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Nella sala piombò un silenzio attonito. Né Vera né Elwood Frain si erano aspettati quel verdetto.
«Non può!» gridò Vera all’improvviso. Saltò in piedi e con la mano spazzò il tavolo, facendo volare via una matita. «Non può portarmi via Annie!»
Le sue grida superarono le pareti rivestite di legno massiccio dell’aula e si sentirono fin giù nell’atrio. La gente si fermò e guardò l’uscio del Tribunale dei Minori. Accorsero immediatamente gli uscieri.
«Era combinato!» urlò Vera. Al che Frain cercò di trattenerla, ma lei lo respinse con violenza. «Aveva combinato tutto fin dal principio! So come vanno certe faccende. Conosco questi sporchi intrallazzi politici!»
Brendel non fece nessun tentativo per interromperla. Aveva assistito abbastanza spesso a proteste clamorose in casi analoghi per sapere che il sistema migliore era lasciare sfogare la collera. Si limitò a fissare Vera malinconicamente, come se simpatizzasse con lei.
«Non ve la lascerò portare via!» continuò Vera, mentre gli uscieri entravano silenziosamente dal retro, aspettando un cenno da Brendel per accompagnarla fuori. «La nasconderò. Fuggiremo, ma non permetterò che quell’uomo si prenda mia figlia!»
Frain ripeté il tentativo di dissuaderla, sapendo che se la stampa fosse venuta a sapere di quella scena l’immagine di Vera ne sarebbe risultata danneggiata già prima dell’inizio del processo. Ma si rese ben presto conto che era ormai troppo tardi e, amareggiato per l’inaspettato verdetto, capì la disperazione della propria cliente.
Ned non si era mosso, limitandosi a scuotere tristemente la testa. A fior di labbra, quando colse l’occhio di Brendel su di lui, sillabò la frase: «Odio questa faccenda». Meglio quelle parole che manifestare che lui desiderava proteggere Annie proprio da quel genere di condotta isterica. Anche ai giudici non piace sentirsi dire frasi del tipo: «Io gliel’avevo detto che era così».
Vera, all’improvviso, abbandonò il tavolo e si lanciò verso il banco, agitando selvaggiamente il pugno contro Brendel. «Voglio farla sottoporre a inchiesta!» gridò. «Voglio appellarmi contro questa ingiustizia! Voglio che intervenga il governatore!»
Frain si precipitò a tirarla indietro, ma Brendel alzò una mano, facendo segno all’avvocato di non intervenire lasciando che gli uscieri risolvessero da soli la situazione.
Gli uscieri con calma si avvicinarono a Vera. «Non toccatemi!» gridò. Quelli esitarono un attimo.
«Voglio sentire da lei», disse Vera con veemenza, «voglio sapere come ha preso la sua decisione. Quanto le hanno dato?»
Allora Brendel picchiò un colpo con il suo martelletto. «Signora», rispose con gentilezza, «sarò felice di chiarirle i miei criteri.»
«Ma certo. Altre menzogne!»
«Se vuole ascoltarmi…»
«L’ascolterò. Poi andrò dai giornali. Voglio che sappiano tutti!»
I due uscieri stavano per intervenire, ma Brendel fece loro cenno di aspettare. «Signora», disse gravemente, «capisco la sua angoscia. Mi creda, avrei voluto evitare questo. Se lei desidera informare la stampa è suo diritto farlo, senz’altro. Ma la prego di riconoscere che un giudice deve agire secondo la legge.»
«Quale legge?» proruppe Vera.
«La legge dello Stato di New York, signora. Prendendo la mia decisione sul presente caso, io ho tenuto conto della tensione cui lei sarà sottoposta durante il processo, della gravità dell’accusa contro di lei e dei precedenti medici e psichiatrici alquanto confusi di sua figlia. Peraltro, ho anche vagliato l’idoneità di Mr. McKay a prendersi cura della bambina durante il processo, la sua reputazione nella comunità e il fatto che lui abbia molto radicato il senso della famiglia.»
«Quale senso della famiglia?» domandò Vera con amarezza, ma già un po’ più calma.
«Ma… lui mostra chiaramente un vivissimo affetto per voi e soprattutto per Annie. Inoltre, questa corte ha esaminato il lavoro di legale che ha svolto per il patrimonio del fratello e lo ha riscontrato estremamente valido.»
«Ma la ucciderà!»
A quell’uscita, Brendel con un cenno impose agli uscieri di avvicinarsi a Vera, pronti ad afferrarla per le braccia. «Mrs. McKay», disse parlandole come a un bambino, «l’affermazione che lei ha fatto è gravissima. Credo convenga, e certo il suo avvocato ne converrà, che non esiste la minima prova che Mr. McKay voglia fare del male ad Annie.»
L’atteggiamento e l’espressione di Vera indicavano un odio puro. Girò attorno al banco, per raggiungere Brendel e affrontarlo direttamente. Fulminei, gli uscieri intervennero e l’afferrarono. Ancora prima che si rendesse conto di che cosa stava accadendo, Vera fu trasportata fuori dell’aula e trascinata in un’infermeria nel seminterrato, dove le fu prontamente somministrato un sedativo che la rese incosciente.
Frain rimase in aula, accasciato per la scena cui aveva appena assistito. Era quella la sua cliente, una donna che lui doveva tentare di difendere da un’accusa di assassinio; era evidente che la McKay non poteva più resistere alle enormi pressioni esterne. Come si sarebbe comportata durante il processo era un grosso punto interrogativo; una nube minacciosa che incombeva sui suoi piani. Pensò per un attimo di ricorrere in appello contro il verdetto di Brendel. Ma il comportamento isterico di Vera era ormai agli atti e qualunque giudice d’appello che ne avesse preso visione avrebbe emesso una sentenza sfavorevole.
Frain si alzò lentamente e andò da Ned per stringergli la mano. Ned alzò gli occhi, ma non tese la destra. «Preferirei non darle la mano», disse. «Mi sento tutt’altro che orgoglioso.»
«Capisco», rispose Frain. «Le telefonerò in studio per concordare la consegna della bambina.»
«Non c’è fretta», ribatté Ned. «Cerchi di rendere l’impatto il meno duro possibile per Vera, se ci riesce.»
Il giudice Brendel chiese ai due legali se avessero altro da sottoporre alla corte. Alla risposta negativa di entrambi, tolse la seduta.
Una cosa era sentenziare che Annie doveva stare con Ned, un’altra rendere operativa la sentenza.
Frain riportò a casa Vera nel tardo pomeriggio. Intontita dalla pesante dose di sedativo, continuava a piagnucolare: «Non me la porteranno via… no… no!»
La Neuberger la mise a letto, poi andò in camera di Annie e la trovò che giocava con una bambola che eseguiva passettini di danza. La bambina appariva notevolmente serena per essere passata attraverso tante traversie. Indossava un grembiulino rosa e aveva un nastro nei capelli e sembrava completamente immersa nel suo gioco.
«Annie», le disse la dottoressa. «Devo parlarti. Voglio che mi ascolti bene.»
«Okay», rispose la bambina.
«Tua mamma non si sente bene. C’è un uomo che decide quello che è meglio per i bambini come te. Lui pensa che forse dovresti andare a stare un po’ in casa di tuo zio Ned.»
Annie smise di giocare e fissò la Neuberger, terrorizzata. «No!»
«Ma è una bella cosa.»
«No. La mamma non vuole più bene allo zio Ned. E lui voleva uccidermi. Lo so!»
«Penso che dovrai andarci.»
Annie lasciò cadere la bambola, si alzò e cominciò a indietreggiare. «Non voglio andarci. Voglio restare qui. La mia mammina è qui.» Di scatto, infilò la porta e si lanciò verso la camera di Vera, spalancando l’uscio con violenza. «Mammina!» gridò a Vera che dormiva. «Svegliati, mammina.»
La Neuberger accorse, ma Annie già era riuscita a svegliare Vera, scuotendola. Ancora sotto gli effetti del sedativo, Vera appariva molto poco lucida, ma comprese le grida disperate di sua figlia.
«Mammina, zio Ned vuole uccidermi con una rivoltella! Mammina, non lasciare che mi portino da lui!»
Nonostante gli sforzi della Neuberger, Annie non desisteva. E, a mano a mano che l’effetto del sedativo si attenuava, Vera rientrò in crisi, chiudendosi poi a chiave in camera insieme con Annie.
Frain telefonò a Ned per dirgli della tempestosa reazione di Annie e chiedergli di riconsiderare la sua richiesta. Ned fu di tutt’altro parere. «La voglio qui», si ostinò e la mattina seguente ottenne dal giudice Brendel l’autorizzazione formale per l’immediato prelievo di Annie.
E così, mentre un’esausta Vera dormiva, due funzionari dell’Ufficio per l’assistenza infantile si presentarono in casa McKay, diedero ad Annie un dolcetto che conteneva un blando tranquillante e la portarono via, dicendole che, su richiesta di Vera, l’accompagnavano al parco dei divertimenti. La Neuberger assisté alla patetica scena. Aveva già sperimentato i capricci della legge e sapeva che sarebbe stato inutile opporsi.
Quando si rese conto di quanto era successo Vera scivolò di nuovo nell’apatia che l’aveva già invasa dopo la scoperta del cadavere di Harry. In stato letargico, più morta che viva, inerte e sorda a quanto le si diceva. Senza Annie e con Harry morto non valeva più la pena di continuare a esistere.
La sua unica speranza era nella propria rivendicazione al processo imminente.