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All'improvviso la porta della camera si apre. Entra la
mamma di Olly.
"Ma, mamma, che fai? Esci subito! Non lo vedi che siamo in
riunione?"
"In camera mia?"
"Eh, non c'eri, scusa, se non ci sei è uno spazio libero come
gli altri, no?"
"Sul mio letto?"
"E certo, è così comodo e poi mi ricorda te e papa e mi sento al sicuro..." Olly fa la faccia più dolce e tenera che può. A dire la verità, anche da schiaffi.
"Sì, sì... poi però rimetti a posto e togli le pieghe dalla coperta. E la prossima volta a fare le riunioni vai in cantina, come facevano i Carbonari. Ciao, ragazze" ed esce un po infastidita.
"Insomma, dicevi da Antica Roma. Ecco perché me la proponesti dicendo che ci si stava bene! L'avevi sperimentata!"
"E certo! Insomma andammo lì verso le cinque del pomeriggio e lui aveva preparato tutto alla perfezione."
"Ma non devi essere maggiorenne per prendere una
camera?"c. .. , n
"Boh, non lo so, ma lui giocava a calcio col figlio della
padrona che gli fece il favore." "Ah."
"Fu bellissimo. All'inizio avevo un po paura e anche Giò, perché era la prima volta anche per lui e ci muovevamo un po goffi. Ma alla fine fu tutto molto naturale... Dormimmo lì, non ci venne neanche fame per la cena. Fu quella volta, Olly, che dissi che ero rimasta da te per via dell'assemblea, ti ricordi? La mattina dopo facemmo una megacolazione e all'una tornai a casa. I miei non sospettarono nulla. Stavo bene. Ti senti leggera, dopo, anche un po grande e ti sembra di non poterlo lasciare più..."
"Eh sì, non vuoi proprio lasciarlo più..." sghignazza Olly e Diletta le tira una botta. "Ahia! Ma che ho detto?"
"Sempre doppi sensi."
"Macché, io vado a senso unico, è quello il fatto! E tu, Niki?! Con Fabio, no? A tempo di rap?"
"Be, sì... con lui e col rap, in effetti. A casa sua, che i suoi erano in vacanza. Dieci mesi fa, un sabato sera dopo un suo concerto in un locale in centro. Era eccitatissimo per la serata andata bene e perché c'ero io. Anche lui aveva preparato tutto per me... Il salotto illuminato con luci calde e soffuse. Due bicchieri di champagne. Tra l'altro non lo avevo mai nemmeno bevuto... buonissimo. In sottofondo i suoi ultimi pezzi. Per lui comunque non era la prima volta e si vedeva. Si muoveva sicuro ma mi fece sentire a mio agio, protetta. Mi disse che ero come una chitarra bellissima da suonare senza bisogno di accordature e dall'armonia perfetta..."
Olly la guarda. "Che fortuna! La solita culona!"
"Sì, infatti guarda com'è finita!"
"Ma che c'entra, la prima volta mica te la ruba nessuno!"
Poi d'improvviso silenzio. Diletta stringe più forte il cuscino. Le Onde la guardano ma senza fissarla troppo. Indecise e divise tra scherzare e fare le serie. È lei a toglierle dall'imbarazzo.
"Io no. Non l'ho mai fatto. Aspetto la persona che mi faccia sentire tre metri sopra il cielo, come quello della scritta. Anche quattro. O cinque. O sei metri. Non mi va che sia a caso e neanche che poi ci lasciamo."
"Ma che c'entra, mica puoi sapere come va dopo... l'importante è amarsi e basta, no? Senza ipotecare il futuro."
"Che frasona, Erica!"
"Ma è vero, scusa. Diletta deve buttarsi, non sa che si perde e non per come la intende Olly!"
"No, no, anche per quello!"
"Diletta, devi lasciarti andare. Ma lo sai quanti ragazzi ti ven gono dietro?! Un casino!"
"Un fiume!"
"Una squadra di rugby!"
"Una marea tanto per rimanere in tema con noi Onde!"
"Sentite, a me ne basterebbe uno solo, ma giusto per me..."
"Io uno giusto per te ce l'ho!"
"Chi?"
"Un bel cono gelato al cocco! Dai andiamo, Onde!"
"Ho un'idea migliore... Qualcuno di voi non l'ha ancora provato."
"Ma cosa?!"
"Non quello che pensate... Grande novità... Seguitemi!" Olly si butta giù dal letto ed esce dalla camera. Niki, Erica e Diletta la guardano e scuotono la testa. Poi la seguono, lasciando naturalmente la coperta piena di pieghe.
Quattro
Le luci della città sono deboli. Quando non sei di buon umore tutto sembra diverso, assume altre atmosfere. Colori, luci e ombre, un sorriso che non prende, che non attacca. Alessandro guida lentamente. Villaggio Olimpico, piazza Euclide, un giro intero, poi corso Francia. Si guarda attorno. Uno sguardo al ponte. Ma guarda 'sti coglioni. È pieno di scritte. Sporcarlo così. Guarda quella poi... "Patata ti amo." In nome di che? In nome dell'amore... L'amore. Chiedete a Elena notizie del signor Amore. Ehi, mister Amore, dove cazzo sei finito?
Vede due ragazzi mezzi infrascati in un angolo del ponte, dove la luna non batte. Abbracciati, innamorati, avvinghiati, come amorevoli edere alla faccia del tempo, dei giorni, di quello che sarà preda dei venti. Ma Alessandro non ce la fa. Suona il clacson. Apre il finestrino e urla "A ridicoli! Bella la vita, eh? Tanto uno dei due molla!" e poi da gas, schizza in avanti, superando due o tre auto e bruciando anche il semaforo prima che da arancione cambi in rosso. E ancora avanti, tutto corso Francia e poi via Flaminia, ma, arrivato al secondo semaforo, c'è una gazzella dei carabinieri. Rosso. Alessandro si ferma. I due carabinieri chiacchierano, distratti. Uno ride al telefono, l'altro fuma una sigaretta, parlando con una ragazza. Forse l'avrà fermata per un controllo, oppure è un'amica che sapeva che era di turno ed è andata a salutarlo. Fatto sta che il secondo carabiniere dopo un po si sente osservato. Così si gira verso Alessandro. Lo guarda. Lo fissa. Alessandro lentamente gira la testa,
fingendo interesse, si affaccia dal suo finestrino per vedere se per caso il semaforo è cambiato. Nulla da fare. Ancora rosso.
"Scusa..." Brumm. Brumm. Arriva uno scooter scassato, un Kymco con un ragazzo e dietro una tipa dai capelli lunghi e scuri. Lui è muscoloso, ha una maglietta celeste aderente e i muscoli si notano tutti lì sotto. "Oh ce l'ho con te, eh..." Alessandro si sporge dalla macchina.
"Sì, prego?"
"No, sei passato urlando mentre stavamo sul ponte di corso Francia. Ma che ce l'avevi co noi? No, spiegate, eh."
"No, guarda, scusa avete capito male, ce l'avevo con quello davanti che rallentava sempre."