte alla mano, che la Sorveglianza aveva già previsto quell’aumento di decessi, raccomandando da tempo che le Comunicazioni provvedessero a spostare in quell’area nuovi cittadini appartenenti ai turni D ed E.
Presto fu evidente che qualcuno delle Comunicazioni aveva fatto uno sbaglio, sopravvalutando il numero di persone del turno A e del turno B che dovevano essere trasferite a Santa Fé. Di conseguenza in uno dei giorni di riposo non c’era abbastanza gente al lavoro per mandare avanti ogni attività, mentre in quelli successivi c’era un sovrappiù di lavoratori che erano costretti a starsene con le mani in mano e incrementavano il traffico cittadino.
Non ci furono scambi di accuse né diatribe accese, né discorsi emotivi. La riunione fu soltanto fatta di esposizioni pacate, perfettamente logiche e noiosissime. Conrad sopportò doverosamente quelle due ore di chiacchiere, ogni tanto pensando al volojet che ormai per quel giorno se ne andava in fumo. Quando finalmente il problema di come riequilibrare il numero di cittadini attivi nei vari turni di ego-rotazione fu riassunto in cifre, a lui e agli altri direttori del traffico bastarono pochi minuti per applicare quei dati al nuovo schema di funzionamento delle strade e dei mezzi pubblici.
Abbastanza disgustato, al termine della riunione Conrad uscì e andò a pranzo al Tennis Club.
Mancavano ancora due ore al termine del suo giorno di riposo quando Conrad s’accorse che Bill Walden stava cercando di nuovo di costringerlo a lasciargli il corpo in anticipo. In quel momento Conrad era nel bel mezzo di una partita di tennis, e inoltre non gli piaceva l’idea di regalare all’altro due ore del turno che apparteneva a lui. In genere la gente eseguiva la ego-rotazione giusto all’ora stabilita, ogni cinque giorni, ed era inteso che un iperego non dovesse usare il suo potere per forzare in anticipo il cambiamento di turno. Già da tempo qualcuno parlava di eliminare i termini «iperego» e «ipoego», definendoli discriminanti, poiché la loro esistenza era giustificata solo dal fatto, antisociale, che gli iperego avevano il potere di effettuare di forza la ego-rotazione in anticipo.
Erano già parecchi turni che Bill Walden imbrogliava, rubando da due a quattro ore di proprietà del suo ipoego. Conrad avrebbe potuto fare rapporto alla Sorveglianza Medica, senonché anche lui era colpevole di un misfatto per il quale Bill Walden non s’era ancora lamentato ufficialmente. A differenza del sedentario Walden, Conrad Manz era un patito dell’attività fisica. Indulgeva più del normale in sport abbastanza violenti e dormiva poco, lasciando che a pagare i suoi sforzi fisici fosse poi Bill Walden durante il suo turno. Questo, pensò Conrad, era senza dubbio il motivo per cui il povero bastardo aveva cominciato a rubare qualche oretta dal suo giorno di riposo.
Conrad sogghignò fra sé al ricordo della volta in cui Bill Walden aveva registrato una lunga lista di sport da cui desiderava che lui si astenesse: le gare di volojet, l’esplorazione subacquea, i razzo-sci e altri. Questo non aveva fatto che dare a Conrad alcune idee nuove. E la Sorveglianza Medica aveva rifiutato di avallare quella lista, sulla base del fatto che gli sport violenti erano necessari all’equilibrio psicofisico di Conrad. Il povero vecchio Bill aveva allora scritto a Conrad una nota, con cui minacciava di citarlo in giudizio se avesse riportato danni fisici a causa di quegli sport. Come se pensasse d’avere qualche possibilità contro un regolamento della Sorveglianza Medica!
Conrad sapeva che sarebbe stato inutile cercar di finire la partita di tennis. Quando Bill cominciava a forzarlo perché abbandonasse il corpo, non riusciva a concentrarsi su quel che stava facendo e perdeva interesse nella cosa. Con un forte colpo di rovescio spedì la palla nel campo del suo avversario, in una curva impossibile da intercettarsi.
— Per oggi basta! — gridò all’altro. — Ho qualche cosetta da fare prima che scada il mio turno. Ci vediamo!
Stanco e sudato s’avviò senza fretta agli spogliatoi e alle docce del Tennis Club, mise i suoi abiti e i suoi effetti personali in un pacco postale, includendovi anche il medibox, vi scrisse l’indirizzo di casa sua e lo spinse nell’apparecchiatura che l’avrebbe spedito automaticamente. Poi si lavò.
Completamente nudo riattraversò il locale, premette il suo bracciale d’identità su un terminale e batté sulla tastiera le sue misure. L’apparecchiatura gli fornì un indumento molto semplice e aderente: il tipo standard usato per la ego-rotazione. Lo indossò, senza preoccuparsi di tornare ad asciugarsi meglio.
Fatto ciò salutò ad alta voce gli uomini e le donne che conosceva di vista, uscì dalle docce e s’incamminò fuori dal Tennis Club.
Conrad si sentiva fisicamente troppo bene per stare a intristirsi sulla fine del suo turno. Dopotutto, si disse, ciò che accadeva era soltanto che da lì a cinque giorni uno se ne tornava nel proprio corpo. L’importante per lui era sfruttare bene il giorno di riposo. Spesso si era rammaricato che l’ultimo del turno non fosse un giorno lavorativo, cosa che l’avrebbe reso più lieto di mettervi termine. Ma quella legge si basava sul principio che uno aveva il dovere di riposare il corpo prima di lasciarlo all’altra personalità. Be’, il povero vecchio Bill non si sarebbe visto consegnare un corpo molto riposato. Probabilmente avrebbe dormito per una dozzina d’ore di fila, pensò.
Una tranquilla passeggiata per le strade affollate portò Conrad alla più vicina stazione pubblica per l’ego-rotazione, e quando fu all’interno cercò un gabinetto libero. Mentre stava per aprire la porta vide una ragazza uscire dal gabinetto adiacente, e non poté fare a meno di lanciarle un’occhiataccia. La giovane si stava ancora risistemando i capelli. Come al solito c’era una quantità di maleducati, le donne in particolare, a cui non sembrava importare affatto il buon comportamento connesso all’ego-rotazione. Uscivano mentre ancora si stavano sistemando il trucco e i capelli, incuranti che chiunque potesse vederli a metà della loto toeletta.
Conrad premette il bracciale d’identificazione sulla serratura ed entrò nel piccolo locale. Con quel gesto aveva automaticamente inviato sia l’ora sia il suo numero di ego-rotazione al Centro Sorveglianza Medica.
Appena la porta fu chiusa andò al lavandino e premette il pulsante che forniva il solvente per il trucco. Malgrado il furto di quelle due ore del suo giorno di riposo stabilì d’essere gentile con il vecchio Bill, anche se era stato tentato di non levarsi il trucco. Quello era uno scherzo che a volte lo divertiva, in specie se messo in atto contro un tipo privo d’umorismo come il povero Walden.
Conrad si passò la crema sul volto, si sciacquò con l’acqua e poi si girò per lasciarsi asciugare dalla corrente d’aria calda. Lo specchio gli rimandò l’immagine di un volto forte dai lineamenti decisi, ma senza il trucco questi non riflettevano appieno l’espressione tipica della sua personalità e fece una smorfia.
Fu solo mentre distoglieva gli occhi dallo specchio che ricordò di non aver parlato a sua moglie prima dell’ego-rotazione. Be’, ormai non sarebbe stato decente chiamarla e lasciarle vedere la sua faccia senza il trucco.
Andò al visifono, regolò l’apparecchio per mandare a casa sua soltanto un messaggio scritto, e batté sulla tastiera: «Salve, Clara. Spiacente di non averti chiamato prima. Bill Walden mi costringe di nuovo a fare la rotazione in anticipo. Spero che ti sia ripresa dalla faccenda di questa mattina. Fai la brava ragazza e al prossimo turno accoglimi con un bel sorriso. Ti amo. Conrad».
Per un attimo, quando l’ego-rotazione avvenne, il corpo di Conrad Manz fu solo un involucro disabitato. Poi la personalità di Bill Walden emerse nelle circonvoluzioni del cervello, e l’espressione noncurante ed energica di Conrad fu sostituita da quella di affettata compostezza tipica di Bill.
La pelle, fino a poco prima rilassata dall’azione fisica, sotto un diverso schema di tensioni neuromuscolari si stirò, rivelando d’un tratto un volto ansioso e intelligente. Per alcuni secondi ci furono delle contrazioni spasmodiche, mentre l’attività del sistema nervoso vegetativo di Bill Walden si scontrava con l’omeostasi interna che Conrad Manz aveva lasciato dietro di sé. Poi le glandole presero a immettere nella circolazione diverse quantità di sostanze, le ipersensibili estremità vascolari si chiusero e la faccia impallidì un poco.
Appoggiato al lavandino Bill Walden ansimò e grugnì, odiando l’odore del solvente del trucco che gli entrava nel naso. Ma l’unica cosa che riusciva a pensare continuava a roteargli nella mente, allarmante e minacciosa: Loro ci prenderanno. Non ci vorrà molto prima che Helen cominci a sospettare di Clara. Già la irrita molto il fatto che Clara riesca a prolungare il suo turno, e se venisse a sapere da Mary che io anticipo la rotazione con Conrad… Da ora in poi ogni turno potrà essere quello in cui mi troverò a guardare in faccia un sorvegliante medico armato di una siringa, pronto a infilarmela in un braccio. E allora tutto sarà finito.
In quel momento, comunque, non c’erano sorveglianti medici in attesa. Sentendosi ancora un po’ irreale ma avido di non sprecare quelle ore preziose, Bill tolse dal distributore automatico una confezione standard per il trucco e cominciò a rifarsi la faccia. A differenza del pesante e disgustoso make-up che ogni tanto Conrad Manz gli lasciava sulla pelle, il suo trucco era scarso e molto leggero. Si pettinò i capelli alla meglio. Conrad li portava sempre troppo corti per i suoi gusti, ma quello era uno dei particolari più insignificanti per cui avrebbe dovuto lamentarsi.
Sedette su una sedia per lasciar libero corso ad alcuni aspetti secondari dell’ego-rotazione. Sapeva che un’ora dopo esser uscito dal gabinetto il suo metabolismo basale sarebbe stato dieci punti più alto. Il tasso di zucchero nel sangue si sarebbe abbassato, e nei successivi cinque giorni avrebbe perso due o tre chili di peso, che Conrad avrebbe riguadagnato prontamente.
Era già sul punto di uscire quando ricordò che doveva dare una scorsa al riassunto-notizie. Poggiò il bracciale d’identità sul terminale di un video, e nella rastrelliera sottostante scivolò una fotostampa in cui erano condensate le notizie di cronaca degli ultimi cinque giorni. Il bracciale, ovviamente, aveva richiamato l’edizione apposita e per gli iperego del turno D.
Sul riassunto-notizie non compariva il nome di nessun iperego del turno D. Se uno di loro avesse fatto qualcosa che Bill, o altri iperego dello stesso turno, aveva necessità di sapere, era possibile ottenere un’edizione particolare… ma composta in modo che non vi comparivano i nomi delle personalità in oggetto, mentre nomi e foto di iperego e di ipoego appartenenti ad altri turni venivano invece liberamente usati. Questo aveva lo scopo di far risultare Conrad Manz e tutti gli ipoego del suo turno inesistenti per ciò che riguardava i loro iperego. E questo regolamento rendeva necessario l’uso di videofoto su carta sensibile che divenivano illeggibili circa sei ore dopo la stampa, affinché un individuo non si trovasse davanti agli occhi notizie relative al suo ipoego.
Bill però non guardò neppure il riassunto-notizie; l’aveva chiesto solo per salvare le apparenze. Per riprendere a vivere e lavorare dopo un intervallo di cinque giorni era necessario sapere cosa fosse successo nel mondo nel frattempo. Nessuno usciva da un gabinetto per l’ego-rotazione senza essersi studiato il notiziario. E poteva essere proprio una piccola svista di quel genere ad attirare sospetti su di lui.
Bill applicò il bracciale alla serratura, attese che la porta si aprisse e uscì in strada.
Attorno a lui scorreva la folla del tardo pomeriggio. Dall’altra parte del viale, sul campo d’atterraggio degli elitaxi, sciamavano passeggeri in arrivo e in partenza. Bill ebbe qualche difficoltà a capire in quale zona della città Conrad l’aveva lasciato, e dovette oltrepassare un paio di isolati prima di ritrovare l’orientamento. Infine salì su un’auto pubblica a due posti, accese il motore con il bracciale d’identificazione e accelerò per inserirsi nel traffico. Senza dubbio Clara era ansiosa di vederlo, ma come prima cosa doveva andare a casa e vestirsi.
Il pensiero di Clara che lo attendeva nel parco a poca distanza dalla sua abitazione gli ricordò la stranezza del momento che stava vivendo. Bill si trovava in un mondo che secondo la legge non doveva neppure esistere per lui, letteralmente, perché quello era ancora il mondo del suo ipoego Conrad Manz.
Probabilmente più avanti avrebbe incrociato nel traffico gente che conosceva tanto lui quanto Conrad: gente di altri turni, la quale non parlava mai delle sue piccole incursioni nei turni altrui salvo a lasciarlo capire con piccole maliziose battute, che non potevano fare a meno di buttare lì così come gli altri non potevano fare a meno di ascoltare. Dopotutto, per un individuo la persona più importante al mondo restava il suo alter-ego: se lui si ammalava o aveva un incidente, o moriva, quella era la fine per entrambi. Senza parlare di una quantità di situazioni drammatiche in cui inevitabilmente potevano esser coinvolti tutti e due.
Così, nei momenti d’intimità o di umore particolare, capitava di sussurrare in tono di complicità: se mi dici cosa fa il mio ipoego, io ti dirò cosa fa il tuo ipoego… Erano solo le cattive maniere esibite in pubblico che potevano far arrossire qualcuno, o mettergli la paura che la gente riferisse del suo morboso interesse per l’alter-ego a un sorvegliante medico, il quale gli avrebbe subito prescritto dosi di droga più massicce.
Ma perfino il più inveterato abusatore di quei piccoli maliziosi sussurri sarebbe rimasto inorridito nell’apprendere che lì, nel mezzo del traffico pomeridiano, c’era un uomo che usava il suo antisociale potere di anticipare il turno per incontrare in segreto la moglie del suo stesso ipoego!
Bill non aveva bisogno di chiedersi cosa ne avrebbe pensato la Sorveglianza Medica. Le relazioni fra iperego e ipoego di sesso opposto erano non soltanto proibite, ma drasticamente punite.
Quando fu entrato nell’appartamento Bill ricordò che doveva ordinare la cena per sua figlia Mary. Usò il bracciale, batté sulla tastiera il menu del giorno, e quando il cibo arrivò dal tubo pneumatico lo mise nel riscaldatore elettrico. Cercò di scrivere una nota per la ragazzina, ma dopo aver gettato un paio di fogli nel cestino vi rinunciò. In quel momento non riusciva a trovare niente da dirle.