143382.fb2 Scusa ma ti chiamo amore - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 95

Scusa ma ti chiamo amore - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 95

"No, stavo un po di là" cerca di giustificarsi, "stavo un po navigando in Internet..."

"Ah sì..." Niki si sporge e vede che nello studio è tutto spento. "Hai già chiuso anche il pc?"

Alessandro l'abbraccia e subito la tira a sé. "Certo, lo vedi... sono velocissimo..." Poi la bacia. "Che film hai preso?"

"Closer."

"Ma dai. Quello della musica... Non l'ho visto."

"È un po forte. Ho un'idea. Perché non ci mettiamo a vederlo sotto le lenzuola?"

"Ma perché, è un film spinto?"

"Che porco che sei! Ma no, a parte che un po spinto lo è,

ma non è per quello... Mi piace l'idea che ce lo vediamo lì sotto, come se fosse casa nostra..."

Alessandro la guarda. Improvvisamente sorpreso. Niki fa una smorfia.

"Sì, lo so, è tua, è casa tua... ma io volevo dire come se ci abitassimo insieme, insomma come se fossimo proprio una coppia, capito?"

Alessandro sorride.

"Guarda che ti volevo dire solo... che sei bellissima..."

Niki sorride. Poi va in camera da letto. Si spoglia velocemente. Giù pantaloni, mutandine, via la maglietta, il reggisene, via i fantasmini. Va veloce al televisore, infila il dvd nel lettore lì sotto. Ma quando sente che Alessandro sta arrivando, si copre il seno e corre via veloce, fa un salto e si infila nel letto. Si copre fino al mento con il lenzuolo. Poi prende il telecomando.

"Vuoi vederlo in inglese?"

"No, grazie. Già domani ho riunione con i tedeschi."

"Ok, allora italiano. Dai, sbrigati, ho già premuto il tasto, sta partendo il film."

Alessandro si spoglia velocemente e s'infila vicino a lei.

"Bravo, hai fatto appena in tempo. Inizia proprio adesso."

Niki si struscia a lui, gli si avvicina, gli poggia i piedi freddi sulle sue gambe calde, il seno morbido e piccolo sul braccio. Poi i titoli, qualche immagine, dialoghi divertenti, realisti. Poi una foto, una canzone, una storia d'amore che sta per cominciare. Un acquario. Un incontro. Poi tutto diventa un po confuso. La mano di Niki lentamente scivola leggera tra le lenzuola. Giù. Più giù. Lungo il suo corpo. La sua gamba... E gioca e scherza e sfiora e tocca e non tocca. E poi più su, sulla sua pancia. Alessandro si agita. Niki ride e sospira, e calda si avvicina, e accavalla una gamba e l'appoggia su quelle di lui. E le mani si moltiplicano, come un desiderio improvviso che diventa una storia d'amore. Inventata, sognata, suggerita da un semplice film, e poi improvvisamente vera, come tutte quelle mille parole che un letto può raccontare sul serio. E in un attimo, quei momenti sono per sempre, forse un giorno dimenticati, ma per ora, per sempre.

Più tardi. Ancora più tardi. Niki si gira dall'altra parte e fa per scendere dal letto. Ma qualcosa scricchiola. Alessandro si sveglia.

"Ehi... dove vai?"

"Sono le due. Avevo detto ai miei che tornavo presto. Spe riamo solo che non siano svegli. Questa volta ti sei addormen tato, eh? Non puoi negare, amore..."

"Cosa hai detto?"

"Senti, non rompere."

Niki inizia a raccogliere i vestiti, un po imbarazzata.

"No, no, aspetta, aspetta..." Alessandro si siede sul letto, con le gambe incrociate, coperte dalle lenzuola. "Ripeti l'ultima parola..."

Niki lascia cadere di nuovo tutto per terra e sale sul letto. Si mette con le mani sui fianchi, a gambe larghe, in piedi, e lo guarda da lassù.

"Mi spiace. Ho deciso. E hai sentito bene. Scusa ma ti chiamo amore."

Cinquantanove

Ha comprato un bel giubbotto, nuovo, di jeans chiaro, un Fake London Genius. Ne aveva tanto sentito parlare. Ha i capelli con sopra quel gel blu che portano un po tutti giù ai Giardinetti. Un po di gommina non guasta mai. Lo canta anche quel rapper, come si chiama, non è poi così famoso. Fabio qualcosa. Forse ci sarà un tempo per ricordarselo. Chissà... Mauro si guarda riflesso in una vetrina. È così un boro di periferia? Mah... Mi sono messo pure l'orecchino grosso, quello di brillanti. Lo porto solo in curva, a vedere la "magica". A casa non piace. Mia madre rompe. Mio padre l'unica volta che me l'ha visto s'è messo a ridere come un pazzo, stava mangiando e manca poco che si strozzava. Mio fratello Carlo l'ha dovuto prendere a pacche sulla schiena. Mia sorella piccola Elisa un altro po piangeva. "A frocio" m'ha detto papa quando s'è ripreso. Ha bevuto un sorso d'acqua ed è uscito, sbattendomi addosso con la spalla, come fa lui quando prova fastidio. Fastidio. Prova fastidio per me. Solo per me. Lo vedo da come mi guarda, sempre, quando esco la mattina. Quando rientro. Quando mangio. Una volta me so svejato e l'ho trovato vicino al letto, seduto sulla grande poltrona dove di solito dorme Elisa. E mi guardava. Mia sorella era a scuola. E anche Carlo era già al lavoro. Mamma a fare la spesa. Lui invece era lì. Su quella poltrona. E mi fissava. Quando ho aperto gli occhi, e l'ho trovato lì, per un attimo m'è sembrato un sogno. Poi ho realizzato e l'ho salutato. "Ciao, pà." Ho pure sorriso. Mica facile che ridi

subito quando te sveji. Allora lui si è alzato. S'è grattato con la sua mano ruvida la guancia. E la barba non fatta. Non ha detto niente ed è uscito. Niente. Non mi ha detto niente. Ci penso spesso a quella mattina. Chissà da quanto tempo era lì a guardarmi.

Mauro si specchia ancora nella vetrina, si sistema la camicia, si pettina quel poco che può i capelli murati. Gira la faccia dall'altra parte. Un po di barba incolta fa boro? Boh. Vallo a sapé. Valli a capì questi. Ner dubbio l'ho lasciata pascola. Sorride dei suoi pensieri. Poi si sistema il pacco davanti. Una mossa alla John Travolta. Vedi mai portasse fortuna. Certo che pé esse boro è boro... John dico. È stato un boro internazionale. E poi io c'ho lui. Si batte la mano sulla tasca interna del giubbotto. L'orsino Totti è lì. Con un sorriso e un sospiro di fiducia, Mauro spinge la porta di vetro ed entra nell'edificio.

"Destra, sinistra, ecco, dividetevi per gruppi, così. Bruni di qua, biondi di là." Una signorina sta smistando in maniera veloce e decisa i ragazzi appena arrivati. "Allora, mi raccomando. Preparate una foto con scritti dietro numero di telefono, età, zona dove abitate e la vostra altezza." Un ragazzo alza la mano. "Sì, dimmi, che c'è?"

"No, lei prima ha detto bruni di qua e biondi di là, no? Ma io che so, castano?"

La ragazza sbuffa e alza gli occhi al cielo. "Ecco... allora, castani e similari, rossi compresi, sempre coi biondi, ok? Altra cosa. Se per caso riuscite a risparmiar domande di questo tipo, vi giuro che ve ne sarò riconoscente."

Due bori bruni rimasti nella stanza si guardano e ridono. "Ahò, allora un'ultima domanda. Che c'hai una penna?" "Anche per me." La ragazza prende alcune penne, le lascia sul tavolo e si allontana. I due bori la guardano.

"Oh, ma mica ha detto in che modo è riconoscente, però." "No, però quella c'ha 'na voglia. Roba che se te la fai, poi te è riconoscente a vita!"

"Ahò, e quando te la stacchi più."

L

"E 'nnamo, no?" e si danno un sonoro cinque, soddisfatti della battuta ben riuscita. Alcuni ragazzi si siedono sul bordo di un divano. Uno si appoggia al muro. I bori iniziano a scrivere dietro le foto tutti i loro dati. Mauro scrive veloce. Lui lo aveva già fatto. O meglio sapeva che si faceva così. Lo aveva visto fare da Paola. Mille volte. Ma non sapeva che delle foto costassero così tanto. Duecento euro per una mezz'ora di foto. Mauro consegna per primo. Poi si da una bottarella alla tasca e parla piano all'orsino Totti, per portarsi fortuna. "Ahò... E speriamo che siano soldi bene investiti..."

La ragazza prende alcuni fogli sparsi sulla sua scrivania insieme alle foto che la sua assistente ha raccolto e messo in una cartellina. Poi, prima di entrare in una stanza più grande, si gira. "Voi aspettate qui."

"E certo..." fa un boro. "'Ndo scappamo? Mo che avemo fatto gli scritti... Non vedemo l'ora de fa gli orali..."

La ragazza scuote la testa ed entra in un'altra stanza.

Mauro li conta. Saranno una decina. Pochi. Pensavo di più. Oh, poi quello che conta è che ci sono io. Uno su dieci ce la fa. Era così la canzone? Boh. Gli viene da ridere. Si sente sicuro. Ma sì, io so mejo di questi. Li guarda uno per uno. Anvedi quello. I capelli lunghi non vanno più. E guarda questo. Ma 'ndo vai? Ancora coi capelli dritti. Ma che, te sei preso paura? Mauro studia il look di tutti. Uno è venuto addirittura in giacca e cravatta. Tipico boro, eh? Ma so finti da morì. Il boro deve esse coatto. Se se mette la giacca, minimo minimo deve vestì con la retina sotto... Nun ce se po sbajà. Mauro si apre il giubbotto e si tocca la sua, bianca, mezza plastificata, perfetta. Aderente. Che se vede la "tartaruga" sotto. Così ha da esse l'uomo, senza fronzoli. L'uomo ha da puzza. La ragazza esce di nuovo.

"Allora... Giorgi, Maretti, Bovi e tutti gli altri biondi e castani possono andare. Le foto le teniamo comunque per ogni altro tipo di lavoro. Grazie di essere venuti."

I biondi, i castani e i rossi escono dalla stanza mugugnando. Qualcuno scappa più veloce tenendo sotto il braccio una cartelletta. Magari ha qualche altro provino da fare. Sono rimasti

solo Mauro e il tipo in giacca e cravatta. Mauro lo guarda. Che te lo dico a fa, pensa. Mauro si siede accovacciato sul bracciolo della poltrona. Nella stanza del manager le tapparelle vengono tirate su. Da dietro il vetro trasparente compare una bella donna. È bionda, ha un viso sereno, i capelli leggermente raccolti. Deve avere circa trent'anni. È una bella donna, pensa Mauro, mica male. Dev'esse la capa. Mauro si sporge un po dalla poltrona per cercare di leggere il nome sul cartellino della porta. Elena e qualcos'altro. Bel nome. La donna dice qualcosa alla sua assistente che le fa cenno di sì. Poi lei esce dalla stanza e si chiude la porta alle spalle.

"Allora, ha detto se vi potete mettere in piedi qui al centro della sala..." Mauro e il tipo in giacca e cravatta si portano al centro. "Qui, su questo tappeto rosso, grazie."

Solo ora Mauro si accorge che il tipo in giacca e cravatta ha i capelli molto scuri, lunghi dietro la testa, raccolti da un elastico. Sembra quasi una pettinatura giapponese. Ma è oleosa, e il suo colorito è scuro, e le sopracciglia folte. Ora sono vicini. Il tipo è un po più alto di lui. Ha le spalle più larghe. Tiene le gambe appena aperte e ondeggia verso il vetro con il bacino. Mastica una gomma e sorride alla donna dall'altra parte. Anche la donna sorride e si va a sedere alla sua scrivania. Il tipo si gira verso Mauro e sorride anche a lui. Anzi peggio. Gli fa l'occhietto. Sicuro. Troppo sicuro. Dalla stanza Elena fa un cenno con la mano alla sua assistente, facendole segno di rientrare. Mauro si risiede sul bordo del divano e guarda attraverso il vetro. Vede che Elena ha preso la sua foto. Ecco. La mia foto... Elena ci batte sopra con la mano. Sembra convinta. Poi la sua assistente le dice qualcosa. Elena allora guarda di nuovo le due foto. Sembra indecisa. Poi osserva ancora oltre il vetro. Mauro se ne accorge e distoglie subito lo sguardo. Si gira dall'altra parte. Così vede il tipo sprofondato nell'altra poltrona, con una gamba poggiata sul bracciolo, che dondola, mostrando sotto i jeans scuri uno stivale con degli intarsi lucidi laterali. Mauro si gira di nuovo verso la stanza. Vede che Elena strappa una foto. La vede cadere nel cestino sotto il tavolo, vicino a quelle belle