125787.fb2 Polvere di Luna - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 12

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Una volta che fossero stati tratti in salvo… Ma ci credeva davvero, lui, che sarebbe avvenuto quel miracolo? Ormai erano sepolti da più di due giorni, e finora non c’era stato segno che qualcuno li stesse cercando. Pat non sapeva quali segni doveva aspettarsi, però li aspettava.

Vedendolo silenzioso e assorto, Sue domandò, preoccupata: «Che c’è, Pat? Qualcosa che non va?»

«Oh, no» fece lui, ironico. «Tra cinque minuti attraccheremo al molo della Base. È stato un viaggetto piacevole, vero?»

Sue lo fissò incredula; poi arrossì e gli occhi le si riempirono di lacrime.

«Scusami» disse Pat, subito pentito. «Non volevo essere sgarbato… lo sforzo è terribile per tutti e due, e tu sei stata bravissima. Non so come avremmo fatto senza di te, Sue, dico sul serio.»

Lei si asciugò le lacrime e riuscì a sorridere: «Sì, capisco. Non è niente, Pat.» Tacquero entrambi per qualche momento, poi lei disse: «Credi davvero che usciremo vivi da questo buco?»

Lui ebbe un gesto scoraggiato. «E chi può dirlo? In ogni modo, per il bene dei passeggeri dobbiamo darci un tono disinvolto. L’unica cosa sicura è che tutta la Luna ci sta cercando. Ormai non dovrebbero metterci molto, a trovarci.»

«Ma anche se ci trovano… come faranno a tirarci fuori di qui?»

Gli occhi di Pat andarono automaticamente al portello del compartimento stagno. Al di là di quella sottile parete di metallo c’erano tonnellate e tonnellate di polvere che si sarebbe precipitata all’interno, come acqua in una nave che affonda, se solo avesse potuto trovare una piccola falla dalla quale introdursi. Quanto era distante la superficie? Quello era il problema che aveva assillato Pat fin dal primo istante, ma non c’era modo di risolverlo.

Né c’era modo di rispondere alla domanda di Sue. Il pensiero si arrestava all’istante del ritrovamento: se li scoprivano, avrebbero certamente escogitato qualcosa per salvarli. La razza umana non li avrebbe abbandonati, una volta accertato che erano vivi…

Ma quello era un pio desiderio, non un ragionamento dettato dalla logica. Centinaia di volte, nel passato, uomini e donne si erano trovati intrappolati in situazioni più o meno analoghe, e le risorse di tutte le grandi nazioni non erano state sufficienti a trarli in salvo. C’erano stati minatori prigionieri delle gallerie, marinai prigionieri dei sommergibili affondati e, soprattutto, astronauti deviati in orbite irraggiungibili, fuori di ogni possibilità d’intercettamento.

Pat si strappò a quelle riflessioni deprimenti. La fortuna non li aveva ancora abbandonati, e pensare troppo al lupo voleva dire, in un certo senso, invitarlo.

«Sbrighiamoci a finire quest’inventario: Voglio sentire come se la cava Nelly con Sir Isaac.»

Ecco un argomento molto più gradevole, specie trovandosi a contatto di gomito con una bella ragazza vestita in modo alquanto sommario. In certe situazioni, pensava Pat, le donne hanno molti punti di vantaggio sugli uomini. Sue, infatti, nonostante che in quel calore tropicale non le restasse più molto della sua uniforme, conservava il suo aspetto ordinato. Lui, invece, come tutti gli uomini a bordo del Selene, si sentiva terribilmente a disagio con quella barbaccia di tre giorni, e d’altra parte non poteva farci niente.

A Sue parve non importare, però, quando Pat, rinunciando a far finta di lavorare, le si accostò fino ad appoggiare la guancia a quella di lei. D’altra parte, non mostrò nessun entusiasmo per quella vicinanza. Si tenne ferma davanti all’armadietto semivuoto, come se si fosse aspettata quella mossa e non ne fosse affatto sorpresa. Era una reazione sconcertante, e dopo qualche secondo Pat si tirò indietro.

«Forse mi giudicherai un individuo senza scrupoli» disse «che cerca di approfittare della situazione.»

«No, affatto» rispose Sue. Poi diede in una risatina stanca. «Sono contenta di constatare che non ho ancora perso il mio fascino. Nessuna donna si offende quando un uomo «tenta». È quando «insiste» che la cosa diventa seccante.»

«E tu non vuoi che io insista?»

«Non siamo innamorati, Pat. E per me questo ha una certa importanza. Perfino adesso, in una simile situazione.»

«Sarebbe importante anche se tu sapessi con certezza che non usciremo vivi di qua?»

Lei rifletté, aggrottando la fronte.

«Non ne sono sicura… ma come tu stesso hai detto, dobbiamo partire dal principio che ne usciremo. Altrimenti, tanto varrebbe darci per vinti subito.»

«Scusami» disse Pat. «A queste condizioni non ti voglio. Mi sei troppo cara, prima di tutto.»

«Sono contenta di sentirtelo dire. Lo sai che mi è sempre piaciuto lavorare con te… c’erano tanti altri posti ai quali avrei potuto farmi trasferire.»

«Ed è stata una vera sfortuna, per te, non averlo fatto» rispose Pat. Quel breve impeto di desiderio, provocato dalla vicinanza, dalla solitudine, dall’abbigliamento succinto e soprattutto dalla stanchezza dei nervi, era già superato.

«Ecco che fai di nuovo il pessimista» disse Sue. «Sai, il tuo guaio è proprio qui. Ti lasci abbattere dalle cose. E non fai niente per importi… tutti possono comandarti a bacchetta.»

Pat la guardò più sorpreso che offeso. «Non sapevo che tu passassi il tempo a psicanalizzarmi» disse.

«Non è questo. Ma quando una persona ti interessa, e ci lavori insieme, non puoi. fare a meno di studiarla un po’, ti pare?»

«Be’, non mi risulta che la gente mi comandi a bacchetta.»

«No? Chi è, al momento, il comandante del Selene?»

«Se ti riferisci al commodoro, è un altro paio di maniche. Lui è mille volte più qualificato di me per prendere il comando. E del resto si è comportato in modo correttissimo: non ha mai fatto nulla senza chiedere il mio permesso.»

«Ora non te lo chiede più. In ogni modo, non è questo il punto. Tu sei contento che si sia assunto il comando, di’ la verità.»

Pat guardò Sue, imbronciato ma anche intimidito.

«Forse hai ragione. Non ci ho mai tenuto a far sentire la mia voce, o a imporre la mia autorità, ammesso che ne abbia. Forse è per questo che faccio il conducente di un battello lunare, invece che il pilota spaziale. Ma ormai è un po’ tardi per tornare indietro.»

«Non hai ancora trent’anni.»

«Grazie del complimento, ma ne ho trentadue. Nella mia famiglia conserviamo i colori dei vent’anni fino a tardissima età. E di solito è l’unica cosa che ci resta, da vecchi.»

«Trentadue anni… e non hai ancora una fidanzata?»

Pat non voleva confessare che non l’aveva perché una volta era rimasto scottato. «No. È meglio averne diverse e nessuna fissa. C’è meno rischio.» Poi aggiunse: «Uno di questi giorni me la farò.»

«Già, e lo starai ancora dicendo quando sarai arrivato a quarant’anni… o a cinquanta. Ci sono tanti uomini dello spazio che parlano così. Arrivano alla pensione senza essersi formati una famiglia, e dopo è troppo tardi. Guarda il commodoro, per esempio.»

«Ancora lui? Comincio ad averne abbastanza di quest’argomento.»

«Ha passato tutta la vita nello spazio. Non ha famiglia, non ha figli. Dev’essersi sentito molto solo quando ha raggiunto i limiti di età. Questo incidente è stato un dono del Cielo, per Hansteen! Lo vedo, io, che se la gode un mondo.»

«Buon per lui, se lo merita. Sarò felice se avrò fatto un decimo di quello che ha fatto lui, quando arriverò alla sua età, il che per il momento sembra molto poco probabile.»

Pat si accorse di avere ancora in mano i fogli dell’inventario; se n’era completamente dimenticato. Servivano solo a ricordargli che le provviste stavano calando, e li guardò con disgusto.

«Torniamo al lavoro» disse. «Dobbiamo pensare ai passeggeri.»

«Se restiamo chiusi qua dentro ancora un po’» osservò Sue «cominceranno a pensare male di noi. Era più vicina al vero di quanto immaginasse.»

Il silenzio di Tom Lawson era durato anche troppo. Lawrence si disse che era tempo di riprendere le comunicazioni.

«Tutto bene?» s’informò, studiandosi di rendere la voce molto cordiale.

In risposta udì un’esclamazione breve e irosa… ma quella collera era rivolta all’universo, non a lui.

«Non funziona» spiegò Lawson esasperato. «L’immagine del calore è troppo confusa. Ci sono una quantità di zone più calde, e non solo quella che io immaginavo.»

«Fermate la slitta. Vengo a dare un’occhiata.»