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Per riuscire nella danza moderna, è indispensabile entrare in una compagnia. Non puoi farti vedere se non sei visibile. Mentre tornavamo allo studio, Norrey mi aveva parlato dei tentativi compiuti da Shara per entrare in una compagnia… e io avrei potuto predire ogni parola.
— L’ha vista ballare Merce Cunningham, Charlie. L’ha vista ballare Martha Graham, poco prima di morire. Grandi lodi, per la sua coreografia non meno che per la sua tecnica. Ma non le hanno offerto un posto in compagnia. Non sono neppure sicura che avessero tutti i torti… credo di capire.
Norrey capiva benissimo. Era il suo difetto moltiplicato per cento: l’unicità. Quando una fa parte d’una compagnia, dev’essere capace di lavorare in modo eccellente come solista… ma deve anche sapersi fondere nell’impegno di gruppo, nel lavoro d’insieme. L’unicità di Shara la rendeva virtualmente inutile in una compagnia. Era inevitabile che attirasse l’occhio.
E quando l’aveva attirato, l’occhio (almeno quello maschile) non si staccava più da lei. Le interpreti della danza moderna, di questi tempi, a volte devono lavorare nude, e quindi devono avere un corpo da ragazza quattordicenne. Possono esserci donne che ballano con poco o niente addosso; ma per Dio, è Arte. Un’attrice, una musicista, una cantante o una pittrice può essere riccamente dotata e deliziosamente tornita… ma una ballerina dev’essere quasi asessuata quanto un’indossatrice d’alta moda. Forse Dio sa perché Shara non avrebbe potuto purificare la sua danza dalla sessualità neppure se avesse pensato di farlo; e mentre la guardavo danzare sul mio monitor e nella mia mente, sapevo che non ci pensava affatto.
Perché il suo genio doveva consistere nell’unica specializzazione, oltre a quelle delle indossatrici e delle suore, in cui essere sexy è uno svantaggio? Mi spezzava il cuore, per analogia empatica.
— È inutile, vero?
Mi voltai e latrai: — Accidenti, mi hai fatto mordere la lingua.
— Scusa. — Lei entrò nel mio soggiorno. — Norrey mi ha detto dove potevo trovarti. La porta era socchiusa.
— Ho dimenticato di chiuderla quando sono tornato a casa.
— La lasci aperta?
— Ho imparato la lezione della storia. Nessun drogato, per quanto sia partito, entrerà in un appartamento con la porta socchiusa e la radio accesa. È evidente che c’è qualcuno in casa. E hai ragione, è proprio inutile. Siediti.
Sedette sul divano. Adesso aveva i capelli sciolti, e così mi piaceva di più. Spensi il monitor ed estrassi il nastro. Lo buttai su uno scaffale.
— Sono venuta a scusarmi. Non avrei dovuto scattare così, a pranzo. Tu stavi cercando d’aiutarmi.
— Era inevitabile. Immagino che a quest’ora ne avrai fin qui.
— Cinque anni. Avevo pensato d’incominciare negli Stati Uniti anziché nel Canada. Per andare più lontano e più in fretta. Adesso sono tornata a Toronto, e non credo che ce la farò neppure qui. Hai ragione. Sono troppo grossa. Le amazzoni non ballano.
— Senti, c’è qualcosa che voglio chiederti. Quell’ultimo gesto, nel finale di Nascita… che cos’era? Mi è sembrato che fosse un gesto di richiamo. Norrey dice che era un addio, e adesso che ho riesaminato il nastro mi sembra un’espressione di nostralgia e di desiderio.
— Allora ha funzionato.
— Prego?
— Mi sembrava che la nascita d’una galassia richiedesse tutti e tre. Sono così vicini, nello spirito, che mi pareva sciocco assegnare a ciascuno un movimento separato.
— Uhm. — Di male in peggio. Supponete che Einstein soffrisse di afasia. — Perché non potevi essere una ballerina mediocre? Sarebbe stata soltanto un’ironia. Quella, — e indicai il nastro, — è una grande tragedia.
— Non avrai intenzione di dirmi che posso continuare a ballare per me stessa?
— No. Per te sarebbe peggio che non ballare affatto.
— Mio Dio, come sei acuto. Oppure è tanto facile capirmi? Alzai le spalle.
— Oh, Charlie — proruppe lei. — Che cosa devo fare?
— È meglio che non lo chieda a me. — La mia voce aveva un tono stano.
— Perché?
— Perché sono già per due terzi innamorato di te. E perché tu non sei innamorta di me e non lo sarai mai. E quindi è il genere di domanda che non devi rivolgermi.
Quelle parole la scossero un po’, ma si riprese prontamente. I suoi occhi si addolcirono. Scosse la testa, adagio. — E sai persino perché non lo sono, vero?
— E perché non lo sarai mai.
Avevo una paura tremenda che stesse per dire: — Charlie, mi dispiace. — Ma mi soprese di nuovo. Disse: — Posso contare sulle dita di un piede il numero di uomini adulti che ho conosciuto. Sono contenta di aver incontrato te. Immagino che le tragedie ironiche arrivino sempre in coppia.
— Qualche volta succede.
— Bene, allora non mi resta altro che cercare di decidere cosa fare della mia vita. Dovrebbe essere sufficiente per far passare il weekend.
— Continuerai le lezioni?
— Tanto vale che lo faccia. Studiare non è mai una perdita di tempo. Norrey m’insegna molte cose.
All’improvviso la mia mente incominciò a bollire. L’uomo è un animale razionale, giusto? Giusto? — E se io avessi un’idea migliore?
— Se hai un’altra idea, è migliore senz’altro. Parla.
— È necessario che tu abbia un pubblico? Voglio dire, dev’essere dal vivo?
— Come sarebbe?
— Forse c’è un modo per rientrare dalla finestra. I videoregistratori s’incominciano a vendere bene… quando la gente ha capito che poteva collezionare vecchi film e cose del genere come prima collezionava i dischi, è stato solo questione di renderlo abbastanza economico. E quasi ci siamo… sai, il TDT sta pensando di entrare nel mercato, e la compagnia Graham l’ha già fatto.
— Quindi?
— Quindi, supponiamo che incominciassimo una produzione indipendente, io e te. Tu balli e io registro: una onesta proposta d’affari. Ho qualche amicizia e forse potrò combinare qualcosa. Potrei citarti dieci complessi che sono nel giro della musica e non fanno mai una tournée… registrano e registrano e bastano. Perché non tagli fuori la struttura delle compagnie di danza e non ti rivolgi direttamente al pubblico? Forse così…
Il suo viso stava incominciando a illuminarsi. — Charlie, credi che funzionerebbe? Lo credi davvero?…
— Non credo che abbia la possibilità di ottenere un effetto valanga. — Attraversai il soggiorno, aprii il frigo della birra, tirai fuori la palla di neve che tengo lì dentro durante l’estate, e gliela lanciai. L’afferrò al volo, appena appena, e quando vide che cos’era scoppiò a ridere. — Ho solo abbastanza fiducia nell’idea per lasciare il TDT e occuparmene a tempo pieno. Investirò il mio tempo, i miei nastri, il mio equipaggiamento e i miei risparmi. E avanti.
Lei cercò di ritornare seria, ma la palla di neve le gelava le dita e scoppiò a ridere di nuovo. — Una palla di neve a luglio. Che matto! Conta su di me. Ho un po’ di denaro da parte. E… e credo di non avere molte possibilità di scelta, vero?
— Credo di no.
I tre anni che seguirono furono i più esaltanti della mia vita, delle nostre due vita. Mentre io guardavo e registravo, Shara si trasformava: la ballerina potenzialmente grande diventò qualcosa di veramente sensazionale. Fece qualcosa che non sono sicuro di poter spiegare.
Diventò, per la danza, quello che il jazzista è per la musica.
La danza, per Shara, era l’auto-espressione, pura e semplice, sempre. Appena rinunciò al tentativo d’inserirsi nel mondo delle compagnie di danza, prese a considerare la coreografia in se stessa come un ostacolo alla sua autoespressione, come solco pre-programmato, inesorabile come un copione e altrettanto limitativo. E quindi lo svalutò.
Un jazzista può suonare Night in Tunisia per dodici serate consecutive, e ogni sera sarà un’esperienza diversa, dato che interpreta e reinterpreta la melodia secondo lo stato d’animo del momento. È l’unità totale dell’artista e della sua arte: la creazione spontanea. Il punto di partenza melodico distingue il risultato dall’anarchia pura.