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"È morto il padre d'un mio amico. Flavio. Flavio, tu l'hai conosciuto. Hai capito chi è? Il marito di Cristina... Quella che dici che non ti sopporta."
Niki si addolora. "Mi dispiace. Anche se non lo conosco bene..."
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Ormai sono arrivati sotto casa di Niki. "Non ci voleva. Mannaggia. Quanto mi dispiace. Meno male che sono già tornato. Vado a trovarlo."
Niki sorride. "Certo. Chiamami quando vuoi se ti va... Sul serio, quando ti pare. Lascio il telefonino acceso."
Alessandro le sorride. Niki gli da un bacio leggero. E fugge via. Poi si ferma un attimo e sorride. "Ehi, lì dietro hai la mia valigia! Te la lascio... Vengo a prenderla con calma..."
"Certo. Quando vuoi."
Alessandro aspetta che Niki entri nel portone. Un piccolo saluto da lontano e Alessandro si allontana nella notte.
Novantasette
Sono tutti lì. Gli amici più stretti, i più veri, quelli che conoscono tutte le verità di una famiglia, quelli che hanno assistito in silenzio a piccoli e grandi dolori, o che invece hanno festeggiato facendo baldoria, complimentandosi nelle grandi e piccole gioie della vita. Questa è l'amicizia. Saper dosare il rumore della propria presenza. Appena lo vede, Alessandro gli si avvicina e lo stringe in un abbraccio. Tutto. Molto. Tanto.
I momenti più diversi di una stessa vita ognuno li ricorda a modo suo.
"Cazzo, mi dispiace Flavio..."
Si guardano negli occhi e non sanno bene cos'altro dirsi. Quelle occasioni che inevitabilmente ti spingono al silenzio. Stare lì, essere presenti, voler dire tante altre cose in più ma non riuscirci. E così si liquida tutto con una piccola pacca sulle spalle, con un abbraccio sentito, con una frase che ti sembra sciocca ma non hai trovato altro che quella. E ti sembra la migliore, la più vera, la più sincera. E non lo è. O magari lo è anche. Chissà... è che hai un groppo in gola. Che se dici una cosa in più sai già che ti metteresti a piangere. Hai gli occhi lucidi. E vedi che alcuni sono più forti di te. E non piangono. Sembrano sereni, come se non fosse successo niente. Riescono a vivere bene il loro dolore. O forse, pensi, non gliene frega proprio niente. Ma che tipi sono? Come quei due per esempio, forse sono dei suoi cugini... stanno lì in fondo al salotto e parlano tutto il tempo e ridono e sono anche un po
rumorosi. Sembra che il fatto che sia morto qualcuno fosse la loro unica occasione per rivedersi. O forse il loro modo di fare è solo un'astuta copertura. Non potersi permettere il lusso di stare male, di soffrire apertamente, di poter piangere liberi, senza vergogna. Quella strana tassa che a volte il carattere ci obbliga a pagare, lasciandoci fuori dalla bellezza dei sentimenti.
Alessandro, Pietro ed Enrico fanno compagnia a Flavio tutta la notte e ognuno a modo suo rinuncia a qualcosa pur di stargli accanto. Tutti e tre ne sono felici e nessuno di loro rimpiange ciò che ha perso.
Notte di parole. Notte di ricordi. Notte di confidenze. Divertenti aneddoti lontani. Vecchie storie che solo il dolore a volte col suo soffio potente fa tornare alla luce. Episodi passati, nascosti, persi ma mai in fondo abbandonati.
"Sapete una cosa, ragazzi..." Flavio beve un po del suo whisky : e li guarda. Nessuno risponde. Non ce n'è bisogno. Flavio ; riprende a parlare. "Ti viene da pensare alle cose che non gli hai i detto. Alle volte che lo hai deluso. A quelle cose che avresti voluto dirgli quel giorno, a quello che vorresti dirgli ora. Cor- j rere lì sotto casa sua. Suonare il citofono. Farlo affacciare. Papa... mi sono dimenticato di dirti una cosa... ti ricordi quella volta che siamo andati lì... ecco."
Flavio guarda i suoi amici di nuovo. "Questo ti fa male. Magari è una stronzata... ma vorresti tanto potergliela dire."
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[¦Qualche giorno dopo. I funerali. Fiori. Frasi. Silenzio. Persone
rperse da tanto tempo improvvisamente riaffiorano. Come
?,alcuni ricordi. E poi saluti. Strette di mano. Commozione. Tutti,
"•vanno a salutare Flavio con affetto. Alcuni portano fiori. Altri
vengono da un passato lontano e spariranno di nuovo per sempre, ma non volevano mancare a quell'ultimo appuntamento. Poi la sepoltura. Un ultimo saluto. Un ultimo pensiero. Poi più niente. Fuuuu. Un palloncino pesante che però si allontana \ verso il cielo. Silenzio. Sempre più lontano. Poi faticosamente i
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primi cigolii. È come se la grande macchina ripartisse. Rumori faticosi, catene non oliate, ingranaggi che stridono, raschiano. Ma riparte. Ecco... Ciuff, ciuff! Come quel treno lontano, lì all'orizzonte, che riprende la sua strada, la sua corsa, che aumenta il ritmo, sbuffa, di nuovo, sì, verso confini lontani, verso i giorni che saranno... Ciuff, ciuff... E sbuffa, sbuffa ancora. E non fermarsi. Non fermarsi. E tutti, tutti continuano ad andare avanti. E prima o poi forse riusciranno a dimenticare qualcosa. O forse no. E anche in questo dubbio c'è una grande bellezza.
Novantotto
La settimana seguente Alessandro si vuoi fare un regalo. È domenica mattina quando lo chiama.
"Chi era stamattina presto al telefono?"
"Alex."
La madre di Alessandro, Silvia, raggiunge suo marito Luigi in salotto e lo guarda preoccupato.
"Di domenica mattina a quell'ora? E cosa voleva, che ti ha detto..."
"Non lo so. Mi ha detto: papa vorrei uscire con te."
"Oddio, sarà successo qualcosa..."
"Ma niente, tesoro, mi vorrà raccontare qualcosa..."
"È questo che mi preoccupa."
Luigi le sorride e alza le spalle.
"Boh, non so... Mi ha detto: c'è qualcosa che vorresti fare con me, che non mi hai mai detto?"
Silvia guarda suo marito con aria sbigottita.
"E non dovrei essere preoccupata?"
Luigi si infila la giacca. Poi le sorride. "No. Non lo devi essere, quando torno ti racconto tutto." Poi sente suonare il citofono. Va in cucina e risponde. E Alessandro. "Scendo subito."
Silvia sistema meglio la giacca del marito. "Quanto vorrei essere lì con voi."
Luigi le sorride. "Ci sarai..." poi si danno un bacio. Luigi esce e chiude la porta alle sue spalle.
Poco dopo è in auto con Alessandro.
"Allora, papa... hai pensato cosa vorresti fare?"
Il padre gli sorride. "Sì. E sulla strada di Bracciano."
Poco più tardi la Mercedes di Alessandro è parcheggiata sotto il sole caldo di mezzogiorno.
"Allora, non spingete troppo sull'acceleratore. Seguite le curve e non frenate, che si perde facilmente il controllo. Mi raccomando, eh... Tenete il gas in curva."
Alessandro guarda suo padre. È accanto a lui, con un casco rosso. È buffo. Sorride divertito come il più felice dei bambini, su quel go-kart potente.