143382.fb2 Scusa ma ti chiamo amore - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 170

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"arrivederci, ciao..." fa Olly e si avvicina a lui, baciandolo sulla guancia. Mauro rimane per un attimo interdetto. "Sai, non sono sicura che mia madre non stia controllando." Si avvicina al suo orecchio e gli dice piano "Ci sentiamo qualche volta magari., se no capisce che mentivo".

Mauro le sorride. "Certo, per non farla sgamare..."

Olly va in cucina. La madre sta mettendo a posto la spesa.

"Tieni questi, mettili lì sotto..." La madre le passa alcuni detersivi. "Ti ho preso gli yogurt che volevi..."

"Grazie..."

La madre finisce di svuotare le buste.

"Ma non sai che buffo. L'amico tuo somiglia un sacco all'idraulico che viene sempre da noi. Per un attimo pensavo che si era rotto il bagno o chissà quale altro casino avevi combinato."

"Macché. Comunque è vero, ci somiglia, c'avevo pensato anch'io." Poi guarda di nuovo l'anello.

"Mamma, grazie. È davvero bellissimo!"

"Sono felice che ti piaccia." Si abbracciano. La madre la prende e la tiene per un attimo tra le sue braccia, guardandola. "Speriamo solo che non te lo perdi come fai con tutto il resto."

Olly si appoggia al suo seno come non faceva più da tantissimo tempo. "Mamma, ma no, stai tranquilla." Poi guarda l'anello ancora bagnato.

"Notiziario radio. Buon pomeriggio. Stamattina i carabinieri sono riusciti a smascherare un importante traffico di stupefacenti. Insospettiti dal continuo via vai nell'abitazione di una

coppia di anziani hanno fatto irruzione all'alba. I signori Manetti Aldo e sua moglie Maria sono stati trovati in possesso di oltre quindici chili di cocaina. I due coniugi sono stati arrestati. Rifornivano di droga ormai da diversi anni tutto il quartiere Trieste, il Nomentano e anche alcuni sobborghi del Salario. Calcio. Ancora un acquisto per la..."

Lei fuori dalla stanza color indaco. È arrivato il momento di restituirlo. È troppa la curiosità. E in fondo è anche una buona azione... La ragazza mette la freccia. La strada è poco illuminata ma riesce lo stesso a leggere il nome della via. Via Antonelli. Sì, dovrebbe andar bene di qua. Continua a guidare. Dal piccolo lettore ed della minicar escono parole buone, adatte al momento. "La specialità del giorno è il sorriso che mi fai. Dentro un mondo disadorno, si distingue più che mai. Mette in luce i lati oscuri delle troppe ipocrisie e s'arrampica sui muri come glicine..." Sorride e si guarda un attimo. Sì, le sta proprio bene quel vestito. Il grigio e il blu le hanno sempre donato. Uno stop. Poi gira a destra. "E per me, che ormai vivevo nel mio disincanto sai. Come un faro che si è acceso è il sorriso che mi fai." E bravo Eros. Dovrebbe mancare poco. Ma dove si sono infilati con gli uffici, questi? Speriamo che ci sia ancora qualcuno, sono le otto. Mannaggia a me e a quando faccio tardi. Entra in una strada piena di palazzine in stile Ottocento. Rallenta e guarda i numeri civici. Cinquanta. Cinquantadue. Cinquantaquattro. Eccolo. Cinquantasei. Si ferma e parcheggia un po storta. Tanto la minicar è piccola, è come avere una Smart. Prima di togliere la chiave, le ultime parole della canzone. "Ci volevi tu a stanarmi l'anima, ci volevi tu che stai aprendo sempre più... una nuova età." Una nuova età. Sì, è così che mi sento, Eros.

Scende, prende la ventiquattrore e chiude la minicar. Sale sul marciapiede e si avvicina ai citofoni. Legge i nomi. Giorgetti. Danili. Benatti... Eccolo. E suona il campanello. Mentre aspetta, le batte forte il cuore.

"Sì, chi è?" una voce gracchiante la sorprende. Lei si awi:cina al citofono, e mette la testa di lato.

\"Eh, sì, sono io. Cioè, io... cercavo il signor Stefano, se c'è."

|"Sì, è appena uscito dall'ufficio. Sta scendendo. Se aspetta vi

trovate giù" e chiude.

IAh. Bene. Non devo neanche salire. Cioè, adesso lui

!scende. E mi trova. E non sa neanche chi sono! Che gli dico?

ICome mi metto? Gambe dritte e mezze impalate? O mi

appoggio alla macchina un po in posa? Oppure tengo la borsa davanti con tutt'e due le mani, tipo "tieni il pacco"? No, meglio se sto... Non fa in tempo a finire. Un ragazzo non troppo alto con una giacca leggera in lino apre il portone e se lo richiude alle spalle. Poi alza la testa e vede una ragazza con un vestito corto molto carino grigio e blu che guarda verso il cielo. Sembra che parli da sola. Stefano fa una smorfia buffa e sorpresa. Poi fa per andarsene. Lei si volta all'improvviso. Lo vede. Silenzio. "Ehi, scusa!"

Stefano si gira. "Sì? Dici a me?" "Eh, ci sei solo tu! Per caso sei Stefano?" "Sì, perché?"

"Questo è tuo!" e gli allunga il computer nella sua custodia. "Mio? Cos'è?" Stefano si avvicina, prende la borsa e la apre, tenendola in equilibrio sul ginocchio piegato. Poi la sua faccia cambia di colpo. "No! Non ci credo! Ma è il mio portatile! Non hai idea! C'era tutto, un sacco di roba di cui non avevo fatto il back up! Ho dovuto faticare un sacco e alcune cose le ho pure riscritte. Cioè, l'ho perso tempo fa! Cioè, non è che l'ho perso, me l'hanno grattato!"

"E certo, se lo lasci sopra i cassonetti che speri? Che te lo riporti la nettezza o un gatto randagio?!"

Stefano la guarda. "Ma tu chi sei, cioè come hai fatto..." "Il gatto. Io sono il gatto che quella sera passò di lì e lo trovò. Poi l'ho acceso. Non avevi neanche messo la password d'accesso. È assurdo! Così tutti possono leggere quello che c'è. Rischiosissimo!"

"Non la metto mai perché distratto come sono me la scordo sempre!"

"Te ne do una io facile facile: Erica!"

"Erica?"

"Sì, piacere" e gli allunga la mano ridendo. "Non puoi scordartela! E il nome della tua angela custode!" Stefano è ancora sorpreso ma alla fine sorride.

"Senti" continua Erica, "che fai ora? Sono quasi le nove. Ammazza, certo che lavori tanto tu, eh?"

"Sì, la casa editrice ultimamente mi ha dato un sacco di roba da finire. Che faccio... vado a mangiare come tutti. C'ho una fame!"

"Anch'io!"

Silenzio.

"Be, certo, se sei sposato, fidanzato, blindato, bloccato, altolà e robe simili, dimmelo. Ti capirò... Oppure pensi che io sia una maniaca e ti violenterò appena arrivati all'angolo. Ti capirò anche in questo caso."

Ancora silenzio.

"Certo che non le mandi a dire, eh? Ma no. Che blindato. E chi mi vuole?!" e ride. Di un sorriso che Erica non ha mai visto. Un sorriso di luna lontana, di mare che va e viene, di tutte quelle parole che di lui ha letto nelle settimane precedenti. Un bel sorriso. "Dai, in effetti sono in debito. Hai ragione. Mangiamo insieme? Ti va una pizza? Di più non posso permettermi!"

"Sì! E se ti violento?"

"Be, io faccio ogni mattina i... lardominali! Dici che ce la faccio a difendermi?!"

Erica ride.

"Sei a piedi?"

"No, ho la minicar."

"Lasciala qui, tanto è una zona tranquilla. Camminiamo, ti va? È una bella serata e c'è una pizzeria buona proprio qui vicino."

"Ok" e si allontanano così.

"Ehi senti che bella, la stavo ascoltando prima mentre venivo da te..."

Erica gli passa la cuffia dell'iPod. Stefano se la mette con una certa fatica. Poi inizia ad andare a tempo con la musica.

"Ehi, niente male sul serio. Sai io ascolto sempre musica classica..."

"Ma dai, sul serio? Mi piacerebbe imparare a sentirla, mi sembra così..."

"Vecchia?"