125855.fb2 Primo contatto - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 5

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Ma durante quei tre giorni i nervi rimasero comunque a fior di pelle. Gli alieni scaricarono e ispezionarono i viveri che gli uomini avrebbero consumato a bordo della nave nera. A loro volta gli uomini trasferirono dalla nave nera i viveri di cui gli alieni avrebbero avuto bisogno nel loro ritorno a casa. C’erano altri particolari interminabili, dallo scambio dei sistemi d’illuminazione, poiché ognuno dei due equipaggi doveva disporre di quello più adatto ai suoi occhi, fino a un ultimo, dettagliato controllo dei più diversi macchinari. Un gruppo misto d’ispezione, composto da qualificati rappresentanti di ambedue le razze, controllò che tutti i dispositivi d’individuazione fossero stati fracassati (e non rimossi), cosicché nessuna delle due navi potesse usarli per seguire le tracce dell’altra. E naturalmente gli alieni erano ansiosi di non lasciare nessun’arma funzionante sulla nave nera, allo stesso modo in cui gli umani non volevano lasciarne sulla Llanvabon. Era un fatto curioso come ognuno dei due equipaggi mostrasse la massima competenza ed efficacia nel prendere le misure che avrebbero reso impossibile una violazione dell’accordo all’altro.

Vi fu una conferenza finale prima che le due navi si separassero, nella cabina di comunicazione della Llanvabon.

«Di’ a quel tappetto», brontolò l’ex comandante della Llanvabon, «che ha per le mani un’ottima nave e che farà meglio a trattarla bene».

Le schede-parola presero subito a piovere nel riquadro dei messaggi del decodificatore: «Può star certo», fu il messaggio di risposta del comandante alieno, «che quella che adesso è la sua nave è altrettanto buona. Spero d’incontrarvi qui quando la stella doppia avrà fatto un giro completo».

L’ultimo degli umani lasciò infine la Llanvabon. Questa si allontanò e scomparve in mezzo alla nebulosità prima che avessero fatto ritorno alla nave nera. Le piastre visive del vascello alieno erano state modificate, per adattarle agli occhi umani, e l’equipaggio umano frugò il cielo con una punta di nostalgia alla ricerca della Llanvabon mentre la loro nuova nave sceglieva una fulminea rotta evasiva verso i bordi esterni della nebulosa. Sbucò dentro un crepaccio di vuoto assoluto che conduceva fuori, alle stelle. Infine balzò fuori nello spazio aperto. Per un attimo provarono quell’arresto della respirazione che viene provocato dall’attivazione del campo d’iperpropulsione, e la nave sfrecciò attraverso il vuoto a molte volte la velocità della luce.

Molti giorni più tardi il comandante vide Tommy che stava studiando uno di quegli strani oggetti che equivalevano a libri. Era affascinante scervellarsi sopra. Il comandante era soddisfatto con se stesso. I tecnici dell’ex equipaggio della Llanvabon stavano scoprendo quasi in continuazione cose assai interessanti, per non dire preziose, in quella nave. Senza alcun dubbio, gli alieni dovevano essere altrettanto soddisfatti delle scoperte che stavano compiendo a bordo della Llanvabon. Ma, in ogni caso, La nave nera si stava rivelando una miniera inesauribile d’informazioni — perfino nelle tecniche di combattimento, in cui i terrestri, fino a poco prima, si erano ritenuti senz’altro superiori.

«Uhmmm, signor Dort», disse scandendo le parole. «Lei non dispone più di nessuna attrezzatura per realizzare un’altra serie di registrazioni fotografiche durante il viaggio di ritorno. È rimasta a bordo della Llanvabon. Ma per fortuna abbiamo con noi le registrazioni fatte durante il viaggio d’andata… ed io farò un rapporto assai favorevole sul suo suggerimento e sulla sua assistenza nel metterlo in pratica. La tengo in altissima considerazione, signore».

«Grazie, signore», rispose Tommy Dort.

Aspettò. Il comandante si schiari la gola.

«Lei… ehm… si è reso conto per primo dell’intima somiglianza dei processi mentali nostri e degli alieni», osservò. «Cosa pensa della prospettiva d’un accordo amichevole, se ci presenteremo all’appuntamento che abbiamo con loro, nella nebulosa, come abbiamo concordato?»

«Oh, andremo benissimo d’accordo, signore», replicò Tommy. «Questo nostro primo incontro è stato un buon passo verso l’amicizia. E, dopotutto, poiché essi vedono attraverso l’infrarosso, i pianeti che possono usare non sono adatti a noi, e viceversa. Non c’è motivo per cui non dovremmo andar d’accordo. Come psicologia siamo quasi uguali».

«Uhmmmm… Adesso, cosa intende dire con questo?» chiese il comandante.

«Ma si, sono proprio come noi, signore!» esclamò Tommy. «Sì, respirano attraverso le branchie e vedono grazie alle radiazioni termiche, e il loro sangue ha enzimi a base di rame invece che di ferro, e c’è qualche altra piccola differenza di questo tipo. Ma per il resto siamo proprio uguali! C’erano soltanto uomini nel loro equipaggio, signore, ma hanno due sessi come noi, hanno famiglia, e… ehm… il loro senso dell’umorismo… Infatti…»

Tommy esitò.

«Vada avanti, signore», lo sollecitò il comandante.

«Già… Ce n’era uno che avevo chiamato Daino, signore, poiché non aveva un nome che si potesse tradurre in onde sonore», spiegò Tommy. «Siamo andati d’accordo quasi subito, e bene. Potrei senz’altro dire che eravamo amici, signore. E siamo stati insieme un paio d’ore prima che le navi si separassero, poiché non avevamo niente di particolare da fare. Così, mi sono convinto che gli umani e quegli alieni sono destinati a diventare buoni amici, se verrà data alle due razze anche una mezza possibilità. Vede, signore, abbiamo passato quelle due ore a raccontarci barzellette sporche».