125960.fb2 Questa ? la strada - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 8

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Lei fece cenno di sì. — Davanti, nella cabina di guida.

— È successo qualcosa?

— Niente, assolutamente niente. — Lei allungò le mani e gli passò le dita sulle guance. Il suo sguardo era caldo, acceso, il sorriso amoroso. — I Denti sono molto lontani, Leaf.

— Da noi forse. Ma non da altri.

— È stata la volontà dell’Anima a mandarli.

— Lo so, lo so. — Quante volte lui aveva predicato l’accettazione! Questo è il volere e noi pieghiamo il capo. Questa è la strada e noi la percorriamo senza lamentarci. Eppure, eppure… tremò. Le sensazioni del sogno persistevano. Lui era completamente disorientato. I Denti del sogno gli mordicchiavano la carne. Le profondità del suo spirito risuonavano delle urla degli uomini sugli spiedi, dei suoni della lacerazione, sentivano l’insopportabile odore del fumo acre della città in fiamme. In dieci giorni, metà del mondo era stata fatta a pezzi. Tanto dolore, tanta morte, tanta bellezza distrutta da selvaggi implacabili che non si sarebbero fermati finché, solo l’Anima sapeva quando, non avessero completato la loro vendetta. Il volere dell’Anima li manda contro di noi. Accettalo, accettalo. Non riusciva più a trovare il centro. Shadow lo stringeva, sforzandosi di circondargli completamente il corpo con le braccia. Dopo un momento cominciò a sentirsi meno turbato, ma il suo essere restava dilaniato, presente solo in parte; come se dei chiodi tenessero una parte della sua mente fissata a quella mostruosa landa deserta e ricoperta di ceneri, che era tutto ciò che restava delle fertili e belle province orientali dopo il passaggio dei Denti.

Lei lo lasciò andare. — Vai — gli bisbigliò. — Là davanti è tutto tranquillo. Riuscirai a ritrovare te stesso.

Prese il suo posto nella cabina di guida, oltrepassando in silenzio Sting che aveva rimpiazzato Crown nello scompartimento centrale. Metà della notte era trascorsa. Nello spiazzo tutto era tranquillo; il grande cancello di legno era sprangato e in giro non c’era nessuno. Alla fredda luce delle stelle Leaf vide gli incubi che brucavano pazienti al limitare del boschetto. Cavalli docili, quasi umani. Se devo ricevere la visita degli incubi, fa’ che siano della loro razza, pensò.

Shadow aveva avuto ragione. Nella quiete si calmò e gli ritornò la prospettiva delle cose. I lamenti non avrebbero ricostruito le terre orientali distrutte, le espressioni di orrore e di dolore non avrebbero trasformato i Denti in pii agricoltori. L’Anima aveva decretato il caos: così sia! Questa è la strada che dobbiamo percorrere, e chi osa chiedere il perché? Una volta il mondo era stato un tutt’uno, ora era frammentato e le cose erano così perché così dovevano essere. Si sentì meno teso. L’angoscia lo abbandonò. Fu di nuovo Leaf.

Verso l’alba il mondo perse i crudi contorni creati dalla luce delle stelle; una nebbiolina leggera avvolse il carro e per un po’ cadde la pioggia, una pioggia leggera, pura, completamente diversa dal maligno temporale del giorno prima. Nella luce misteriosa che precede il sorgere del sole, il mondo assunse una delicata nebbiosità perlacea e in questa foschia si materializzò un’apparizione. Leaf vide una figura ondeggiare attraverso il cancello chiuso — attraverso di esso — una figura spettrale, incorporea. Pensò che fosse l’Invisibile, nascosto nel carro fin da Theptis, eppure no, questa era una donna, vecchia e fragile, una donna in miniatura, persino più piccola di Shadow, più esile. Leaf sapeva di chi doveva trattarsi: la donna di sangue misto. La profetessa, la veggente, colei che aveva incitato i Compagni degli Alberi a bloccare l’autostrada. La sua pelle aveva la consistenza cerea ed i noduli di peli scuri ed ispidi dei Cristalli Bianchi; la forma del corpo era essenzialmente quella dei Compagni degli Alberi, magra e con le braccia lunghe; e dai suoi antenati Invisibili aveva ereditato quella strana intangibilità, quell’apparenza di vivere sempre al confine tra l’allucinazione e la realtà, tra la carne e la bruma. I mezzosangue erano poco comuni; Leaf ne aveva visti pochissimi e non ne aveva mai incontrato uno che riunisse in sé tante razze differenti. Si diceva che la gente di sangue misto avesse strani poteri. Era certo il caso di questa donna. Come aveva fatto a superare il muro? Neppure gli Invisibili potevano passare attraverso il solido legno. Allora forse questo era solo un sogno, o magari lei conosceva il modo di proiettare un’immagine di se stessa nella sua mente, restando all’interno del villaggio dei Compagni degli Alberi. Lui non capiva.

La osservò a lungo. Sembrava proprio reale. Si fermò a venti passi dal carro e scrutò lentamente tutto l’orizzonte e alla fine gli occhi si posarono sul finestrino della cabina di guida. Di certo lei era conscia del fatto di essere osservata e ricambiò lo sguardo, i suoi occhi fissi in quelli di Leaf, senza battere ciglio. Rimasero avvinti così per qualche minuto. L’espressione di lei era cupa e opaca, un cipiglio avvizzito che all’improvviso si rischiarò, e lei gli rivolse un sorriso intenso, ed era un sorriso così penetrante, che Leaf fu preso dal terrore e distolse lo sguardo, sconfitto e umiliato.

Quando sollevò la testa lei era scomparsa: lui si lanciò verso il finestrino, piegò il collo e la vide vicino alla parte centrale del carro. Stava ispezionando da vicino il lavoro degli artigiani, curiosando e toccando il rivestimento esterno. Poi si allontanò e si diresse nel luogo in cui Sting, Shadow e il capo avevano parlamentato e si sedette lì a gambe incrociate. Rimase perfettamente immobile, come se fosse addormentata o in trance. Proprio quando Leaf cominciò a pensare che non si sarebbe mossa mai più, lei estrasse da un sacchetto legato in vita una pipa d’osso intagliato, la riempì con una polvere bluastra e la accese. Lui le osservò il viso, in cerca di segni rivelatori, ma essa non mostrava nulla: divenne ancor più impassibile ed imperscrutabile. Quando la pipa si spense, lei la riempì di nuovo e fumò una seconda volta, e Leaf continuò a guardarla con il viso premuto goffamente contro il vetro ed il corpo tutto indolenzito. Ora spuntavano i primi raggi di sole, di un rosa che divenne rapidamente dorato. Con l’aumentare della luminosità, la strega divenne sempre meno solida; stava sbiadendo attimo dopo attimo e dopo un poco lui vide solo la pipa e il fazzoletto, e poi lo spiazzo rimase vuoto. Le lunghe ombre dei sei incubi si infrangevano contro la palizzata di legno. La testa di Leaf ciondolò. Mi sono appisolato, pensò. È mattina e tutto va bene. Andò a svegliare Crown.

Fecero una leggera colazione. Leaf e Shadow portarono i cavalli ad abbeverarsi ad un piccolo ruscello a cinque minuti di cammino in direzione di Theptis. Nel boschetto, Sting fece incetta di bacche e noci, e dopo averne riempiti due sacchi andò a riposare sulle pellicce. Crown andò a rintanarsi nella stanza dei trofei e non parlò con nessuno. Sulla collina appena dietro il muro, si vedevano dei Compagni appollaiati sui rami degli alti alberi dalle foglie rosse, intenti a fissare il carro. Fino a metà mattina non successe nulla. Poi, in un momento in cui tutti e quattro i viaggiatori erano all’interno del carro, apparvero una dozzina di persone, avanguardia di quella tribù di profughi che Crown aveva giustamente predetto. Arrivarono lentamente, a piedi lungo la strada, ricoperti di polvere e con l’aspetto stanco, barcollando sotto il peso di enormi e disordinati fardelli contenenti provviste e averi. Erano individui muscolosi, alti come Leaf o anche di più, ed avevano l’apparenza di guerrieri: portavano corte spade legate in vita e sia gli uomini che le donne erano abbondantemente ricoperti di cicatrici. La loro pelle era color grigio tendente al verde pallido, ed avevano un numero di dita delle mani e dei piedi superiore al normale.

Leaf non aveva mai visto prima quella razza. — Li conosci? — chiese a Sting.

— Cacciatori delle Nevi — rispose lui. — Credo imparentati con i Plasmatori di Sabbia. Della casta intermedia e con la fama di non essere amichevoli con gli estranei. Vivono a sud-ovest di Theptis, nella zona delle colline.

— Si poteva pensare che là fossero al sicuro — disse Shadow.

Sting si strinse nelle spalle. — Nessuno è al sicuro contro i Denti, eh? Nemmeno sulle colline più alte. Nemmeno nella giungla più impenetrabile.

I Cacciatori delle Nevi lasciarono cadere i fagotti e si guardarono intorno. Fu il carro che attirò la loro attenzione; sembravano sbalorditi dalla sua opulenza. Lo esaminarono meravigliati, toccandolo come aveva fatto la strega, scrutandolo da ogni lato e poi si scambiarono sguardi d’intesa, bisbigliando e facendo cenni, ma non sorrisero e non accennarono a salutare. Dopo un po’ si diressero verso il muro e lo studiarono con la stessa infantile curiosità. Sembrò lasciarli perplessi. Lo misurarono a braccia allargate, vi premettero contro il corpo, lo spinsero con le spalle, picchiarono sui pali, tirarono i resistenti legami di fibra vegetale. A quel punto dalla strada ne era arrivata un’altra dozzina ed anche quelli si affollarono intorno al carro, facendo quello che avevano fatto i primi, e poi anch’essi si diressero verso il muro. Continuavano ad arrivare Cacciatori delle Nevi, a gruppi di tre o quattro. Un terzetto, che si teneva in disparte dagli altri, dava l’impressione di essere composto dai capi tribù: si consultavano, annuivano, chiamavano altri membri della tribù e poi li congedavano con energici movimenti delle mani.

— Usciamo a parlare con loro — disse Crown. Indossò la sua migliore armatura e scelse un assortimento di eleganti armi da parata. Diede a Sting un sottile pugnale. Shadow non volle armi e Leaf preferì armarsi solo del prestigio della sua appartenenza alla Pura Discendenza. Aveva scoperto che negli incontri con gli stranieri essere un membro della razza pura gli era utile quanto l’avere una spada.

I Cacciatori delle Nevi (ora ce n’erano circa un centinaio, ed altri continuavano ad arrivare) guardarono con apprensione quando Crown e i suoi tre compagni scesero dal carro. L’andatura baldanzosa di Crown e la sua mole sembrarono impressionare molto di più questa robusta razza di guerrieri di quanto avessero impressionato i garruli Compagni degli Alberi. Ed anche la presenza di Leaf sembrava disturbarli. Circospetti, si mossero fino a formare un semicerchio intorno ai loro tre capi; si strinsero l’un l’altro con le mani sull’elsa delle spade, mormorando.

Crown fece un passo avanti. — Attento — disse Leaf. — Sono nervosi. Non forzarli.

Ma Crown, sfoggiando abili doti di diplomazia, piuttosto insolite per lui, mise rapidamente a loro agio i Cacciatori delle Nevi con un caldo gesto di saluto — le mani tese in avanti, il palmo verso l’alto con le dita aperte — e alcune calorose parole di benvenuto. Vennero fatte le presentazioni. Il portavoce della tribù, un uomo dal viso duro, con occhi gelidi e zigomi pronunciati, si chiamava Sky; gli altri due capi erano Biade e Shield. Sky parlava con voce piatta e misurata, senza mai cambiare tono. Sembrava vuoto, inaridito, un uomo che pareva aver raggiunto uno stato di esaurimento ben al di là dello sfinimento. Erano per strada da tre giorni e tre notti, quasi senza sosta, disse Sky. La settimana prima, il grosso delle forze dei Denti si era diretto ad ovest attraverso le basse terre costiere, verso Theptis, ed una banda composta da poche centinaia di guerrieri si era perduta e si era diretta a sud, nelle terre collinari. Quel girovagare aveva portato quei Denti sbandati a piombare senza alcun preavviso su di un villaggio isolato di Cacciatori delle Nevi ed era scoppiata una terribile battaglia in cui era perita più della metà della gente di Sky. I sopravvissuti erano riusciti a far perdere le loro tracce nella foresta e, seguendo strade secondarie, erano arrivati all’Autostrada del Ragno ed intontiti dal dolore e dalla disperazione avevano marciato come automi verso il fiume Middle, nella speranza di trovare nuove colline nei territori scarsamente popolati del lontano nord-ovest. Non sarebbero mai più potuti tornare alle loro terre, dichiarò Shield, perché queste erano state profanate dai banchetti dei Denti.

— Ma che cos’è questo muro? — chiese Sky.

Crown spiegò, raccontando ai Cacciatori delle Nevi qualcosa a proposito dei Compagni degli Alberi, della loro profetessa e della sua promessa che gli averi di tutti i profughi sarebbero stati consegnati a loro.

— Ci attendono con i loro dardi — disse Crown. — In quattro eravamo impotenti. Ma non oserebbero mai sfidare una forza come la vostra. Al tramonto avremo abbattuto quel muro!

— Si dice che i Compagni degli Alberi siano avversari fieri — fece notare Sky con tranquillità.

— Null’altro che scimmie — disse Crown. — Correranno ad arrampicarsi sulla cima dei loro alberi non appena estrarremo le nostre spade.

— E ci inonderanno di dardi avvelenati — mormorò Shield. — Amico, non abbiamo più lo stomaco per altre battaglie. Troppi di noi sono caduti questa settimana.

— Che cosa farete? — gridò Crown. — Gli darete le vostre spade, le vostre tuniche, gli anelli delle vostre mogli e i sandali che avete ai piedi?

Sky chiuse gli occhi e rimase immobile e muto per un lungo istante. Poi, senza aprire gli occhi, parlò con una voce che veniva dal centro di un immenso vuoto: — Parleremo con i Compagni e sentiremo le loro richieste, poi prenderemo le nostre decisioni e formuleremo i nostri piani.

— Il muro… se combattete al nostro fianco potremo distruggerlo ed aprire la strada a tutti quelli che fuggono dai Denti!

Con gelida pazienza, Sky disse: — Ne parleremo di nuovo con te. — E si voltò. — Ora riposeremo, in attesa che i Compagni degli Alberi si facciano avanti.

I Cacciatori delle Nevi si ritirarono e si sedettero ai margini del boschetto proprio sotto il muro. Lì si misero in fila, con lo sguardo fisso a terra, in attesa. Crown sputò con disprezzo e scosse il capo. Rivolto a Leaf disse: — Hanno l’aspetto di veri combattenti. C’è qualcosa che distingue un combattente dagli altri uomini, Leaf, e io sono in grado di capirlo, e questi Cacciatori delle Nevi ce l’hanno. In loro c’è la forza, la potenza, e lo spirito della battaglia. Eppure, guardali ora! Accovacciati come grossi Arti spaventati!

— Sono stati duramente battuti — disse Leaf. — Sono stati allontanati dalla loro terra. Sanno cosa significa guardare da una collina e vedere i fuochi su cui stanno arrostendo i tuoi parenti. Questo priva una persona dello spirito combattivo, Crown.

— No. La sconfitta fa ardere più alta la fiamma. Ti fa bruciare per il desiderio di vendetta.

— Davvero? Che ne sai tu della sconfitta? I tuoi avversari non ti hanno mai neppure scalfito.

Crown lo fissò con ira. — Non sto parlando di duelli. Tu pensi che la mia vita non sia stata sfiorata dai Denti? Che cosa ci faccio su questa sporca strada con tutto quello che ancora possiedo ammassato in un unico carro? Ma io non sono un morto che cammina, come quei Cacciatori delle Nevi. Io non scappo, io sto andando a reclutare un esercito. E poi tornerò nell’est e consumerò la mia vendetta, mentre loro… spaventati dalle scimmie…

— Hanno marciato giorno e notte — disse Shadow. — Dovevano essere sulla strada quando è caduta la pioggia purpurea. Hanno speso tutte le loro energie, mentre noi viaggiavano nel carro, Crown. Forse, quando si saranno riposati…

— Spaventati dalle scimmie!

Crown era scosso dall’ira. Andava avanti e indietro di fronte al carro, battendosi le cosce con i pugni. Leaf temeva che andasse dai Cacciatori delle Nevi e tentasse con le minacce di costringerli ad un’alleanza: per quanto svuotati e confusi, avrebbero potuto infuriarsi selvaggiamente se Crown li avesse spronati con troppa insistenza. Magari dopo qualche ora di riposo, come aveva suggerito Shadow, si sarebbero sentiti più inclini ad aiutare Crown ad aprirsi la strada attraverso il muro dei Compagni. Ma non ora. Non ora.

Il cancello si aprì. Ne uscirono una ventina di abitanti della foresta con il capotribù e (Leaf trattenne il fiato per lo stupore) la vecchia profetessa che guardò nella sua direzione e lo gratificò di un altro dei suoi penetranti sorrisi.

— Che genere di creatura è quella? — chiese Crown.

— La strega mezzosangue — disse Leaf. — L’ho vista all’alba, mentre ero di guardia.

— Guardate! — gridò Shadow. — Tremola e sbiadisce come un Invisibile! Ma la sua pelle è come la tua, Sting, e la sua forma è quella di…

— Mi terrorizza — disse Sting con voce rauca. Stava tremando. — Ci predice la morte. Ci resta poco tempo, amici. È la dea della morte, quella! — Si aggrappò al gomito di Crown che non era protetto dall’armatura. — Venite! Ritorniamo indietro sull’Autostrada del Ragno! Meglio tentare la fortuna nel deserto che restare qui a morire!

— Calmati — scattò Crown. — Non si torna indietro.! Denti sono già a Theptis. Fra un giorno o due avanzeranno su questa strada. C’è un’unica direzione, per noi.

— Ma il muro — disse Sting.

— Al tramonto il muro sarà in pezzi — gli disse Crown.

Il capo dei Compagni stava conferendo con Sky, Biade e Shield. Evidentemente i Cacciatori conoscevano in parte il linguaggio dei Compagni, perché Leaf udiva scambi vocali, accompagnati da pantomime e linguaggio di segni. Il capo indicava ripetutamente se stesso, il muro, la profetessa: indicò i fagotti dei Cacciatori delle Nevi, fece un rabbioso gesto con il pollice in direzione del carro di Crown. La conversazione durò mezz’ora e sembrò raggiungere una conclusione amichevole. I Compagni se ne andarono, questa volta lasciando aperto il cancello. Sky, Blade e Shield passarono tra i loro uomini, dando istruzioni. I Cacciatori trassero dai loro fagotti del cibo: radici essicate, semi, carne affumicata e mangiarono in silenzio. Poi alcuni ragazzi, con grossi otri di pelle per l’acqua sospesi a un palo che due di loro si portavano sulle spalle, andarono al ruscello a riempirli, e gli altri Cacciatori si alzarono, stirandosi e vagando per lo spiazzo come se fossero pronti a riprendere la marcia. Crown venne afferrato da una furiosa impazienza. — Che cosa fanno? — domandò. — Che patto avranno concluso?

— Immagino che si saranno arresi alle loro condizioni — disse Leaf.