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"Fuori, fuori, lasciatela respirare, siete troppi, fuori!"
"E che modi!"
Per non dire quelli di Olly.
"E che cazzo! È la nostra amica!"
E ridono tutti, perfino i genitori, felici per un giorno di non dover sgridare nessuno. Finalmente leggere, Olly, Niki ed Erica escono dalla camera. Sono come impazzite.
"Stasera tutti da Alaska, ma che dico, mi butto nella fontana di Trevi. Dai, ci buttiamo?"
"Olly, ma l'hanno fatto tutti!"
"Eh, magari becchiamo pure uno fico come quello... Marcelle.. Marcello... Comehere!"
"Ecco perché lo vuoi fare... Stai sempre in fissa!"
E ridono ancora. Poi si abbracciano in cerchio, tipo giocatori di rugby, in mezzo al corridoio. Tengono la testa bassa.
"Per Diletta..."
"Hip hip hurrà!" ed esplodono in un salto altissimo, tutte insieme, ridendo, attirando l'attenzione delle infermiere che gridano "Silenzio!" e di chi magari ancora non può fare quel grido ma lo vorrebbe tanto.
Fuori dall'ospedale. Niki s'infila il casco.
"Ragazze, stasera io sto in casa a studiare. Oh, manca pochissimo."
"Abbiamo perso un sacco di tempo."
"Macché perso! L'abbiamo guadagnato. Siamo state noi a farla tornare! Se era per quei cazzo di medici."
Proprio in quel momento ne passa uno.
"Ehi, ma quello non era il tizio che aveva detto che Diletta non avrebbe più parlato?"
"Sì, mi sembra lui..."
"È lui!"
Olly apre il bauletto, prende qualcosa. Poi monta in motorino, lo fa saltare dal cavalietto e parte a razzo, puntando dritta verso di lui.
"Ma che fai? Olly!"
"Ehi, dottore..."
Sentendosi chiamare, il medico si volta. "Sì?" E Olly lo centra in pieno viso con un gavettone. "Beccati questa, porta sfiga che non sei altro!"
Il medico, completamente bagnato, si asciuga gli occhi con un lembo del camice bianco, mentre le ragazze con i loro motorini guadagnano veloci l'uscita.
Niki si accosta a Olly. "Ammazza, l'hai preso in pieno ! Che mira!"
Erica sbuca da dietro. "Ma come mai lo tenevi nel bauletto?"
"M'era avanzato dalla lotta dei cento giorni."
"Ma dai, è una vita! E non s'era sgonfiato?"
"L'ho ricaricato in questi giorni. C'ha pensato Giancarlo, quello che abita nel mio palazzo."
"Cioè?"
"Ogni mattina lo costringevo a pisciarci dentro!"
"Ma Olly! Che schifo!"
"È da quando quel dottore ha detto quella cosa che aspettavo questo momento. Voglio proprio vedere quando piscerà di nuovo altre stronze sentenze!"
E se ne vanno via così, ridendo a crepapelle, Onde ribelli, giovani Robin Hood dei sentimenti, Don Chisciotte in gonnella che per la prima volta, anche se con un palloncino, hanno fatto riflettere quello stupido mulino a vento.
lì
Novantatré
"Mamma, mamma, non ci puoi credere!" Niki entra a casa urlando come una pazza. "Mamma! Stavo leggendo un pezzo di Kant a Diletta e lei s'è svegliata! Mamma, s'è ripresa, capisci?"
Simona si alza dal tavolo dove sta facendo studiare Matteo. La raggiunge. La guarda. Poi l'abbraccia. La stringe a sé. Alza gli occhi al cielo e li chiude, sospirando dentro di sé quella frase. "Signore benedetto." Poi la lascia di nuovo libera.
"Niki, sono proprio felice. Vieni, andiamo un attimo in camera tua... Matteo, tu continua a fare l'esercizio. Se no non ti porto al campo a giocare a pallone..."
"Ma mamma..."
"Stai zitto, che non sai niente. Sarai pure un calciatore perfetto ma se non studi non giochi... Chiaro? Esattamente il contrario di quello che fanno loro."
Matteo sbuffa. "Che pizza" e sfoglia velocemente indietro il libro cercando di capirci qualcosa.
Simona apre la porta della stanza di Niki e, dopo che lei è entrata, la richiude.
"Allora, Niki, sono davvero felice per la tua amica. Non sai quanto."
"Non sai, mamma, anch'io."
"Lo immagino. Guarda, non ti ho voluto disturbare fino a oggi perché rispetto a tutto quello che stava accadendo certe cose poi diventano irrilevanti... Insignificanti."
Niki stringe un po gli occhi. "Certo, mamma, è così infatti. Ma tranquilla, io ho continuato a studiare, nel frattempo."
Simona si mette a posto i capelli. "Non è di questo che intendevo parlare infatti... Lo studio non mi preoccupa."