143382.fb2 Scusa ma ti chiamo amore - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 134

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Lo sportello dell'auto si apre all'improvviso. Lei si fionda dentro. Lui la guarda.

"Non credevo saresti venuta."

"Sono una curiosa, si sa."

"Sì, ma stamani a scuola non mi hai detto sì."

"Che c'entra, c'erano le altre appena dietro l'angolo, mi scocciava mi sentissero."

"E brava. Dai, andiamo."

Partono e subito sono nel flusso del traffico notturno. Dal lettore arriva una sfilza di mp.

"Il meglio di adesso, bimba. Bow Wow + Chris Brown, Jim Jones, Fat Joe..."

"Tutta roba hip hop."

"Certo. E perché non ti ho fatto sentire gli storici, Sangue Misto, Otierre e Colle der Fomento."

Lei ascolta e parla. Ma parla troppo, come quando si è a disagio. E pensa che forse sta sbagliando. Ma è curiosa, troppo curiosa. Lo è da mesi. Lui è forte, è bello. E poi ora è libero. Cazzo, non sto facendo nulla di male. È libero. E poi sto solo andando a fare un giro. Un giro, nulla di più. L'auto viaggia veloce a destra e sinistra, scansando le file come può. Semafori, deviazioni, stop.

"Eccoci."

"Andiamo subito?"

"E certo. Che stiamo a fare qui. Così ti faccio sentire..."

Scendono dall'auto ed entrano in un portone. L'ascensore scende a -. Percorrono un lungo corridoio buio, su cui si affacciano porte in lamiera di molti garage in fila. Lui si ferma davanti al penultimo.

"È qui." Infila la chiave nella serratura in basso e tira la maniglia. La porta si alza. Una luce si accende in automatico. Il garage è molto grande, ci sarebbe posto per due auto ma non ce n'è nessuna. È stato completamente riadattato a sala prove. C'è tutto. Strumenti, mixer, amplificatori, tre microfoni.

"È tutto insonorizzato. Da fuori e da sopra non si sente nulla. Nemmeno le vibrazioni. Invece di mettere della gomma piombo, che fa migliorare di pochi decibel, ho fatto costruire pareti fonoimpedenti e là fonodiffondenti per un campo sonoro più diffuso, poi ho rivestito solo il % col bugnato e messo i tappeti per terra. Ci sono pure le bass trap. Qui ho iniziato, qui provo, creo, mi diverto. E nessuno rompe i coglioni."

"Come sei tecnico. Forte, è una ficata! Posso provare il microfono?"

"No, devi prima provare me..." e l'afferra da dietro, facendola girare. Poi le da un bacio lungo sulle labbra.

E lei pensa che forse non è giusto, che non dovrebbe stare lì, che ha fatto male a salire su quell'auto, che a questa tentazione poteva anche resistere senza dare retta per una volta a Oscar Wilde. Ma poi le mani di lui la confondono, le fanno venire i ; brividi, la cercano e la trovano. E le bocche si rincorrono sempre : di più, i respiri si fanno ansiosi e il ritmo cresce, come una , canzone appena composta che avevi in testa da tempo ma non i avevi il coraggio di suonare.\

"Sei fantastica..."j

"Shhh. Non parlare."

E continuano ancora, si concedono un bis come artisti sul palco che non fanno i preziosi, che non si lasciano pregare. Ma una nota stonata risuona dentro di lei, una sensazione di colpa che nessuna parete potrà assorbire, nessuna cuffia saprà isolare. Ma Olly ci pensa un attimo. È solo un attimo. Poi si lascia andare così, come un'onda ribelle che si lascia portare da

quella corrente. E chiude gli occhi. E preferisce non pensarci. Perché a volte la curiosità non uccide il gatto, ma solo la coscienza.

" E vorrei una magia che si accende il mattino e non si spegne di sera. Qualcuno da guardare e a cui dire le cose che scrivo qui." Stop. Diletta rilegge il nuovo pezzo da portare sul suo blog. Lo aggiorna ogni sera. Un pensiero. Una foto delle Onde insieme. Il testo di qualche canzone. La citazione di un film. Il passaggio di un libro da ricordare per sempre. E soprattutto parole da regalare. Ecco fatto. Aggiornato. Parole ingabbiate nella rete, pronte a essere lette, magari catturate dagli occhi giusti, quelli che Diletta aspetta da sempre. Chissà. Diletta spegne il portatile e si butta sul letto. Certo che quel Filippo è proprio buffo. Sempre a quel benedetto distributore delle merendine. Però non è male. Ha un bel fisico. Secondo me fa sport. All'improvviso il suono di un messaggio in arrivo. Diletta si gira e prende il cellulare dal comodino. "Ci vediamo a mezzanotte da Alaska? Onde in riunione! Muoviti! E alzati da quel letto, almeno finché non lo userai come si deve! Olly." La solita. Diletta si tira su. E decide di fare un giro. Cerca nella stanza le scarpe da ginnastica. Se le infila ed esce così com'è, al solito senza un filo di trucco e i lunghi capelli sciolti che tra poco sventoleranno ribelli nel traffico di Roma. E per lei sarà una notte delle lunghe sorprese.

Poco dopo Diletta passa per piazza del Popolo, prende verso la Porta e arriva a piazzale Flaminio. Poi, davanti l'ingresso del parco di Villa Borghese. Illuminato anche di notte. Che strano. E, come se fosse giorno, il solito brulicare di persone che entrano o escono dopo il jogging, magari in attesa di una pizza che vanificherà gli sforzi appena fatti. Due ragazze ridono, correndo a tutta velocità sui loro rollerblade, mentre un ragazzino piroetta sul suo skate, su e giù dal marciapiede. Diletta sta per ripartire quando lo vede. Lì per lì non lo rico

nosce. Ma poi proseguendo si avvicina e distingue bene i lineamenti. Si sente improvvisamente felice, senza un motivo apparente.

"Ciao, faccia da cereale!" gli grida da dentro la minicar. Filippo si gira e si ferma, appoggiando le mani sulle ginocchia leggermente piegate. Respira profondamente ma non sembra in affanno. Diletta accosta.

"Ma chi sei?"

"Come chi sono" e Diletta apre di più il finestrino. Filippo si accende e diventa leggermente rosso, quel rosso con cui la corsa ancora non era riuscita a colorare le sue guance.

"Diletta!"

"In persona e senza cereali. Che fai? Domanda scema. Corri."

"Be, sì. Vengo qui ora che hanno aperto anche la notte. Mi piace. Sai, io gioco a pallacanestro e mi alleno anche così."

"Ma dai! Io faccio pallavolo! Insomma abbiamo a che fare tutti e due con le palle!" e ride divertita, cercando di sistemarsi un po i capelli con le mani.

"Sì! L'importante è non essere pallosi!" E ridono insieme. E vanno oltre. Anche se non lo sanno.

"Senti, ma allora, se anche tu fai sport, ti andrebbe di venire a correre con me questa domenica? Così magari veniamo di mattina che si sta bene ed è più fresco..." azzarda lui, cercando di mantenere il tono più distaccato che può, senza sapere se c'è riuscito o meno.

Diletta lo guarda e fa una piccola smorfia. "Mah, non so, comunque non credo."

Filippo perde di colpo il suo autocontrollo e la voce tradisce delusione. "... Preferiresti di pomeriggio? A me va bene lo stesso, dicevo così, per dire..."

"Ma no, dicevo, non credo che farà poi così fresco. Non senti che caldo fa in questi giorni? Dovremmo venirci come fai tu, anzi più tardi... alle cinque del mattino. Ma i miei non ci crederebbero..."

Il rosso si riaffaccia traditore sulle guance e ora anche le orec

chie avvampano. "Eh sì, sarebbe dura da crederci. Meglio alle sette

di sera."

Diletta riaccende la macchinetta.

"Allora... a domenica? Ci troviamo qui?"

Diletta da gas e fa un piccolo scatto in avanti. Poi si gira e lo

guarda.

"Ok! E porta una confezione di cereali per dopo!" e parte

veloce.

Filippo la guarda allontanarsi. Come a scuola. E quel rossore lo abbandona pian piano. Domenica. Io e lei. Qui al parco. E ancora non sa che davanti a quel cancello ad aspettarlo non tro verà nessuno.

Ottantanove