143382.fb2
più lento. E poi un altro. E un altro ancora. E i singhiozzi che diminuiscono. Piano piano. Un po di calma in quella giacca. Come un'isola sicura. Una piccola insenatura. Una rada dove trovare riparo dalla tempesta. E poi aria. Un respiro più profondo. Niki riemerge dalle braccia di Alessandro. Si tira su. E torna composta. Si asciuga il naso, strusciandosi con la parte finale della sua maglietta a maniche lunghe. Si sistema un po i capelli con tutt'e due le mani, portandoseli dietro le orecchie. Loro, un po bagnati, obbediscono. Riprendono posto educata mente e silenziosi ridanno luce a quel viso.
"Sì. Sto bene." Cerca di convincersene da sola. E poi un pic colo sorriso ad Alessandro. "Andiamo a casa. Tornerò domani." Quasi meglio di un famoso film. E vanno via così, nel silenzio di una notte fatta di attesa, di paura, di impotenza, di speranza, di preghiera. Della certezza di un domani, quello sì, ma un domani che può non essere per tutti. Com'è la vita? Che strano quando non siamo distratti, quando non abbiamo così tanta fretta, quando ci sappiamo fermare. E sorridere. E capire. E chiudere gli occhi. E sentire perfino i secondi che scorrono su di noi. E saperli vivere tutti fino in fondo. E gustarli con un sorriso, con una preoccupazione, con una speranza, con una voglia, con chiarezza, con qualsiasi cosa. Ma gustarli. Gustarli con consape volezza. Questo pensa Niki mentre sale in silenzio sulla Merce des ML. E non pensa ad altro. Non ha la forza di immaginare che si possa perdere quell'Onda.
Novantuno
Nei giorni che seguono le Onde si danno il cambio. Turni in ospedale. Portare ogni tanto dei gelati, qualcosa per i genitori di Diletta. Un giornale, una rivista, quelle cose buone che fanno da Mondi o all'Euclide. Si alternano così, Onde di un mare che dovrà pure tornare calmo prima o poi. E comunque bisogna crederci. Una dopo l'altra, una mareggiata senza fine. Onde sorridenti, divertenti ma non troppo. Ottimiste. Fingere di non avere dubbi. Certezze. Tutto si risolverà. E non ammettere neanche per un attimo neppure a se stesse che così potrebbe non essere... Infaticabili. Una storia di amicizia che non prova stanchezza. E si passano il testimone con un sorriso. Niki. Olly. Erica. E a volte in due, altre volte in tre continuano a studiare per l'esame di maturità.
"Ah, da quello non si scappa."
"Ah no, certo."
"Eh, Diletta in qualche modo la sta sfangando!" e ridono speranzose, cercando di esorcizzare così quell'incidente. Dietro quel vetro, un ricordo di Diletta. Un aneddoto divertente. La sua forza smisurata. La sua bellezza potente, prepotente, strafottente, sana. La sua bravura a pallavolo. E quel ragazzo che non ha avuto mai.
"Sai chi le faceva il filo ultimamente?"
"No."
"Filippo, quello della quinta A."
"Ma dai giura! È bono da morire! E lei?"
"Lei nulla, come se non esistesse."
"Non ci credo, ma è pazza!" Olly scuote la testa. "Cazzo, io..."
"Olly, ci sono i suoi genitori. E poi tu non fai più testo."
"Ho capito, ma comunque sareste crollate anche voi con quello."
"Sì, ma non subito come te."
"Perché io sono più sincera, meno costruita." E giù risate e scherzi e battute, come se Diletta fosse lì, cercando di passare quelle ore che non passano mai.
Perfino a casa tutto sembra diverso. Quando succedono queste cose. È come se una lente che prima era appannata ti facesse vedere improvvisamente meglio la vita.
La sera dell'incidente. Pum. Niki. Uno schiaffo diretto, in pieno viso.
"Ahia, mamma, ma sei pazza!"
"Io, eh? E tu che rientri così tardi la sera?"
"Ma Diletta è in ospedale, è in coma!"
"Sì, pure questo t'inventi, Niki, ma non ti vergogni?"
"Ma mamma è vero, ha avuto un incidente terribile."
"Basta! Ora vai in camera tua!"
E qualche giorno dopo, quando Simona scopre che è tutto vero quello che le ha detto sua figlia, a vergognarsi da morire è lei.
"Mi spiace, amore, credevo fosse una bugia."
"Ma ti pare che m'invento una cosa così, ma per chi m'hai preso, mamma?"
"E come sta adesso?"
"Ancora niente. Nessun peggioramento almeno. Ma nemmeno miglioramenti. Sto malissimo."
"Mi dispiace..."
Simona abbraccia Niki e lei comincia a piangere tra le sue braccia. Si abbandona così, di nuovo improvvisamente bambina, più figlia di sempre, piccola come non mai. E Simona la stringe e vorrebbe regalarle un altro sorriso. Come sempre. Più
di sempre. Con un giocattolo. Con un dolce. Con una bambola. Con un vestito. Come uno di quei suoi tanti piccoli desideri che ha sempre saputo realizzare. Ma ora no. Ora non può. E allora non le resta che pregare. Per sua figlia. Per la sua amica. Per la vita che a volte ti gira le spalle e se ne frega di quello che tu desideri. E i giorni passano lenti e faticosi. Uno dopo l'altro, senza una minima traccia di sole in quel piccolo tunnel. Case buie e silenziose. Alzarsi. Sperare. Tornare a dormire. E di nuovo alzarsi. Sperare. Tornare a dormire. E ogni squillo di qualsiasi telefono è una preoccupazione, un tuffo al cuore, una speranza, un sogno, un desiderio... E invece niente. Nulla. In silenzio andare avanti.
Novantadue
Poi quel pomeriggio.
"Sapere aude!" Niki è seduta accanto al suo letto. Legge veloce a voce alta un testo di filosofia. Kant.
"Abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza. Capito, Diletta?"
Niki poggia il libro sulle gambe. Guarda inutilmente quel viso tranquillo, disteso che sembra non poter sentire. Ma è la sua ultima speranza. Tenere accesa la sua attenzione. Un sospiro. E Niki si da forza.
"Dai, è inutile che fai la furba, devi ripassare Kant anche tu. Mica penserai di non fare la maturità, eh? Scusa, avevamo detto che avremmo fatto l'università tutte insieme. E le Onde non tradiscono mai le promesse!" Niki riprende a leggere. "Allora... Qui le cose si fanno più difficili. E per questo vorrei un po di più la tua attenzione. Passiamo alla gnosologia di Kant..."
"Gnoseologia."
Una voce improvvisa. Bassa. Leggera. Flebile. Ma la sua voce.
"Diletta!"
Diletta è girata verso Niki. Le sorride. "Devi dirlo con la e. Sbagli come al solito..."
Niki non ci crede. Comincia a piangere a dirotto. E un po piange e un po ride. "Gnoseologia, gnoseologia, lo ripeterò milioni di volte, cazzo, con la e, con la e! È la parola più bella del mondo" e si alza e l'abbraccia maldestra, cercando di non
!
travolgerla ma senza riuscire a trattenersi. Si perde col viso nel suo collo e piange ancora, come quella bambina che è stata, che è, che ama essere.
"E dicevano che la filosofia fa addormentare!"
E
'Quella bambina che è stata premiata. Che ha fatto i compiti