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"Sì, lo so, sei fidanzata…"
"No. Io non sono mai stata a Ischia."
Guido ride. "È un peccato. Ti sei persa un posto bellissimo. Lo so che non sei tu quella ragazza! E che non vorrei fare lo stesso errore. Non l'ho più incontrata e non le ho mai potuto dire tutto quello che avrei voluto…"
Niki poggia la sacca sul motorino. "Allora in questo caso c'è un altro problema. È come dici tu. Sono fidanzata."
Poi si china e inizia ad aprire il blocco alla ruota.
"Lascia, faccio io." Guido le prende le chiavi dalle mani, per un attimo si sfiorano, si guardano negli occhi, poi lui sorride. "Posso? Non c'è niente di male se ti aiuto a togliere il blocco, no?"
Niki si tira su e si appoggia al motorino. Guido chiude il blocco e glielo mette nel bauletto. "Ecco fatto. Ora sei libera… Comunque lo sapevo che sei fidanzata. Ma ti volevo parlare d'altro. Ecco, un sacco di volte noi conosciamo una persona, non sappiamo niente di lei, la guardiamo, ascoltiamo quello che dicono gli altri, magari ci obblighiamo a pensare che per noi sia sbagliata o giusta senza farci portare veramente dal nostro cuore…"
"Ma che vuoi dire?"
"Che tu credevi che quel professore fosse sensibile, addirittura
gay, e invece è uno che va con tutte, che ogni anno ha una ragazza diversa, del suo corso o no, ma comunque più giovane di lui."
"È vero, mi sbagliavo sul suo conto…"
"Ecco, ma non sempre c'è la persona al momento giusto che ti può dire quello che non sai, mostrarti le cose da un altro punto di vista, non farti commettere l'errore, impedirti di lasciarti ingannare da una semplice immagine."
"Sì, è vero."
"Così come forse tu mi ritieni un donnaiolo e quindi non ti fidi di me, pensi che quello che dico lo dico solo per colpirti e non perché serenamente lo penso… E io vorrei convincerti del contrario…"
Niki sorride. "Mi hai regalato un bellissimo fiore."
"Nell'Ottocento era il simbolo dei cortigiani adulatori."
"Allora, vedi?"
"Ma c'è anche una corrente di pensiero che lo vuole simbolo dell'amore puro e infinito. L'emblema di Margherita d'Orléans era una calendula che girava attorno al sole con il motto: "Io non voglio seguire che il sole"."
"Resta comunque un bellissimo fiore e…"
"E…?"
"E…" Niki sorride sicura. "E bastava questo, senza bisogno di tutte quelle parole, per mettere a posto le cose."
"Ma non è vero! Ho sbagliato, me ne sono andato, mi ha innervosito ricordare la storia del professore e Lucilla, e poi il fatto che tu addirittura lo vedevi come uno sensibile e innocente mi infastidiva ancora di più… E per questo ho sbagliato, non sono rimasto padrone di me stesso, ho poggiato la tua borsa sul muretto, t'ho mollato lì, non ti ho accompagnato su a segnarti all'esame. Che sarebbe stata la cosa che avrei voluto fare di più al mondo in quel momento, e invece tutta la situazione si è incasinata, ho finito per rovinare tutto…"
Niki non sa bene che fare, è leggermente imbarazzata. "Credo che tu ci abbia dato troppa importanza… Pensa che mi sentivo io in colpa…"
Guido sorride. "Sì, ma non mi hai regalato un fiore per rimediare…"
"Non così in colpa."
"Ok. Ho la moto qui vicino. Posso accompagnarti a casa?"
Niki rimane un attimo in silenzio. Un attimo troppo lungo. Guido capisce che non è il caso di esagerare. "Facciamo almeno
un pezzo di strada fino a piazza Ungheria insieme, tanto andiamo nella stessa direzione, no?"
"Ok." Niki apre il bauletto, prende il casco e se lo infila. Mette la chiave, la gira, il quadro si illumina. Il motorino si accende. Cavoli. Mi vuole accompagnare a casa. Mi vuole scortare per un pezzo. E sa dove abito. Si è informato, ha chiesto di me. E per un attimo il cuore le batte più veloce, ma è una strana emozione. Cerca di capirla, di interpretarla. Paura? Vanità? Insicurezza? E in quel momento Guido riappare vicino a lei con una Harley Davidson 883.
"Che bella, è tua?"
"No, l'ho fregata stamani!" e sorride. "Ma certo che è mia… La sto ancora pagando!"
"Anch'io amo tanto le moto. Non so, mi danno un senso di libertà, non stai mai fermo, svicoli nel traffico, nessuno ti può fermare… Sei sempre libero."
"È proprio questa la filosofia dei motociclisti. Perdersi nel vento."
Niki sorride, poi scende dal cavalletto, fa un lungo respiro. "Andiamo." Un vento leggero è come se riordinasse i suoi pensieri. Niki ora è più serena, sicura. E proprio vero, si è informato su tutto e sa anche che sono fidanzata. Guida tranquilla, lui è poco più indietro e ogni tanto incrocia il suo viso nello specchietto del motorino. Guarda i suoi capelli nascosti sotto il casco, il naso dritto, il sorriso che improvvisamente appare. Si è accorto che lo sta guardando. Anche Niki sorride, poi guarda la strada. Certo che è un bel ragazzo. Una cosa è sicura, fossi stata Lucilla non lo avrei mai lasciato per quel professore. Ma lo ha detto anche lui prima, non si sa mai nulla veramente fino in fondo, a volte ci facciamo suggestionare dalle apparenze. Appunto. E se dietro quel sorriso ci fosse una persona cattiva, un egoista, uno di cui una volta che ti innamori sei perduta, non ti farà che soffrire… Niki! Quasi si urla da sola in mezzo a quei pensieri… Che fai? Ma che ti frega di com'è davvero. Ed è come se tutti quegli uccelli piano piano riprendessero posto tra i rami. Che dici? Che cosa ti inquieta… Tu non rischi nulla. Tu sei di Alex. Hai avuto coraggio, ti sei buttata, hai rischiato e sei felice di quello che hai trovato. Si ferma al semaforo rosso di viale Regina Margherita. Guido la raggiunge. Niki gli indica in fondo alla strada. "Io alla prossima giro a destra…"
"Sì, lo so. Io invece vado dritto. Abito a via Barnaba Oriani."
"Ah sì? Non siamo lontanissimi."
"No. Infatti." Guido sorride. "Magari una volta di queste passo da te e andiamo insieme all'università."
"Oh…" Niki prende un attimo di tempo, poi trova la risposta sicura. "Ancora non ho capito quali corsi mi interessano…" Vede che Guido sta per dire qualcos'altro e trova una scusa che non dà appello. "Poi io dopo le lezioni o vado dal mio ragazzo o in palestra… O comunque ho sempre qualcosa da fare con le mie amiche… Quindi devo essere indipendente." Poi vede che scatta il semaforo verde. "Ciao… Ci vediamo presto." E parte a tutto gas.
Guido le è subito dietro, fanno un ultimo pezzo di strada insieme. E lui insiste. "Ma così…" le dice lui, "è tutto un po'"monotono, no? Ci vorrebbe un imprevisto…"
"La vita è un continuo, bellissimo imprevisto." Poi Niki svolta a destra. Un ultimo sguardo, un sorriso e via, per due strade diverse. Ecco, uno così ci vorrebbe a Erica, sarebbe perfetto. Sono sicura che in questo modo comincerebbe sul serio una nuova storia e lascerebbe vivere Giò. È assurdo che continuino a farsi male. Si lasciano e si riprendono e intanto, quando sta da sola, lei ne prova qualcun altro e non gli dice mai nulla. Giò non so che combina. Ma perché la gente ama tanto farsi del male? Perché non riesce a trovare il proprio equilibrio? Se una persona non l'ami più glielo devi far capire chiaramente, non la puoi tenere appesa a un filo solo per le tue insicurezze. Che cosa potrà mai succedere? E mollala… Tutto il resto è vita. Si va avanti… Avanti.
E Niki continua serena e sicura verso casa, lasciandosi accarezzare da quel piacevole vento, senza pensare più a nulla, con quelle felicità e tranquillità che a volte ti travolgono e ti fanno sentire bene, al centro di tutto, senza invidie o gelosie, senza preoccupazioni. E non sai nemmeno da che parte arrivi, una specie di equilibrio talmente perfetto che hai paura perfino a pronunciarlo. Ti sorprende per quanto sia raro e difficile, quello strano delicatissimo magico accordo dove il tuo mondo sembra improvvisamente suonare nel verso giusto. Sono attimi. Attimi che andrebbero vissuti con la massima coscienza e consapevolezza perché sono rari. E perché a volte, senza un vero e proprio motivo, possono finire all'improvviso.
Trentacinque
Primo pomeriggio. Susanna ha appena finito di sistemare la cucina dopo il pranzo. Sul tappeto blu sono sparsi vari giochi. Lorenzo prende un pacchetto di carte dei Gormiti e le sfila una a una. Controlla bene cosa gli manca. Poi si alza, va a prendere il suo telefonino disperso in un angolo del grande tappeto persiano, lo apre e digita un sms. Dopo qualche secondo gli arriva la risposta. Lorenzo la legge soddisfatto.
"Evvai, Tommaso ha il doppione di quella che mi manca! Domani a scuola me la faccio portare… ma io che gli do in cambio?" e continua a spulciare le carte, cercando anche lui qualche doppione di cui liberarsi e che possa essere di qualche interesse per l'amichetto.
Carolina invece sta facendo un incontro di boxe con la Nintendo Wii. È in piedi in mezzo al salotto davanti al grande schermo al plasma appeso alla parete. Sta in posizione. Ha scelto l'avatar che secondo lei le somiglia di più, una faccia rotonda e sorridente con le lentiggini e i capelli scuri raccolti in una coda. Le sopracciglia le ha disegnate girate in alto, un po'"da cattiva. Preme il tasto dietro il telecomando ergonomico e inizia il match. Sta combattendo contro la consolle, che ha le sembianze di un omaccione grosso e peloso ma con la faccia buona. Lo ha scelto lei. Inizia. Si piega sulle ginocchia e comincia a boxare, tenendo i pugni in alto, stretti vicino alla faccia. E ogni tanto spara dritto fendendo l'aria. Sul monitor il suo avatar riproduce le azioni, muovendosi come vuole lei anche se un po'"rallentato. Carolina colpisce ancora e ancora.
"Sì! Evvai, l'ho buttato giù! KO!"
Lorenzo alza la testa e vede sulla tv l'omaccione sdraiato per terra e l'avatar rimasto in piedi sul ring col fiatone. Attorno il pubblico fa il tifo. "Sì, va bè, ma quello mica è il più forte! Dammi qua…" e si alza. Prende il controller Wii dalle mani di Carolina e si mette in posizione.
"Oh, uffa, io mica ho finito di giocare… Mamma!"
"E dai, c'hai giocato fino a ora!"