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Si fece passare la capo-centralinista. L’Osservatorio Cole era stato talmente inondato di chiamate da parte di astronomi dilettanti, che aveva trovato necessario chiedere alla compagnia telefonica di bloccare tutte le telefonate in arrivo, salvo quelle interurbane o intercontinentali provenienti da altri osservatori.
— Grazie, — disse Roger. — Vuol chiamarmi un tassì?
Era una richiesta insolita, ma la capo-centralinista gli fece il favore e glielo chiamò.
Trovò l’Osservatorio Cole praticamente ridotto a un manicomio.
La mattina dopo, la maggior parte dei giornali riportava la notizia. Per lo più, le dedicavano quattro o cinque righe in una pagina interna. Comunque, la notizia c’era.
Un certo numero di stelle, diceva la notizia, per lo più quelle più luminose, nel corso delle ultime quarantott’ore avevano sviluppato dei movimenti propri percepibili a occhio nudo.
— Questo non significa, — diceva il New York Spotlight, in un pietoso tentativo di far dello spirito, — che i loro movimenti siano stati in qualche modo impropri, in passato. Per un astronomo, “movimento proprio” significa il moto di una stella attraverso la sfera celeste, relativo ad altre stelle. Fino ad oggi, la “stella di Barnard”, nella costellazione di Ofiuco, ha mostrato un moto proprio più grande di qualunque altra stella conosciuta, spostandosi alla velocità di dieci secondi e un quarto all’anno. La “stella di Barnard” non è visibile a occhio nudo.
È probabile che la notte successiva nessun astronomo in tutta la Terra abbia dormito. Gli osservatori sprangarono le porte, con dentro il personale al gran completo, senza far entrare nessun altro, salvo qualche occasionale cronista che, dopo essere rimasto un po’, se ne andava via, il volto perplesso, finalmente convinto che stesse accadendo davvero qualcosa di strano.
Gli “acchiappafarfalle” sfarfalleggiavano, e gli astronomi ammiccavano. Furono consumati ettolitri di caffé. Le squadre antidimostranti della polizia furono chiamate d’urgenza da sei osservatori degli Stati Uniti. Due di queste chiamate furono provocate da tentativi d’irruzione da parte di dilettanti e pazzoidi. Le altre quattro da scazzottate accesesi, dopo violente discussioni, tra il personale stesso degli osservatori. Uffici e laboratori dell’osservatorio di Lick furono devastati, e James Truwell, astronomo reale, fu ricoverato al London Hospital con una lieve commozione cerebrale, dopo che una massiccia lastra fotografica gli era stata spaccata in testa da un dipendente infuriato.
Ma questi incidenti furono eccezioni. In generale gli osservatori erano manicomi bene ordinati.
Il centro dell’attenzione, nei più intraprendenti, era l’altoparlante, attraverso il quale si apprendevano le notizie che provenivano continuamente dall’emisfero orientale. Praticamente tutti gli osservatori tenevano continui contatti telefonici col lato notturno della Terra, dove i fenomeni astronomici continuavano ad esser tenuti sotto osservazione.
In pratica, gli astronomi sotto i cieli notturni di Singapore, Shangai e Sidney snocciolavano i dati delle loro osservazioni direttamente agli apparecchi telefonici posti all’estremità di linee lunghe mezzo pianeta o più.
Di particolare interesse erano i rapporti provenienti da Sidney e Melbourne, che descrivevano i cieli del sud, non visibili — neppure di notte — dall’Europa o dagli Stati Uniti. In base a quei rapporti, la Croce del Sud non era più una croce, con le due stelle più brillanti spostate verso nord. Alfa e Beta Centauri, Canopo e Achernar mostravano anch’esse dei considerevoli moti propri — tutte, in generale, verso nord. Il Triangolo Australe e le Nubi di Magellano erano rimasti inalterati. Sigma Octanis, la debole stella polare meridionale, non si era minimamente mossa.
Quindi le perturbazioni del cielo meridionale erano assai inferiori di quelle del cielo settentrionale, come numero di stelle spostate. Tuttavia, i moti propri relativi delle stelle perturbate erano assai maggiori. E anche se la direzione generale delle poche stelle che si muovevano era il nord, le loro traiettorie non puntavano direttamente a nord, né convergevano tutte verso un unico punto dello spazio.
Gli astronomi degli Stati Uniti e dell’Europa digerirono questi fatti e bevettero dell’altro caffé.
I giornali della sera, in particolare in America, mostrarono di essersi finalmente accorti che qualcosa d’insolito e sconvolgente stava accadendo nei cieli. La maggior parte di essi spostarono il servizio in prima pagina — ma non ancora fra i titoli di testa — dandogli mezza colonna di testo, e magari anche un “continua in… pagina”, la cui lunghezza dipendeva dal fatto che il direttore avesse avuto oppure no la fortuna di strappare una qualche dichiarazione a un astronomo.
E le dichiarazioni, quand’erano ottenute, si limitavano a esporre i fatti, ma non le opinioni. Già i fatti in sé, dicevano quei signori, erano abbastanza sorprendenti, ed esprimere opinioni sarebbe stato prematuro. Aspettate e vedrete. Qualunque cosa stia accadendo, accade in fretta.
— Quanto in fretta? — chiese un direttore.
— Più in fretta di quanto sia possibile, — fu la risposta.
Ma forse non è del tutto esatto dire che nessun direttore riuscì a ottenere delle opinioni così presto. Charles Wagren, l’intraprendente direttore del Chicago Blade, spese una piccola fortuna in telefonate interurbane e intercontinentali. Su una sessantina di tentativi, alla fine riuscì a raggiungere i direttori di cinque osservatori. E fece a tutti la stessa domanda:
— Qual è la sua opinione sulla possibile causa, qualunque essa sia, dei vistosi spostamenti esibiti dalle stelle in queste due ultime notti?
Trascrisse le risposte una sotto l’altra:
— Vorrei tanto saperlo. — Geo F. Stubbs, Osservatorio Tripp, Long Island.
— Qualcuno o qualcosa è impazzito, e spero di non essere io… io in persona. — Henry Collister McAdams, Osservatorio Lloyd, Boston.
— Ciò che sta accadendo è impossibile. Non può esserci nessuna causa. — Letton Tischauer Tinney, Osservatorio Burgoyne, Albuquerque.
— Sto cercando un esperto in astrologia. Ne conosce qualcuno? — Patrick R. Whitaker, Osservatorio Lucas, Vermont.
— Follie! — Giles Mathew Frazier, Osservatorio Grant, Richmond.
Studiando con aria afflitta quest’elenco, che gli era costato 187,35 dollari, tasse comprese, il direttore Wangren firmò il modulo giustificativo della spesa, poi lasciò cadere l’elenco nel cestino della carta straccia. Telefonò all’esperto scientifico che lavorava per il giornale come collaboratore esterno.
— Puoi farmi una serie di articoli — due-tremila parole l’uno — su tutta questa confusione astronomica?
— Certo, — gli rispose il pubblicista. — Ma quale confusione? — Risultò che era appena tornato da una partita di pesca e non aveva letto i giornali né gli era mai capitato di alzare io sguardo al cielo. Ma scrisse gli articoli. Ci mise perfino del sex-appeal, illustrando gli articoli con antiche carte stellari che mostravano le costellazioni in deshabillé, riproducendo certi famosi dipinti quali — L’Origine della Via Lattea — ed utilizzando altresì la fotografia di una ragazza, in costume da bagno che puntava un telescopio portatile in direzione di una delle stelle erranti, o così almeno si poteva presumere. La tiratura del Chicago Blade aumentò del 21,7 per cento.
Erano di nuovo le cinque in quello studio dell’Osservatorio Cole, giusto ventiquattr’ore e un quarto dopo l’inizio di tutta quell’agitazione. Roger Phlutter — sì, siamo tornati da lui — si svegliò di colpo quando una mano gli si appoggiò sulla spalla.
— Vai a casa, Roger, — gli disse Mervin Ambruster, il suo capo, con voce gentile.
Roger si rizzò di scatto a sedere.
— Signor Ambruster, — esclamò, — mi spiace essermi addormentato.
— Sciocchezze, — disse Ambruster. — Non puoi restare qui per sempre, nessuno di noi può farlo. Vai a casa.
Roger Phlutter andò a casa. Ma quand’ebbe fatto un bagno, si sentì molto più inquieto che assonnato. Erano soltanto le sei e un quarto. Telefonò a Elsie.
— Mi spiace tanto, Roger, ma ho un altro appuntamento. Cosa sta succedendo, Roger? Voglio dire, con le stelle?
— Oh, Elsie. si stanno muovendo… e nessuno sa perché.
— Ma io pensavo che tutte le stelle si stessero muovendo, — protestò Elsie. — Il Sole è una stella, non è vero? Una volta mi hai detto che il Sole si sta muovendo verso un punto in Sansone.
— Ercole.
— D’accordo, Ercole. E visto che, come mi hai detto, tutte le stelle si muovono, perché mai la gente si eccita tanto?
— Questa è una cosa diversa, — replicò Roger. — Prendi Canopo, ad esempio. Ha cominciato a muoversi alla velocità di sette anni-luce al giorno. Non può farlo!
— Perché no?
— Perché, — le spiegò, paziente, Roger, — niente può muoversi più veloce della luce.
— Ma se si muove così in fretta, allora vuol dire che può, — obbiettó Elsie. — Oppure è il tuo telescopio che non funziona, o qualcosa del genere. Ad ogni modo, è molto lontana, non è vero?
— Centosessanta anni-luce. Così lontana che la vediamo com’era centosessanta anni fa.
— Allora può darsi che non si stia muovendo affatto, — disse Elsie. — Voglio dire, forse ha smesso di muoversi centocinquant’anni fa, e voi vi state eccitando per qualcosa che non ha più importanza perché è già finito. Mi ami sempre?
— Certo, tesoro. Non puoi mollare quell’appuntamento?
— Temo di no, Roger. Ma vorrei tanto poterlo fare.