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Una mattina, prima che Rigo avesse occasione di incontrare i Frati Verdi, il dimmi annunciò che era iniziato l’intervallo: i bon Damfels si erano riuniti per la Caccia, ma né le cavalcature né i veltri erano comparsi. Salla avvertì Roald Few, il quale trasmise l’informazione a Collina d’Opale.
Così furono eseguiti i piani già progettati da tempo: per tre giorni, prima della sera del ricevimento, la villa brulicò di domestici impegnati nelle pulizie e i cuochi si prodigarono nelle cucine.
Intanto, nella sua casetta, Eugenie spezzò un filo di cotone coi denti e con un cenno invitò la sua bestiola a girare parzialmente su se stessa verso sinistra: nessuno, a Collina d’Opale, aveva ancora visto Diletta.
A Klive, Stavenger controllò la lista di coloro che avrebbero partecipato al ricevimento: Shevlok e Sylvan sì, ma nessun ragazzo, inclusi i cugini. Poi, risolvendo anche l’ultimo problema, decise che Shevlok avrebbe corteggiato per pura cortesia Stella, la ragazza fragras.
Al Comune, i musicisti ripassarono le partiture e misero a punto gli strumenti, i vinai controllarono le forniture, i cuochi avvolsero i coltelli nei grembiuli, e gli aeromobili cominciarono a decollare per Collina d’Opale.
Alle tenute dei bon Smaerlok, dei bon Tanlig e di tutte le altre famiglie aristocratiche, le donne riesaminarono gli abiti da sera per decidere quali indossare, mentre le ragazze, a cui era stato proibito di partecipare al ricevimento perché ciò sarebbe stato troppo pericoloso, tenevano cupamente il broncio. Soltanto le donne più sagge e più esperte si sarebbero recate a Collina d’Opale, e alcune fra le più belle erano state scelte per flirtare con il figlio degli Yrarier. Le conseguenze della presenza dell’ambasciata della Santità su Grass non potevano essere previste, però, come avevano stabilito gli anziani, nessuna relazione indecorosa con un giovane straniero poteva essere consentita.
Nel frattempo, a Collina d’Opale, Roderigo Yrarier controllò la lista di coloro che avrebbero partecipato al ricevimento, notando l’assenza dei giovani, e ribollì di collera per l’affronto arrecato sia alla sua famiglia che al suo nome.
Memore della propria promessa, l’obermun bon Haunser inviò a lady Westriding il «segretario» che le aveva raccomandato a suo tempo. Quando Marjorie lo incontrò per la prima volta, l’alto e tronfio Admit Maukerden dichiarò di conoscere tutti i bon di tutte le famiglie, inclusi i loro legami di parentela, le loro passate relazioni, le loro simpatie e antipatie; infine chiese un appartamento privato e un salario tale che Rigo ne fu sbalordito.
— Non mi fido di lui — confessò Marjorie al marito.
— Neppure io — rispose Rigo. — Comunque assumilo, assegnagli qualche incarico, e vediamo come se la cava.
Dopo breve riflessione, Marjorie chiese ad Admit di compilare una scheda su ciascuno degli invitati al ricevimento, includendo i rapporti di parentela e le informazioni di carattere personale che potevano risultare utili per conversare e far conoscenza.
Tenuto conto che aveva dichiarato di conoscere intimamente tutti quanti, Admit impiegò parecchio tempo ad eseguire l’incarico, ma finalmente, con gran sussiego e ostentazione, consegnò le schede.
Con un sorriso che esprimeva soltanto ignoranza e cortesia, Marjorie lo ringraziò; poi, insieme a Rigo, andò a consegnare i documenti a Persun Pollut, il quale mormorò: — Per l’amor del cielo. Quell’imbecille non distingue un cugino da una zia, né un bon Maukerden da un bon Bindersen!
— Non è stato preciso? — chiese dolcemente Marjorie.
— A parte le obermum e gli obermun, non ha fornito quasi nessuna informazione che non sia completamente sbagliata. Se la sarebbe cavata meglio se avesse tirato a indovinare. Al ricevimento, se vi baserete su queste sciocchezze, i bon vi faranno a pezzi.
— Ciò può significare soltanto — sorrise Rigo a denti stretti — una stupidità monumentale, oppure una deliberata imprecisione.
— Eppure è abbastanza intelligente, quando deve curare i propri interessi — commentò Marjorie.
— In tal caso, è evidente che gli hanno ordinato di intralciarci, anzi, di nuocerci — rispose Rigo. — Be’, credo proprio che questo ci riveli tutto quel che ci occorre sapere su di lui, e ci dica anche molto di più sui bon.
In seguito, Marjorie finse di consultarsi con Admit Maukerden di quando in quando, mentre Rigo si divertì a fornirgli false informazioni sugli scopi dell’ambasciata, e rimase in attesa di scoprire quali di esse gli sarebbero state ritrasmesse dai bon, e sotto quali forme.
Frattanto, Persun corresse le note sugli ospiti con l’assistenza di Andrea Chapelside, la fida segretaria di Rigo, e fornì un gran numero di accurate informazioni: — Costui è più influente di quanto sembra — disse. — Invece costui è malizioso: riferirà travisandolo ogni vostro discorso. — E così via.
Sempre a Persun fu affidato l’incarico di aggirarsi fra gli ospiti in livrea da servo, con le orecchie bene aperte, per raccogliere il maggior numero possibile di notizie. Splendidamente agghindato con un abito adeguato alla sua presunzione, Admit Maukerden ebbe invece il compito di porsi presso la prima superficie ad annunciare gli ospiti con sussiego, ben lontano da qualsiasi evento potesse accadere nelle sale allestite per la festa. Quantunque Marjorie ne dubitasse, Rigo era sicuro che il ricevimento in cui aveva investito una enorme quantità di tempo, di attenzione e di energie avrebbe avuto conseguenze molto importanti.
Finalmente arrivò la sera tanto attesa. Gli aeromobili atterrarono rapidamente nello spiazzo ghiaiato; scaricarono i passeggeri ingioiellati e riccamente abbigliati; quindi decollarono in fretta per lasciar posto ai velivoli successivi. In cima alla scalinata attesero Marjorie, al braccio di Rigo, e Stella, al braccio di Tony, entrambe vestite con abiti non meno stravaganti di quelli delle obermum, confezionati appositamente da una intera famiglia di sarti del Comune, raccomandata da Roald Few.
Senza reticenze, Rigo aveva spiegato ai figli il problema che prevedeva: — Nessuno dei vostri coetanei parteciperà alla festa, tuttavia i bon non saranno così poco diplomatici e così scortesi da ignorarvi, perciò potete star certi che sarete entrambi corteggiati: tu da uno o più uomini, Stella, e tu, Tony, da una o più donne. Ebbene, assecondateli, ma non lasciatevi ingannare: non perdete la testa!
Notando che Tony impallidiva e Stella arrossiva di collera, Marjorie intervenne a tranquillizzare entrambi.
Avvertito da un abitante del villaggio, che era stato informato da un cugino che viveva dai bon Maukerden, Persun Pollut aveva detto a Marjorie: — In realtà, lady, i bon non desiderano affatto fare amicizia: non vogliono esser coinvolti in nessun modo. Hanno incaricato alcuni di loro di corteggiare voi, l’ambasciatore e i vostri figli, ma semplicemente per adularvi.
— Ma per quale ragione rifiutano la sincerità?
— Alcuni di loro, come forse Eric bon Haunser, o Figor bon Damfels, sarebbero anche capaci di sincera amicizia, se riflettessero sulla situazione. Ma gli obermun, i cacciatori, sono inflessibili: dichiarano di essersi stabiliti su Grass per sfuggire agli stranieri, e vi chiamano fragras. Nonostante questo, io credo che in realtà abbiano paura. Perciò, se cercate paura, dovete cercare proprio fra i cacciatori. — Poi, quando gli era stato chiesto perché i bon avrebbero dovuto avere paura, Persun aveva risposto: — Non saprei, è soltanto una mia sensazione: non so spiegarla.
A sua volta, Marjorie aveva domandato al marito: — Perché ci temono?
— Ci temono? è assurdo! — aveva risposto rabbiosamente Rigo. — Si tratta soltanto di puro orgoglio per la loro favolosa ascendenza. E dico «favolosa» in senso proprio, giacché la loro millantata nobiltà è più leggendaria che reale. Sender O’Neil mi ha spiegato tutto sulle loro origini: a questo proposito è molto bene informato, anche se forse non ha capito nient’altro di Grass. Gli antenati dei bon appartenevano alla piccola nobiltà, quindi non sembra proprio che abbiano valide ragioni per darsi tante arie. Giunsero qui portandosi dietro parecchi poveracci da dominare, e poi, per intere generazioni, millantarono senza ritegno il loro retaggio e le storie delle loro famiglie.
Ripensando a certe inconsapevoli sfumature di espressione che aveva notato negli aristocratici, Marjorie si era persuasa che Persun avesse ragione: i bon avevano paura, anche se forse non sapevano di che cosa.
Comunque, o per orgoglio o per paura, gli aristocratici si comportarono esattamente come Persun aveva previsto. Per primi giunsero i rappresentanti delle famiglie di rango inferiore, accompagnati da mogli, cugini e zii, salendo le scale in punta di piedi come se le passatoie fossero roventi, e scuotendo la testa come vecchi tori. Mentre Admit Maukerden gridava i loro nomi, Andrea, nascosta in una alcova, li scrutò ad uno ad uno, fornendo informazioni tramite un piccolo microfono: — Questa è una cugina dei Laupmon, ha trentaquattro anni terrestri, è senza figli, e partecipa ancora alla Caccia. La segue una zia dell’obermun, cinquantadue anni terrestri, che non partecipa più alla Caccia. - E così via.
Ascoltando mediante auricolari la voce di Andrea, simile a un ronzio d’insetto, gli Yrarier poterono accogliere tutti gli ospiti nella maniera appropriata, vale a dire con cordialità, oppure cerimoniosamente, o persino con distacco gelido, nel caso di coloro che erano così riservati da considerare offensivo qualsiasi altro contegno: — Siamo così lieti che abbiate accettato l’invito — mormorarono. E intanto osservarono i lineamenti, studiarono tutti i dettagli dell’abbigliamento, collegandoli ai nomi sussurrati di volta in volta da Andrea nel microfono, e si impressero ogni cosa nella memoria, per non commettere errori durante la serata.
— Buonasera. Siamo così lieti che abbiate accettato l’invito.
I musicisti suonavano sul terrazzo della sala principale, mentre dieci o dodici villici in livrea, addestrati frettolosamente, circolavano fra gli ospiti, affettando uno sdegnoso sussiego, come Stella aveva loro suggerito, ridacchiando: — Dovete lasciar intendere che conviene essere uno sguattero a Collina d’Opale, piuttosto che un obermun altrove!
— Stella! — aveva subito redarguito Rigo.
— Non preoccupatevi, ambasciatore — aveva assicurato Asmir Tanlig. — Abbiamo capito abbastanza bene: vostra figlia ci vuole così fieri da far vergognare i bon.
Fu così che tutti i servi adottarono questo contegno, inchinandosi regalmente nell’offrire vassoi con bevande o cibi gustosi, oppure nello spiegare sottovoce che si accedeva alla toilette dal terrazzo, presso il palco dei musicisti.
Seduti, in piedi, o passeggiando, gli ospiti esaminarono mobili, tendaggi, suppellettili, quadri e composizioni floreali. Alcuni tradirono una vaga insoddisfazione, dovuta al fatto che non era possibile trovare alcun difetto in uno stile di arredamento che era del tutto simile a quello che caratterizzava ogni altra estancia, anche se forse non giungeva agli stessi vertici di raffinatezza: — È così ordinario — osservarono, come se non tutti i bon disprezzassero qualunque cosa avesse la più remota attinenza con la Santità. — Tuttavia, se si tien conto che si tratta di gente della Santità…
— Buonasera. Siamo lietissimi di conoscervi.
Poi cominciarono ad arrivare i rappresentanti delle famiglie di medio rango, come Eric bon Haunser a braccetto di Semeles bon Haunser: — Una cugina - spiegò Andrea. — Si dice che un tempo sia stata amante di Eric. Tenterà di sedurre Tony, e se fallirà con lui, proverà con l’ambasciatore. - E la sua voce ebbe un tremito, come se si divertisse all’idea di una donna che seduceva l’ambasciatore. Ma era mai possibile? L’anziana segretaria conosceva così bene Rigo come se fosse un fratello minore, e sapeva tutto di Eugenie.
Arrossendo, Tony si inchinò a baciare la mano di Semeles bon Haunser, mentre Stella sbuffava, e Marjorie, reprimendo una risata priva di allegria, sorrise e s’inchinò a sua volta, mentre Figor le prendeva la mano.
— Figor bon Damfels, fratello minore dell’Obermun, ha avuto incarico di flirtare con lady Westriding. Invece Shevlok bon Damfels corteggerà Stella, anche se di malavoglia, perché piange ancora la scomparsa di Janetta bon Maukerden. Quanto a Sylvan bon Damfels, nessuno, come al solito, conosce le sue intenzioni.
In tono placido, Marjorie salutò i figli dei bon Damfels: — Buonasera. Siamo molto lieti di rivedervi.
— Buonasera, lady Westriding — rispose Sylvan, inchinandosi. — Siete stati davvero gentili ad organizzare questa festa a nostro beneficio. Sono giorni che non si parla d’altro. — Sorrise a Marjorie e a Stella, percosse amichevolmente una spalla di Tony, e accennò un inchino rispettoso a Rigo.
A paragone col fascino sfoggiato dal fratello, Shevlok dimostrò di essere un pessimo attore, riuscendo soltanto a bisbigliare un complimento e scoccare un’occhiata in tralice che risultò più timorosa che seducente. Non è affatto convincente, pensò Marjorie. E Stella: Maledettamente rozzo. Povero Shevlok!
— Obermun Stavenger bon Damfels! Obermum Rowena bon Damfels!
Finalmente cominciarono ad arrivare i rappresentanti delle famiglie di rango superiore, e allora Andrea tacque, perché gli Yrarier erano già al corrente di tutto quello che comunemente si sapeva sul conto degli obermun e delle obermum.
— Obermun Kahrl bon Bindersen! Obermum Lisian bon Bindersen! Obermun Dimoth bon Maukerden! Obermum Geraldria bon Maukerden!
— Buonasera. Siamo onorati di darvi il benvenuto.
— Obermun Gustave bon Smaerlok! Obermum Berta bon Smaerlok! Obermun Jerril bon Haunser! Obermum Felitia bon Haunser!
— Buonasera. Buonasera.
— Obermun Lancel bon Laupmon!
— È solo - sussurrò Andrea. — È rimasto vedovo di recente.
Infine giunse un uomo, in compagnia di una donna vecchissima in sedia a rotelle: — Obermun Zoric bon Tanlig! Obermum Alideanne bon Tanlig!
— Alideanne è la madre dell’obermun, la più anziana fra i capi delle famiglie più prestigiose - sussurrò Andrea. — È sempre l’ultima ad arrivare.
Finalmente gli Yrarier poterono percorrere il lungo corridoio gelido verso la musica e la fragranza dei cibi. Entrati nella sala da ballo, Marjorie e Rigo si lanciarono nelle danze, subito imitati da Stella e Tony. Sotto l’occhio vigile di un maestro di danza inviato dal Comune, tutti e quattro avevano imparato così bene quel ballo antico e notevolmente intimo, chiamato valz, che sembrava lo ballassero da sempre. In breve, varie coppie di bon si unirono a loro, non tante da manifestare entusiasmo, ma neppure così poche da esprimere scortesia.
— Ci stanno proprio mettendo al nostro posto — sorrise Marjorie al marito.
— Ci riusciranno soltanto se noi mostreremo di dar peso al loro contegno — sorrise Rigo a sua volta, ma con gli occhi sfavillanti di furia.
In seguito, Rigo non fornì agli aristocratici nessuna occasione per mortificarlo: fu cordiale e cortese con tutti, ma chiese di ballare soltanto alle donne alle quali era stato ordinato di intrattenerlo, poiché sapeva esattamente quali fossero, grazie alle informazioni ricevute da Persun. Lo stesso fece Tony.
— Fingi che sia una gara olimpica — aveva suggerito Marjorie al figlio tanto timido. — Se ti comporterai bene, vincerai una medaglia. Tratta la tua compagna con gentile fermezza, come se fosse un cavallo ostinato. Dopotutto, è soltanto una sorta di attività atletica.
E così, Tony danzò, sorrise e cercò di flirtare, benché avesse purtroppo scarsissima esperienza. In questo, Stella gli era di gran lunga superiore, e per giunta la sua solita vivacità era aumentata dalla collera suscitata in lei dall’alterigia degli aristocratici.
Bevendo un succo di frutta che Asmir Tanlig le aveva servito con discrezione, Marjorie ripeté più volte a se stessa, come faceva talvolta, quando il dovere le imponeva un comportamento indesiderato: Inchinati, sorridi, balla, sorridi ancora, flirta, e non parlare molto. Devi flirtare, devi essere affascinante, e poi devi lasciarti ricondurre alla tua sedia. Ringrazia, inchina, ricomincia. E così danzò con parecchi bon, finché cominciò a desiderare una bevanda più forte e una vera conversazione.
— Volete ballare con me, lady Westriding? — chiese Sylvan, comparendo alle sue spalle.
Giacché Sylvan non era uno di coloro da cui doveva guardarsi, Marjorie quasi sospirò di sollievo e si lasciò prendere fra le braccia come se entrasse in un rifugio, badando a non concedere troppa confidenza, ma anche a non mostrarsi troppo riservata. Da parte sua, Sylvan la guidò con estrema gentilezza, finché poco a poco la loro sintonia divenne perfetta. Divertita, Marjorie ripensò fuggevolmente al suggerimento che aveva dato a Tony. Intorno a loro, mentre altre coppie danzavano, un breve silenzio si diffuse mentre i bon si scambiavano sussurri sul conto di Sylvan, il quale suscitava sempre interesse a causa della sua imprevedibilità: — Guardate! Sylvan! Sylvan bon Damfels.
Forse incuriosito dal silenzio, Rigo si volse e, dal terrazzo, vide Marjorie ballare fra le braccia di Sylvan come se questi fosse un vecchio e caro amico, oppure un amante. Abbozzando il suo tipico sorriso sardonico, si sforzò di non brontolare o imprecare come faceva di solito quando la moglie lasciava trapelare la propria gioia nel cavalcare, nel ballare, o semplicemente nel passeggiare in giardino, e così manifestava senza rendersene conto una sorta di personalità indipendente e nascosta, che invece non rivelava mai al marito, e che questi aveva sempre bramato.
Durante le gare di equitazione, sui prati verdi, fra i recinti, gli ostacoli e i fossati, in quei momenti di pericolo e di piacere, Marjorie aveva irradiato pura gioia, come un uccello intento a cantare o veleggiare nel cielo, e così Rigo aveva desiderato catturarla. Ma in seguito, sebbene l’avesse corteggiata e conquistata, non era mai riuscito ad impossessarsi di quello che agognava. Nel cercare l’anima di Marjorie, aveva trovato soltanto il suo corpo, e un vuoto imprevisto: una fortezza abbandonata contro la quale ogni assalto era inefficace.
A letto, abbigliata soltanto di una sottoveste candida, trasparente, ricamata a fiorami, Marjorie era diventata un’altra: una creatura infantile, fragile, priva di vigore, con gli occhi fissi a una lontananza misteriosa e irraggiungibile. Per lei, Rigo aveva profuso ogni risorsa dell’arte amatoria e ne aveva persino inventate alcune altre appositamente; però non era mai riuscito a suscitare in lei una espressione e un abbandono come quelli che aveva in quel momento, nel danzare con Sylvan bon Damfels, perduta nel movimento e nella gioia, gli occhi socchiusi, le labbra incurvate in quel gentile sorriso che un tempo Rigo si era illuso di poter avere per sé solo.
D’un tratto, la voce di Andrea gli giunse segretamente all’orecchio: — Persun dice che gli ospiti si stanno accorgendo della tua assenza. - E Rigo, sorridendo, lasciò il terrazzo per cercare le donne di cui era libero di osservare i volti e ammirare i corpi con occhiate allusive ma prive di promesse, perché dopotutto era un gioco: soltanto un gioco.
Intanto, Sylvan lasciò Marjorie e si dedicò a Stella con consapevole galanteria.
Dopo aver bevuto un altro bicchiere di succo di frutta preso dal vassoio che Asmir Tanlig le aveva offerto, Marjorie si avvicinò a Geraldria bon Maukerden per ammirare e commentare argutamente gli abiti delle altre donne, ricamati e imperlati a disegni fantastici. Anche questo era un gioco tipico di Grass, il quale aveva regole precise e un linguaggio specifico, che Persun aveva appreso e poi trasmesso a lady Westriding.
Nel passar davanti alla moglie, ballando, Rigo le sorrise macchinalmente.
Subito dopo, nel vedere Eugenie entrare dal terrazzo, Marjorie si chiese se qualche bon fosse stato incaricato di danzare con lei: Forse dovrò pregare Sylvan di invitarla, pensò. O forse Shevlok lo farà spontaneamente, visto che si trova presso la porta finestra e la sta guardando. Poi si accorse che Eugenie era in compagnia di una ragazza: Ma com’è possibile? Nessuna ragazza partecipa alla festa, tranne Stella, che sta ballando con Sylvan. Turbata da una sinistra premonizione, Marjorie depose il bicchiere.
L’amante di Rigo indossava un abito rosa dall’ampia gonna fluttuante come una nube al tramonto, e l’amica che la seguiva, imitando il suo modo aggraziato di muoversi, portava un abito simile, ma viola come l’ombra, e teneva la testa reclinata ad osservare la sala con un occhio solo, obliquamente.
D’improvviso si diffuse uno strano silenzio. Alcuni aristocratici interruppero la conversazione, girandosi a fissare la misteriosa ragazza, subito imitati da alcuni altri. Una coppia smise di ballare. La musica continuò, ma le altre coppie rallentarono, e poco a poco, come trottole, si fermarono.
Consapevole del ruolo che doveva svolgere in pubblico, ossia quello di una semplice assistente dell’ambasciatore che era stata invitata alla festa, Eugenie non cercò di avvicinare Rigo, bensì si avviò verso Marjorie, e sorridendo offrì la mano alla propria compagna.
In quell’istante, Shevlok strillò come se gli avessero strappato il cuore: — Janetta!
Perplessa, Eugenie si guardò alle spalle, poi, giacché la sua compagna continuava a seguirla, proseguì, seppure con un’espressione di profonda incertezza.
— Janetta! — gridò Geraldria bon Maukerden, lasciando cadere il bicchiere a fracassarsi sul pavimento.
Allora scoppiò il pandemonio: Dimoth bon Maukerden gridò, come pure Vince, suo fratello, e molti altri. Mentre la musica cessava, Shevlok e Geraldria avanzarono come sonnambuli verso la strana ragazza, la quale fu presto circondata, afferrata, passata da un aristocratico all’altro, e rimase passiva come una bambola di pezza, senza reagire, guardando Eugenie come se dipendesse in assoluto dalla sua volontà, sinché finì tra le braccia di Shevlok.
— Cosa le avete fatto? — domandò Sylvan, accostandosi a Marjorie. — Cosa le avete fatto?
— Ad Eugenie?
— Alla ragazza: Janetta.
— Ma se non l’ho mai veduta prima d’ora!
— Era con quella donna! Che cosa le ha fatto quella donna? - Mentre Marjorie scuoteva la testa, perplessa, Sylvan proseguì: — Dovete scoprirlo subito, altrimenti finiremo tutti quanti per scagliarci addosso pipistrelli morti!
Prima che Marjorie avesse il tempo di chiedere spiegazioni, Rigo andò ad interrogare Eugenie, la quale, piangendo, dichiarò di non avere alcuna colpa, e complicò maggiormente la situazione blaterando senza fornire alcuna spiegazione capace di frenare la collera crescente degli aristocratici.
— Lurida fragras! — tuonò Gustave bon Smaerlok. — Cos’hai fatto a Janetta?
— Silenzio! — ruggì Rigo, sovrastando ogni altra voce. — Silenzio!
Nella breve quiete che seguì, la voce gemente di Eugenie si diffuse come un succo freddo, spremuto da un frutto amaro: — L’ho avuta alla Città Plebea, da Jandra Jellico. Non ho fatto altro che confezionarle un vestito e acconciarle i capelli. Era così, quando me l’hanno data. Alcuni aristocratici si resero conto che Eugenie aveva rivelato tutta la verità di cui era a conoscenza: era sincera e piangeva come una bambina, senza riuscire a rendersi conto di cosa aveva fatto per scatenare un tale putiferio. Portando la sua bestiola al ballo, aveva inteso semplicemente fare una sorpresa a tutti, convinta che sarebbe stato divertente.
— Ve lo avevo detto che avremmo dovuto stare alla larga da questa lurida gentaglia! — riprese Gustave, sempre con voce tonante, rosso di collera, sbavando dagli angoli della bocca.
Incapace di subire un simile affronto, Rigo si volse a fronteggiarlo, ringhiando: — Lurida gentaglia? Non è forse lurida gentaglia quella che permette ad una figlia di finire in queste condizioni, lasciando che siano alcuni stranieri a trovarla, e soccorrerla, vestirla e nutrirla?
— Rigo! — intervenne Marjorie, frapponendosi ai due uomini infuriati. — Non otterremo nulla insultandoci a vicenda, Obermun bon Smaerlok. Voi tutti siete molto sconvolti, e noi pure.
— Sconvolti? — gridò Dimoth. — Questa è mia figlia!
— Ascoltatemi! — ruggì Rigo. — Quando l’avete vista per l’ultima volta?
Seguì un lungo silenzio, mentre ognuno meditava sulla risposta. Doveva essere stato l’autunno precedente. Janetta era scomparsa all’inizio dell’autunno precedente, ma nessuno voleva ammettere che fosse trascorso tanto tempo.
— Abbiamo saputo della sua scomparsa — dichiarò Marjorie. — Accadde molto tempo prima che noi partissimo per Grass: prima ancora che voi stessi accordaste il permesso per la nostra missione.
Tali parole rimasero sospese nel silenzio, con la loro assoluta verità. Scomparsa molto tempo prima che gli stranieri arrivassero su Grass, Janetta stava al centro del cerchio di persone a danzare in solitudine, canticchiando, bella e priva di personalità come una bambola di porcellana. Shevlok bon Damfels, che non la abbracciava più, ma la osservava, singhiozzò: — Non è Janetta!
— Certo che è lei.
— Non essere sciocco.
— Questa è mia figlia!
— Non è Janetta — ripeté Shevlok. — No, no. Costei è più vecchia di Janetta.
— Per forza! — sbottò Geraldria. — Il tempo è passato, Shevlok: Janetta è cresciuta.
— Ma non è la stessa: non è più la stessa!
Chi avrebbe potuto obiettare? Quella creatura sembrava non aver nulla in comune con coloro che la circondavano: li esaminava col suo strano sguardo da oca, girando su se stessa, come per capire se qualcuno avesse qualcosa di interessante da offrirle, come granaglie, o forse pane. Aprendo l’umida bocca rosea, mugolò come una gattina.
Finalmente Eugenie fu interrogata con più calma: alcuni aristocratici le chiesero dove avesse trovato la ragazza, da quanto tempo l’avesse con sé. I bon Maukerden, obermun e obermum, sorelle e cugini, fratelli e nipoti, si consultarono; quindi Vince bon Maukerden si avvicinò a Rigo, furioso: — Non importa affatto quando scomparve! Resta il fatto che è ricomparsa qui, all’improvviso! Come possiamo esser certi che non siete voi i responsabili?
— Voi! — sibilò Gustave — voi che non avete neppure il coraggio di partecipare alla Caccia con noi! è tipico dei fragras commettere azioni di questo genere!
— Ma perché mai? — chiese Marjorie, con calmo vigore. — È abbastanza semplice appurare la verità: basta chiedere alla gente della Città Plebea.
— I Plebei! — ringhiò Gustave, in tono di scherno. — Sono gente senza onore: mentirebbero!
Poi la strana ragazza fu condotta via, e alcuni altri ospiti se ne andarono: Shevlok, i bon Maukerden, Gustave e la sua obermum. Altri, tuttavia, rimasero. Più a lungo di tutti restarono i bon Damfels, i quali ascoltarono ripetutamente il racconto di Eugenie, e più di tutti si interessò Sylvan, ponendo innumerevoli domande: — La ragazza vi ha detto qualcosa, signora Le Fevre? Mai nulla? Neppure una parola? Ne siete certa?
Dal canto suo, Eugenie non poté far altro che scuotere la testa e ripetere che no, no, e poi no: Diletta non aveva mai pronunciato una sola parola.
Soltanto in seguito Marjorie si rese conto della ragione del grande interesse di Sylvan: sua sorella, Dimity bon Damfels, era scomparsa durante la Caccia, proprio come Janetta; quindi, se costei era ricomparsa all’improvviso, misteriosamente, non era forse possibile che anche Dimity fosse viva, chissà come, chissà dove?
Quantunque non vi fossero medici fra i bon, né architetti, né ingegneri, perché nessun aristocratico si era mai abbassato a dedicarsi a una qualsiasi professione, nessun orgoglio di classe aveva mai impedito a vari plebei di recarsi a Semling per alcuni anni a studiare, così da ritornare poi su Grass con profonda istruzione e vasta esperienza. Dunque nel Comune si potevano trovare sia medici sia tecnici, e quindi fu dalla città che arrivò la dottoressa Lees Bergrem, direttrice dell’ospedale, per visitare Janetta bon Maukerden.
Una cameriera assistette alla visita e ne riferì ad un fratello, che lo disse a qualcuno che a sua volta informò Roald Few, il quale mise subito al corrente Marjorie: — La dottoressa Bergrem ha usato uno strumento per misurare l’attività cerebrale della ragazza e non ha trovato niente. O meglio, ha riscontrato soltanto un’attività cerebrale non superiore a quella di una gallina.
— Ma almeno la ragazza è capace di apprendimento?
— La dottoressa Bergrem lo ignora, lady, tuttavia sembra che Janetta ne sia in grado, giacché la signorina Eugenie le ha insegnato a ballare, e persino a mormorare una canzone. Sì, sembra proprio che sia capace di apprendimento. La dottoressa Bergrem avrebbe voluto portarla all’ospedale, ma quella fanatica di Geraldria bon Maukerden non ha voluto saperne. Eppure la dottoressa Bergrem ha studiato a Semling e a Pentimento, inoltre ha scritto vari libri sulle scoperte da lei stessa effettuate qua su Grass. Secondo l’opinione di parecchi viaggiatori che hanno sostato qui, la dottoressa è molto più dotta della maggior parte dei medici, inclusi quelli terrestri.
Sempre consapevole di esser tenuta ad apprendere tutto quello che era possibile a proposito del pianeta Grass, Marjorie provvide a farsi inviare da Semling le opere della dottoressa Bergrem.
Intanto, il ronzante dimmi narrò la storia di come Janetta bon Maukerden fosse stata la prima e l’unica, fra tutte le persone scomparse, ad essere ritrovata viva; e di come questo evento straordinario avesse suscitato speranze in alcuni aristocratici, genitori, amanti o amici di altre persone scomparse.
Un giorno, Rowena bon Damfels si recò in visita a Collina d’Opale, sola: — Non dovete dire a Stavenger che sono stata qui — sussurrò, il viso gonfio di paura e di dolore. — Ha trascorso varie ore scambiando urla al dimmi con Gustave, e mi ha proibito di venire.
— Sarei venuta io da voi — rispose Marjorie, con sollecitudine. — Avreste dovuto soltanto chiederlo.
— Siamo ancora nell’intervallo, durante il quale non si effettua la Caccia, quindi mio marito vi avrebbe vista senz’altro e vi avrebbe scacciata.
In realtà, Rowena intendeva interrogare Eugenie, perché non poteva recarsi alla Città Plebea senza che Stavenger lo scoprisse. Marjorie partecipò al colloquio fra le due donne e suggerì: — Giacché per loro sarebbe impossibile recarsi alla vostra estancia, Rowena, chiederò ai coniugi del Comune che avevano la ragazza di venire qui, così potrete incontrarli e chiedere informazioni. — In tal modo stabilì un fragile legame con la obermum, ispirandole una vaga fiducia.
Appena Rowena se ne fu andata, Marjorie scosse la testa, sospirando, e convocò Persun Pollut: — Cercate di persuadere i Jellico a venir qua domani, Persun. Spiegate che la obermum vuole parlare con loro in privato, anzi, in segreto.
Dopo essersi posato le dita sulle labbra e sugli occhi, come per indicare che non vedeva e non sentiva, Persun partì. Al ritorno, annunciò che i Jellico sarebbero arrivati l’indomani.
Allora Marjorie si servì del dimmi per inviare un messaggio enigmatico che avrebbe potuto essere decifrato soltanto da Rowena. Quindi domandò una delucidazione a Persun: — Al ricevimento, Sylvan mi ha detto che avremmo finito tutti quanti per scagliarci addosso pipistrelli morti. Cosa intendeva dire?
— Lo fanno gli Hippae — rispose Persun. — O almeno, così ho sentito dire. Capita talvolta, durante la Caccia, che gli Hippae si scaglino a vicenda pipistrelli morti.
— Pipistrelli morti?
— Se ne trovano dappertutto, lady: molti pipistrelli morti.
Poiché la cosa le sembrava del tutto assurda, ma non aveva il tempo di approfondirla subito, Marjorie scrisse un appunto sul taccuino, proponendosi di investigare in futuro. — Rowena si confiderà con me — disse a Rigo, in seguito. — Credo che per noi si sia finalmente aperto uno spiraglio.
— Soltanto per il momento. Appena si sarà un po’ tranquillizzata, Rowena richiuderà lo spiraglio.
— Non puoi esserne certo.
— Però lo credo — ribatté Rigo, così gelido con la moglie com’era da quando l’aveva veduta danzare insieme a Sylvan con quella espressione di gioia sul viso.
Consapevole che la freddezza del marito celava un’ira dominata a stento, Marjorie pensò che tale collera fosse causata da Eugenie e rimase impassibile, senza replicare, perché da molto tempo aveva scelto di ignorare l’adulterio del marito.
Convintosi che Marjorie fosse tanto indifferente perché pensava a qualcun altro, Rigo s’infuriò ancor più.
Per reazione, Marjorie continuò a tacere, ma ciò non le impedì di accorgersi che il marito aveva preso una decisione: — Rigo, non penserai…
— Sì — egli interruppe, risoluto. — Ho assunto un maestro di equitazione.
— Ma Gustave voleva soltanto…
— Ha detto chiaramente quello che pensano tutti, vale a dire che non siamo degni neppure della loro attenzione perché non cavalchiamo.
— Quella non è affatto equitazione — ribatté Marjorie, con disgusto. — Qualunque cosa sia, non è cavalcare: è ributtante.
— Qualunque cosa facciano loro — ringhiò Rigo — la farò anch’io!
— Non ti aspetterai che io, o i ragazzi…
— No! — sbottò Rigo, sconvolto. — Certo che no! Per chi mi prendi? — E subito pensò: Già, per chi mi prende? Siamo in questo guaio a causa di Eugenie, che senza dubbio non dovrebbe far parte dell’ambasciata, eppure Marjorie non mi ha mai rimproverato di averla condotta con noi. Si sentiva colpevole nei confronti della moglie, e non lo sopportava. Era consapevole di averla fatta soffrire, anche se lei non aveva mai manifestato di curarsene, né mai aveva espresso ostilità o collera pur essendo al corrente della sua relazione. Non era mai offensiva né minacciosa, anzi, era sempre disponibile e infallibilmente rispettosa, sempre sollecita e cordiale, persino quando lui stesso la provocava appositamente. Talvolta Rigo si sentiva disposto a vender l’anima pur di vederla piangere, o strillare, oppure inveire, o fuggire. Invece, Marjorie non reagiva mai così, né in nessun modo simile. Chissà, pensò, se a padre Sandoval confessa ira, oppure gelosia? Rivela almeno a luì i suoi sentimenti? Piange o si lamenta? Per molto tempo aveva creduto che Marjorie negasse a lui il suo amore e la sua passione, per elargirli interamente ai cavalli. Gli era sembrato che per lei i cavalli fossero persino più importanti della filantropia, nonché della maternità, e perciò si era convinto di odiare anche la sua stessa dedizione all’equitazione. Dalla sera del ricevimento, però, dubitava di tutto questo. Davvero Marjorie aveva votato il suo cuore ai cavalli? Oppure stava semplicemente aspettando qualcos’altro a cui dedicarsi? O magari qualcuno, come Sylvan bon Damfels? Insomma, per chi mi prende? pensò ancora Rigo. Poi domandò alla moglie: — Non ti ha detto niente Sylvan bon Damfels mentre danzava con te, Marjorie?
— Detto? — Marjorie gettò un’occhiata ansiosa al marito, così preoccupata dalla sua intenzione di partecipare alla Caccia coi bon, che non si curava di null’altro. — Sylvan? E cosa dovrebbe avermi detto, Rigo? Se ben ricordo, la sua conversazione è stata del tutto convenzionale. Ha elogiato il mio abito e quello di Stella, per esempio. E poi, balla molto bene. Dato che Persun non ci aveva avvertiti di guardarci da lui, ho potuto rilassarmi abbastanza per divertirmi. Perché? Dove vuoi arrivare?
— Pura curiosità — rispose Rigo, chiedendosi invece che cosa gli stesse nascondendo la moglie.
— Ad ogni modo, cosa c’entra Sylvan con…?
— Niente, niente — interruppe Rigo, pensando: Cosa c’entra Sylvan? C’entra eccome! C’entra coi sentimenti che provo quando ti guardo, Marjorie, e col fatto che lui partecipa alla Caccia, e io no! Non osava chiedersi quale rapporto vi fosse tra le due cose: non osava neppure pensarci. — Comunque, non voglio certo che tu e i ragazzi partecipiate alla Caccia.
— Ma perché devi farlo tu?
— Perché non mi diranno nulla finché non mi sarò guadagnato la loro fiducia. E potrò riuscirci soltanto se condividerò i loro rituali!
Addolorata, ma impassibile, Marjorie tacque. Sentiva che su Grass esisteva una pericolosa malevolenza nei confronti degli stranieri, e non dubitava che Rigo sarebbe sprofondato in essa come nelle sabbie mobili, se avesse cacciato con gli aristocratici: — So che non cambierai parere, Rigo — dichiarò, senza lasciar trapelare la propria disperazione, né tutto l’amore che pensava di dovere al marito. — So bene che non intendi ritornare sulla tua decisione.
— No — egli confermò, in un tono tale da escludere ogni discussione. — No.
Il simulatore era una macchina brutta e repellente, ma non molto più sinistra del maestro di equitazione, Hector Paine, il quale era sempre severo, minaccioso, e vestiva completamente di nero, come se fosse in lutto per tutti coloro a cui aveva insegnato a morire.
Assieme a Stella, che era tutta intenta a recitare la parte della ragazzina ubbidiente, Rigo si recò nella stanza vuota dei sotterranei che aveva scelto per l’addestramento, e apprese con incredulità che avrebbe dovuto iniziare il corso con quattro ore di lezione al giorno. Intanto, come se non badasse alla conversazione, Stella osservò con grande attenzione il simulatore, accarezzandolo, canticchiando fra sé e sé.
— Faremo un’ora di esercizi e un’ora di simulatore al mattino — dichiarò con enfasi il lugubre istruttore. — Lo stesso avverrà nel pomeriggio. Entro la fine della settimana, forse arriveremo a tre ore, e poi a quattro. Aumenteremo ogni giorno, fino a dodici ore.
— Mio Dio!
Stella sfiorò le corna smussate del simulatore luccicante e infilò le dita nelle redini che pendevano dal corno inferiore del collo.
— Credevate che fosse facile, signore? Spesso la Caccia dura dieci o dodici ore, e talvolta anche di più.
— Ma così non avrò quasi tempo per fare nient’altro!
— Per coloro che cacciano, Vostra Eccellenza, non esiste altro. Pensavo che ve ne foste reso conto.
Intanto, Stella sedette in un angolo, dietro un mucchio di mobili, per non farsi notare, e rimase ad osservare con bramosia.
Benché non avesse colto alcuna sfumatura di derisione nella sua voce, Rigo scoccò un’occhiata tagliente a Paine: — Eppure avete accettato l’incarico senza esitare — commentò a denti stretti.
— Ho accettato per ordine di Gustave bon Smaerlok.
— L’obermun spera che io non sia all’altezza, vero?
— Se ciò avvenisse, credo che ne sarebbe lieto, ma è soltanto una mia impressione, niente affatto confermata.
— Vi ha incaricato di tenerlo informato?
— Soltanto di avvertirlo quando vi giudicherò pronto per partecipare alla Caccia. Comunque voglio dirvi questo, Vostra Eccellenza, i nostri figli cominciano l’addestramento quando hanno due anni grassiani, che equivalgono, se non vado errato, a dieci o undici anni terrestri. E l’addestramento si svolge ogni giorno, di ogni settimana, di ogni periodo, per tutte le stagioni, fino ad un intero anno grassiano, che corrisponde ad oltre sei dei vostri anni.
Rigo non rispose. Per la prima volta si rese conto che forse non avrebbe avuto il tempo di cavalcare al seguito dei veltri, se avesse dovuto sostenere un addestramento così lungo come quello impartito ai fanciulli delle famiglie aristocratiche. Dunque doveva imparare più rapidamente.
Mentre suo padre, concentrandosi con tutto se stesso, ascoltava il maestro di equitazione, anche Stella, nascosta nell’angolo della sala, dietro sedie e divani, ascoltò con pari attenzione. Aveva danzato con Sylvan bon Damfels soltanto per breve tempo, ma ciò le era bastato per capire che tutto quello che desiderava era in lui: nella sua pelle, nel suo sguardo, nella sua voce, nel tocco delle sue mani.
Appena giunta su Grass, aveva creduto di non poter mai dimenticare Elaine e gli altri amici terrestri che aveva dovuto abbandonare. Ora, invece, non aveva più posto per nessuno, in se stessa, neppure nella propria memoria, tranne che per Sylvan.
Alla festa, allorché il giovane le aveva sorriso, si era resa conto di non aver fatto altro che pensare a lui da quando lo aveva incontrato per la prima volta in completo da caccia, a Klive, e lo aveva veduto montare e cavalcare. Nel ballare con lui aveva rammentato ogni volta che lo aveva visto, ogni volta che lui le aveva parlato, e il suo cuore passionale, come sempre, desiderava di più, molto di più. Voleva cavalcare con Sylvan bon Damfels come aveva danzato con lui, e poteva anche immaginare. Oh, poteva ben immaginare di far altre cose con Sylvan bon Damfels, che l’aveva guardata negli occhi e le aveva detto che era bella.
Nel proprio nascondiglio, Stella esultò, felice per la prima volta da quando era su Grass. Attenta ad ogni parola che il maestro di equitazione diceva a suo padre, si impresse nella memoria ogni insegnamento, decisa ad imparare in fretta: più in fretta di chiunque altro.
Oltre ad Hector Paine, giunsero con lo stesso aeromobile a Collina d’Opale James e Jandra Jellico, i quali attesero nello studio di Marjorie l’arrivo di Rowena, che finalmente comparve con Sylvan.
— Diteci tutto quello che potete — chiese gentilmente Sylvan ai Jellico. — So che non avete fatto nulla di riprovevole, perciò parlate pure liberamente e riferiteci tutto quello che sapete.
Seduti in disparte, Marjorie e Tony ascoltarono la conversazione, poiché nessuno aveva lasciato intendere che la loro presenza fosse sgradita. In caso contrario, Marjorie non avrebbe esitato ad origliare.
Nonostante la scarsità di informazioni, l’incontro durò un’ora, perché ogni dettaglio fu ripetuto numerose volte.
— C’è una cosa sulla quale voglio insistere — dichiarò Gelatina. — Sarebbe sbagliato credere che Ducky Johns sia disonesta a causa del mestiere che esercita: posso anzi giurare sulla sua assoluta onestà. Ecco perché sono convinto che abbia davvero trovato Janetta nella veranda, sotto il filo del bucato, proprio come ha raccontato.
— Ma come può essere accaduto? — gridò Rowena, forse per la decima volta.
Stanco di eufemismi e di tergiversazioni, stufo di sottomettersi alla ben nota eccentricità dei bon, Gelatina decise, con un profondo sospiro, di dire finalmente la cruda verità e vedere di quale stoffa fosse fatta quella aristocratica: — L’ultima volta che fu vista, signora, quella ragazza cavalcava una di quelle bestie. Ebbene, chiunque abbia un po’ di buonsenso può supporre soltanto che, dovunque sia finita, ci è stata portata o mandata proprio da quella bestia. E questo è precisamente quello che penso io.
Fu così che alla fine si arrivò ad esporre chiaramente il problema nella sua concretezza: finalmente era nominato e coinvolto un mostro cornuto e violento, un Hippae; finalmente era svelato l’aspetto della questione che nessun bon aveva menzionato, né era disposto ad esaminare, o a consentire che fosse discusso. Tutti sapevano che la ragazza era stata rapita dagli Hippae, o da uno soltanto di loro. Come si poteva dubitare che gli Hippae le avessero fatto qualcosa? La ragazza era stata rapita, era stata tenuta prigioniera, nascosta dagli Hippae, poi era improvvisamente ricomparsa. Ma perché? E come?
Meditando su tutto questo, Marjorie tenne per mano Tony e lo sentì fremere, turbato dalle medesime domande non formulate e prive di risposta: gli aristocratici avevano preferito incolpare gli Yrarier piuttosto che gli Hippae, e persino in quel momento Rowena evitava di rispondere. Ma perché?
Dopo aver preso commiato, i Jellico se ne andarono, mentre Rowena piangeva, abbracciata a Sylvan, il quale fissava severamente Marjorie per proibirle di parlare.
Sentendo su di sé la volontà del giovane come se fosse stata il tocco delle sue stesse mani, Marjorie abbassò lo sguardo.
— Non vuoi sdraiarti un momento, mamma? — chiese Sylvan.
Tergendosi le lacrime, Rowena annuì.
— Vuoi accompagnare la nostra ospite nella mia stanza, Tony? — suggerì Marjorie, per poter rimanere sola con Sylvan e interrogarlo.
— Un momento — disse Rowena.
Marjorie annuì.
— Lady Westriding, Marjorie. Forse verrà l’occasione in cui potrò offrirvi aiuto, come voi lo avete offerto a me. Ebbene, state pur certa che vi aiuterò, anche se dovesse andarne della mia vita. — Rowena posò la propria mano bagnata di lacrime su quella di Marjorie, quindi uscì assieme a Tony.
— No — disse Sylvan, appena rimase solo con Marjorie, leggendo la domanda sul suo viso. — Non chiedete nulla. Non so rispondere.
Marjorie non poté trattenersi: — Ma vivete qui! Conoscete quelle bestie!
— Shhh! — Sylvan si guardò alle spalle, passandosi un dito nel colletto, come se fosse divenuto all’improvviso troppo stretto. — Non dite «bestie», e neppure «animali»: non ditelo, neanche a voi stessa. Non pensatelo neppure. — E si portò una mano alla gola come per difendersi da qualcuno che lo stesse strangolando.
— Voi come dite?
— Hippae, oppure cavalcature — rispose Sylvan, con voce strozzata. — E neanche questo, quando ci possono sentire. Non diciamo nulla, quando ci possono sentire. — E boccheggiò.
Scrutandolo, Marjorie notò che aveva la fronte imperlata di sudore e si accorse che lottava per riacquistare la padronanza di se stesso: — Cosa succede?
Poiché la sua lotta interiore diveniva sempre più ardua, Sylvan non poté rispondere.
— Shh — Marjorie gli prese le mani. — Non parlate. Limitatevi a riflettere. Vi stanno facendo qualcosa?
Quasi impercettibilmente, Sylvan annuì.
— Vi stanno facendo qualcosa, al cervello, alla mente?
Sylvan batté a malapena le palpebre.
Se non fosse stata così esperta nell’osservare e comprendere il linguaggio somatico, Marjorie non se ne sarebbe accorta: — È come… — E rifletté freddamente su quello che aveva veduto alla estancia dei bon Damfels: — È come se vi cancellassero la mente?
Ansimando, Sylvan batté di nuovo le palpebre.
— È una sorta di impulso coercitivo?
Con un sospirò, Sylvan scrollò la testa.
— Un impulso a cavalcare, accompagnato dall’incapacità di riflettere e discutere sulla Caccia — precisò Marjorie fra sé e sé, sentendo che era la verità. Vide che il giovane la scrutava con occhi lustri, e si domandò se stesse piangendo: — Dev’essere una sensazione tanto più intensa — continuò, osservandolo — quanto più spesso si cavalca. — Sapeva di aver colto nel segno. — Eppure siete riuscito a parlare con noi, una volta, subito dopo la Caccia.
— Se n’erano andati — rispose Sylvan, senza fiato. — Dopo una Caccia molto lunga, se ne vanno. Ma oggi sono qui, tutt’intorno a Collina d’Opale: sono vicini!
— Durante l’inverno l’impulso quasi vi abbandona, vero? — insistette Marjorie. — E anche durante l’estate? Però in primavera e in autunno ne siete posseduti, vero? I cacciatori, in particolare?
Sapendo che Marjorie non aveva bisogno di alcuna conferma, Sylvan si limitò a guardarla.
— Cosa fanno alla fine dell’inverno per dominarvi nuovamente? Si radunano forse intorno alle vostre estancia, a dozzine, a centinaia? — Poiché Sylvan non negava, Marjorie proseguì: — Si radunano per dominarvi, per obbligarvi alla Caccia. Senza dubbio suscitano anche nei fanciulli l’impulso a cavalcare. È così?
— Dimity — sospirò Sylvan.
— Vostra sorella.
— Sì, mia sorella.
— E vostro padre.
— Cavalca da molti anni. È maestro di caccia da anni, come Gustave.
— Capisco — mormorò Marjorie, pensando di doverlo dire a Rigo, per indurlo in qualche modo a capire.
— Accompagno a casa mia madre — sussurrò Sylvan, calmandosi.
— Come siete riuscito a resistere? — bisbigliò Marjorie. — Perché non vi hanno staccato un braccio o una gamba? Non è così che puniscono coloro che tentano di resistere?
Ancora una volta, Sylvan non rispose, tuttavia non era necessario che lo facesse.
Senza bisogno di spiegazioni, Marjorie capì che egli non resisteva agli Hippae mentre cavalcava, perché se lo avesse fatto, sarebbe scomparso, oppure sarebbe stato punito. Oh, no: quando cavalcava era uno di loro, come tutti gli altri. Il suo segreto era che si riprendeva rapidamente al termine della battuta: abbastanza rapidamente per dire qualcosa, per alludere a qualcosa.
— Quella volta ci avete avvertiti — disse Marjorie, allungando una mano. — Adesso capisco quanto deve essere stato difficile, per voi.
Semplicemente, Sylvan le prese la mano per posarsela sulla guancia, proprio nell’attimo in cui entrava Rigo. Scusandosi, s’inchinò e uscì.
— Che intima conversazione — commentò Rigo, con un sorriso feroce.
Troppo preoccupata per accorgersi della gelosia del marito, Marjorie dichiarò: — Non devi cacciare, Rigo.
— Ah, no? E perché mai?
— Sylvan lo dice.
— Oh, credo che importi ben poco quel dice Sylvan.
Marjorie lo scrutò con perplessità: — Invece importa molto. Gli Hippae non sono semplici animali, Rigo. Il fatto è che fanno qualcosa ai loro cavalieri. O meglio, alla mente dei loro cavalieri.
— Ha escogitato proprio una bella storiella, il fantasioso Sylvan.
— Credi che sia una sua invenzione? Non essere sciocco, Rigo! è evidente che è davvero così: l’ho intuito quando abbiamo assistito alla Caccia per la prima volta.
— Davvero?
— E me ne sono convinta dopo quello che è successo al ricevimento. Per l’amor d’Iddio, Rigo! Non ti è sembrato strano che nessuno incolpasse gli Hippae? La ragazza scomparve durante una Caccia, eppure nessuno accusò l’Hippae che la trasportava.
— Se tu scomparissi durante una Caccia, mia cara, e riapparissi dopo parecchio tempo come cortigiana, in uno sperduto paesino, dovrei forse biasimare il tuo cavallo? — Con una gelida occhiata, Rigo se ne andò, lasciando Marjorie immobile, a seguirlo con lo sguardo, nel tentativo disperato di capire cosa fosse accaduto.