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PR1OR, Philip Hugh. Nato 31 Maggio 2232, New York General Hospital. New York. Primogenito di Prior, Lyle Martin e di Prior, Ava Leonard. Peso alla nascita 3 kg. e 5 hg."
Seguiva un'elaborata descrizione del bambino, nei più minuti particolari, e infine c'era l'identificazione del gruppo sanguigno e del tipo genetico, in codice. Walton lascio perdere, impaziente, tutti questi particolari, per arrivare alla condanna impressa in lettere maiuscole verdi, precise e impersonali, in fondo alla tessera:
"ESAMINATO ALLA CLINICA EUT. DI N.Y. 10 GIUGNO 2332. SI RACCOMANDA EUTANASIA"
Diede un'occhiata all'orologio; erano le dieci e ventisei. Il bambino si trovava ancora, probabilmente, in un punto preciso dei laboratori della clinica, in attesa che l'ascia simbolica calasse per sempre sul suo capo innocente.
Walton aveva predisposto personalmente il programma; la camera a gas donava il Sonno Felice ogni giorno alle undici e quindici. Aveva circa mezz'ora per salvare la vita a Philip Prior.
Si voltò, cautamente, cercando di vedere se qualcuno lo stava osservando; nessuno in vista. Si infilò la tessera del bambino nella tasca della giacca.
Fatto questo, programmò la richiesta di un decodificatore per i simboli genetici usati nella clinica. I simboli cominciarono ad arrivare, e Walton rapidamente li usò per tradurre le parole incomprensibili che gremivano la tessera di Philip Prior. Finalmente scoprì il simbolo che cercava: "3f2 propenso alla tubercolosi".
Consultò il foglio delle istruzioni, che aveva con sé, e programmò un messaggio per la macchina: "Revisione della tessera numero 3216847AB1 in arrivo. Prego compiere modifica in tutti i circuiti".
Proseguì rielaborando la tessera del bambino, omettendo il simbolo fatale "3f2" e l'annotazione che raccomandava l'Eutanasia dalla nuova versione. La macchina fece "bip", e questo significava che l'ordine era stato ricevuto ed eseguito. Walton sorrise. Fino a quel momento, era andato benissimo.
Poi chiese alla macchina di ritrasmettergli l'intera documentazione che riguardava il bambino. Dopo la solita pausa, una tessera col numero 3216847AB1 uscì dalla fessura. Walton la lesse.
Le cancellature erano state fatte. Per quello che riguardava la macchina, Philip Prior era un bambino normale e sanissimo.
Diede una nuova occhiata all'orologio. Le dieci e trentasette. Ancora ventitré minuti prima che il gruppo di condannati del mattino venisse sottoposto al Sonno Felice.
Adesso veniva il momento dell'autentica prova: sarebbe riuscito a strappare il bambino dalle mani dei medici senza attirare troppa attenzione su di sé, nel corso dell'esecuzione del piano?
Cinque dottori stavano lavorando quando Walton entrò nella sezione principale della clinica. Dovevano esserci almeno cento bambini laggiù, ciascuno in un suo piccolo recinto, e i dottori andavano da uno all'altro, mentre genitori ansiosi osservavano dall'alto, attraverso grandi schermi.
La Legge del Controllo prescriveva che ciascun bambino fosse presentato alla clinica locale entro due settimane dalla nascita, per subire un esame e ricevere un certificato. Su diecimila bambini, in media a uno veniva negato un certificato… e il diritto di vivere.
— Salve, signor Walton. Che cosa la porta quaggiù?
Walton sorrise gentilmente. — Semplice e normale controllo di routine, dottore. Cerco di mantenermi in contatto con tutte le nostre sezioni, sa, anche se è un lavoro duro.
— Poco fa anche il signor FitzMaugham è venuto quaggiù a dare un'occhiata. Oggi stiamo ricevendo una vera serie di ispezioni, signor Walton!
— Uhm. Sì. — Questo non piacque a Walton, ma non poteva farci niente. Avrebbe dovuto confidare nella fiducia cieca che il vecchio nutriva per il suo protetto, per uscire da qualsiasi pasticcio fosse scaturito dalla sua iniziativa, e questo non era molto.
— Ha visto mio fratello? — chiese.
— Fred? Lavora nella sala sette, prepara delle analisi. Vuole che glielo vada a chiamare, signor Walton? Posso fare in un momento.
— No… no, non lo disturbi, grazie. Lo andrò a cercare io più tardi. — Interiormente, Walton si sentì sollevato. Fred Walton, suo fratello minore, era un medico che lavorava per Poppy. Non c'era molto affetto tra i due fratelli, e Roy non voleva che Fred sapesse della sua presenza laggiù, e meno che meno voleva averlo tra i piedi in un momento del genere.
Girando con aria distratta per la clinica, diede un'occhiata ad alcuni bambini piccoli, grassocci e spaventati, e disse: — Avete trovato molti sub, oggi?
— Sette, fino a questo momento. Sono già pronti per la seduta delle undici. Tre tubercolotici, due ciechi, un caso di sifilide ereditaria.
— Sono soltanto sei — disse Walton.
— Oh, e uno spastico — disse il dottore. — Il nostro più grande raccolto, finora. Sette in una mattinata sola.
— Qualche guaio con i genitori?
— Che ne dice, lei? — domandò il dottore. — Ma alcuni mi sono sembrati comprensivi. Però il padre di uno dei tre tubercolotici per poco non ha fatto saltare il tetto. Poppy e tutto il resto.
— Non ricorda il nome? — domandò Walton, con un brivido improvviso, ma fingendo la massima calma.
Silenzio per un istante.
— No. Accidenti, non ci riesco. Se vuole posso cercare di trovarlo.
— Non si preoccupi — disse Walton frettolosamente.
Si mosse, e camminò lungo il corridoio tortuoso che conduceva alla camera delle esecuzioni. Falbrough, l'addetto alle esecuzioni, stava studiando un elenco di nomi, ed era seduto dietro la sua scrivania, quando Walton apparve.
Falbrough non sembrava il tipo d'uomo che amasse il proprio lavoro. Era piccolo e grassoccio, aveva un testone calvo a cupola, e i suoi occhi celesti brillavano del riflesso delle lenti a contatto.
— 'Giorno, signor Walton — disse.
— Buongiorno, dottor Falbrough. Tra poco sarà l'ora della sua operazione, vero?
— Le undici in punto, come sempre.
— Bene. C'è un nuovo regolamento in vigore da questo momento in poi — disse Walton. — Per mantenere la pubblica opinione dalla nostra parte.
— Signore?
— D'ora in poi, e fino a nuovo ordine, lei dovrà controllare la tessera di ogni bambino che verrà sottoposto all'operazione nell'archivio centrale, per essere completamente certo che non si verifichino errori. Capito? Ogni bambino.
— Errori? Ma come…
— Non si preoccupi di questo, Falbrough. Ieri c'è stato un errore veramente tragico in uno dei centri europei, un errore quasi impossibile, e che pure è accaduto. Potremmo trovarci tutti appesi a una corda, se la notizia si diffondesse. Perciò tenga la bocca chiusa, e faccia come le è stato detto. — "Ma fino a qual punto posso continuare a raccontare delle panzane così grosse? Ho scoperto una nuova arte" pensò Walton, per metà disgustato e per metà sbalordito, non avendo mai creduto di essere un bugiardo così spudorato.
Falbrough assunse immediatamente un'espressione grave e compunta: — Capisco, signore. Naturalmente. D'ora in avanti, ci sarà un doppio controllo. Non ci saranno errori, glielo assicuro.
— Bene. Cominci con il turno delle undici.
Walton non avrebbe sopportato di rimanere ancora più a lungo nella clinica. Gli pareva che la tensione si fosse fatta palpabile, insopportabile. Uscì da una porta secondaria, e chiamò un ascensore.
Qualche minuto più tardi fu di nuovo nel suo ufficio, dietro il rifugio sicuro offerto dalla barricata torreggiante di lavoro arretrato da svolgere. Il cuore gli batteva molto forte; aveva la gola secca, e le mani gli tremavano un poco. Ricordava ciò che gli aveva detto FitzMaugham: "Se facciamo anche una sola eccezione, l'intera struttura crollerà".
Be' allora la struttura aveva cominciato a crollare. E Walton aveva pochi dubbi sul fatto che FitzMaugham fosse già al corrente, o venisse presto al corrente, di quello che lui aveva fatto. Avrebbe dovuto coprire le eventuali tracce del suo operato. Il cielo sapeva, però, cosa avrebbe dovuto fare.
L'operatore del centralino chiamò e disse: — Il dottor Falbrough di Sonno Felice le vuole parlare, signore.
— Me lo passi.
Lo schermo si illuminò e vi apparve il viso di Falbrough; i suoi lineamenti paciosi apparivano sconvolti.
— Che c'è, dottore?
— È stata una fortuna che lei abbia dato quell'ordine poco fa, signore! Non riuscirà mai a indovinare quello che è accaduto.
— Lasciamo perdere gli indovinelli, Falbrough. Mi dica tutto…
— Io… be', signore, ho eseguito il controllo sui sette bambini che mi hanno mandato questa mattina. E indovini… cioè, volevo dire… be', uno di loro non avrebbe dovuto essere mandato da me!
— No!
— È la pura verità, signore. Un bambino perfetto, davvero. Ho qui la sua tessera. Il nome è Philip Prior, e le sue caratteristiche genetiche sono in perfetto ordine. In perfetto ordine, capisce?
— Ci sono delle raccomandazioni per l'eutanasia, sulla tessera? — domandò Walton.
— No, signore.
Walton cominciò a mordicchiare una matita logora e consunta, allora, fingendo di provare una grande ansia.
— Falbrough, dobbiamo tenere questa faccenda sotto silenzio. Non deve trapelare neppure una parola. Qualcuno ha sbagliato nel reparto esami, e se si sparge la voce di un errore, anche di uno solo, Poppy sarà invaso da una folla furibonda nel giro di pochi minuti.
— Sì, signore. — Falbrough aveva un'aria terribilmente grave e severa. — Che cosa devo fare, signore?
— Non dica una sola parola su quanto è accaduto a "nessuno", nemmeno agli uomini del reparto esami. Prepari un certificato per il bambino, cerchi i genitori, presenti le nostre scuse e glielo restituisca. E si assicuri che, d'ora in poi, i controlli siano sempre applicati con il massimo rigore.
— Può contarci, signore. È tutto?
— È tutto — disse seccatamente Walton, e tolse la comunicazione. Sospirò profondamente, e guardò la parete, senza vederla.
Il piccolo Prior era salvo. E adesso lui, davanti agli occhi della legge… la Legge del Controllo… era un criminale. Lui, Roy Walton. Era un criminale come l'uomo che aveva cercato di nascondere agli investigatori il padre morente, o come i genitori in ansia che tentavano di corrompere un dottore del centro esami.
Si sentiva curiosamente sporco. E, adesso che aveva tradito FitzMaugham e la Causa, adesso che era tutto finito, non riusciva a capire bene perché l'aveva fatto, perché aveva messo a repentaglio il programma Poppy, la sua posizione… e perfino la sua vita… per salvare un bambino potenzialmente tubercoloso.
Be', la cosa era fatta.
No. Non del tutto. Più tardi, quando le acque si fossero calmate, avrebbe dovuto terminare il lavoro trasferendo tutti gli uomini che si trovavano nella clinica in località molto distanti tra loro, e cancellando totalmente i ricordi del computer sulle attività svolte nel corso della mattinata.
L'operatore chiamò di nuovo.
— C'è suo fratello in linea, signore. Debbo inoltrarle la chiamata?
Le mani di Walton furono scosse da un tremito impercettibile, nell'udire quelle parole.
Comunque, doveva dare una risposta, e quella risposta poteva essere solo una.
— Me lo passi pure — disse.
Era buona regola di Fred — chissà come ci riusciva — di farsi vivo soltanto quando doveva dire o fare qualcosa di spiacevole. E, in genere, si trattava di qualcosa di spiacevole per "lui".
Nel suo stato d'animo, Walton immaginò, con grande paura, che la chiamata di suo fratello non preludesse a niente di buono. Avrebbe potuto scommetterci, tanto ne era sicuro.