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Allora lì ha capito. Ecco cos'hanno rubato. L'amore. Il mio amore. Quello che avevo costruito giorno dopo giorno, con pazienza, con voglia, con impegno. Ed Elena è la ladra. Lo ha preso e se l'è portato via, uscendo dalla porta principale di una casa che avevamo preparato insieme. Quattro anni di piccoli dettagli, la scelta delle tende, la disposizione delle stanze, i quadri disposti con la luce che seguiva il sorgere del sole. Puff. In un attimo quel divertimento, quelle piccole discussioni su come organizzare la casa, svanite. Tutto via. Mi hanno rubato l'amore e non posso neanche sporgere denuncia. Allora Alessandro è uscito nella notte, senza il coraggio di chiamare un amico, qualcuno, di andare a trovare i suoi, le persone care, sua madre, suo padre, le sue sorelle. Qualunque persona a cui poter dire "Elena mi ha lasciato". Niente. Non ce l'ha fatta. Si è ritrovato a passeggiare perso in quella Roma dei tanti film e registi amati, Rossellini, Visconti, Fellini. Le loro storie in quelle strade, in mezzo a quegli scorci. E ora Roma ha perso colore. E in bianco e nero. Uno spot triste, come uno dei suoi primi lavori. Era appena entrato in agenzia. Se lo ricorda come se fosse ieri. Era
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Il lacrime scendono libere e tutte insieme. E la sua guancia si!
bagna e le labbra sanno un po di sale. Un po vergognandosi[e
cerca di asciugarsi col dorso della mano. La signora se ne accorge e alla fine, un po imbarazzata, chiude la telefonata. Poi generosa e gentile si rivolge a lui.
"Che succede, ha avuto qualche brutta notizia? Mi dispiace..."
"No... è che mi sono lasciato..."
E Alessandro riesce a dirlo solo a lei, a una donna sconosciuta.
"Mi scusi, sa..." si mette a ridere continuando ad asciugarsi, tira su col naso.
La signora sorride, gli passa un fazzoletto di carta.
"Grazie." Alessandro si soffia il naso e tira ancora un po su. Poi sorride. "È che sentirla così allegra, prima, al telefono con suo marito, magari dopo così tanto tempo che state assieme..."
La signora sorride. "Non era mio marito."
"Ah." Alessandro le guarda le mani, vede la fede.
La signora se ne accorge. "Sì, lo so. Era il mio amante."
"Ah... mi scusi."
"No. Niente."
Rimangono in silenzio, così, per il resto del viaggio. Fino a Napoli. Arrivati alla stazione, la signora lo saluta.
"arrivederci e stia bene..." Sorride. Poi scende. Alessandro prende il suo bagaglio e scende anche lui. La segue con lo sguardo e, dopo pochi passi, la vede abbracciarsi con un uomo. Lui la bacia sulle labbra e le toglie di mano il trolley. Camminano lungo il binario. Poi lui si ferma, lascia il trolley e la tira su, in aria, al cielo, abbracciandola stretta. Alessandro guarda bene. Quell'uomo ha la fede. Dev'essere il marito. Certo, potrebbe essere che anche l'amante è sposato. Ma a volte le cose sono più semplici di come uno le immagina. Continuano a camminare verso la stazione dei taxi. Lei si gira, lo vede, lo saluta da lontano e poi abbraccia di nuovo il marito. Alessandro ricambia il sorriso. Poi tranquillo aspetta anche lui il suo taxi. Stringe i denti. Continua il viaggio. L'aliscafo lo porta a Capri.
Ma Alessandro il mare neanche lo vede. È blu, è pulito, è piatto. Ma sta oltre quei finestrini sporchi di salsedine e schizzi, e soprattutto grigi quasi come il suo cuore. Poi in via Camerelle, alla riunione coi giapponesi. E un respiro lungo. E improvvisamente qualcosa cambia. E quel dolore un po si trasforma. Attraverso il traduttore li diverte, li incanta, li rassicura, racconta alcuni aneddoti italiani. Si copre la bocca con la mano quando ride. Si è documentato su questa loro usanza. Loro considerano maleducato mostrare i propri denti agli altri. Alessandro è preciso. Pignolo. Preparato. Tutti con la p, quasi come perfetto. Ma una cosa è sicura. Sul lavoro non vuole deludere. Poi passa a parlare del progetto per il loro prodotto. Gli è venuto così, su due piedi. Ma quando i giapponesi lo sentono si entusiasmano, impazziscono e alla fine gli danno grandi pacche sulle spalle. E pure il traduttore è felice, gli dice che lo stanno riempiendo di complimenti, che ha avuto una grande idea, geniale. E la stoccata finale Alessandro la da quando, dopo aver salutato, porge loro il proprio biglietto da visita con entrambe le mani, esattamente come si fa in Giappone. E loro sorridono. Conquistati. Così Alessandro può tornare. Ha portato a termine il suo compito, non ha deluso nessuno. Anzi. Ha fatto di più. Ha dato un'idea nuova, un'idea che è piaciuta. Semplice. Un'idea che ha fatto sorridere. Proprio come quella vita che lui vorrebbe adesso.
Inquadratura fissa su un paesaggio. Un treno passa veloce. Interno. Una donna è seduta al suo posto, piange. Zoom in avanti. La donna continua a piangere. Lentamente, a lungo, sotto gli occhi degli altri viaggiatori che si guardano tra loro, che non sanno bene cosa fare. Il treno si ferma, i passeggeri scendono. Ognuno abbraccia una persona. Tutti avevano qualcuno ad aspettarli. Solo la donna che piangeva non ha nessuno che l'attende. Improvvisamente però sorride. Si avvicina all'auto. Il nuovo prodotto dei giapponesi. E con questa riparte. Ora è una donna felice. Ha ritrovato in quell'auto il suo amore. "Un amore che non tradisce. Un motore che non si spegne."
Quando Leonardo, il suo direttore, l'ha sentita, l'ha trovata un'idea fantastica.
"Sei un genio, Alessandro, un genio. Un vulcano di creati vità. E poi con una storia semplice, uno spot d'effetto. Una donna che piange su un treno. Bellissimo. Un po di Lelouch, La scelta di Sophie, noi non sappiamo perché piange, sappiamo solo alla fine perché ride. Grande. Sei un grande. E pensare che loro volevano che il protagonista dello spot fosse un uomo. Un uomo. Ma hai ragione, non sarebbe credibile, dove si vede oggi un uomo che piange? Su un treno, poi..."
"E già. Dove si vede..."
Alessandro esce dalla doccia e si asciuga velocemente. Poi si comincia a vestire. Sai qual è il guaio di questa vita? È che non hai tempo neanche per il dolore.
Cinquantacinque
La palla si alza. Due ragazze fingono di andare a rete. E Niki conta bene i passi. Uno, due e si alza in volo. Ma dall'altra parte due avversarie hanno già capito tutto e fanno muro. La palla schiacciata da Niki rimbalza, scivola e cade nel loro campo.
"Fiiiii."
Fischio dell'arbitro che stende il braccio tutto a sinistra. Punto degli avversari.
"Nooo!" Pierangelo, l'allenatore, si sbraccia, si toglie il cappellino dalla testa e lo sbatte sul tavolo lì vicino. Di certo ora non è distratto dalle curve delle sue giocatrici. Solo infastidito da quegli errori. Le avversarie vanno alla battuta. Proprio in quel momento la piccola porta in fondo alla palestra si apre. E in un perfetto blazer blu con i pantaloni celesti scuri, leggermente spinati, e una camicia a strisce azzurre, blu e bianche, con ancora addosso il profumo della doccia, ecco arrivare Alessandro. Sorride. Ha in mano qualcosa. Niki lo vede e sorride anche lei. Poi fa una piccola smorfia come a dire: e meno male che sei arrivato !
Da quel momento è come se un incredibile portafortuna fosse finito nella tasca dell'allenatore. Quella squadra non può perdere. E battute e muri e bagher e palle alzate e ancora schiacciate e schiacciate e schiacciate. E un incredibile gioco di squadra. E alla fine... punto!
"Vince per venticinque a sedici il Mamiani!"
Le ragazze urlano e si abbracciano e saltano tutte insieme,
ognuna poggiata con le braccia sulle spalle dell'altra. Ma alla fine Niki passa sotto, si sfila e fugge. E corre come una pazza, ancora lucida e tutta bagnata di sudore, e gli salta addosso, stringendo le sue lunghe gambe intorno ai fianchi di Alessandro perfettamente di lino vestiti.
"Abbiamo vinto!" e lo bacia a lungo, lei dolcemente salata.
"Non avevo dubbi. Tieni, questa è per te." Alessandro le da un pacchetto. "Tienilo così, in posizione verticale."
"Cos'è?"
"È per te... anzi per lei."
Alessandro sorride mentre Niki apre velocemente il regalo.
"No... troppo bella... una pianta di gelsomino..."
"Non potevi non avere qualcosa di tuo... ragazza dei gelsomini..." e continuano così, si baciano senza accorgersi di niente, della gente che sfila loro vicina, vincitori e vinti di una finale importante, ma in fondo non così importante... Poi Alessandro non ce la fa più a tenerla e cadono tra le sedie delle tribune. E non si fanno male. E ridono. E continuano a baciarsi. Non c'è niente da fare. A volte l'amore vince proprio su tutto.
Cinquantasei