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25 dicembre
Tutte puttane.
Solo la morte le rendeva belle. Quello sguardo attonito, quando sapevano che la morte era in arrivo, quando potevano vederla, sentirla. Solo allora lui le rispettava. A causa di quella esperienza, quella conoscenza cui un giorno anche lui avrebbe avuto accesso. Essere morti, essere nulla, niente più sfide.
Osservare la vita mentre abbandonava il corpo era la sua ossessione. Ma fino a quel momento le vittime avevano portato con sé il loro segreto. Chissà, forse un giorno una di loro gli avrebbe descritto quello che provava mentre succedeva. Magari la prossima.
Mentre apriva il cassetto alla ricerca dei calzini, mentre tirava fuori i pantaloni, mentre si abbottonava la camicia, tramava contro di lei. Faceva colazione, ordiva piani e il cibo gli si inacidiva nello stomaco. Dava un calcio a un piccolo animale e sentiva il gemito della sua nemica. Guardava pieno di desiderio i coltelli affilati e ne infilzava uno in un frutto… più e più volte. La uccideva cento volte al giorno e gli animali, i frutti, gli insetti, tutti soffrivano al suo posto.
Sculture di pietra arenaria decoravano gli ampi scaloni che precipitavano verso la piazza. Sulla sommità della Fontana di Bethesda, a Central Park, un angelo di bronzo vegliava sul vasto spazio pubblico.
Nascosta dietro una delle sculture più in alto, Mallory osservava l'uomo nella piazza. Camminava da solo. Il basso sole mattutino, assediato dalle nuvole, proiettava a terra la sua ombra, pallida e intermittente. L'uomo guardò l'orologio e si sedette sull'orlo della vasca della fontana. L'angelo di Bethesda si stagliava dietro di lui. Si diceva che le acque dell'antica Bethesda biblica avessero poteri curativi. Mallory pensò che nel caso di un bastardo malato come Palanski, quelle acque fossero sprecate.
Mallory sollevò all'altezza degli occhi l'antico binocolo da teatro. Visto che l'opera l'annoiava a morte, aveva finalmente trovato un uso pratico per quel regalo di Charles. Insensibile alla delicata disposizione delle minuscole perle e pietre preziose, apprezzava soltanto la buona definizione delle lenti. Individuò il neo su un lato della faccia di Palanski. Controllò il resto della piazza.
Accanto alla postazione di Mallory passò una donna. Mallory ruotò lo sguardo per guardarle la schiena mentre si allontanava lungo il viale che portava alla scalinata. Portava i capelli color carota raccolti in una crocchia disordinata. Era bassa, circa un metro e sessanta, forse meno, e magra. Portava una gonna corta di pelle stretta attorno alle cosce nude accapponate dal freddo. Sul retro delle ginocchia si notavano i segni lividi dell'ago, marchio di fabbrica delle puttane.
La donna transitò dietro a un blocco di pietra a metà scalone, scomparendo alla vista di Mallory. Quando la piccola prostituta riapparve, Mallory sollevò il binocolo all'altezza del viso.
Non era una donna.
Sotto le sopracciglia disegnate con la matita, l'eyeliner e lo sbaffo di rossetto della bocca, quello era il viso di una bambina. Quanti anni poteva avere? Dodici, tredici? Gli occhi castano chiaro avevano lo sguardo di un animale stordito. Sul viso, il sudore tipico del tossicodipendente, sebbene l'aria fosse fredda e la giacchetta leggera le offrisse scarsa protezione.
Mallory fece scivolare il binocolo in tasca e si chiese quando si fosse fatta l'ultima volta quella piccola disgraziata.
La ragazza giunse in fondo alle scale e proseguì sul pavimento di pietra. Palanski si alzò in piedi. La mano di lei si alzò in un vago cenno di riconoscimento e poi ricadde. Non vista, Mallory scivolò lungo il viale che scendeva nella piazza. Costeggiò la fontana. Adesso si muoveva più svelta.
La piccola prostituta non si accorse di nulla; le sue gambe si muovevano ma la sua mente era in un limbo, gli occhi assenti e fissi sul nulla, mentre avanzava piano verso Palanski, che affondò le mani nelle tasche e ne tirò fuori l'esca.
Da un improvviso squarcio fra le nuvole, l'angelo di bronzo proiettò sull'acqua della vasca un'ombra allungata. La bambina era a meno di due metri da Palanski quando Mallory si avventò su di lei afferrandola per un braccio ossuto sotto la stoffa leggera della manica. Quando alzò lo sguardo, la ragazza vide un distintivo sulla sua faccia. Si afflosciò sotto le mani di Mallory, con la stessa scoraggiata rassegnazione delle colleghe più anziane, le sue sorelle, le puttane adulte. Essere arrestate faceva parte dei rischi del mestiere.
Palanski guardava Mallory a bocca aperta mentre lei rimetteva in tasca il distintivo. Aveva gli occhi sbarrati di paura e incredulità. Fece un passo in avanti. Un riflesso istintivo guidò la mano libera di Mallory verso la fondina all'interno della giacca. Palanski si immobilizzò. Lei guardò i suoi occhi che saettavano e capì che stava imbastendo una spiegazione. Aprì la bocca e Mallory lo precedette: «Che non ti venga l'idea di mentirmi. So quello che hai fatto».
Palanski rimase come paralizzato per un lungo secondo. Poi spiccò un balzo e cominciò a correre a tutta velocità attraverso la piazza.
Le tre bustine di polvere bianca di cui Palanski si era disfatto galleggiavano sulle acque della fontana.
«Fai bene a scappare, figlio di puttana!» L'urlo di Mallory echeggiò sulle pietre della piazza fredda e solitaria, dove si trovava in compagnia di un angelo dagli occhi di bronzo e di una bambina dallo sguardo remoto.
Betty Hyde attese nell'ingresso mentre Arthur apriva la porta a un'anziana inquilina con il cane, poi a una donna con i sacchetti della spesa e a un uomo con una cartella, gli ultimi ritardatari del mattino. Osservò il punto della strada in cui, più di un mese prima, Annie Franz era stata investita da un automobilista ubriaco.
All'ingresso del Coventry Arms il traffico era finito. Arthur inalberò il suo solito sorriso mentre lei gli andava incontro.
«Buongiorno, signorina Hyde.» «Buongiorno, Arthur. Bella giornata, vero?» Un biglietto da cinquanta dollari passò dalla borsa di Betty alla tasca di Arthur, con la rapidità tutta newyorkese di una transazione che gli stranieri scambiavano per una stretta di mano. «Sissignora, una bellissima giornata.» «Mi corregga se sbaglio, Arthur, ma lei non stava sostituendo Bertrum la notte in cui morì la signora Franz? Mi sembra di ricordare che fosse lei di servizio quella notte.»
«Sì, signorina Hyde, ha davvero una buona memoria.»
«Quindi deve aver visto tutto.»
«Ho visto tutto, anche i particolari. Ho potuto fornire alla polizia una descrizione accurata dell'automobilista ubriaco e il numero della targa dell'automobile. L'hanno preso in un'ora, sa. È successo esattamente là.»
Arthur indicò il lato della strada che dava sul parco e proseguì col tono esperto di una consumata guida turistica. «Erano le 2.15 del mattino e la signora Franz camminava con passo un po' incerto. Attenzione, non sto insinuando che fosse ubriaca.»
Con un cenno Betty Hyde lo invitò a proseguire.
«Beh, stavano litigando.»
Quando Betty aveva accolto Eric per proteggerlo dall'insistenza della stampa e della polizia, lui non aveva parlato di alcun litigio. Aveva chiamato il suo medico per aiutarlo a riaversi dallo shock. Nella versione di Eric, al momento dell'incidente lui e Annie stavano discutendo della prima stesura del suo nuovo libro.
"Pensava che fosse la cosa migliore che avessi mai scritto."
Eric aveva sempre confermato quel particolare anche in seguito, nelle interviste rilasciate ad alcuni popolari programmi televisivi.
«La discussione si faceva sempre più concitata» disse Arthur. «Lei barcollò ancora più vistosamente e a un tratto si ritrovò in strada.»
"Annie disse che le era caduta la borsa per terra. Tornò indietro a prenderla" le aveva detto Eric con le lacrime che gli rigavano il volto. Sedeva con le spalle rivolte alla vista da un milione e mezzo di dollari che si godeva dall'appartamento di lei, descrivendo il suono raccapricciante del corpo di sua moglie che sbatteva contro l'automobile.
La voce di Arthur aveva assunto il tono di un cronista impegnato nella descrizione di un evento sportivo.
«Lui era ancora sul marciapiede. Si sarebbe detto che stesse fissando il volto di lei, inquadrato dalle luci della macchina in arrivo. Era a circa un metro dalla moglie, abbastanza vicino da avvisarla. Ma naturalmente non poteva sapere che stesse arrivando la macchina, perché non poteva vederla.»
«La polizia la interrogò?»
«Sissignora, mi fecero qualche domanda. Ho parlato con gli agenti e poi con un detective, un tizio piuttosto alto. Erano interessati al veicolo dell'investitore.»
Di certo i poliziotti non lo avevano pagato perché facesse loro il resoconto completo della morte di una donna che Arthur doveva avere odiato almeno quanto gli piaceva Eric Franz. Tutti amavano Eric.
«Più tardi il detective tornò a chiedere se potevo confermare le dichiarazioni degli altri testimoni, tre automobilisti. Ma naturalmente i giornali travisarono tutto. Era di schiena quando l'ubriaco la investì. Fece un volo di circa sei metri in quella direzione.»
Arthur aveva il braccio puntato a nord.
«La signora Franz atterrò su un furgone diretto a sud. L'autista del mezzo sterzò e andò a sbattere contro la tenda d'ingresso del palazzo accanto. Dal furgone la Franz rimbalzò a terra, appena dietro una vecchia Jaguar argentata. Il vestito rimase impigliato nelle ruote posteriori, e la Jaguar la trascinò per quattro o cinque metri prima di fermarsi.»
Arthur assunse un tono confidenziale: «Respirava ancora, signorina Hyde. Non c'era neanche questo sui giornali. Non è morta fino all'arrivo dell'ambulanza».
Betty annuì. Naturale che ci volessero almeno tre automobili per uccidere Annie Franz. E che l'ultima avesse la forma di un proiettile d'argento era decisamente appropriato.
«La signora Franz ha detto qualcosa prima di morire?»
«Non credo. Dovrebbe chiedere al Dipartimento di Polizia, o forse potrebbe aiutarla quel detective. Fu il primo ad arrivare sul posto. "Che fortuna", credo che abbia detto. Stava passando per caso, direi. Ha prestato le prime cure mentre aspettavamo l'ambulanza.»
«E che cosa faceva Eric mentre accadeva tutto questo?»
«Se ne stava lì, in piedi. Era sotto shock, naturalmente. Uno degli agenti tentava di fargli rilasciare una dichiarazione, ma credo che stentasse a rendersi conto di quello che era successo. Poi arrivò lei e lo portò via.»
«Sì, era sotto shock. Povero Eric» disse Betty. «Dev'essere stata dura per lui. Se solo ci avesse visto… avrebbe potuto salvarla.»
Mallory abbassò il volto all'altezza del finestrino del guidatore del taxi. «Polizia. Requisisco il taxi.»
«No inglese» disse l'autista.
«Polizia!» Cacciò il distintivo e il documento d'identità sulla faccia del tassita, disse: «Distintivo. Così adesso hai imparato l'inglese».
Mallory ammanettò la ragazza alla maniglia della portiera mentre il tassista protestava nella sua lingua, accompagnandosi con molti gesti delle mani, inequivocabilmente osceni.
Mallory attraversò la strada e raggiunse un telefono pubblico. Dopo aver parlato per cinque minuti tornò al taxi, liberò la ragazza dalle manette e cominciò a impartire istruzioni al tassista.
«No inglese» disse lui.
Mallory aprì la portiera, strattonò l'ometto per il cappotto e lo rovesciò sulla strada. «Vuoi viaggiare sul sedile dietro o nel portabagagli? Dillo subito o decido io per te. A proposito, ho notato che sulla fotografia della licenza del taxi non c'è la tua faccia. Magari questa è una macchina rubata.»
«Penso che andrò dietro» disse il tassista, rialzandosi e facendo per impugnare la maniglia della portiera posteriore. Ma Mallory e la ragazza erano già sedute davanti, e il taxi stava allontanandosi sgommando dal marciapiedi.
«Perché non hai chiamato una macchina della polizia?» chiese la ragazza, che fino ad allora era rimasta in silenzio.
«Burocrazia» disse Mallory. «A seguire la procedura dovrei portarti dentro. Sei già in astinenza. Se ti porto dentro, rimani sotto custodia e quando cominci a stare male, stai male veramente. È questo che vuoi?»
La ragazza girò il viso verso il finestrino.
«Me lo immaginavo» disse Mallory. «Voglio sapere che tipo di affari fai con Palanski. Non ti ha incontrata in un luogo pubblico per scopare.»
La ragazza taceva ostinata, le labbra strette in un'infantile espressione di rabbia.
«Se credi che Palanski ti tiri fuori, sappi che non lo farà. Per qualche giorno se ne starà defilato. Se invece temi che se parli potrebbe ucciderti, l'istinto ti dice bene. Ma farò in modo che non succeda.»
«Immagino che voglia sentire la storia della mia vita. Che cosa ci fa una bambina come me in un…»
«No, la tua storia la conosco. Le storie sono tutte uguali.»
Non scambiarono altre parole finché Mallory non ebbe portato il taxi fuori Manhattan, sotto le luci del Lincoln Tunnel.
«Parlare non servirebbe» disse la ragazza. «Nessuno crederebbe alla mia parola contro quella di un poliziotto.»
«Su questo hai ragione. Palanski direbbe che sei un'informatrice. Si prenderebbe una lavata di testa per non averti segnalata a quelli dell'ufficio per i minori… a meno che qualcuno non confermi la tua testimonianza.»
«Nessun cliente sarebbe disposto a testimoniare. Quei ricchi bastardi non…»
Tacque di nuovo, capendo di aver detto troppo. Mallory sorrise. «D'accordo. Vediamo se ho capito. Palanski ti procura i clienti. Fa il lavoro dietro le quinte, li segue come un'ombra, spia le loro abitudini. Poi ti dice dove metterti in modo che ti incontrino. Ti dice anche come comportarti, o sai come fare per farti portare a casa da loro?»
La testa della ragazza ciondolò da un lato. Gli occhi le si chiudevano. «Dico a tutti la stessa cosa. "Fa freddo, signore. Mi aiuti, ho bisogno di riscaldarmi e di mangiare qualcosa." A volte si limitano a darmi dei soldi. Una volta un tizio tentò di fermare una macchina della polizia. Non sempre Palanski individua la preda giusta. Ma rimarrebbe sorpresa se sapesse quanti uomini sono disposti a scaldarmi un po'.»
«Il giorno dopo Palanski si presenta alla porta del cliente, giusto? Gli fa vedere una fotografia segnaletica e la tua data di nascita. Quanti anni hai?»
«Tredici.»
«E i clienti pagano, e pagano bene, pur di non essere denunciati.»
I portafogli volavano fuori dalle tasche, i soldi si rovesciavano nella mano tesa di Palanski, lui si toccava il cappello e usciva sorridendo.
«Dove mi sta portando?» Gli occhi della ragazzina erano aperti e guardavano dal finestrino un paesaggio che non era più quello di Manhattan.
«In un posto sicuro. Un mio amico ti ha organizzato una vacanza di qualche giorno in campagna. Avrò bisogno di qualche giorno.»
«Non posso stare tre giorni senza…»
«Lo so.» Mallory frugò nella tasca interna della giacca e tirò fuori le tre bustine di polvere bianca recuperate dalle acque della fontana. Le mostrò alla ragazza e le rinfilò in tasca.
Quando fermò la macchina subito dopo la rotonda, Mallory aveva appreso che la ragazza si chiamava Fay, e che Fay non poteva più tornare a casa sua. Se l'avesse fatto, quell'ubriacona di sua madre l'avrebbe picchiata a morte. O magari il suo nuovo compagno avrebbe cercato di allungare le mani…
Scesero davanti al vecchio edificio grande ed elegante con la facciata bianca in stile georgiano. Vicino a un cartello di legno era parcheggiata la macchina di Edward Slope.
«Laboratorio di ricerca Mayfair? Che razza di posto è?»
Mallory tacque finché lei e la ragazza si ritrovarono in un ingresso che ricordava la hall di un hotel alla moda. Quando la ragazza vide il primo assistente in camice bianco, tentò di scappare. Mallory la teneva per un braccio. La consegnò all'uomo, che prese a trascinarla verso il corridoio, mentre lei gridava all'indirizzo di Mallory: «Hai detto che non mi avresti messa dentro. L'avevi giurato, l'avevi giurato!».
Si liberò dalla stretta dell'assistente e tornò di corsa da Mallory. «Abbiamo fatto un patto. L'avevi giurato.»
Piangeva, il trucco le colava sul viso e lo rendeva simile a una maschera di Halloween. Era ritornata una bambina. Circondò la vita di Mallory con le braccia.
Il dottor Slope stava fissando Mallory. «Ti avevo detto di prepararla. Non mi ascolti mai. Non ascolti me né nessun altro.»
Si accucciò sui talloni e girò con delicatezza il volto della bambina verso il suo. «Voglio che tu segua quest'uomo. Stai già male, vero? Sì, lo vedo. Ti darà qualcosa per farti stare meglio. Non starai più male. Ti do la mia parola.»
La bambina allentò la stretta su Mallory, ma lo sguardo era quello di un animale ferito. Un patto era stato infranto. Niente avrebbe potuto cambiare la situazione, lo sapevano entrambe.
Quando la bambina fu inghiottita dal corridoio insieme all'assistente, Slope tornò a rivolgersi a Mallory. «C'è un limite all'influenza che posso esercitare in questo posto. Potrà restare per i tre giorni della disintossicazione. E poi?»
«Ho bisogno di tenerla lontana dalla strada per un paio di giorni. E ho bisogno di una foto della bambina. Pensi di potergliene fare una?»
«Certo. Ma cosa farà alla fine dei tre giorni?»
«Non lo so. Ho già abbastanza problemi.»
«Kathy, a volte penso che tu sia sul punto di diventare un vero essere umano, ma poi… L'hai portata fin qua, va bene. Ma dopo la disintossicazione… dopo? Non puoi disfarti di una bambina come se fosse un sacco di patate.»
«Chi cucina per tutti a casa tua è Doris; è compito suo, vero?»
«Come?»
Mallory si mise le mani sui fianchi. Il suo tono era tagliente, un avvertimento. «Se avessi provato a preparare da mangiare, sapresti che fare in modo che tutti i piatti siano pronti contemporaneamente è un'arte. Be', io sto cucinando. Ho sei piatti che cuociono con tempi diversi, e devono essere tutti pronti nello stesso momento.» Una lunga unghia si piantò sul petto del dottore. «Vai a fare il tuo maledetto lavoro. Non starmi addosso!» Il cuoco con la pistola attraversò l'ingresso e uscì sbattendo la porta.
Quel giorno Mallory aveva un solo messaggio da recapitare via computer a ciascuno dei sospetti: HO UN TESTIMONE.
E non stava neppure mentendo, ammesso che un gatto potesse essere considerato tale.
Sebbene il corridoio fosse ampio, Pansy Heart teneva il corpo premuto contro la parete mentre il marito le camminava accanto. Il giudice aveva la faccia rossa, lo sguardo duro, e camminava con passo pesante, colpendo il muro con il pugno a pochi centimetri da lei. Nella stanza da cui era uscito, lo schermo del computer era vuoto. Chissà cosa diceva questa volta il messaggio.
Una porta sbatté all'altro capo del corridoio. Pansy saltò come se avesse appoggiato un piede su un filo scoperto. Afferrò il bordo del tavolo nel corridoio, sentendosi vuota e leggera. Il cuore bussava contro il muro del suo petto.
Pensò all'ultimo giorno di vita della suocera, al momento in cui i suoi organi, uno per uno, si erano visti sottrarre la vita. In quegli occhi di vecchia aveva letto la consapevolezza della morte imminente. Fino a pochi minuti prima, il terrore aveva regnato in quel volto solcato da rughe profonde. Poi le rughe si erano spianate, e nei suoi occhi era entrata non la pace, ma il trionfo. Sua suocera era morta, fuggita.
Angel Kipling misurava il tappeto a grandi passi, avanti e indietro, apostrofando suo marito Harry. «Non dirmi che non ne sai niente.»
Teneva in mano la stampata del computer. Lungo il foglio era ripetuta centinaia di volte un'unica frase. «Testimone di cosa? Cos'hai fatto?» Il tono acuto della sua voce minacciava di trasformarsi in urlo.
Harry Kipling si stava abbottonando la camicia davanti allo specchio. Cercò nello specchio il riflesso di sua moglie. «Non è indirizzato a me, vero?»
Si girò a guardarla. Lei appoggiò le mani sugli ampi fianchi, e la vestaglia si aprì mettendo in mostra i seni flosci e pesanti contro il corpo robusto.
Harry distolse in fretta lo sguardo. Angel sussultò come se fosse stata schiaffeggiata.
Harry raggiunse il portacravatte e Angel rimase sola a fissare lo specchio.
Non si era ancora truccata e i capelli erano un groviglio selvaggio.
Chiuse con gesto rabbioso la vestaglia e si rivolse al marito, questa volta a voce più bassa. «Non sarà un'altra truffa con la carta di credito, vero, Harry? Cos'è, il tuo assegno mensile non ti basta più?»
Le era costato una fortuna rimediare al suo ultimo exploit in fatto di operazioni bancarie, diciamo così, creative.
Le alternative erano pagare, oppure affrontare lo scandalo e gli azionisti.
Non poteva credere che Harry riuscisse a spendere tutto quello che rastrellava. Stava accumulando capitali per abbandonarla? No, non l'avrebbe mai lasciata. Non si sarebbe mai allontanato da quella fonte di ricchezza illimitata che lei rappresentava ai suoi occhi.
«Rispondimi, idiota. Vuoi che ti tagli i viveri un'altra volta?»
«Angel, non ho idea di cosa stia succedendo. Probabilmente è una beffa. Uno scherzo di qualche bambino.»
«È un'altra truffa bancaria, vero? Credevo di essere stata chiara quando ti ho detto che cosa sarebbe successo se ci avessi provato di nuovo. Non ti piacerà tornare a essere povero, Harry.»
«Non ho fatto niente.»
Estrasse un foglio accartocciato dalla tasca della vestaglia e glielo lanciò.
«Questo è arrivato ieri, per fax. È una domanda per una nuova carta di credito, a nome tuo.»
«Non ho richiesto nessuna carta di credito.»
«Leggilo!»
Raccolse la palla di carta e la lisciò meticolosamente sulla superficie del comodino.
Sotto l'intestazione c'era scritto:
Prima di tutto, ci dica perché l'ha fatto. Scriva o digiti la sua confessione nello spazio apposito.
Sollevò il foglio e lo avvicinò agli occhi per esaminare il marchio della società che compariva in alto sulla pagina.
La riga successiva recitava:
Sua moglie sa cos'ha fatto? Se è così, abbiamo previsto uno spazio supplementare per i suoi commenti.
Lesse il breve elenco di domande:
1. Perché ha mentito?
2. Lo rifarebbe se gliene dessimo la possibilità?
Abbassò il foglio e guardò Angel che di nuovo camminava avanti e indietro per la lunghezza del tappeto.
«E adesso un nuovo messaggio!» Le parole le esplodevano dalla bocca. «Che significa?» Guardò il messaggio più recente, stretto nella sua mano. «"Ho un testimone." Un testimone di cosa? Parla, Harry, o ti taglio i viveri, e dopo ti taglio anche le palle!»
Eric Franz fu lento a rispondere alla porta. Betty Hyde lo sentì camminare verso l'ingresso, strascicando le suole sul marmo. Quando la porta si aprì, guardò al di sopra della sua spalla. Nella sua mano era appallottolato un foglio di carta. Il suo volto era fisso come una maschera. La stanza alle sue spalle era buia, a parte la luce della spia del computer.
«Se sapesse che stai scavando nel suo passato, la vostra amicizia potrebbe soffrirne» disse il rabbino David Kaplan.
«Ho bisogno di conoscere il legame che esiste fra il ragazzo e Mallory» disse Charles Butler.
Lo studio del rabbino era un luogo di libri viventi. Non stavano sugli scaffali, ma ammucchiati in pile su tutte le superfici della stanza, appollaiati per gruppi di argomenti correlati. Un volume rilegato in pelle stava aperto sulla scrivania, in paziente attesa della rinnovata attenzione del rabbino.
«Forse il legame tra di loro è semplicemente una caratteristica comune» disse il rabbino.
«Mmm…»
«Tutti i bambini hanno in comune l'innocenza.»
«Non descriverei nessuno dei due come innocente. Il ragazzo parla come un uomo di quarant'anni. E Mallory… è Mallory.»
«Prendi il punto di vista di Helen su Kathy. Lei non riusciva a vedere niente di male nella bambina. Ripeteva sempre che nessuno le aveva spiegato le regole, ed era assai vicina alla verità. Che significato possono rivestire i concetti di bene e male, giusto e sbagliato, paradiso e inferno, per una bambina che vive per strada, di espedienti e furti? All'epoca in cui andò a vivere con Louis e Helen, il suo comportamento a volte rasentava quello di quei bambini cresciuti tra gli animali, lontani dai loro simili.»
«Cosa sai della madre naturale? È possibile che maltrattasse la figlia?»
«Kathy non parla mai di lei. Non lo ha mai fatto.»
«Immagina di dover fare delle ipotesi sui suoi genitori. Basandoti solo su quello che sai di lei, che cosa diresti?»
«Credo che Kathy vivesse per strada da tre o quattro anni quando Markowitz l'arrestò. Era una ladruncola di dieci anni. Provò a spacciarsi per dodicenne, e Markowitz gliene concesse undici… ma un anno l'ha rubato. Sappiamo che non ha mai frequentato regolarmente una scuola. Helen le fece fare un test al centro di apprendimento. Qualcuno le aveva insegnato a leggere e a scrivere molto presto. E aveva un sorprendente talento per la matematica. Ecco perché Helen e Louis hanno speso più di quanto potessero permettersi in scuole private. Temevano che le sue doti si sarebbero affievolite nel sistema della scuola pubblica, con un insegnante ogni cinquanta bambini.»
Il rabbino andò allo scaffale, prese una scatola che teneva tra i libri, e ne estrasse delle carte. «Questo è un campione della scrittura di Kathy quando aveva dieci anni. Non è la mano di una bambina. Qualcuno se ne è preso cura, e in tenera età. Un giorno la portammo a incontrare padre Barry alla parrocchia del quartiere. Era l'epoca dell'anno in cui ci riunivamo per raccogliere viveri e vestiti per i poveri. Quando Kathy vide il crocifisso sull'altare, si fece meccanicamente il segno della croce. Dunque qualcuno aveva insegnato alla bambina a farsi il segno della croce. Non credo sia stata indesiderata né ignorata, né considerata un peso dalla madre. È grazie a lei se Kathy ha potuto amare Helen a prima vista. Mi piace credere che somigliasse a Helen Markowitz, questa persona speciale. Questa donna di cui non so niente, io la ricordo nelle mie preghiere.»
«Devo dedurne che ritieni che sia morta?»
«Cos'altro avrebbe potuto separare una donna del genere da sua figlia?»
«Sto per colpire il giudice.»
Aveva immaginato che ciò gli avrebbe fatto roteare gli occhietti.
Mallory fissava l'investigatore dell'ufficio di medicina legale. Erano seduti allo stesso tavolo dello stesso caffè dove l'aveva attirato la prima volta. Gli aveva lasciato il tempo di riflettere e alimentare la propria paura e poi lo aveva convocato. Era lo stile del vecchio, e aveva funzionato.
Grazie, Markowitz.
«Così tu prendi le prove, le passi a un poliziotto, e ti rendi complice del reato di ricatto. Heller vive per il suo lavoro, e non c'è nessuno più in gamba di lui. Se venisse a sapere che stai sottraendo delle prove dalla scena del delitto, verrebbe a beccarti e ti pianterebbe una pallottola in corpo…»
«Non hai in mano niente di concreto, Mallory. Se tu avessi…»
«Ho i verbali di tre casi di suicidio accomunati dall'assenza di un biglietto. È stato questo particolare piuttosto insolito a mettermi all'erta. Eri di turno in tutti e tre i casi. Che cosa c'era scritto in quei biglietti? Quali particolari imbarazzanti? I suicidi amano liberarsi la coscienza prima di andare all'altro mondo. Immagino che tu li abbia sottratti, magari insieme a qualche altro souvenir: fotografie compromettenti, lettere d'amore, con cui ricattare i membri di famiglie influenti. Nel caso della madre del giudice, hai fatto in modo che non fosse aperta un'indagine per omicidio. Palanski si è presentato perché l'hai chiamato tu. Insieme avete coperto un assassino.»
«No. La vecchia aveva subito delle percosse, benché non di recente. Non sono state quelle a ucciderla. Non è stato il taglio sul labbro, probabilmente risalente al giorno precedente la morte, né il livido su un lato della faccia. Sul posto c'era il suo medico di famiglia. Puoi chiedere conferma a lui: è morta per cause naturali.»
«Ma se i segni delle violenze subite fossero stati resi pubblici, il giudice si sarebbe trovato in grave difficoltà, giusto? Allora arriva Palanski, prende il controllo della situazione e si lavora il giudice. Dico bene?»
L'investigatore del medico legale non la guardava negli occhi. Lei fissò il tovagliolo di carta che lui teneva in mano. Lo stava trasformando in una montagnola di coriandoli umidi di sudore. Aprì la bocca per parlare, ma Mallory non gli diede il tempo di dire che voleva un avvocato. Batté la mano aperta sul tavolo, e la sua bocca si richiuse mentre lui saltava sulla sedia, i nervi tesi allo spasimo.
«Il tuo problema più grande è che il tuo socio è uno stupido. Compra azioni, obbligazioni, ed è così idiota da credere che nessuno possa risalire a lui perché le transazioni avvengono in contanti. Ogni transazione in contanti viene registrata esattamente come le transazioni a credito. Tutta la sua attività finanziaria è registrata informaticamente. Sapevi che Palanski ti sta fregando sulle quote?» No, evidentemente non lo sapeva.
«Il modo in cui hai gestito la tua quota di profitti era solo un po' più intelligente.» Sfogliò il fascio di carte sul tavolo finché trovò quella che stava cercando. «Questa è la registrazione di tutti i depositi in contanti che hai versato sul conto di tua madre, su cui hai la procura. Per la legge l'unico reddito di tua madre proviene dall'assistenza sociale, eppure possiede questo fantastico conto bancario. Comunque gli Affari Interni non ci sarebbero mai arrivati. Già, ma quello scemo di Palanski…»
«Non hai niente su di lui senza la mia testimonianza.»
«Non ti farò del male. Un patto è un patto. Lascerò che tu racconti tutto sul conto tuo e di Palanski. Sai come vanno le cose. Il primo che fornisce prove di stato ottiene l'immunità.»
Per quella sera Nose era stato rilasciato dal bagno sulla parola. Faceva le fusa intorno alle gambe di Mallory, mentre lei inseriva i proiettili nel caricatore del suo revolver. Si chiese quale segnale innescasse il trucco della danza. Guardò il gatto, i lunghi occhi a mandorla ridotti a due fessure sospettose. Nose cominciò a ballare.
Un rumore smorzato le richiamò gli occhi al soffitto. I suoni provenienti dal piano di sopra erano inconfondibili. Un urlo. Mobili rovesciati. Passi pesanti. Seguì i rumori, gli occhi al soffitto. Si fermò accanto al telefono nel soggiorno. Cercò il numero di Betty Hyde e lo compose. Un altro urlo.
«Casa Hyde» disse una voce dall'accento straniero.
«Faccia venire la signora Hyde al telefono. Le dica che è Mallory e che è urgente.»
Col telefono stretto tra la spalla e l'orecchio, aprì la porta del guardaroba e ne prese la giacca di montone pesante. Avrebbe camuffato il rigonfiamento della pistola. Era ingombrante al punto da ostacolare i movimenti, ma era l'unica soluzione. Non era ancora il momento di mostrare la pistola in pubblico. Si stava infilando la giacca quando Betty Hyde arrivò al telefono.
«Mallory, cara, pensavo che non mi avrebbe mai chiamata.»
«Mi raggiunga nell'appartamento del giudice Heart. Sarò là prima di lei. Rimanga indietro, d'accordo? In modo da non intralciarmi.»
Fece i gradini a tre a tre. Avvicinandosi alla porta notò le tre serrature. La maggior parte della gente chiudeva una sola serratura. In ogni caso la porta era troppo spessa e imponente per essere abbattuta. Picchiò il pugno sulla porta e suonò il campanello.
«Aprite!»
All'interno un silenzio di morte.
Bussò di nuovo alla porta. «Aprite o chiamo la polizia!» Parole magiche per qualsiasi personaggio pubblico.
Oltre la porta udì passi pesanti sulle mattonelle dell'ingresso, il rumore di una serratura che si apriva e una catena che veniva inserita. La porta si aprì di una fessura, e Mallory si trovò di fronte lo sguardo freddo del giudice Heart.
Mallory sorrise con educazione, arretrò di qualche passo e sferrò un calcio al centro della porta, rompendo la catena e facendo perdere l'equilibrio al giudice. Lo spinse da parte e fece irruzione nell'appartamento.
Pansy Heart giaceva in un angolo del soggiorno. Le sanguinava il naso, aveva un labbro rotto e un lato del viso cominciava a gonfiarsi.
Dietro di lei il giudice stava urlando: «Lei non ha il diritto!».
Mallory si girò verso di lui. «La porto fuori di qui. Non mi crei problemi.»
Mentre avanzava verso sua moglie la faccia del giudice era rossa di rabbia. Gli assestò un rapido calcio all'inguine e vide il colore svanire dalla pelle e gli occhi uscirgli dalle orbite per la sorpresa e il dolore. Scivolò su un ginocchio.
Pansy Heart piangeva in silenzio. Mallory la fece rialzare e la condusse verso la porta, sostenendola con un braccio per la vita sottile.
Betty Hyde era sulla soglia, gli occhi fissi sulla faccia devastata di Pansy Heart.
«Mi occuperò io di lei» disse, circondando la donna con le braccia mentre Mallory arretrava. «Vieni con me, Pansy. Hai bisogno di un dottore, cara.»
Il giudice si stava rimettendo in piedi a fatica. Era goffo e lento, si teneva le mani premute sull'inguine. Con uno sgambetto Mallory lo fece ripiombare a terra, contro lo spigolo di un pesante tavolo di quercia, regalando anche a lui un bel naso sanguinante.
Pansy Heart si voltò a guardare suo marito come se aspettasse altri ordini. Poi si arrese alla forza gentile di Betty Hyde, che la stava sospingendo oltre la porta e verso il corridoio. La giornalista non vedeva l'ora di intervistare la povera disgraziata, e niente se non un editto congiunto del Congresso e dell'Onnipotente avrebbe potuto fermarla.
Mallory appoggiò sul tavolo un vassoio con la teiera e le tazze, e quindi lasciò vagare gli occhi sull'ampio soggiorno dell'appartamento di Betty Hyde. Era una replica di quello dei Rosen, ma solo nella struttura. Qui l'arredatore era un professionista. Era convinta che Charles avrebbe apprezzato i pezzi antichi americani e inglesi sapientemente mescolati con quelli moderni. Il soggiorno era aperto e arioso, sgombro di cianfrusaglie. Mallory approvò quell'essenzialità. La moglie del giudice occupava un'antica sedia a dondolo, reggendo una borsa per il ghiaccio sul viso gonfio. Betty Hyde sedeva su uno sgabello e spingeva delicatamente il bracciolo della sedia di Pansy, cullando e blandendo la donna in lacrime. Intrecciando lo sguardo con quello di Pansy, la Hyde sussurrava parole dolci, sorridendo, gli occhi che luccicavano, giocando alla brava infermiera.
Mallory porse una tazza alla moglie del giudice. La donna le sorrise con gratitudine e accettò il tè, facendo tintinnare nervosamente la porcellana. Sembrava ancora più fragile della delicata tazza Old Willow.
Mallory si chinò finché i suoi occhi non furono all'altezza di quelli della donna, che aveva smesso di piangere e adesso guardava Mallory con una fiducia assoluta.
«Signora Heart, era a casa la sera in cui il giudice picchiò a morte sua suocera?»
Gli occhi della donna si dilatarono per la sorpresa, e sembrò che qualcuno stesse premendo le sue minuscole spalle contro lo schienale della sedia. Poi la testa le ricadde sul petto e tutto il suo corpo appassì. Pansy era stata aggredita per la seconda volta in una sera.
Mallory si girò con calma a prendere una tazza dal tavolino vicino e cominciò a mescolare il tè.
«La signora gridava forte come lei?»
I singhiozzi ricominciarono a scuotere come una foglia il corpo leggero della piccola donna.
Betty Hyde fece roteare gli occhi. Si alzò dallo sgabello e guidò Mallory in cucina.
«È stata brutale, Mallory. Un giorno faremo una lunga conversazione sul suo stile… credo di poter imparare qualcosa da lei. Sta andando a tentoni, mia cara, o ha qualcosa di più su quel bastardo?»
«Ho le copie dei verbali dell'ospedale per tutte le volte che la vecchia riportò qualche ferita nel corso degli anni in cui visse con la coppia. Lo stesso vale per la moglie. Forse non ha ucciso di botte la vecchia, ma se vuole creare un bel po' di fastidi al giudice, suggerirei di esercitare qualche pressione sul dottore di sua madre: potrebbe esserci bisogno di riesumare il corpo della vecchia. Il procuratore distrettuale è un buon animale politico. Potrebbe avvicinarlo con la parola copertura e quindi spiegare che un caso del genere potrebbe favorire la sua carriera. E lasci il mio nome fuori dalla cosa.»
«Intesi. E cosa posso fare io per lei, Mallory?»
«Far parlare Pansy, spingerla a vuotare il sacco. Alla riunione condominiale ha detto che il cane non c'è più. È morto?»
Betty raggiunse la donna nell'altra stanza. Pansy aveva cessato di piangere e sedeva in silenzio fissando il fondo della tazza. La Hyde alzò la voce per chiedere: «Pansy, hai sempre un cane, vero, cara? Rosie, mi sembra?».
Pansy Heart si girò per guardare Betty con una lieve sorpresa nello sguardo. «Sì, Rosie è alla clinica veterinaria. Non so quando tornerà a casa. È molto malata.»
Dal tono della voce, Mallory comprese che stava mentendo.
Be', tutti mentono.
Mallory tornò a sua volta in soggiorno e si chinò, poggiando entrambe le mani sui braccioli della sedia a dondolo. Pansy alzò lo sguardo, e la mano si sollevò come per difendersi da un colpo. Un riflesso condizionato.
«Il suo cane è morto, non è vero?»
La donna vacillava. Proiettò una mano verso l'esterno facendo cadere tazza e piattino sul pavimento.
«Quando è morto?»
Le parole sgorgarono dalla bocca di Pansy in un fiotto isterico. «Non lo so. Non vedo Rosie da giorni. Mio marito l'ha portata fuori a passeggiare e non è mai tornata. Ha detto che era dal veterinario.»
«Ma lei ha chiamato il veterinario e il cane non c'era, vero?»
Pansy annuì.
Mallory si allontanò e lasciò la Hyde a occuparsi della tazza in frantumi sul pavimento e della donna non meno in frantumi che l'aveva fatta cadere.
Edward Slope prese posto a tavola. «Smettila di scusarti, Charles.»
«Volevo solo lasciarti un messaggio sulla segreteria dell'ufficio. Non mi sarebbe mai saltato in mente di sottrarti alla tua famiglia la notte di Natale.»
«Non ero con la mia famiglia, Charles. Stavo cercando di smaltire questo mucchio di autopsie arretrate. A Natale ho sempre molto lavoro. Allora perché tutta questa segretezza? Mallory ti ha forse chiesto di infrangere la legge?»
Charles non era mai stato capace di vincere a poker. Non aveva la faccia da bluff, o almeno così Edward Slope gli ricordava una volta alla settimana. Come cominciare dunque questa incursione nella menzogna, il regno di Mallory, un luogo privo di mappe in cui lui non aveva mai messo piede?
«Ho parlato un po' con Riker ieri sera» disse Charles. «So che Kathy ha assistito a un omicidio quando era piccola.» Era vero, no? La reazione di Riker lo aveva confermato. E Charles sentiva che Edward avrebbe potuto raccontargli ciò che Riker non gli aveva detto.
Il dottore si sistemò nella sedia e cominciò a prendere tempo, togliendosi gli occhiali e pulendoli. «Così Riker te ne ha parlato?»
Charles annuì, e con quel cenno disse la prima bugia della serata. Si stava esercitando nella religione del "Tutti mentono" di Mallory.
Perdonami, Edward, amico mio.
Slope si rimise gli occhiali sul naso.
«Quando ho chiesto a Riker se avesse visto qualcuno dei filmini, ha negato. Non ne hai fatto parola con nessun altro, vero?»
«No» disse Charles, rendendosi conto d'un tratto di aver appena tradito Riker.
Perdonami, Riker.
Charles si sistemò il tovagliolo in grembo, restio a incontrare lo sguardo dell'uomo che non riusciva a battere a poker.
«Riker non si è addentrato nei dettagli dei filmini.»
E questo era vero. No, non lo era. Lo stava imbrogliando.
«Certo che no. Non credevo che Riker fosse al corrente dell'esistenza del filmino. Ma evidentemente è così, altrimenti come potrebbe sapere dell'omicidio? Ne deduco che la ragione per cui sei qui riveste grande importanza. In caso contrario Riker non si sarebbe esposto così.»
«Esatto.» Se Charles aveva ragione circa l'esistenza di uno speciale legame tra Mallory e Justin, un bambino era in pericolo.
«Markowitz mi giurò che Riker non aveva visto la registrazione. E la distruggemmo quella notte stessa. Non avrebbe avuto senso dirlo a Riker dopo, non dal punto di vista di Markowitz. Ti rendi conto che, tecnicamente, essere al corrente della faccenda fa di te un complice?»
Charles annuì. Un'altra bugia. No, non mi rendo conto di nulla. In compenso ho tradito anche Markowitz.
«Markowitz non l'avrebbe mai fatto vedere a nessun altro. Era la storia di Kathy, e lui desiderava proteggerla. Non avrebbe corso il rischio che i federali potessero riconoscere Kathy nel filmato, che la interrogassero. L'ha mostrato a me perché voleva chiudere il caso. Aveva bisogno di un'identificazione certa basata su una cicatrice. La ferita originale si vedeva nel filmato. Riker ti ha fornito qualche retroscena sul caso?»
«Non un granché.»
«L'FBI si presentò alla Sezione Crimini Speciali quando a Manhattan fu rinvenuto un corpo. Esibiva le ferite caratteristiche di un paio di serial killer che agivano sulla costa orientale. Markowitz riuscì a mettersi sulle tracce di uno degli assassini, ma i federali gli ruppero le uova nel paniere sul più bello. Mandarono cinque uomini ad arrestarlo e il sospetto rimase ucciso nella sparatoria che seguì.»
«Markowitz doveva essere furioso.»
«Sì. Cacciò i federali come fossero parassiti. Prese in consegna il luogo della sparatoria e trovò un mucchio di materiale videoregistrato. Gli occorse un sacco di tempo per esaminare le bobine. Lo fece personalmente, perché non voleva mettere a rischio l'equilibrio mentale dei suoi detective. Ma in realtà era un po' come Kathy, teneva sempre qualcosa per sé. Tutto quello che mostrò agli altri fu un fotogramma con la faccia del secondo assassino. So che conosci la storia di come Markowitz giunse a prendere Kathy con sé. La arrestò per aver rubato una macchina. E fu Helen a innamorarsi della piccola e a insistere per tenerla, tutto vero. Ma la vera ragione per cui Lou non la affidò al tribunale dei minori è che la riconobbe. Era di qualche anno più piccola all'epoca in cui era stato girato il filmino. Ma chi avrebbe potuto dimenticare quella faccia?»
«Lei aveva assistito all'omicidio e lui la voleva come testimone oculare?»
«No, avevano già trovato il posto dove era stato girato il film. Erano passati parecchi anni, e il posto non era più tanto caldo. Ci vollero altri quattro anni prima che Riker arrestasse il secondo uomo e lo ammazzasse.»
«Ma lo fece in servizio, no?»
«È la versione di Riker. Una delle cose che deposero a favore di Riker durante l'udienza fu il fatto che l'FBI aveva ammazzato il complice dell'uomo nel tentativo di arrestarlo. La linea di difesa di Markowitz fu che Riker aveva fatto tutto da solo ciò che quattro anni prima aveva richiesto la partecipazione di cinque federali. E Markowitz affermò sotto giuramento di essere l'unico ad avere visto il filmino. Di modo che la storia del poliziotto che aveva perso la testa e aveva voluto vendicare le vittime non reggesse. E poiché Riker aveva ucciso il sospetto a pugni e non con una pistola, gli Affari Interni e il procuratore distrettuale arrivarono alla conclusione che l'uccisione non fosse premeditata, che fosse avvenuta mentre l'uomo opponeva resistenza all'arresto.»
«Sembra ragionevole.»
«All'epoca lo sembrò. Io sostenni le loro conclusioni. Per quanto ne sapevo all'epoca, Markowitz era l'unico a conoscenza del coinvolgimento di Kathy, e quindi dell'aspetto personale della faccenda. Ora sembra che Markowitz mi abbia mentito. Be', tipico di Lou. Non mi avrebbe detto la verità se questo avesse fatto di me un complice. E forse si sentiva colpevole per quello che aveva fatto Riker. L'obiettività è tutto nel lavoro di un poliziotto. Kathy non sa nulla del filmino. Markowitz voleva così. Non dovrai mai dirle niente di questa sera. Intesi?»
«Intesi.»
«Markowitz mi avvisò, disse che non sarei dovuto restare sino alla fine. Mi disse che se l'avessi fatto me ne sarei sicuramente pentito. Ma ero così sicuro di poter mantenere un atteggiamento distaccato e professionale che presi il suo avvertimento come una sfida. Era necessario che vedessi parte del filmato perché Riker aveva conciato la faccia del killer in uno stato che rendeva impossibile l'identificazione tramite il raffronto con la foto sulla patente. Non avevamo impronte digitali in archivio. Il filmino mostrava l'assassino che riceveva una ferita. Louis mi chiese di fare l'identificazione sulla base della cicatrice di quella ferita.»
«Parlami del filmino.»
«Sei certo di volerlo?»
Era l'ultima occasione per essere onesto, per essere l'uomo con cui Edward Slope pensava di avere a che fare.
«Continua.»
«Era uno di quei filmini che riprendono la tortura e l'uccisione di un essere umano. Una cosetta per i fanatici del cinema, quelli strambi. La maggior parte delle vittime sono bambini. Qualunque bambino vagante per le strade di New York può essere trasformato in moneta sonante.»
Slope fece un cenno a un cameriere di passaggio per ordinare un doppio scotch. Tornò a rivolgersi a Charles. «Non posso farlo da sobrio. Sei sicuro di voler conoscere tutti i dettagli?»
«Assolutamente sicuro.»
Non ne sono sicuro affatto. Ho già abbastanza incubi. No. Vai avanti. Me lo merito.
«All'inizio del filmato, i bambini, un maschio e una femmina, dormivano sul pavimento di una gabbia. Fu girato in un magazzino, niente cambi di scena. Credo che i bambini fossero drogati. Il bambino si stava riavendo dall'effetto della droga. Forse è per questo che lo presero per primo. La bambina era immobile. Era Kathy, naturalmente. Questo lo sapevi.»
Charles annuì.
«Poteva avere otto anni quando fu girato il filmato, non di più. Aveva una T-shirt sudicia e dei jeans di dieci misure troppo grandi per lei. Mi ricordo che una volta mi disse che rubava sempre i jeans più vicini alla porta del negozio, perciò non sempre li trovava della taglia giusta.»
Arrivò un cameriere a deporre sul tavolo un bicchiere che Edward afferrò al volo. Ne scolò il contenuto tutto d'un fiato.
«Aveva una scarpa sola, l'altro piede era scalzo. Be', fecero uscire il bambino dalla gabbia e cominciarono a lavorarselo. Chiesi a Markowitz di abbassare il volume, ma riesco ancora a sentire le urla di quel bambino. Non hai bisogno di sapere che cosa gli fecero. Ma trascorse un bel po' di tempo prima che lo finissero. La gabbia su un lato dello schermo era sempre inquadrata. Kathy non si mosse mai, non aprì mai gli occhi. La osservai per tutto il tempo in cui torturavano il bambino.»
«Poi fu il turno di Kathy.»
Non voglio sentire altro.
«Uno degli uomini aprì la porta della gabbia e la sollevò per portarla fuori. Una piccola scarpa e il piccolo piede nudo. Non è assurdo? Kathy continuava a dormire mentre lui la adagiava sul materasso lordo del sangue del bambino. Avevano semplicemente fatto rotolare il cadavere da un lato. Tanto di quel sangue.»
Charles osservò il movimento degli occhi di Edward e si rese conto che stava rivedendo il film. Edward si coprì la faccia con le mani per un momento, e le sue parole risuonarono attutite.
«Oh, Cristo! Non è un mondo meraviglioso per i bambini, questo, Charles?»
Charles si sporse in avanti. Edward alzò una mano.
«No, sto bene. Siediti, Charles. Scusa.»
Dopo un momento, la bobina riprese a girare negli occhi del dottore.
«L'uomo si chinò su di lei. D'un tratto, Kathy si svegliò. Non intorpidita dalla droga, completamente sveglia. Aveva finto di dormire, era ovvio, aspettando che arrivasse il suo momento. Si scagliò sul corpo dell'uomo, tutta denti e unghie, come un animale. I suoi piccoli pollici gli affondarono negli occhi. Quello arretrò, le mani sulla faccia. Gli scorreva sangue tra le dita. Quello che stava girando il film si avventò su Kathy. Lei serrò i denti sul suo braccio nudo e gli strappò un pezzo di carne. Un pezzo di carne, Charles. E lo sputò sul pavimento.»
Charles osservava la distruzione negli occhi di Edward. Il dottore stava rivivendo quei momenti. Stava accadendo tutto di nuovo.
«Ora gli uomini urlano, le luci si rovesciano, la macchina da presa è sul pavimento. Nel fotogramma finale si vede Kathy che scappa lungo un corridoio scuro, che corre come un'ossessa, una scarpa sì e una no.»
Gli era piaciuto quello sguardo ottuso di sorpresa nel momento in cui si era resa conto che sarebbe morta. Più di tutto gli piaceva il suo sguardo da morta, con tutti i segni dell'ostilità appianati. L'unica puttana buona era una puttana morta. Mallory non sarebbe stata diversa.
Schiacciò i due chicchi d'uva sotto i pollici, lentamente, assaporando la deliziosa distruzione dei suoi bulbi oculari. Ciascuno era un occhio verde. Ritirò i pollici dal tagliere. Mentre li fissava, maciullati, aperti, la immaginò cieca.
«Non vuole denunciarlo» disse Betty Hyde, appoggiando la sua tazza di caffè sul bancone della cucina dei Rosen. «Immagino che lei non abbia prove concrete delle sevizie inflitte alla madre. Per l'edizione del mattino ho un pezzo molto vago. Il caporedattore non vuole che pubblichi i nomi finché il corpo non sarà riesumato, ed è giusto così. Ho anche un giovane reporter in attesa di tendere un'imboscata al giudice fuori dal palazzo domani. Sa, cose del tipo "Si dice che lei abbia picchiato a morte sua madre, può confermarlo?"»
«Pansy le ha detto qualcosa?»
«No. Povera Pansy. Non ho mai visto un simile attaccamento della vittima al suo carnefice. È tornata da lui.»
«Adesso è là? È pazza.»
«Dice che lui si pente sempre profondamente dopo averla picchiata. In questo momento non ha paura di lui. Si illude di poter sistemare le cose.»
«Sappiamo entrambe che prima o poi la farà fuori.»
«Deve essere per forza Pansy a denunciarlo? Non potrebbe farlo lei al suo posto? Oltre all'aspetto umano della cosa, sto pensando alle leggi sulla diffamazione. Il caporedattore pretenderà un verbale di polizia prima di procedere alla pubblicazione del nome.»
«Non ho assistito al pestaggio. Se Pansy dirà di essere inciampata, la legge le darà ragione.»
Il volto di Mallory era privo di espressione quando incrociò le braccia e fissò con sguardo di ghiaccio Betty Hyde. Betty ebbe la strana sensazione che la giovane donna si fosse improvvisamente fatta ancora più alta. «Lei mi sta nascondendo qualcosa. Mi dica ciò che sa sul conto di Eric Franz».
Era troppo tardi per visitare i vicini. Però lei aveva accolto Eric in casa sua, la notte in cui Annie era morta. Anche allora era tardi. Pan per focaccia, mio caro.
Quando Eric aprì la porta, si stava allacciando la vestaglia e fissava l'aria al di sopra della spalla sinistra di Betty.
«Eric, sono Betty. Possiamo parlare?»
Eric indietreggiò e le fece cenno di entrare. Stettero al buio finché lui non si scusò e premette l'interruttore della luce. Non fu sorpresa nel constatare che nulla era cambiato. Annie era morta da poco più di un mese. Anche se dal mobile dell'ingresso mancava la fotografia del matrimonio su cui Annie aveva disegnato un paio di corna sulla testa di Eric.
Erano ormai ore che parlavano e bevevano vino quando Eric perse il controllo. «Sei pazza? Annie non sarebbe mai rimasta con me in questi ultimi tre anni se non fossi stato cieco. Sono stati i soldi dell'assicurazione che le hanno fatto cambiare idea sul divorzio. Poi sono arrivati il successo dei miei libri e i premi. Ma se avessi avuto la vista, mi avrebbe lasciato immediatamente e si sarebbe presa la metà di quel che possedevo. Ma non poteva lasciare un cieco, non una donna civile e mondana come Annie. Cosa avrebbero pensato i vicini?»
Il saliscendi si abbassò e la porta si aprì con una spinta leggera. Si aggirò furtivamente per le stanze buie finché non la trovò. Il suo lungo corpo snello era disteso sul letto. I suoi capelli emanavano un bagliore, come se avesse trovato un modo per catturare la luce del sole, portarla in casa con lei e tenerla viva nella notte.
Si allungò vicino a lei con circospezione, si rotolò sulla schiena e si addormentò con le quattro zampe che mulinavano nell'aria, inseguendo topi nei sogni.
Fu il metallo freddo contro il naso che lo risvegliò alla vivida luce di una lampada. Guardò la punta della pistola, e per farlo dovette incrociare gli occhi. Stanco e incerto sulle lenzuola, si sollevò sulle zampe posteriori e cominciò a danzare. Ma lei se n'era già andata, scivolata fuori dal letto e nel buio della stanza vicina, preceduta dalla pistola che reggeva in mano.
Atterrò sul pavimento con un lieve tonfo e andò in cerca di lei. Si fermò un poco accanto alla porta del bagno. Strofinò la testa su uno dei suoi piedi nudi, che invece di mostrargli affetto lo allontanò.
Lo guardò e gli sussurrò: «Sei così abile e intelligente da riuscire ad aprire le porte da solo?» cosa che lui, più o meno correttamente, interpretò come un «Bravo bambino» e cominciò a fare le fusa.
Le braccia lo sollevarono e lui si beò del calore della sua pelle. Poi ricadde sulle mattonelle del pavimento del bagno.
La luce si spense, la porta sbatté e lui sedette solo nel buio, chiedendosi che cosa avesse fatto di sbagliato questa volta.
Mallory, la bugiarda consumata, si era autoesclusa dal poker a causa di una bugia. Il suo personale codice d'onore era perverso e contorto.
Charles aveva imparato a mentire e a tradire in una sola notte. Mallory sarebbe stata fiera di lui per essere caduto così in basso.
No, non lo sarebbe stata. Ma lei non avrebbe mai saputo quello che aveva fatto. Anche se si sarebbe volentieri confidato, era legato alla promessa di silenzio che aveva fatto a Slope. Un peccato di omissione.
Come gli aveva spiegato una volta Riker, la storia di Mallory apparteneva solo a lei. Avrebbe detestato l'intrusione, una cospirazione di consapevolezza. Slope non avrebbe mai parlato a Riker di quella sera. Menzogne e tradimenti sarebbero passati inosservati. Nuovi peccati di omissione.
Non poteva permettersi di seguire il suo esempio ed escludersi dal poker. Lei gliene avrebbe chiesto la ragione, lui sarebbe stato costretto a mentire, lei non ci sarebbe cascata, e il danno sarebbe stato ancora maggiore.
Una volta alla settimana, seduto al tavolo da gioco di fronte a Edward Slope, la consapevolezza delle sue colpe lo avrebbe tormentato.
Né poteva confessare tutto a Riker, non senza che la ragnatela di bugie si allargasse. Desiderò essere un cattolico praticante, così da potersi confessare con qualcuno.
Lo schema della ragnatela era diventato troppo intricato. In quel viluppo di fili stava perdendo il sonno. Ma alla fine il sonno arrivò. Visioni di una bambina che correva nel buio, inseguita da cose ancora più scure che avrebbero potuto essere ragni. E quando lei scivolò nel sangue, si svegliò di colpo.
Per scacciare le immagini e i sogni prodotti da una notte di bugie, la sua mente fu inondata di musica, e adesso la sua punizione era nella stanza con lui. Chiuse gli occhi e provò a far cessare la musica. Ma udiva i passi leggeri di Amanda attorno al letto.
«Interessante, direi» disse Amanda. «È stata capace di fare finta di dormire mentre nella stessa stanza un altro bambino veniva barbaramente ucciso.»
No, per favore. Non voglio pensare a questo.
«Andiamo, Charles, non smetterai mai di pensarci. Non è la reazione che ci si aspetterebbe da una bambina, vero?»
Da quando in qua Mallory era prevedibile?
Tenne gli occhi chiusi, sperando di minimizzare la portata del danno alla sua mente. Non sapeva come mandarla via.
Amanda continuò a camminare, anzi i suoi passi diventarono più pesanti. Aspettava una risposta come avrebbe fatto una donna in carne e ossa.
Rivolgendo le sue parole al soffitto disse: «Non era la madre che Mallory vide morire. Su questo ti eri sbagliata».
«Ne sei sicuro?» Amanda smise di camminare per un momento. «Rimase immobile mentre torturavano un bambino. Giocò a fare il morto…»
«Era paralizzata dalla paura. Non ci sono fatti a sostegno…»
«La logica e i fatti ti hanno ingannato altre volte, Charles. Un medico legale qualificato sostiene che si sia finta addormentata. Io credo che avesse fatto un po' di pratica assistendo a un altro fatto di sangue. Forse quella volta la vittima era sua madre, come nel caso di Justin.»
Si girò per fronteggiare quella donna che non c'era, tuttavia continuò a tenere gli occhi chiusi. «Amanda, tutto ciò è ridicolo. La madre di Justin è morta per un attacco di cuore. I maltrattamenti sono la chiave del legame fra i due. Mallory riconosce nel ragazzo i segni delle violenze subite. Neanche Mallory potrebbe leggere un omicidio negli occhi del ragazzo.»
Tracce del concerto vagavano per la sua mente. Recitò in un sussurro l'alfabeto greco. La musica scomparve. Amanda no. Aprì gli occhi alla pallida luce della luna e alle luci più intense dei lampioni che si riversavano dalla finestra nella camera da letto. Girò il viso verso il muro di fronte, dove il suo incubo più recente si stava muovendo sulla carta da parati. Amanda aveva imparato a proiettare un'ombra.