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Pietro alza il sopracciglio. "La serata promette bene."
"Scusa, Alessandro, stiamo andando da te, giusto?" Alessandro annuisce ad Andrea. "E allora?"
"E allora Elena cosa dirà quando ci vedrà arrivare con queste tre ciliegine?"
Pietro si sporge in avanti e gli da una pacca sulla spalla sinistra. "Bravo! Buona questa!" Poi incrocia lo sguardo di Alessandro nel retrovisore e si ricompone. "Ehm, ottima osservazione. Come rispondi?"
"Con la verità. Elena è fuori per lavoro e torna tra due giorni."
"Ah, ecco, allora siamo tutti più tranquilli."
"Vi chiedo solo una cortesia."
"Aspetta, te la dico io: non una parola su questa serata, giusto?" fa Pietro.
"Sì, giusto. E allora ve ne devo chiedere due. Non mi nominate più Elena."
"Perché?" chiede ingenuo Andrea.
"Perché mi fate sentire in colpa."
Pietro strabuzza gli occhi, poi incrocia lo sguardo di Ales sandro nello specchietto e con un'occhiata promette il silenzio assoluto. D'altronde, quando si è amici.
Nove
Notte di finestre semiaperte per accogliere un cenno di primavera. Notte di coperte che proteggono e ricordi che lasciano dubbi e un po d'amaro in bocca. Niki si gira e rigira. Il passato, a volte, rende scomodi i cuscini. Ma l'amore cos'è? C'è una regola, un modo, una ricetta? O è tutto casuale e devi solo sperare di avere fortuna? Domande difficili mentre l'orologio a forma di tavola da surf, attaccato alla parete, segna mezzanotte. Fabio. Buffo, quel giorno. Anzi, bello. Me lo ricordo ancora. Settembre. Aria mite e cielo blu scuro di una sera appena iniziata. Lui e gli altri in un concerto improvvisato, dentro un capannone abbandonato, un palco da inventare, mentre su una parete di cartongesso alcuni writer fanno a gara di graffiti e spray. E noi finite lì per caso, grazie a uno di quei soliti passaparola per strada. Mi piace il suo stile. Parole di fuoco per canzoni funky che graffiano il cuore. E Olly a dire che è un bonazzo da paura. E io che mentre lo dice sento una strana fitta di fastidio. Perché è carino. Me ne accorgo. E ogni tanto ci guardiamo e lui mi indica mentre canta. Emozione di due che giocano a distanza sopra e sotto un palco improvvisato, tra scratch e gente che fa popping e balla rapida ed esplosiva su ritmi concitati. E poi, sorpresa, me lo ritrovo a scuola in un'altra sezione e scopro che siamo coetanei, che mi guarda e mi sorride. Sì, è proprio carino. Iniziare a uscire insieme dopo la scuola per un giro in motorino, un gelato, qualche birra ai centri sociali, qualche gruppo da
ascoltare durante le prove negli scantinati. Finché tutto non diventa un bacio in mezzo a suoni e colori di un sabato sera in un locale. Poi il viaggio continua e il bacio diventa una sera da soli qui a casa, coi miei a una delle solite cene e mio fratello a dormire da Vanni. Una casa troppo grande per un amore forse troppo piccolo. Lui con un fiore. Uno solo perché, dice, almeno è speciale, unico, non disperso in un mazzo che poi si confonde. Un bacio. Non uno solo. Un altro. E un altro ancora. Mani che s'intrecciano, occhi che si cercano e trovano spazi e nuovi panorami. Quella volta. Momento unico. Che vorresti non finisse. Che dovrebbe essere l'inizio di tutto. Scoprirsi vulnerabili e fragili, curiosi e dolci. Un'esplosione. Io che il giorno dopo a scuola riunisco le Onde e racconto tutto e mi sento grande. Lui che mi cerca, viene a prendermi e mi dice: "Sei mia. Non mi lascerai mai. Stiamo troppo bene insieme. Ti amo". E poi ancora: "Dov'eri? Chi era quello? Ma perché stasera non stai con me invece di andare in discoteca con le tue amiche?". E capire che forse amare è un'altra cosa. È sentirsi leggeri e liberi. È sapere che il cuore degli altri non lo pretendi, non è dovuto, non ti spetta per contratto. Devi meritarlo ogni giorno. E dirglielo. Dirlo a lui. E capire dalle risposte che forse bisogna cambiare. Bisogna andare via per ritrovare la strada. Fabio che mi guarda arrabbiato, in piedi, davanti al portone. E dice che no, che sto sbagliando, che noi siamo felici insieme. Mi prende per un braccio, lo stringe forte. Perché, quando qualcuno che vuoi se ne va, provi a trattenerlo con le mani e speri così di afferrare anche il suo cuore. E invece no. Il cuore ha gambe che non vedi. E Fabio se ne va dicendo me la pagherai, ma l'amore non è un debito da saldare, non regala crediti, non accetta sconti.
Due lacrime scendono piano, quasi timide e preoccupate di sporcare il cuscino. Niki se lo abbraccia tutto. E per un istante si sente protetta da quella coperta che la separa dal mondo.
Mezzanotte e mezza. Niki si gira di nuovo. Il cuscino è
scomodo. Come un pensiero appuntito piazzato sotto il materasso. Rumore di chiavistello che si apre. Riflesso di luce che arriva dal corridoio.
"Certo che i Frascari sono proprio una coppia assurda! Ma l'hai sentito lui? Si arrabbia perché la moglie non si è iscritta con lui al corso di tango! Ma se a lei non gliene importa nulla di ballare!" Simona appoggia le chiavi sulla mensola come fa sempre. Niki sente il rumore. E la immagina. E li sente parlare.
"Sì, ma per lui sarebbe un gesto d'amore. Lo sa che a lei non piace ma per una volta vorrebbe che gli andasse incontro."
"Sì, ma non puoi mica pretendere che uno solo perché ti ama debba sopportare di fare una cosa che non gli interessa! Lui le dovrebbe dire: cara, fai pure quel che ti piace e poi la sera, a casa, ce lo raccontiamo! Così è più divertente! E c'è uno scambio..."
"Eh, lo so, tu per esempio vai a fare acqua aerobica e io gioco a tennis ! "
"E io non mi sognerei mai di chiederti di metterti i galleggianti e fare il corso con me e altre diciannove donne!"
"Anche perché che ci farei io da solo in mezzo a venti donne e vestito come un'invenzione di Leonardo da Vinci? ! Oddio... però... venti donne, hai detto?!"
"Scemo! Sì, ma sono tutte nevrotiche! A te invece è toccata la migliore..."
Un rumore di sedia che si sposta, come urtata. Poi silenzio. Quel silenzio pieno. Profondo. Il silenzio dei baci. Quello che parla e racconta di sogni e favole, di tesori nascosti. I più belli. E Niki lo sa. E mentre stringe più forte il cuscino pensa che forse l'amore vero è quello dei suoi genitori. Un amore semplice fatto di giornate insieme ognuno coi propri impegni e i propri hobby. Un amore fatto di risate e scherzi mentre si rientra a casa di sera, fatto di colazioni preparate al mattino, di figli da crescere, di progetti ancora da fare. Sì, i miei genitori si amano. E non sono stati uno il
primo amore dell'altra. Si sono conosciuti dopo aver amato altre persone. E forse non così. Forse bisogna viaggiare prima di capire qual è la meta giusta per noi. Forse la prima volta è ogni volta che ami.
Dieci
"Che bella casa..." dice una delle russe.
Alessandro la guarda e sorride. Elena non me l'aveva mai detto! Non fa in tempo ad aprire la porta che Andrea Soldini s'infila dentro e inizia a girare per il salotto. "Veramente bella, sul serio... Ah, sì aspetta, avevo visto queste foto qua. Sì, Elena le aveva portate in ufficio perché doveva fare le cornici. Stanno veramente bene... Che poi sono le foto dei tuoi lavori, no?"
"Sì." Alessandro fa entrare anche Pietro e le tre ragazze russe. "Allora, questo è il salotto, qui c'è il bagno degli ospiti, lì la cucina" continua a camminare seguito da tutti, "la camera degli ospiti con un altro bagno, ok? Se per caso dovesse servire..." Pietro e Andrea si guardano e sorridono.
"Sì" fa Andrea, "se per caso."
"Ecco, l'importante è che tutto si svolga nel massimo silenzio. Perché sono..." Alessandro guarda l'orologio, "quasi le due e io vado a dormire... Laggiù" e indica una grande stanza in fondo al corridoio che parte dal salotto.
"Eh, mica me la ricordavo così!" dice Pietro compiaciuto.
"E infatti non era così. Elena ha voluto fare dei lavori."
"Ma come, proprio adesso che..." poi Pietro si ricorda che c'è anche Andrea.
"Proprio adesso?"
"No, dicevo, ma come proprio adesso... Di solito i lavori si fanno d'estate, mica a primavera!"
"Certo, giusto... Scusa, Alessandro, allora è anche giustificato che sei così stressato."
"Ma io non sono stressato."
"Sì, sei stressato, sei stressato. Vuoi una ciliegia?"
"No grazie, vado a dormire."
"Una insalata russa?"
"Neanche."
"Lo vedi che sei stressato?"
"Sì, va be, buonanotte. Non fate casino e, quando ve ne andate, chiudete piano la porta, i vicini si lamentano perfino se sbatte."
Pietro allarga le braccia. "Assurdo. Da fargli causa."
Alessandro si chiude a chiave in camera, si spoglia velocemente, si lava i denti e s'infila nel letto. Accende la tv e saltella qua e là in cerca di qualcosa. Ma nulla lo incuriosisce. Si alza. Apre l'armadio che era di Elena. Vuoto. Apre qualche cassetto. Ci sono solo alcuni pacchettini profumati in stoffa che aveva fatto lei. Ne prende uno. Caprifoglio. Un altro. Magnolia. Un altro ancora. Ciclamino. Nessuno sa di lei. E s'infila di nuovo nel letto, spegne la tv, la luce e poi lentamente chiude gli occhi. Nel buio, prima di addormentarsi del tutto, alcune immagini confuse, ricordi. Quella volta che erano al cinema e dopo aver fatto i biglietti lui si era accorto di aver lasciato il portafoglio in auto. Dopo un po che si frugava nelle tasche, imbarazzatissimo, Elena aveva appoggiato i soldi sulla cassa, dicendo alla cassiera bionda e molto carina, che faceva finta di nulla per non metterlo ancor più in difficoltà: "Lo scusi, è per la parità tra uomo e donna ma ancora non lo ammette e per far pagare me deve fare prima la scenetta". E lui si era sentito sprofondare. O quando gli tolse il fiato entrando in camera da letto, quella camera da letto, vestita solo di un leggero baby-doll trasparente... E poi su quel divano... tum, tum, tum. Con voglia. Con passione. Con rabbia. Con desiderio. Tum, tum, tum. Ma non faceva tutto quel rumore... Tum, tum, tum. Alessandro si sveglia di soprassalto. "Che è? Che succede?" "Sono Uenia."
"Ilenia chi?"