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— Mi sento perseguitato, su questo carro, Leaf.
Sting emise un bizzarro suono gutturale, come una specie di singhiozzo rauco. Leaf lo sollevò di peso, togliendolo dal sedile del guidatore e posandolo gentilmente nel corridoio. Era come se Sting fosse senza peso. Forse in quel momento era così. Sting aveva molte strane doti. — Avanti — disse Leaf, — riposati un po’, adesso che puoi.
— Come sei gentile, Leaf.
— E niente più discorsi di fantasmi.
— Sì — rispose Sting. Leaf lo vide lottare contro la paura, la disperazione, lo sfinimento. Sembrò illuminarsi per un attimo, sul punto di riprendere l’antica vitalità; poi il breve brillio si spense e, con un pallido sorriso ed un mormorio di ringraziamento, Sting andò a poppa.
Leaf si sistemò sul sedile del guidatore.
Guardando dal finestrino del carro (fatto di sottili e resistenti strisce di pelle arrotolata, disposte con cura e perfettamente trasparenti), si trovò di fronte ad una scena lugubre. Una pioggia scura come il sangue cadeva obliquamente, flagellando il terreno spugnoso e sollevando piccoli zampilli di fango. Un miasma bluastro si sollevava dal suolo in ondate di nebbia scura e fumigante, il cui odore acre già cominciava a pervadere il carro. Leaf sospirò e prese le redini. Fantasmi di morte, pensò. Ossessionato. Povero Sting, gli aveva dato di volta il cervello.
Eppure, eppure ripensando alle parole di Sting, Leaf si rese conto che anche lui aveva provato qualcosa di simile nei giorni precedenti: si era sentito teso, incalzato, ossessionato. Ossessionato. Come se presenze invisibili, irridenti, ostili, incombessero su di lui. Fantasmi? Era più probabile che si trattasse della tensione per tutto quello che aveva passato dal giorno del primo massacro dei Denti. Era sopravvissuto al crollo di una civiltà ricca e intricata, e ora si muoveva in un mondo strano, fatto di ceneri e alghe. Forse era ossessionato dal peso di un passato non ancora sepolto, dal ricordo di tutto quello che aveva perduto.
Forse era necessaria una formula esorcistica.
A voce alta e tranquilla disse: — Se qui ci sono dei fantasmi, voglio che mi ascoltino. Uscite da questa cabina. È un ordine. Io ho un lavoro da svolgere.
Rise. Prese in mano le redini e si preparò ad assumere il controllo delle pariglie di incubi.
La sensazione di una presenza invisibile era soverchiante. Qualcosa di intangibile e palpabile ad un tempo, lo teneva stretto in una morsa rischiosa. Si sentiva circondato e risucchiato. È la nebbia, si disse. Una nebbia scura, che premeva contro il finestrino, sigillando il carro in una sacca di vapore. O non era la nebbia? Leaf rimase assolutamente silenzioso e si guardò intorno ispezionando con attenzione la cabina. Non c’era nessuno. Era assurdo agitarsi in quel modo. Eppure il disagio persisteva. Ora non era più uno scherzo. L’ansia di Sting l’aveva contagiato e ormai si nutriva di se stessa, facendosi più intensa ad ogni istante che passava, rendendolo vulnerabile a qualunque sussurro di terrore. Solo con la tranquillità mentale poteva ottenere lo stato di trance necessario ad un guidatore di incubi: e non sarebbe entrato in trance se avesse continuato a sentire lo sguardo di un osservatore invisibile. Questa pioggia, pensò. Questa maledetta pioggia. Fa impazzire tutti. Con voce chiara e ferma disse: — Ora parlo seriamente. Mostrati ed esci da questa cabina.
Silenzio.
Riprese le redini. Inutile. Concentrarsi era impossibile. Lui conosceva molte tecniche per farlo, per portare la propria coscienza ad un livello di inattaccabile serenità. Ma era in grado di ottenerla, ora, così turbato e fuori fase? Ci avrebbe provato. Doveva riuscirci. Il carro aveva indugiato già troppo in quel luogo. Leaf chiamò a raccolta tutte le sue migliori risorse, purificò se stesso da ogni dissonanza, si costrinse a cadere lentamente in trance.
Sembrò funzionare. L’oscurità lo chiamò. Lui si fermò sulla soglia. Fu sul punto di attraversarla.
— Stupido, davvero uno stupido — disse all’improvviso una voce secca scaturita dal nulla, che gli perforò le orecchie come i denti aguzzi dei topi del Deserto Bianco.
La trance si interruppe. Leaf tremò come se fosse stato pugnalato e si raddrizzò con il viso rosso per l’eccitazione.
— Chi ha parlato?
— Metti giù quelle redini, amico. Continuare lungo questa strada è un grosso spreco di energie.
— Allora non ero pazzo e non lo era neppure Sting. Qui c’è qualcosa!
— Un fantasma, sì, un fantasma, un fantasma, un fantasma. — Il fantasma lo inondò con uno scroscio di risa.
Leaf sentì la tensione allentarsi. Meglio essere afflitti da un fantasma vero che essere infastidito dalle fantasie della propria mente malata. La pazzia lo spaventava molto di più dell’invisibile. E poi pensava di sapere chi fosse quella creatura.
— Dove sei, fantasma?
— Non lontano da te. Sono qui. Qui. Qui. — Una voce da tre punti diversi della cabina, in rapida successione. L’essere invisibile cominciò a cantare. Era un canto acuto e lamentoso, un suono lacerante che mise a dura prova la sopportazione di Leaf. Continuava a non vedere nessuno, pur strizzando gli occhi e sforzandosi al massimo. Pensò di intravedere un pallido velo di luce rosa che galleggiava lungo la parete della cabina, una foschia fumosa che si muoveva da un punto all’altro, una specie di patina luccicante, come un velo di olio sull’acqua, ma tutte le volte che cercava di fissarvi lo sguardo, quella vaga presenza sembrava evaporare.
Leaf disse: — Da quanto tempo sei a bordo di questo carro?
— Da quanto basta.
— Sei salito a Theptis?
— Era quello il nome del luogo? — chiese il fantasma fingendo di non saperlo. — L’hq dimenticato. È così difficile ricordare le cose.
— Theptis — disse Leaf. — Quattro giorni fa.
— Forse ero a Theptis — disse il fantasma. — Stupido! Sognatore!
— Perché mi insulti?
— Viaggi su di una strada morta, sciocco, eppure nulla ti distoglierà da essa. — La creatura invisibile fece un risolino. — Pensi che io sia un fantasma, Pura Discendenza?
— So chi sei.
— Come sei diventato saggio!
— Che fantasma miserabile! Che meschino spettro vagante! Mostrati a me, fantasma!
La risata riecheggiò dagli angoli della cabina. La voce, parlando da un punto vicino all’orecchio sinistro di Leaf, disse: — La strada che avete scelto di percorrere è stata uccisa più avanti. Ve lo avevano già detto quando siete venuti da noi, eppure avete voluto proseguire, e proseguite ancora. Perché avete tanta fretta?
— Perché non ti fai vedere? Un gentiluomo si sente a disagio quando parla al vuoto.
Dopo una breve pausa, il fantasma rinunciò compiacente ad una frazione della propria invisibilità. Una vaporosa macchia purpurea apparve nell’aria di fronte a Leaf ed in mezzo ad essa lui vide delle fattezze tenui ed inconsistenti, come una proiezione su di uno schermo di densa nebbia. Credette di riuscire a distinguere una sottile barba bianca, occhi acuti e scintillanti, labbra sottili e ricurve; un viso assolutamente arcigno, un tronco scarnificato. La macchia diventò di colore scarlatto e per un attimo Leaf vide l’intera figura dell’estraneo, un uomo alto, dall’ossatura stretta, rinsecchito e avvizzito, che lo fissava con una smorfia feroce. I bordi della figura sfumarono e divennero bruma. Leaf vide di nuovo solo vapore, e poi più nulla.
— Mi ricordo di te a Theptis — disse Leaf. — Nella tenda degli Invisibili.
— Che cosa farete quando arriverete al punto morto sull’autostrada? — domandò l’Invisibile. — Ci volerete sopra? Scaverete una galleria sotto di esso?
— Facevi le stesse domande a Theptis — rispose Leaf. — Ti darò la stessa risposta che ti diede allora Crown del Lago Scuro: andremo avanti, ostacolo o no. Questa è la sola strada per noi.
Erano arrivati a Theptis il quinto giorno dopo la loro fuga: una città grandiosa, uno splendido centro commerciale, la porta dell’ovest, posta alla confluenza di due grandi fiumi e di molte autostrade. Nei tempi felici a Theptis si trovavano persone di tutti i generi: Pure Discendenze e Cristalli Bianchi; Donatori di Fiori e Plasmatori di Sabbia e dozzine di altre razze, che si affollavano nelle strade principali, comprando e vendendo, vendendo e comprando. Ma Theptis era soprattutto la città degli Arti, la casta dei mercanti, industriosi e grassocci, concentrati a migliaia in quella sola città.
Il giorno che l’aerocarro di Crown giunse a Theptis, gran parte della città era in fiamme ed essi si fermarono in un’ampia pianura percorsa da un fiumicello, appena fuori dall’area metropolitana. Là era sorto un improvvisato campo profughi e le tende nere, dorate e verdi, coprivano il prato come tanti germogli spuntati nottetempo. Leaf e Crown andarono in cerca di notizie. I Denti avevano saccheggiato anche Theptis? No, rispose loro un vecchio e logoro Plasmatore di Sabbia. Secondo quello che si diceva, i Denti erano ancora molto lontani, ad imperversare sulle città costiere ad est. E quegli incendi, allora? Il vecchio scosse il capo. La sua energia si era esaurita, o forse la sua pazienza e la sua cortesia. Se volete sapere altro, disse, chiedetelo a loro. Loro sanno tutto. E indicò una tenda di fronte alla sua.
Leaf guardò nella tenda ma la trovò vuota; poi guardò di nuovo e vide delle ombre sottili che si muovevano all’interno, esili figure che sfioravano i limiti estremi della visibilità, e che lui riusciva a percepire mentre si muovevano nella tenda solo grazie ai giochi di luce. Gli dissero di entrare e Crown lo seguì. Alla luce velata del fuoco acceso nella tenda era più facile vederli: sette o otto uomini della razza degli Invisibili, nomadi avvolti dal mistero, dotati della capacità di far viaggiare i raggi luminosi attraverso o intorno ai loro corpi, in modo da sfuggire alla vista dei comuni normali. Leaf, come tutti quelli che non appartenevano alla loro razza, si sentiva a disagio con gli Invisibili. Nessuno si fidava di loro; nessuno era in grado di intuire le loro azioni, perché erano creature capricciose e imprevedibili, che seguivano un codice la cui logica era incomprensibile agli estranei. Diedero il benvenuto a Crown e Leaf, muovendo i loro corpi per rendersi visibili ed offrirono ai visitatori una caraffa di vino ed un vassoio colmo di frutta. Crown fece un gesto in direzione di Theptis. Chi aveva incendiato la città? Un Invisibile con la barba rossiccia ed una voce roboante e rauca, rispose che la seconda notte dell’invasione, gli Arti più ricchi erano stati colti dal panico ed avevano cominciato ad abbandonare la città con tutti i loro averi più preziosi e mentre i loro carri oltrepassavano le porte della città, i subrazziali avevano dato inizio alo saccheggio dei palazzi degli Arti e quando erano giunti alle cantine, erano cominciati i disordini ed erano scoppiati vari incendi, e nessuno era stato in grado di costringere i pompieri a fare il loro dovere perché questi erano tutti subrazziali ed i loro padroni erano fuggiti. Così la città bruciò, e stava ancora bruciando, ed i sopravvissuti erano ammucchiati su quella pianura, in attesa che le macerie si raffreddassero, in modo da poter recuperare le cose di valore, con la speranza che i Denti non piombassero su di loro prima che avessero terminato la loro ricerca. Per quanto riguardava gli Arti, disse l’Invisibile, ora a Theptis non ce n’era più nessuno.
Da che parte erano andati? In un primo tempo, soprattutto verso nord-ovest, con l’Autostrada del Tramonto, ma poi l’ingresso a quella strada era stato ingorgato da carri impantanati che si erano urtati e messi di traverso, per cui ora l’unico modo di raggiungere l’autostrada era di fare una lunga deviazione attraverso le terre sabbiose a nord della città, e una volta che questa notizia si era sparsa, gli Arti avevano voltato i loro carri verso sud. Crown si meravigliò che nessuno prendesse l’Autostrada del Ragno verso ovest. Al che un secondo Invisibile con la barba bianca si unì alla conversazione. L’Autostrada del Ragno è bloccata a pochi giorni di viaggio da qui in direzione ovest; una strada morta, una strada inutile. Questo lo sanno tutti, disse l’Invisibile con la barba bianca.
— Quella è la nostra strada — disse Crown.
— Vi auguro buona fortuna — disse l’Invisibile. — Non andrete lontani.
— Io devo arrivare alle Pianure.
— Prova con le terre sabbiose — gli consigliò quello con la barba rossa, — e prendi quella del Tramonto.