«E un altro piatto è andato.» Veronica chiuse la porta della cucina, lasciandosi alle spalle le voci degli invitati, e buttò i cocci nella pattumiera, aiutandosi con un cucchiaio. «Sto pensando di nascondere i bicchieri di mamma prima che ne rompano uno.»
Jack tolse il tappo da una bottiglia di Sancerre, lo annusò e lo rigirò tra le mani per controllare che non si fosse rotto. Era andato in cucina per godersi un momento di quiete e non era sorpreso dal fatto che anche Veronica si trovasse lì. Lei estrasse dal frigorifero un contenitore ermetico e, quando si accorse che Jack non aveva intenzione di parlarle, sbatté la porta del frigo e disse: «Sai chi è strano?»
«No. Chi?»
«Non voglio essere cattiva, Jack… Marilyn. È una donna volgare. Stavo conversando piacevolmente con suo marito – lui sì, che è una persona proprio gradevole -, quando, senza ragione, arriva lei e si comporta in modo davvero sprezzante. In più assume un'aria così sospettosa…»
Jack non replicò. Sapeva esattamente dove voleva arrivare Veronica. Per tutta la sera aveva tenuto un atteggiamento da martire, girando per casa con aria impavida, reggendo piatti colmi di crostini, peperoni alla griglia e tapénade, un sorriso triste e coraggioso sul viso. Ma ciò che realmente voleva era un po' d'attenzione, qualche piccolo contrasto che movimentasse la serata.
«Non mi stai ascoltando, eh?» osservò lei, mentre estraeva l'hummus dal contenitore, battendo sonoramente il cucchiaio sul bordo. «Pensavo che almeno fossimo ancora amici, e invece sembra che non possiamo neanche parlare.»
«Non abbocco, Veronica», mormorò Jack, gettando il tappo nel cestino e recuperando una bottiglia di Medoc dalla dispensa. Non aveva più energie per lei, quella sera. Il party era di per sé un sacrificio: il suo tempo era molto prezioso. «Non ho voglia di litigare, quindi smettila.»
«Cristo», esclamò lei, scuotendo la testa, rassegnata. «Sei fuori di te, Jack. Sei davvero fuori di te. Penso che dovresti farti vedere da qualcuno, lo penso sul serio.»
«Sei ubriaca.»
«È ovvio che non lo sono. Che coraggio, dire una cosa del genere!» Sbatté la ciotola su un vassoio e all'improvviso il suo viso apparve calmo, come se non fosse successo assolutamente nulla. «Allora», proseguì, prendendo uno strofinaccio, «che cosa facciamo col Piper Heidsieck? Hai tolto le bottiglie dal congelatore? Esploderanno se le lasci lì dentro ancora per un minuto.» Poi, con noncuranza, si avvicinò alla finestra, sollevò le tende, diede un'occhiata fuori come per cercare qualcosa oltre il suo riflesso e mormorò, in tono di disapprovazione: «Ah, quei bambini…» Lasciando ricadere la tenda, aggiunse: «È troppo tardi per loro. Non dovrebbero essere ancora svegli. Non combineranno niente di buono là fuori, sappilo».
La serata era calda e le porte finestre erano aperte, ma forse gli ospiti, come i moscerini radunati intorno alle lampade alogene della veranda, percepivano il peso della pioggia incombente. E infatti solo i bambini erano usciti in giardino. Gli adulti rimanevano all'interno, divisi in piccoli, educati gruppi, tenendo in equilibrio piatti e bicchieri, sollevando di tanto in tanto lo sguardo per controllare il proprio riflesso nei vetri. Nessuno fece cenno al caso di Birdman, come se bastasse un sussurro per avvelenare il party. Col Sancerre in una mano e il Médoc nell'altra, Jack girava nel soggiorno, riempiendo i bicchieri. Si fermò soltanto per permettere a Marilyn Kryotos di passargli un triangolino di pane nan.
Ma lei approfittò dell'occasione per sussurrargli: «Jack… T'interessa ancora Thomas Cook? Non sei più venuto da me e…»
«Oh, merda.» Lui cercò di asciugarsi la bocca col dorso della mano senza versare il vino. «Accidenti, mi dispiace: ho iniziato un'altra cosa e mi sono completamente dimenticato.»
«Parte domani con un volo Air India da Heathrow alle due del pomeriggio. Potrei andarci io e…»
«No, no. Lascia pure che parta. Stavo solo… Non so… Cercavo disperatamente una via d'uscita.»
Lei posò il piatto e prese il bicchiere perché lui glielo riempisse di nuovo. «D'accordo, ma se cambi idea…»
S'interruppe. La sua figlia più piccola, Jenna, era entrata di corsa dal giardino, avvinghiandosi alle sue gambe, scuotendo la testa e strillando: «Mamma! Mamma!»
«Che c'è?» domandò Marilyn, chinandosi. «Dillo alla mamma.»
«Qualcunoingialdino…»
«Qualcuno chi?»
«Un mostlo.»
«Jenna…» Marilyn prese la manina chiusa a pugno della figlia e la scosse lievemente. «Parla in modo chiaro, per favore.»
«Un mostlo nel… nel…» Si fermò per prendere fiato, guardandosi alle spalle, e ripeté: «Nel gialdino…»
Marilyn girò lo sguardo verso gli altri e poi alzò gli occhi al cielo. «Ci stavamo giusto mettendo comodi e arriva un mostro in giardino…»
«È vero, mamma.» Dean, il fratello maggiore di Jenna, apparve sulla porta finestra, il viso pallido come la luna. «Lo abbiamo sentito.»
Marilyn cambiò colore. «Dean, su, non dire stupidaggini. Ti ho detto che…»
«Sul serio, mamma…»
«Dean!» esclamò lei, alzando un dito. «Basta.»
«Ora ti dico una cosa, Jenna.» Maddox si tirò su le maniche e assunse il tono compunto di chi sa, per esperienza diretta, come si parla ai bambini. «Che ne dici se io e i miei investigatori andiamo fuori e arrestiamo il mostro? Naturalmente dovrai dirci con esattezza di che tipo di mostro si tratta. Così sapremo come ammanettarlo.»
«Non so che tipo di mostro sia», intervenne Dean in tono serio. «Non l'abbiamo visto, l'abbiamo sentito. Camminava tra le foglie.»
«Ah, va bene, allora.» Paul si alzò dalla sedia. «Probabilmente sono i mostri del concime.»
«Forse», annuì Dean, sempre serissimo.
«Ogni giorno abbiamo a che fare con un sacco di mostri di quel tipo. Persino la tua mamma potrebbe prenderne uno, e ci riuscirebbe anche con le mani legate dietro la schiena.»
«Nooooo!» si lamentò Jenna, afferrando la gonna della madre e pestando i piedini sul pavimento. «Mamma stai qui!»
Marilyn le accarezzò la testa. «Sì, sì, la mamma resterà qui. Guarda. La polizia si assicurerà che il mostro se ne vada.»
«Ecco i cacciatori di mostri!» gridò Paul. Balzò dalla veranda e atterrò sul prato in atteggiamento da guerriero, le mani tese come lame, gli occhi socchiusi, emettendo un verso acuto. «Mon-star contro Suzi Wong, fiore d'Oriente e grande Doshu della Via del Loto, padrona della tecnica segreta di slogatura kan e waza.»
Sulla veranda, l'ombra di un sorriso apparve sul volto di Dean.
«Ho colpito senza volerlo. Ki-ai!»
Jack, grato per il momento di distrazione, posò le bottiglie sul davanzale e si diresse verso il centro del giardino, mentre Paul mulinava le braccia in direzione degli arbusti, gettando ombre sul prato. Maddox lo seguiva facendo un gran chiasso, combattendo con gli arbusti e schivando il salice piangente. «No, nessuno qui!» gridava. «Nessun mostro qui!»
«Nessuno laggiù!» ripeté Jack a Jenna, che scostò il viso rigato di lacrime dalla gonna della madre e, dopo essersi infilata in bocca le nocche, tentò di guardare fuori, in giardino.
Paul si esibì in una serie di calci e pugni, dimostrando una sorprendente agilità per la sua taglia. «Suzie Wong dice: 'Colli se vuoi salvalti la pelle, mostlo! '»
Jenna sorrise timidamente, affondò il viso nella gonna di Marilyn – non più per paura, ma per timidezza – e fece un altro vago sorriso. «Suzie è un nome da donna, non da uomo», osservò, tirando su col naso. «Lui è stupido.»
«Vero, eh?» concordò Marilyn.
«Munen mushin! Ki-ai, ki-ai!»
«Sì, ki-ai, ki-ai», fece eco Jack, pazientemente, e si diresse di nuovo in casa, sorridendo agli ospiti che guardavano fuori della finestra illuminata. «Non ti senti molto più al sicuro sapendo che abbiamo uomini come Essex che ci proteggono?»
Marilyn girò la testa da una parte e dall'altra, osservando il giardino. «Ma come diavolo ha fatto quella vecchia canaglia?»
«Come ha fatto cosa?»
«È sparito.»
Jack si voltò. Il giardino era silenzioso.
Lei fece una risatina nervosa. «Dev'essere stato mangiato.»
«Hmm. Chissà che terribile pasticcio ha combinato.»
Maddox gli si avvicinò, rosso in viso, sogghignando, e gli porse il bicchiere perché glielo riempisse. «Mi sa che perfino un mostro avrebbe la peggio con Essex.»
«Non c'è da preoccuparsi», sospirò Jack. «Pulirò tutto domani mattina.»
«Non ti conviene», borbottò Maddox, scuotendo la testa. «Lascia perdere. Il maiale crudo fa bene alle rose.»
«Siete proprio disgustosi», ribatté Marilyn.
Tutti fissavano il giardino silenzioso: si sentiva soltanto il sibilo leggero del salice piangente nella brezza che precedeva la tempesta. Paul sembrava davvero svanito nel nulla. Jack scrutò gli angoli bui, cercando di capire come fosse riuscito a nascondersi tanto velocemente.
«Dov'è?»
«Il mostlo l'ha pleso.» Jenna cominciò a piagnucolare.
«Non fare la sciocca.»
Maddox lanciò un'occhiata a Jack, le sopracciglia alzate.
Jack si strinse nelle spalle. «Non guardare me.»
«Il mostlo l'ha mangiato», si lamentò Jenna.
«Ridicolo», commentò Veronica, uscendo sulla veranda e guardandosi intorno, incuriosita. «Non ci sono mostri nel tuo giardino, vero, Jack?»
Jack posò le bottiglie sul patio e scese lentamente i gradini. «Paul?» Le aiuole di fiori erano silenziose, le piccole macchie evanescenti delle clematis parevano sospese nell'oscurità. Jack sollevò il salice piangente e guardò sotto. Nella trincea della ferrovia il buio era ancora più fitto. Le luci di Penderecki erano spente.
«Lo ucciderò per questo.» Maddox si avvicinò alle spalle di Jack. «Ti ucciderò per questo, Essex. Lo scherzo è finito. Stai spaventando i bambini…» Poi si fermò.
«Cos'è?»
«Avete sentito?»
«Cosa?»
«Quello!»
Qualcosa di scuro avanzò rumorosamente verso di loro. Maddox istintivamente si abbassò e, sulla veranda, Dean lanciò un grido. Jack fece un balzo all'indietro, respirando affannosamente – «Oddio!» – e poi si accorse che era Paul. Si avvicinava a grandi passi attraverso il prato, simile a uno scimmione che saltella fuori della foresta, con le braccia ciondolanti.
«Ki-ai! Ki-ai!»
«Idiota.» Jack scosse la testa, ridendo. «Sei… un uomo morto.»
Sulla veranda gli ospiti si lasciarono andare a una risata.
«Brutto disgraziato», esclamò Maddox. «Me la pagherai.»
Paul sembrò offeso da tutti quei rimproveri. «Ki-ai, ki-ai? Munen mushin?»
«Dove ti eri nascosto?»
Lui si passò le mani tra i capelli e scosse la testa. «Sai, mi hanno portato via su un'astronave.»
«E hanno fatto esperimenti sessuali su di te?»
«Uau, è successo anche a te? Spaventoso!» Mise poi le braccia intorno a Maddox e Jack, conducendoli verso casa. «In che anno siamo? La graziosa signora Thatcher è ancora al potere?»
In salotto, Jenna fissava Paul, incerta se ridere o piangere. Marilyn, rossa in volto, gli diede una pacca sul bicipite. «Non farlo più, grosso… grosso tricheco.» Poi, sorridendo, mise le mani sulle orecchie di Jenna perché la piccola non sentisse e, rivolta a Veronica, mormorò: «Dio non ha dato loro sangue abbastanza per far funzionare il cervello e le palle. E se provano a usare tutte e due le cose contemporaneamente… Apriti cielo!» Scosse la testa, sconsolata.
«Non lo dire a me», ribatté Veronica in tono asettico.
All'approssimarsi della pioggia, le stanze divennero sempre più calde e affollate. Giunsero altri invitati: in salotto, la pila di baguette si ridusse a un mucchio di briciole, il ghiaccio nei secchielli di acciaio inossidabile si sciolse, i piatti da portata con formaggi e chorizo si vuotarono. Qualcuno aveva trovato un CD di valzer di Strauss, e Marilyn stava ballando con Paul, saltellando tra la gente e ridacchiando. A tratti, la stanza veniva illuminata dalla luce metallica dei lampi.
Jack osservava Dean. Aveva circa la stessa età di Ewan quando questi era scomparso. Per Dean la stanza presentava le stesse dimensioni, le stesse paure, le stesse emozioni oscure. Alzandosi in punta di piedi, il ragazzino poteva vedere la trincea della ferrovia, esattamente come faceva Ewan…
«Bella casa», commentò Maddox, avvicinandosi. «Ma non l'hai certo comprata con lo stipendio da poliziotto, eh?»
Jack si voltò. La sua visione si era dissolta. «No, no.» Guardò dentro il bicchiere e spiegò: «I miei genitori. Hanno lasciato me e la casa».
«Te l'hanno lasciata?»
«No. Mi hanno lasciato insieme con la casa.» Sorrise e fece roteare il vino nel bicchiere. «Me l'hanno venduta a un prezzo basso, molto basso. Erano felici di tagliare i ponti. Con la casa e con me, naturalmente.»
«Sono ancora vivi?»
«Sicuro. Da qualche parte.»
«Interessante», disse Maddox, annuendo. «Voglio dire, è interessante che tu non ne abbia mai parlato prima.»
«Sì, be'…» Jack tossicchiò. «Un po' di vino?» chiese poi.
«Ma sì. Uno di più non mi farà male.» Maddox alzò il bicchiere. «Romaine ha dato alla cucina di Veronica la sua approvazione ufficiale. Ha fatto faville, stasera.» Svuotò per metà il bicchiere e aggiunse: «Ma ora devo andare, amico. Voglio fermarmi a Greenwich per vedere come se la cava Betts».
«Come sta andando?»
«Al momento di stringere? Da schifo.»
«Non funzionerà, vero?»
Maddox studiò il viso di Jack, poi lo prese per un braccio e lo condusse in disparte. «Detto tra me e te.»
«Sì…»
«Non ce la faremo mai. Non in quarantotto ore.»
«Non lo dirò a nessuno.»
«Grazie», sospirò Maddox. «Domani mattina alle dieci inizia la prima proroga e, quando questa sarà terminata, dovremo formalizzare l'accusa, con prove sufficienti o no; i test sierologici stanno andando per le lunghe e nell'appartamento non hanno trovato nulla. All'ufficio mandati pensano che siamo una banda di matti e tutta Greenwich ride alle nostre spalle. Inoltre…»
«Inoltre?»
Maddox bevve e si sciacquò la bocca col vino come se non gli piacesse ciò che stava per dire. Quindi continuò: «Ci ha fornito una traccia. Dice che le ragazze avevano un cliente a Croom's Hill. Ha lasciato l'ultima là, dieci giorni prima che lo fermassimo. Shellene Craw, almeno crede. Dice che ha avuto rapporti sessuali con lei. Questo spiegherebbe il pelo».
«A Croom's Hill, ha detto?»
«Sì. Sai qualcosa?»
«Steye…» Jack si avvicinò e parlò in tono basso e concitato. «È saltato fuori, questo pomeriggio: Essex e io ci stavamo lavorando sopra.»
«Ah. Va' avanti.»
«È ricco. Veramente, intendo che è nei primi cento. Ma ha un piccolo problema: il giro di droga. Coca colombiana di prima qualità, oppio del Triangolo d'Oro. Una specie di piccolo Khun Sa. È anche l'azionista di maggioranza dell'HCCPLC.»
«Che cos'è?»
«Un'azienda farmaceutica. Conosci lo Snap-Haler?»
«Mi pare di sì.»
«È per l'asma. L'HCC ha appena ottenuto la licenza per la commercializzazione a livello mondiale, le azioni stanno aumentando vertiginosamente, la vita è bella. È anche…»
Un tuono rombò sul giardino, facendo vibrare un vassoio di bicchieri tanto brillanti che il loro tremore riflesse la luce. Alcune donne sobbalzarono e Marilyn ridacchiò del suo stesso nervosismo. Paul la lasciò e andò a chiudere le porte finestre, ma Veronica lo fermò, posandogli una mano sul braccio. «No, lascia stare. Mi piace la pioggia.» Poi fissò il giardino come se fosse in attesa di qualcosa. Le gocce cominciarono a bagnare la veranda, l'odore di terra umida si diffuse nella stanza. Jack si voltò verso Maddox e mormorò: «È anche in un comitato del St. Dunstan's».
Maddox rimase immobile a osservare la pioggia. Chiuse per un istante gli occhi, poi si sistemò la cravatta e annuì. «Va' avanti.»
«Ha studiato medicina. Inietta la droga ai suoi invitati. Sai, avevo messo gli occhi su un altro, un tecnico del St. Dunstan's. Sapevo che si trattava di una pista incerta, tuttavia… E poi, bingo!, appare lui: tutto s'incastra. E adesso lei mi dice che, nel calderone, bisogna metterci anche Croom's Hill…» Sollevò il bicchiere e tracannò il vino d'un fiato. «Mi serve sorveglianza. Per una settimana. Sono tanto sicuro che ci andrei io, da solo.»
«Jack, non posso semplicemente schioccare le dita e…» Lo fissò e scosse la testa. «Va bene, va bene. Farò in modo che il capo acconsenta per quarantotto ore. Poi riesamineremo la situazione.»
«Jack, credo di conoscerti abbastanza bene per farti un bel rimprovero», esclamò Romaine prendendo sottobraccio Maddox e sorridendo a Jack. «Devi imparare la regola d'oro: non parlare di lavoro alle feste.»
«Non stavamo parlando di lavoro», obiettò Maddox.
«Stai mentendo, te lo leggo in faccia.»
«Ignorala, Jack. Vuole che me ne vada in pensione. In anticipo.»
«Devi capirlo, Jack», disse lei. «Mio marito vuole che tutti siano felici. E si dà un gran daffare per questo.»
Maddox le prese la mano, la voltò e le baciò il polso. «Abbiamo finito, prometto. Stavo solo guardando i figli di Marilyn. Sai, pensavo a Steph e Lauré a quell'età.»
«Oh, come sei sentimentale», commentò lei e lo baciò. Ma arretrò subito, storcendo il naso. «Puah! Credo proprio che guiderò io.» E, rovistando nella borsa, aggiunse: «Pensavo che dovessi lavorare, stasera».
«Infatti…» Aprì la bocca e lasciò che la moglie gli spruzzasse un po' di spray per l'alito. «Ho bevuto soltanto un paio di bicchieri.»
«È stata colpa mia: sono io l'incaricato del vino e…» disse Jack, ma poi s'interruppe di colpo, vedendo l'espressione di sconcerto apparsa sul viso di Romaine.
«Guarda», mormorò la donna, fissando le porte finestre. «Guarda dietro di te.»
Improvvisamente Jack si rese conto che anche le altre conversazioni si erano interrotte e che gli ospiti, a uno a uno, si stavano girando verso l'esterno con un'aria strana, attonita, dipinta sul volto.
«Guarda», ripeté Romaine, indicando il giardino.
Sapendo e temendo ciò che avrebbe visto, Jack si girò.
Dean era seduto sul davanzale, il viso pallido e contratto, ammutolito dall'apparizione che si era materializzata a pochi centimetri da lui. Alle sue spalle, Veronica sorrideva debolmente, come affascinata. Le porte finestre erano aperte e, nel chiarore della luce elettrica, fradicio di pioggia, i capelli radi spettinati e quasi fluorescenti ai bagliori metallici dei lampi, c'era Penderecki. Tra le braccia reggeva uno strano ammasso color ocra.
La stanza piombò in un silenzio assoluto. Incapace d'individuare con precisione che cosa Penderecki avesse in braccio, Jack rimase immobile a fissare, come istupidito, le palpebre pesanti di quell'uomo.
Penderecki si umettò le labbra carnose, sorrise e fece un passo in avanti. La folla si divise, lui ammiccò lentamente e poi, emettendo un verso simile a un sospiro, lasciò cadere ai piedi degli invitati un mucchio di ossa.