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lo per telefono.
"Pronto?"
"Ciao."
Rimane per un attimo in silenzio, senza sapere che dire,
lasciando libero il suo cuore di correre sfrenato. Sono più di
due mesi che non batte così. Poi la domanda più banale: "Co-
me stai?".
Poi mille altre, piene d'entusiasmo. Piano piano perderlo
tutto, nelle sue parole inutili, piene di notizie cittadine, di no-
vità vecchie d'interesse, almeno per lui. Perché ha telefonato?
Ascolta il suo inutile parlare facendosi ogni momento quella
domanda. Perché ha chiamato? Poi improvvisamente lo sa.
"Step... mi sono messa con un altro."
Rimane in silenzio, colpito come non è mai stato in vita
sua, più di mille pugni, di ferite, di cadute, più di capocciate
in faccia, di morsi, di ciocche di capelli strappati. Allora fa-
cendosi forza rincorre la sua voce, la trova lì, in fondo al cuo-
re e la costringe a venir fuori, a controllarsi.
"Spero che sarai felice."
Poi più niente, il silenzio. Quel telefono muto. Non può es-
sere. È un incubo. Voler correre indietro nel tempo, e lì, poco
prima di aver saputo, in bilico fermarsi, senza più vivere, sen-
za andare avanti. In un magico, terribile equilibrio. Solo nel
letto, prigioniero della sua mente, di ipotesi, di idee vaghe sen-
za forma. Facce di persone intraviste, di possibili amanti ap-
paiono e si mischiano fra loro prestandosi nasi, occhi, bocche,
corpi. Si immagina lei tra le braccia di qualcun altro. Il suo vi-
so, vicino a quello di un lui immaginario ma purtroppo ben
esistente. Allora la vede sorridere. Quale può essere stato il lo-
ro primo approccio, il primo bacio. La immagina a casa pre-
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pararsi nervosa prima di uscire, provando vestiti, accostando
colori, piena di entusiasmo, di novità. Sente il cuore di lei bat-
tere più felice al suono di un citofono. La vede uscire dal por-
tone bella come è stata tante volte per lui, più bella ancora per-
ché adesso non lo è più. La vede salire su una macchina sicu-
ramente ricca, salutare qualcuno divertita con un bacio sulla
guancia e allontanarsi con lui, già chiacchierando. Freschi e
frizzanti, pieni di cose facili da dirsi, assaggiando i profumi
dell'altro e fantasie comuni. E poi una cena di sguardi e di at-
tenzioni, di sorrisi, educazione, una cena tutta scena. Più tar-
di la vede passeggiare da qualche parte in quella città, lontana
da lui, dalla loro vita, dai mille ricordi. La vede spostare i ca-
pelli come ha sempre fatto ma adesso per un altro, vede lei che
sorride e lentamente le loro labbra avvicinarsi. Allora come
non mai soffre. Poi si chiede. Perché se un Dio c'è, l'ha per-
messo? Perché non l'ha fermata? Perché in quell'attimo non le
ha fatto vedere qualcosa di me, qualcosa di splendido, il ri-
cordo più bello, uno spiraglio d'amore trascorso? Qualunque