128929.fb2 Time-out - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 10

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«Non fa niente,» lo interruppe la dottoressa. «Già lo so quanto ha preso.»

Carolyn controllò la pancia di Wendy per due settimane, ma non vide mai sintomi di varicella, benché alla fine si ritrovasse con cinque pazienti distribuiti fra il letto di Wendy, il letto matrimoniale e il divano in salone. «Non posso prendermela,» le disse Wendy, tirandosi giù la maglia dopo il solito controllo alla pancia. «C’è una partita oggi pomeriggio. Devo subentrare io. Sarah Perkins s’è ammalata ieri. L’allenatore Nicotero ha dovuto chiamare il time-out e farla sostituire.»

Proprio quello mi serve, pensò Carolyn, accompagnandola agli allenamenti. Un time-out. Peccato che il gioco che faccio non li preveda.

«Ho ristretto la scelta a Vassar, Carleton e Tufts,» disse Liz quando Carolyn rientrò. Era sdraiata sul divano a tamponarsi la lozione di calamina sulle gambe mentre leggeva gli opuscoli delle università. «Mamma, è importante un videoregistratore in camera?»

Squillò il telefono. «Mi dispiace tanto di doverti sempre disturbare,» disse Sherri, «ma non c’è altro da fare. È Shannon Williams. Ho chiamato sua madre in banca. Dici che ho fatto bene?»

«Lei c’era?»

«Non so,» rispose Sherri, a voce bassa. «Ha risposto lui al telefono e ha detto che non c’era, ma mi sembrava proprio furioso e credo che lo fosse davvero. Allora la vieni a prendere?»

«Arrivo subito,» disse Carolyn.

Sistemò Erin nel letto di Wendy e le diede un ghiacciolo e alcuni fumetti della figlia. «Vado a prendere Shannon Williams,» disse a Liz, che aveva messo da parte l’opuscolo e guardava All My Children.

«Anche sua madre lavora in un’agenzia immobiliare?»

«No,» rispose Carolyn. Sua madre sarà in guai grossi se il marito lo viene a sapere. E com’è successo? Lo so com’è successo, pensò Carolyn. Sapeva con esattezza dov’era lui, e non stava pensando al marito o ai bambini perché in quel momento non esistevano. Quando si parla di dislocamento temporale. Era come se quel momento, quando se ne era stata al buio e aveva saputo di dover solo mettergli una mano sul collo e avvicinarlo a sé, fosse anch’esso fuori del tempo.

Solo che non lo era. La madre di Shannon Williams si stava semplicemente ingannando nella convinzione che lo fosse. Sarebbe stato bellissimo se fosse stato possibile uscire dal tempo, secondo la teoria del dottor Young, e tornare indietro ai tempi del college e della libertà totale da famiglia e responsabilità, ma questo era impossibile. E standosene lì al buio, la madre di Shannon avrebbe dovuto pensare al dolore di suo marito per quel che stava facendo. Avrebbe dovuto pensare a come portare Shannon agli allenamenti di pallavolo e dall’ortodontista, dopo aver ottenuto il divorzio.

Suonò il telefono. Era Don. «Come vanno le cose?»

«Benissimo,» rispose. «Erin Peterson è sul divano, io sto andando a prendere Shannon Williams, abbiamo finito tutti i ghiaccioli e le lozioni di calamina, e mi hai appena telefonato per dirmi che farai tardi di nuovo.»

«Già,» disse lui. «Non vorrei proprio complicarti la vita con tutti quei bambini cui devi stare dietro, ma qualcuno ha cancellato il nastro con la musica per gli esercizi a terra e domani c’è una gara importante. Per fortuna Linda ha una doppia piastra a casa, adesso ci andiamo. Torno il prima possibile. E senti, cerca di rilassarti un po’. Mi sembri stanca morta.»

«Grazie,» disse Carolyn fredda. Aprì il frigorifero. Avevano anche finito la gassosa.

«Questo voglio dire. Sei così irascibile. Linda pensa che tu stia facendo troppo per tutti quei ragazzini ammalati. Dice che una donna alla tua età dovrebbe stare attenta a non strafare.»

«O magari l’artrite si farà sentire di nuovo?» disse. Riattaccò il telefono, chiamò la banca e chiese di parlare con il capo ufficio prestiti.

«Dica alla madre di Shannon Williams che non mi importa se c’è o non c’è, ma sua figlia è malata e dovrebbe venirsela a prendere,» disse, e mise giù.

Squillò ancora il telefono. «Cattive notizie,» disse Sherri.

«Chiunque sia,» disse Carolyn, «che se lo vada a prendere la madre.»

«È Wendy,» fece Sherri.

Dopo tre settimane qualche bambino pieno di croste cominciò a tornare alla spicciolata, ma il dottor Young non sembrò interessato a testarli.

«Se non utilizziamo l’aula, perché almeno non spostiamo una parte dell’attrezzatura e facciamo un po’ di spazio per l’insegnante di musica?» suggerì la dottoressa Lejeune.

«Lei non sposta niente da nessuna parte,» urlò il dottor Young, con la testa calva color fucsia. «È questo tipo di atteggiamento che…»

«Lo so, lo so,» lo interruppe lei, ma scese lo stesso nell’aula di musica. Almeno poteva togliere di mezzo qualcosa in modo che l’insegnante di musica riuscisse a raggiungere il pianoforte.

Smontò la telecamera e la ripose nell’armadietto. In fondo, fra due xilofoni, c’era una torcia elettrica. Potrebbe tornare utile in caso di black-out, pensò la dottoressa Lejeune. Se la mise in tasca e si fece strada verso il pianoforte per prendere l’oscillatore temporale. La scatola grigia senza cavi era ancora sopra al pianoforte, ma le altre due più piccole erano sparite.

Salì in ufficio e telefonò a Carolyn. «Il dottor Young le ha fatto portare niente a casa?» chiese.

«Le copie trascritte dei colloqui,» rispose Carolyn, con voce sfinita. «Pensava che avrei avuto tempo di riguardarmele, ma ho un mucchio di roba da…»

«Veda un po’ se non c’è anche una scatola grigia piatta.» la interruppe la dottoressa Lejeune.

«Non credo. Aspetti un attimo,» disse Carolyn. Ci mise un bel po’ a ritornare. «Sì, c’è. Non so come ci sia finita in mezzo. Vuole che la riporti a scuola?»

«No,» rispose la dottoressa Lejeune. «Ce la riprenderemo insieme alle trascrizioni. Lei non ci pensi.»

«È sparita anche l’altra? Ce n’erano due sopra al pianoforte.»

«No, non è sparita,» disse la dottoressa Lejeune. «Lo so io dov’è.»

Anche con l’aiuto del dottor Gillis, ci vollero tre settimane per organizzare tutto, dopodiché Andrew ebbe qualche problema a trovare un volo per Los Angeles. Quello sul quale riuscì finalmente a salire era strapieno. Se ne stava incastrato fra un uomo addormentato e una bambina. Quando arrivò la hostess con il carrello delle bibite, ordinò un fermatempo.

«Chiedo scusa, signore,» disse. «Non conosco questo drink. Come si prepara?»

«Voglio una coca,» disse la bambina.

«Basta che mi dia una birra e del vino, poi li mescolo da solo,» disse lui.

«Mi dispiace, signore. Posso venderle solo una bevanda alla volta.»

«Va bene,» replicò, indicando l’uomo addormentato vicino al finestrino. «La birra è per lui e il vino per me, pago tutto io.»

La hostess gli sbatté un tovagliolo sul vassoio e gli versò in un tozzo bicchiere di plastica una bevanda di un colore fra il rosa e il marrone dall’aspetto pessimo. A guardarla, non invitava a niente di più di un semplice assaggio, ma se la bevve lo stesso.

La ragazzina prese il bicchiere con tutte e due le mani e tentò di infilarsi la cannuccia in bocca rigirando il bicchiere finché riuscì ad afferrarla coi denti. «Vado a trovare la mamma,» disse, masticando la cannuccia. «Vive a Santa Monica. E papà vive a Philadelphia. Stanno per divorziare.»

«Oh?» fece Andrew. Si girò nel sedile e tentò di richiamare l’attenzione della hostess, ma il carrello era già quindici file più indietro.

«La mamma è andata in California per trovare se stessa,» disse la bambina. Mise giù il bicchiere e cominciò a soffiarci dentro con la cannuccia. «Vive con uno che si chiama Carlos. Lui gioca a tennis.»

Il carrello delle bibite scomparve in fondo all’aereo.

«Il mio papà ha una nuova ragazza di nome Heather.»

Arrivò un’altra hostess con le cuffie. «Le interessa un film? È il mese dei nostalgici.»

«Che film c’è?» chiese la bambina, provando a piegare la cannuccia per bere al contrario.

«An Affair to Remember.»

Andrew comprò un paio di cuffie. Se le mise, abbassò il volume al mìnimo e chiuse gli occhi.