142413.fb2 Amore 14 - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 55

Amore 14 - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 55

"Ah, certo."

Che sciocca. E cominciamo ad allontanarci. In silenzio. Camminiamo lungo un piccolo viale che si sporge sulla città.

"Roma da quassù di notte è bellissima..."

"Sì..."

Lele si appoggia alla staccionata. Mi sorride. "Anche tu..."

Poi mi prende la mano, ci gioca per un attimo e alla fine mi tira a sé, veloce e mi da un bacio. Chiudo gli occhi e mi ritrovo persa tra le sue labbra.

C'è un vento leggero, fresco, non particolarmente freddo. E mi lascio portare così, dal suo bacio. E non so cosa pensare, cioè mi piace sì, ha un buon sapore. Però... Ecco! Insomma, sul serio, io non me l'aspettavo!

Il bacio sta finendo e restiamo ancora un po'"in silenzio con le bocche vicine. Poi ci stacchiamo. Ci sorridiamo. Lele fa un respiro lungo, molto lungo.

"Scusa."

"Di cosa?"

"Bè... ti ho tirato con forza a me e..."

"No, no, va bene..."

Si avvicina di nuovo. "Sei bravissima a giocare a tennis" e mi bacia di nuovo. Lentamente questa volta, senza fretta. Con dolcezza, accarezzandomi i capelli. Ok. Va tutto bene. Ma quella frase se la poteva pure risparmiare! Che vuoi dire! Mi voleva dare un contentino? Cioè, se non diventavo brava non mi baciava? Forse sto esagerando. Forse sto facendo troppi pensieri. Però è la prima volta che usciamo oltre il tennis. Sì, insomma, non me l'aspettavo proprio che mi baciasse stasera! E, infatti, più tardi in macchina, andando a casa, uno strano imbarazzo. Cioè, quegli strani silenzi che man mano che vai avanti, sì insomma, più si prolungano e più diventano grandi e più ci pensi e più non trovi le parole con le quali iniziare. E poi alla fine, come capita spesso...

"Allora, che dici?"

"Perché non facciamo..."

Si parla tutti e due nello stesso momento. E poi lo fai di nuovo.

"No, volevo dire..."

"Ecco, dicevo..."

E alla fine ridi e in qualche modo devi pur prender una decisione.

"Ok, Caro, parla tu!"

"No, volevo dire, secondo te qualche volta potrei fare una partita? Cioè, sono in grado?"

"Oh sì, certo... Ti stavo per dire proprio questo, una volta potremmo veramente giocare, diventa più competitivo, si corre di più, si fa più sport insomma. E poi così puoi veramente mangiare quanto vuoi!"

Mi metto a ridere ma poi dentro di me penso: ma che vuoi dire? Che in realtà non ho corso abbastanza? Cioè che quando gioco è come se non giocassi? Ma allora perché ha detto che sono diventata bravissima? Per baciarmi? Ecco, arriviamo sempre lì... Bè, ormai siamo proprio arrivati a casa.

"Eccoci qua."

Lee si ferma un po'"più avanti del mio cancello.

"Sono felice che siamo usciti, stasera."

"Anch'io..."

Lele mi guarda. Rimane in silenzio. Io abbasso la testa e guardo le chiavi che ho tirato fuori dalla tasca. Ci gioco tra le mani. Già. finalmente me le hanno date, anche se credo sia solo per stasera.

Lele poggia la sua mano sulla mia. "Mi piacerebbe rivederti."

Guardo la sua mano. Poi lui. Non ho capito tutti quei discorsi sul tennis, ma di una cosa sono sicura e gliela voglio dire.

"Anche a me piacerebbe molto rivederti, però ti devo dire una cosa."

"Cosa?"

"Ho tredici anni e mezzo."

"Ah." Lele leva la sua mano dalla mia. Poi lentamente si gira verso il finestrino. Rimango per un attimo in silenzio. Lo guardo. Lui guarda fuori.

"Lele, mi dispiace, non volevo dirti una bugia. Non so neanche perché l'ho detta... Ma io sono sempre io. O ti piaccio oppure no. Non credo che sia quel mezzo anno in più che mi fa diventare un'altra."

Ancora silenzio. Poi Lele si gira verso di me e improvvisamente mi sorride.

"Hai ragione. Non so cosa mi è preso. Giochiamo lunedì?"

"Certo! Facciamo partita!"

E questa volta mi spingo io verso di lui e gli do un bacio. Però sulla guancia. Poi faccio per aprire lo sportello. Invece lui mi ferma per il braccio e mi tira a sé. Mi da un bacio. Sulla bocca. Un pochino più lungo di prima. Ma non so perché stavolta mi sembra che si agiti troppo. E come se la lingua fosse impazzita. Mi viene da ridere ma non posso. E alla fine vedo che mi poggia anche una mano sulla tetta! No! Lo fa in modo troppo veloce, quasi la stringe, neanche fosse una pallina! Ma che roba! Riesco a sfilarmi dalla sua stretta e poi pian piano, con dolcezza... "Devo andare... ci sentiamo domani." E scivolo via dalla Smart fuggendo dentro il portone, senza neanche girarmi.

Ascensore. Ho le palpitazioni. Comincio a fare dei respiri lunghi. Più lunghi. Mi devo calmare. D'altronde... meglio di Cenerentola, eh... sono le undici e trenta. Però non staranno mica tutti dormendo. Giro piano le chiavi nella porta. Infatti.

"Caro, sei tu?"

"Sì, mamma."

Viene dal salotto verso di me. "Allora? Tutto bene? Com'è andata la serata?"

"Oh, benissimo, siamo andati a mangiare in pizzeria qui vicino."

"Chi eravate?"

"Un gruppo..." Vedo che cerca il mio sguardo.

"Un gruppo, eh."

"Sì, altra gente di scuola, non li conosci." Faccio per andare in camera mia.

"Caro?"

"Sì, mamma, che c'è?"