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Annuii, tetro.
Reagan sogghignò. — Bene, — commentò. — Avevo una voglia matta di dirglielo io. Sarà magnifico vedere di nuovo Will.
— Uh? — sbottai. — Will chi?
Il sogghigno sparì dal volto di Reagan. Fece: — Phil, ha perso la memoria, o cosa? Non ricorda di avermi dato la risposta a quel messaggio del Centro Terrestre, quattro giorni fa, poco prima che arrivasse Winn?
Lo fissai a bocca aperta. Non l’avevo neppure letto quel messaggio, per cui, come avrei fatto a rispondergli? Reagan era diventato del tutto pazzo, oppure lo ero diventato io… Ricordavo di averlo ficcato nel cassetto della scrivania. Aprii di scatto il cassetto e lo tirai fuori. La mano mi tremava un po’ mentre leggevo: approvata richiesta per altro assistente. chi vuole per il lavoro?
Alzai gli occhi su Reagan, e chiesi: — Stai cercando di dirmi che ho risposto a questo?
Mi fissò con un’espressione sconcertata almeno quanto la mia.
— Me l’ha detto lei, — balbettò.
— Cosa ti ho detto di trasmettere?
— Will Aksho[1]. — Mi squadrò dalla testa ai piedi. — Capo, si sente bene?
Mi sentivo talmente bene che qualcosa parve esplodermi in testa. Balzai in piedi e feci un passo verso Winifred. Farfugliai: — Vuoi sposarmi? — La presi fra le braccia, proprio un istante prima che il periodo del Campo Blakeslee si chiudesse su di noi, cosicché non potei vedere a che cosa somigliasse adesso, e viceversa lei non poté vedere me. Ma da sopra la sua spalla vedevo benissimo ciò che sembrava essere diventato Reagan. Gli intimai: — Vattene da qui, scimmione, — e l’avevo descritto alla lettera, perché adesso sembrava proprio quello, uno scimmione color giallo vivo.
Il suolo tremava sotto i miei piedi, ma stavano succedendo anche altre cose, e non mi resi conto di cosa significassero quelle violente scosse fino a quando lo scimmione non si girò di scatto, urlando: — Uno stormo di uccelli sotto di noi, capo! Uscite in fretta prima che…
Ma non riuscì a dire nient’altro, poiché in quel preciso istante l’edificio ci crollò completamente addosso, e il tetto mi picchiò sulla testa, stordendomi. Placet è una gabbia di matti… ma mi piace così.
Uno dei tremendi giochi di parole di Fredric Brown, che qui è stato reso con la quasi identità di suono tra Will Aksho, il nome del fratello di Winifred, e la frase in italiano «Vi lascio». (N.d.T.)