142413.fb2 Amore 14 - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 28

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"Ma dai niente, mi stavo cambiando" e risistemo tutto dentro la busta.

"E" che mamma non voleva che uscissi così e allora..."

Gibbo vedendomi con qualcuno si avvicina.

"Lui è Gustavo, mi ha accompagnato a casa! "

Naturalmente non racconto tutto il resto...

"Lui è mio fratello Giovanni."

"Ciao" si salutano senza darsi la mano.

"Bè, io vado a casa allora, ci vediamo domani a scuola."

"A che ora arrivi?"

"Oh, alla prima."

"Ok, ciao."

"Ciao... Gibbo."

Monta in macchina e si allontana velocemente. La marmitta è na sinfonia assurda nella notte.

"Ha una Aixam che passa inosservata..."

"E" una Chatenet..."

"Stai diventando precisa come papà." RJ. mi guarda e sorride. "Spero che non avrai preso sul serio da lui, se no io e te non andremo mai d'accordo. Ci allontaneremo sempre di più man mano che crescerai..."

E in quel momento mi prende una tristezza che non so capire. Sai quando ti assale qualcosa senza un preciso perché. Che poi fino a quel momento mi ero così divertita. E così gli do una spinta.

"Non dirlo neanche per scherzo." E poi mi metto vicina. Mi appoggio, così magari mi abbraccia come solo RJ. sa fare. E infatti è proprio così e mi sento protetta. Allora alzo un po'"il viso e lo guardo.

"Non ci allontaneremo mai, vero?"

E lui ride. "Come la luna e le stelle..."

E io sorrido. "Sempre nel cielo blu. Come io e tu!" E ci mettiamo a ridere. Non so come ce la siamo inventati, questa è uscita una notte d'estate. Stavamo a guardare il cielo in cerca di qualche stella cadente e alla fine, siccome non ne vedevamo neanche una, ci siamo inventati questa poesia. Che poi io l'ho messa anche in un tema e il prof Leone me l'ha corretta e io gli ho spiegato, spiegato... ho cercato di trattare, facendogli capire che quel "Io e tu.." è sbagliato, sì, ma è una licenza poetica per far venire la rima. Insomma alla fine mi ha dato sufficiente. Anche se secondo me quel tema avrebbe meritato molto di più.

"Caro, vieni, ti voglio dire una cosa" e ci andiamo a sedere su una panchina in via dell'Alpinismo, proprio vicino a scuola, dove c'è il piccolo parco per i cani. E sono un po'"preoccupata. Quando fa così, R. J. ha sempre qualche grossa novità.

L'ultima volta che ci siamo seduti qui ha voluto raccontarmi che aveva lasciato la sua ragazza. Debbie, così si chiama ed è una forza e anche molto bella. R. J. ha sempre avuto ragazze belle ma questa sembrava che potesse durare più delle altre.

Debbie rideva un sacco, era sempre allegra, mi faceva gli scherzi e mi diceva che io e R. J. ci assomigliavamo un sacco. E poi mi teneva sulle gambe e chiacchierava con me e mi faceva le feste. E una volta quando è andata a trovare suo padre, che vive a New York, mi ha portato anche una maglietta Abercrombie fichissima.

Mi manca Debbie e non per quella maglietta, ma non è certo una cosa che posso dire a R. J., d'altronde se ha deciso così avrà avuto pure le sue ragioni.

"Vieni, mettiti qui vicino a me."

E io mi siedo e sono serena. C'è uno strano silenzio nel parco e in qualche posto è un po'"buio ma vicino a R. J. non ho paura.

"Sei pronta Caro?" Faccio segno di sì con la testa. E lui si infila una mano nel giubbotto e tira fuori delle pagine di un giornale e lo apre tutto soddisfatto.

"Eccolo qua." E mi indica un pezzo scritto con alla fine in fondo il nome Giovanni Bolla.

"Sei tu!"

"Eh già, sono io. E questo è il mio primo articolo. Cioè, è un racconto" e me lo comincia a leggere. E mi piace e lo ascolto con piacere. È il racconto di un ragazzo che fugge di casa all'età di dodici anni, che prende la bicicletta dal garage dopo aver litigato e discusso con il padre e scappa via. E mentre l'ascolto mi ricordo che una volta mi aveva raccontato che una cosa del genere l'aveva fatta proprio lui. E divertente questo racconto, pieno di dettagli, di passione. E" veloce, non annoia, diverte ed emoziona, insomma forse mi piace anche per come lo legge lui. E ogni tanto rido perché questo personaggio, Simone, a volte è un po'"imbranato ed è divertente sul serio. Quando ha finito, R. J. gira il foglio.

"Allora? Che te ne sembra? E" il mio primo racconto."

"E bellissimo..." Vorrei dirgli qualcos'altro ma mi viene solo "Fa sognare!".

"Bè, non è poco."

"E anche un po'"autobiografico, no?"

"Bè, più o meno a tutti una volta o l'altra è capitato di litigare con il proprio padre."

"Ah, certo."

Con il nostro poi è proprio facile. E mi viene fuori la domanda più assurda e mentre la faccio me ne pento, ma ormai è troppo tardi.

"Ma ti hanno pagato?" E R. J. non si arrabbia, anzi è felice.

"Certo! Non molto, ma mi hanno pagato." Si infila il giornale in tasca.

"Ci pensi, sono i primi soldi che ho guadagnato scrivendo."

"Eh già..."

Si alza dalla panchina. "Dai Caro andiamo a casa và, è quasi mezzanotte, poi mamma si preoccupa per te! "

E così camminiamo verso il nostro palazzo. E lo facciamo in silenzio e mi piace questo momento. Poi improvvisamente mi fermo e non so com'è ma me ne esco così.

"Ma la vedi più Debbie?"

R. J. mi sorride. "La sto sentendo..." ma non vuole dirmi di più.

"Mi piaceva un sacco." Non gli dico della maglietta e tutto il resto.

"Oh, anche a me. E" per questo che l'ho richiamata! "

E si mette a ridere. Poi apre il portone e mi fa passare.

"Dai entra."