143382.fb2 Scusa ma ti chiamo amore - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 136

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"Sì."

"E avete speso tutti quei soldi? Ho visto la ricevuta..."

"Abbiamo preso due bottiglie di champagne, era un buon

augurio per Alex... Amore, lavoro nel suo ufficio come legale e non gli avevo fatto neanche un regalo..."

Pietro prova ad abbracciarla, ma Susanna si sposta.

"Secondo me eravate con Niki e le sue amiche, che immagino coetanee... E avete costretto Alex. Non solo, ma lui non lo aveva detto a Niki se no lei non le avrebbe portate, se non altro per solidarietà... Lei non è certo una rovinafamiglie."

"Sì, è arrivata la psicoioga. Perché non ti fai prendere come consulente alla Digos? Vedi piani geniali e torbidi anche dietro un semplicissimo pranzo."

"Tanto prima o poi scoprirò qualcosa, ne sono sicura."

Pietro cerca di abbracciarla di nuovo. "Sì, ma intanto che cerchi di scoprire non so cosa... non potresti comunque essere più carina?"

E Pietro prova a baciarla. E lei, finta imbronciata, alla fine lo lascia fare.

Notte. Notte di squilli, di telefonate, di gelosia. Notte di lotte, di cuore, di fantasia. Notte d'incontri clandestini.

"Allora, sei pronto? Ti dico subito secondo me com'è andata."

Alessandro guarda Niki divertito. "Sì, dimmi, dai sono

curioso."|

"Alla moglie di Enrico, Camilla, sono piaciuta. Lei è una

donna serena, ho visto che rideva sulle cose che io raccontavo.!

Mi tratta un po come un'amica. Mi piace. Susanna invece... si|

chiama Susanna, la moglie di Pietro?"|

"Sì."

"Ecco, a Susanna secondo me io potrei anche piacere, ma',

non si fida troppo. Cioè, non è che non si fida di me, ha paurai

perché sa che Pietro è uno furbo, troppo... e io sono un'altrai

possibilità di rischio. Cristina invece è completamente contra|

ria. Proprio out. Cioè me ne accorgo proprio... Lo vedevoj

benissimo... anche quando siamo uscite fuori a fumare. Lei miijj

squadrava. Com'ero vestita, cosa dicevo, se ero d'accordo o no,j

mi studiava in tutto. Cioè io non le piaccio."

"E perché secondo te?"

"E che ne so. Però credo che la misura di quanto sappiamo accettare gli altri dipenda dalla propria felicità... pensaci, quando si è felici gli altri ci piacciono di più e siamo disposti a non considerare le differenze come difetti."

Alessandro la guarda. Alza il sopracciglio. "Tu cominci a preoccuparmi... Ma chi sei tu veramente?"

"Macché! Una che ha la maturità... Questo è Newton. Siamo nani sulle spalle di giganti, dai, tutta quella storia di Pia tone. Filosofia spicciola."

"Sì, però è fondamentale e non te la dovresti dimenticare. Che, non lo sai? Non si ricordano i massimi sistemi. Si ricor dano i minimi particolari."

Il telefonino di Niki inizia a squillare. Lo prende dalla borsa.

"È Olly!" e risponde. "Pronto? Non dirmi che ti sei messa come al solito nei casini. Ehi... Mica dovrai venire a dormire da me?"

Silenzio. E d'improvviso singhiozzi. "Niki, vieni subito. Diletta."

"Diletta che?"

"Ha avuto un incidente."

Novanta

Alessandro guida veloce nella notte. Accanto a lui Niki. E mille telefonate, mille domande al telefonino, mille interrogativi, mille perché. Disperato tentativo di capirci qualcosa. Non è possibile. Non è possibile. Ospedale San Pietro. Alessandro supera la sbarra e parcheggia. Niki scende al volo ed entra nel pronto soccorso. Corre lungo un corridoio quando vede Olly ed Erica. Le raggiunge e le abbraccia.

"Allora, non ho capito nulla, ma com'è successo? Che ha?"

"Niente, uno andava a duemila con una Porsche su corso Francia. Lei stava girando al semaforo, stava andando da Pains e niente, questo l'ha presa in pieno. La sua macchinetta si è cappottata, è arrivata fino in fondo al secondo semaforo. È distrutta. Non c'è più niente. Solo lei. Tutta ammaccata."

"Sì, ma come sta? È grave?"

"Gamba e braccio rotti. Poi ha sbattuto la testa. È lì il problema. Cercano di capire se c'è commozione. L'hanno già operata... guarda" le Onde si avvicinano a un vetro. Nella fredda stanza asettica tinteggiata di celeste pallido, Diletta è tutta bendata, ferma, immobile, persa in un piccolo letto, che sembra troppo stretto per contenerla tutta. Diversi fili si intrecciano e si perdono tra le sue braccia. Sedativi, vitamine e altri tipi di analgesici per controllare il suo stato di shock. Poco più in là, i genitori di Diletta la guardano silenziosi, incapaci di muoversi e di parlare, quasi sospesi, preoccupati perfino di respirare. I genitori si accorgono però dell'arrivo

I

di Niki. Un saluto, un semplice gesto della mano. Non certo un sorriso.

"Ma che dicono i medici?" chiede piano Niki a Erica.

"Niente, non si sbilanciano, non si vogliono pronunciare. Hanno detto comunque che è difficile..."

"Difficile che?"

"Che torni del tutto normale... cioè, che possa parlare di nuovo ad esempio."

Niki si sente come travolta, un uragano, un'onda di dolore immenso, che la butta giù, la ribalta, le toglie il respiro, le strappa dentro la sua voglia di essere allegra. Felice. E improvvisa rabbia, e stupore, incredulità. Sentirsi tradita dalla vita. Non è possibile. Non Diletta. Diletta. Lei forte. Lei sana. Lei sportiva. Lei sempre allegra. Lei che non ha mai avuto un ragazzo. E l'onda cresce di più, sempre di più. E quasi la soffoca, le toglie il fiato. Perché è come se fosse successo a lei, anzi, peggio. Non lo saprebbe. E invece lei è lì, la guarda e non può fare nulla. Non è possibile. Non ce la fa, non ci vuole pensare. Onde spezzate. Le loro onde. E poi Niki si avvicina ad Alessandro che è rimasto in disparte. Per timore di disturbare, di dire qualcosa di sbagliato. Perché ci si sente così di fronte alle tragedie degli altri. Eppure anche lui è dispiaciuto per Diletta. Sono quelle persone che non conosci direttamente, che forse non vedi, ma che senti tutti i giorni nei racconti della persona che frequenti e sai che le regalano sorrisi. E allora quelle persone diventano anche un po tue. E alla fine mancano un po anche a te. Niki gli si avvicina e gli stringe forte la giacca coi pugni, quasi gliela strappa, si aggrappa a quella stoffa, disperata come fosse l'unico scoglio sicuro in quel mare di assurdo dolore. Poi si appoggia al petto di Alessandro e comincia a piangere sommessa, silenziosa, quasi affogando il suo dolore in quella giacca. Per rispetto, per paura, per non far sentire la sua debolezza ai due genitori disperati di Diletta. Alessandro non sa che fare. Allora la stringe piano con le braccia, forte, a sé.