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«Cosa? La varicella?» disse Carolyn. «Per forza che…» e si interruppe. «Non mi ricordo.» Aggrottò la fronte. «Sì. Dev’essere stato quand’ero bambina: voglio dire, tutte le volte che le ragazze potevano prenderla da piccole, avrei potuto averla anch’io, ma non è mai successo, solo che… non è buffo? Non mi ricordo più se l’ho mai avuta.»
«Ti verrà in mente se non ci pensi.» disse Don. «Probabilmente sei solo stanca.»
«Già,» disse lei. «Dopo l’appuntamento dall’ortodontista, Wendy mi ha trascinato per tutto il centro commerciale a cercare scarpe da pallavolo, poi ha telefonato Sherri, e Wendy doveva andare all’allenamento.»
«E hai anche spostato attrezzatura tutto il giorno. Per forza che sei spossata. Linda dice che non si capacita di come tu possa fare tutto, con le ragazze da seguire e adesso pure questo lavoro. Si chiede se ti rimanga abbastanza tempo per fare la moglie.»
«E tu cosa hai risposto?»
«Che sei una moglie fantastica e…» Don disse qualcosa ad una persona e poi tornò al telefono. «Scusa. È entrata adesso Linda. Era andata a comprare dei panini. Ti ho chiamato per questo. Pensavo che sarei tornato a casa presto, ma Linda si sente tanto insicura per la gara di domani. Voleva ripassare di nuovo le sequenze degli esercizi a terra. Ma senti, tesoro, posso dire alle ragazze di tornare a casa prima della scuola domani.»
«No, va bene così,» disse Carolyn. «Sono solo stanca e nervosa.» Le saltò in mente qualcosa. «Mi preparo un suicidio.»
«Un cosa?»
«Un suicidio,» ripeté lei. «Ce li bevevamo al college dopo una brutta giornata.»
Salutò Don, mise giù, e aprì tutte le bottiglie.
Ce li bevevamo al college, pensò, versando della Coca-Cola nel bicchiere. Vi aggiunse dell’aranciata e un po’ di chinotto. Di solito mi sedevo per terra con la mia compagna di stanza Allison e bevevamo insieme, parlando di ciò che avremmo fatto nella vita. Che io ricordi, non si è mai discusso di portare qualcuno dall’ortodontista o all’allenamento di pallavolo o al centro commerciale. Aggiunse una cucchiaiata di succo d’uva, colmò il bicchiere di limonata e rimescolò il drink col coltello ancora sporco di burro d’arachidi.
Che io ricordi, non si è mai discusso di sposarsi un allenatore con un’assistente con la puzza al naso.
Portò il suicidio in salotto, si sedette per terra e ne bevve un sorso. Non assomigliava nemmeno un po’ ai suicidi che avevano fatto loro due, forse perché li preparava sempre Allison. Nel trimestre d’autunno, quando Allison era in Europa, aveva dovuto fare esperimenti per giorni e giorni prima di azzeccare la ricetta. Era stato un brutto periodo. Aveva nevicato sempre, e lei se n’era stata seduta vicino alla finestra a bere suicidi, pensando all’amore, a uomini affascinanti che la corteggiavano e al sesso.
Le tornò tutto in mente. Posò il suicidio sul tavolino da caffè e andò a prendere la torcia per infilarci dentro le batterie.
Andrew arrivò presto a scuola, sperando di guadagnare qualche minuto per farsi venire in mente come mai era convinto di conoscere Carolyn Hendricks, ma lei era già lì.
«Ho portato la torcia,» disse. «Dove la posso mettere, in modo che in caso di emergenza ci ricordiamo entrambi dov’è?»
«Che ne dice di metterla sopra il pianoforte?»
La appoggiò fra due scatole grigie sprovviste di cavo di collegamento. Con gran sollievo di Andrew, oggi lei non aveva l’aria familiare. Era abbastanza scomodo lavorare a un progetto tanto assurdo senza bisogno che egli stesso si comportasse in modo assurdo.
«Oggi facciamo solo qualche test,» disse lui. «L’inventario mnemonico a corto raggio di Idelman-Ponoffo. Si tratta di leggere sequenze di cifre, lettere e parole facendole poi ripetere al bambino, dall’inizio, dalla fine, dal centro…»
«Lo so,» disse Carolyn. «Il dottor Young me li ha dati quando mi ha fatto il test l’anno scorso.»
«Oh,» disse Andrew. Fino ad allora era stato convinto che il dottor Young non la conoscesse, che l’avesse scelta a caso per mezzo della scuola elementare. «Bene. Lei farà le domande e io controllo le risposte. Saranno collegati a un elettrocardiogramma e a dei sensori autonomi di risposta, e io riprenderò l’esame con la telecamera.»
«Non pensa che tutta questa attrezzatura possa spaventare dei bambini di cinque anni?»
«È per questo che lei è qui. Loro già la conoscono, e sarà lei a distrarli in qualche modo. Non cominci subito il test. Gli parli un po’, dopodiché vediamo di collegarli cercando di farci notare il meno possibile e iniziamo le domande.»
Andò a prendere il primo bambino dell’asilo e lo fece entrare. «Ecco Matt Rothaus.» disse.
«Uau, forte!» disse Matt, correndo a guardare l’oscillatore temporale. «Star Trek: The Next Generation!»
Carolyn rise. Si piegò verso di lui. «Ti piace Star Trek?»
Io la conosco, pensò Andrew. Non l’ho mai vista prima, ma l’ho vista ridere e piegarsi in avanti esattamente in quel modo.
«Cosa avete fatto oggi a Descrivi l’Oggetto?» chiese Carolyn a Matt.
«Heidi ha vomitato,» rispose Matt. «Uno schifo pazzesco.»
A pranzo la dottoressa Lejeune appoggiò il vassoio vicino a quello di Sherri. «Come sta Heidi?» domandò. «Non è la varicella, vero?»
«No. Stomaco agitato. Sua madre…»
«Non mi dica. È scappata con l’uomo che le ha installato la TV via cavo.»
«Sta scherzando!» disse Sherri. «Dove l’ha sentito?»
«Scherzavo. Che fa sua madre?»
«Oh, le fa prendere lezioni fino allo sfinimento. Danza classica, tip tap, nuoto, tae-kwon-do. Quella povera ragazzina desidererà che sua madre scappi con qualcuno e la lasci in pace.» Sospirò. «Vorrei tanto che qualcuno scappasse con me.»
«E il signor Paprocki?» chiese la dottoressa Lejeune.
«Il Vecchio Scartafaccio? Scherza? Non mi ha mai degnato di uno sguardo.» Addentò un po’ di pasta, hamburger e salsa di pomodoro. «Credo di avere un tempismo nullo o qualcosa del genere. Incontro sempre uomini già sposati o fidanzati. Ci crederebbe che ero a casa con la gola infiammata quando il dottor Young ha fatto tutti quei test a marzo? Adesso ci potrei essere io, in quella stanzetta col dottor Simons.»
«Quali test?» chiese la dottoressa Lejeune.
«I test di selezione per chi doveva lavorare col dottor Simons.» disse Sherri, mangiando delle fette di pesca. «Ha organizzato una serie di interviste e roba del genere, quindi ha fatto tutti quei test psicologici ai prescelti. Se avessi saputo quant’era figo il dottor Simons, ci avrei provato anch’io, ma pensavo che la persona scelta dal dottor Young avrebbe lavorato con lui!»
Il dottor Young se ne era andato al Fermilab a febbraio ed era spanto per due mesi. Lei aveva immaginato (o meglio, lui le aveva fatto immaginare) che stesse lavorando tutto il tempo al ciclotrone, nel tentativo di sfasare i sui odiecroni subatomici. «Non è che la scuola conserva delle copie di quei test, per caso?»
«Vuole scherzare? Il Vecchio Scartafaccio mi fa sempre fare copie di tutto.» Appoggiò le posate e la busta di latte sul vassoio. «Il mio tempismo è sempre stato nullo. Al college non facevo che incontrare ragazzi chiamati da poco alle armi.» Si alzò e spinse la sedia sotto il tavolo. «Sarebbe forte se questa specie di macchina del tempo del dottor Young funzionasse, no? Si potrebbe ritornare indietro e trovarsi per una volta al momento giusto.»
«Già,» annuì la dottoressa Lejeune. «Sarebbe forte.»
Wendy chiamò la madre dopo la scuola per dirle che avevano una partita di pallavolo fuori città, e chiedere se le poteva portare un po’ di soldi per il McDonald’s e del Gatorade da bere in autobus. «L’allenatore Nicotero dice che abbiamo bisogno di tanti elettroliti.» Lei e Andrew non avevano ancora finito di esaminare Heidi Dreismeier, ma lui le disse che poteva andare e che avrebbe fatto da solo le ultime domande.
Carolyn corse al negozio e comprò il Gatorade e una bottiglia da due litri di gassosa alla ciliegia, ormai convinta che fosse l’ingrediente segreto dei suicidi. Portò il Gatorade e i soldi a Wendy e prese Liz che usciva da scuola.
«Mi lasci a casa di Lisa?» le chiese Liz. «Harvard le ha spedito un video illustrativo. Comunque ancora non ho deciso. Pensi che siano importanti i dormitori misti?»
«Non lo so,» rispose Carolyn, fermando l’auto davanti a casa di Lisa. «Da noi non c’erano.»
«Stai scherzando. Come facevi a incontrare i ragazzi?» Raccolse i libri e scese dalla macchina. «Ah, quasi dimenticavo: ho visto papà. Ti manda a dire che è dovuto andare con Linda al centro commerciale per vedere degli attrezzi da riscaldamento. Dice di non aspettarlo per cena.»
Carolyn tornò a casa e si preparò un suicidio, aggiungendoci un po’ di gassosa alla ciliegia per fare un esperimento. Non solo non avevamo dormitori misti, pensò, ma non ci avevano anche vietato di far entrare ragazzi in stanza. La responsabile del dormitorio faceva una ronda di controllo dei letti a mezzanotte, e chi veniva trovato con un ragazzo nella stanza rischiava l’espulsione, ma in ogni caso riuscivo a incontrarli lo stesso, Liz. Mi si sedevano vicino a lezione, ballavano con me alle feste, e mi telefonavano.
Suonò il telefono. «Grazie tante per avermi piantato in asso,» disse Andrew.