172614.fb2 Dexter il delicato - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 10

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8

Mentre guidavo diretto a sud sulla Old Cutler Road per andare a prendere Cody e Astor, trovai parecchio traffico, anche se quella sera, in quella zona della città, tutti mi parvero cortesi. Quando le corsie confluirono, un tipo al volante di un enorme Hummer rosso si fermò addirittura per farmi passare e io, cosa mai vista, acconsentii a superarlo. Mi domandai se un gruppo di terroristi avesse sciolto non so quale sostanza nel sistema idrico di Miami per renderci tutti sensibili e gentili. Prima io che sceglievo di abdicare al mio Lato Oscuro, poi Debs che quasi si metteva a piangere… e ora un guidatore di Hummer che nell’ora di punta si mostrava premuroso e servizievole. Non era forse arrivata l’Apocalisse?

Sulla strada verso il doposcuola in cui erano rinchiusi Cody e Astor non notai però nessun angelo fiammeggiante, ma ancora una volta riuscii ad arrivare entro le sei. Ad attendermi davanti all’ingresso c’era sempre la stessa donna, che agitava le chiavi e si dimenava impaziente. Quasi mi sbatté addosso i bambini, con un sorriso artificiale che non era neanche lontanamente all’altezza dei miei, poi corse alla volta della macchina parcheggiata dall’altro lato del parco.

Caricai Cody e Astor sui sedili posteriori dell’auto e mi misi al volante. Erano piuttosto silenziosi, persino Astor. Così, in virtù del mio nuovo ruolo di padre umano, decisi di sbloccare un po’ la comunicazione. — Avete passato una bella giornata? — domandai, in tono fintamente festoso.

— Anthony è uno stronzo — dichiarò Astor.

— Non si dice quella parola — la rimproverai, piuttosto scioccato.

— La dice anche mamma quando guida — si giustificò. — E comunque l’ho sentita all’autoradio.

— Non la devi usare lo stesso — spiegai. — È una parolaccia.

— Non mi puoi parlare così. Ho dieci anni — Non sono abbastanza per usarla — dissi. — E non ti preoccupare di come ti parlo.

— Allora non ti importa di quel che ha fatto Anthony? — replicò. — Ti interessa solo che non usi quella parola?

Tirai un profondo sospiro e mi trattenni a stento dal non andare a sbattere contro la macchina davanti. — Che cos’ha fatto Anthony? — chiesi.

— Ha detto che non sono sexy — disse Astor. — Perché non ho le tette.

Restai qualche istante a bocca aperta, poi, per fortuna, mi ricordai che dovevo respirare. Chiaramente ero rimasto senza parole, ma era altrettanto chiaro che dovevo dire qualcosa. — Be’… io… uhm… — farfugliai. — Voglio dire, quasi nessuno ha le tette a dieci anni.

— È un gran bastardo — fece Astor, cupa. Poi aggiunse, mielosa: — Bastardo lo posso dire, vero, Dexter?

Aprii la bocca sul punto di borbottare qualcos’altro, ma prima che potessi pronunciare una sola sillaba, Cody parlò. — Qualcuno ci sta seguendo — dichiarò.

Lanciai uno sguardo allo specchietto retrovisore. Con quel traffico, era infatti impossibile stabilire se avessimo qualcuno alle calcagna. — Perché dici così, Cody? — domandai. — Come fai a dirlo?

Lo vidi alzare le spalle attraverso lo specchietto. — L’Uomo Ombra — fece.

Sospirai un’altra volta. Prima Astor con quella raffica di parolacce e adesso Cody con l’Uomo Ombra. Mi si prospettava un indimenticabile pomeriggio da genitore. — Ogni tanto anche l’Uomo Ombra si sbaglia — dissi.

Scosse il capo. — Stessa macchina.

— Stessa di cosa?

— La stessa che c’era nel parcheggio dell’ospedale — tradusse Astor. — Quella rossa, quando hai detto che quel tipo non ci stava guardando e invece lo faceva davvero. E anche adesso, ci sta seguendo anche se tu dici che non è così.

Mi piace pensare di essere una persona razionale, persino in situazioni irrazionali, come la maggior parte di quelle in cui sono coinvolti i bambini. Ma a questo punto mi parve di avergli permesso di dare un po’ troppo libero sfogo all’immaginazione e che gli servisse una piccola lezione. Inoltre, se avevo seriamente intenzione di seguire il mio proposito e incamminarmi sul Sentiero del Bene, dovevo cominciare a distoglierli dalle loro fantasie oscure, e questo era un buon momento.

— D’accordo — dissi. — Vediamo se ci sta seguendo davvero.

Mi spostai nella corsia di sinistra e misi la freccia. Nessuno ci imitò. — Vedete qualcuno? — feci.

— No — rispose Astor, torva.

Voltai a sinistra, accanto a un centro commerciale. — E adesso, qualcuno ci sta seguendo?

— No — ripeté Astor.

Accelerai e svoltai a destra. — E adesso? — continuai allegramente. — Abbiamo qualcuno dietro?

— Dexter — grugnì Astor.

Accostai di fianco a una casa qualunque, simile alla nostra, lasciando due ruote sull’erba e il piede sul freno. — E adesso? Qualcuno forse ci segue? — dissi teatralmente, cercando di non far trapelare eccessivamente la mia vittoria.

— No — sibilò Astor.

— Sì — fece Cody.

Mi voltai per rimproverarlo e restai di sasso. Perché oltre il lunotto posteriore, a circa un centinaio di metri, una macchina puntava lenta verso di noi. La luce del crepuscolo permise di distinguere i riflessi rossastri della carrozzeria mentre avanzava a passo d’uomo nella nostra direzione, chiazzata dalle ombre degli alberi che crescevano lungo la via. Il Passeggero Oscuro, come destato da quelle ombre, si stiracchiò con cura, distese le ali e lanciò un sibilo di allarme.

Senza pensarci su, diedi violentemente gas e feci inversione a u, lasciandomi alle spalle un pezzo di prato rovinato e rischiando di investire una cassetta delle lettere. Appena riguadagnò l’asfalto, l’auto sbandò leggermente. — Tenetevi forte — ordinai ai ragazzi e, in preda a un’emozione molto simile al panico, percorsi la strada a tutta velocità, per poi svoltare a destra e rientrare nella US1.

Vedevo l’altra auto alle mie spalle, ma, entrando nella superstrada, mi trovai in vantaggio e mi infilai rapidamente nel traffico. Ripresi di nuovo a respirare, un paio di volte, mentre mi lanciavo in mezzo a tre corsie di macchine rapidissime, e poi piegavo a sinistra. Passai che era già scattato il rosso e accelerai per mezzo chilometro, finché non scorsi uno spazio in mezzo alle auto in arrivo e con uno stridore di gomme svoltai a sinistra in un’altra tranquilla strada residenziale. Superai due incroci, girai nuovamente a sinistra e mi ritrovai in una parallela della US1. La via era buia e silenziosa e stavolta alle nostre spalle non si scorgeva nessuno, neanche una bicicletta.

— Okay — feci. — Forse l’abbiamo seminato.

Dallo specchietto vidi Cody fissare oltre il lunotto, poi si voltò e confermò le mie parole con un cenno del capo.

— Ma chi era, Dexter? — chiese Astor.

— Uno squilibrato qualunque — risposi, mostrandomi più sicuro di quanto in realtà mi sentissi. — Certa gente si diverte a spaventare gli altri, senza neanche sapere perché.

— Era lo stesso — fece Cody, cupo. — Lo stesso dell’ospedale.

— Non lo puoi sapere — dissi.

— Posso.

— Si tratta di una coincidenza — replicai. — Di due matti diversi.

— Lo stesso — insistette con sdegno.

— Cody — lo ripresi. Eppure sentivo l’adrenalina scorrermi nelle vene e non mi andava di discutere, così lasciai perdere. Da grande Cody avrebbe imparato che per gli sconfinati dintorni di Miami si aggirano individui eccentrici e fuori di testa, se non peggio. Non c’era modo di scoprire perché uno di questi ci avesse seguito, e neanche aveva importanza. Chiunque fosse stato, ora non c’era più.

Per sicurezza continuai a percorrere la parallela, nel caso che il nostro persecutore stesse sorvegliando la superstrada. Inoltre, mentre il sole tramontava, era più facile individuare qualcuno alle nostre spalle in una via come questa, buia e fiancheggiata da case, piuttosto che sotto le luci aranciate della US1. Comunque non c’era nulla da vedere: due o tre volte comparvero dei fanali nello specchietto retrovisore e ogni volta si trattava di un viaggiatore pendolare diretto a casa, che svoltava nella sua via e parcheggiava nel vialetto.

Raggiungemmo finalmente la traversa che portava alla nostra casetta. Svoltai e puntai con cautela verso la superstrada, guardando in tutte le direzioni. Scorsi soltanto il traffico e nessuna auto mi parve particolarmente sinistra, così quando scattò il verde attraversai l’US1 ed effettuai le due svolte che conducevano alla nostra via.

— Okay — dissi, non appena il nostro angolo di paradiso comparve alla vista. — Non dite niente alla mamma, mi raccomando. La fareste solo preoccupare. D’accordo?

— Dexter. — Astor si protese in avanti sul sedile e indicò la nostra casa. Seguii con lo sguardo il suo dito teso e inchiodai così forte che mi vibrarono i denti.

Una macchinetta rossa era parcheggiata proprio davanti a casa, il muso puntato verso di noi. Le luci e il motore erano accesi e non si vedeva all’interno, ma questo bastò a farmi percepire il rapido frullare delle ali oscure e il sibilo rabbioso del mio Passeggero, ormai del tutto sveglio.

— Restate qui, con le porte chiuse — intimai ai ragazzi, e porsi ad Astor il mio cellulare. — Se succede qualcosa, chiama il 911.

— Se sei morto, posso scappare in macchina? — chiese Astor.

— Resta qui e basta — ripetei, poi respirai a fondo, per confondermi con l’oscurità…

— Guarda che sono capace di guidare. — La bambina si slacciò la cintura di sicurezza e si protese verso il volante.

— Astor — la richiamai seccamente, mentre percepivo dentro l’eco di un’altra voce, quella gelida del Passeggero.

Uscii lentamente e mi piazzai di fronte all’altra automobile. Non c’era modo di vedere dentro l’abitacolo, né si percepiva alcun segno di pericolo: era soltanto una macchinina rossa con i fari e il motore acceso. Avvertii l’equivalente di un rullo di tamburo da parte del Passeggero: come se si sentisse pronto per l’azione, ma senza sapere bene quale; poteva trattarsi di una motosega fiammeggiante, come di una torta in faccia.

Avanzai verso il veicolo, cercando di progettare il da farsi, cosa praticamente impossibile, visto che non sapevo che cosa volesse quel tipo, né chi fosse. L’ipotesi che si trattasse di uno squilibrato qualsiasi non reggeva più… non ora che sapeva dove abitavo. Ma chi era? Chi poteva avercela con me? Intendevo dire tra i vivi, ovviamente. A una gran quantità di mie precedenti vittime sarebbe infatti piaciuto perseguitarmi, ma non erano in grado di compiere molte azioni, a parte decomporsi.

Avanzai ancora, tentando di mantenermi pronto a tutto, altra cosa impossibile. L’altra macchina continuava a non dare cenni di vita, e il Passeggero si limitava a qualche prudente e perplesso frullio d’ali.

Quando mi trovai a circa tre metri, il finestrino del guidatore si abbassò e io mi arrestai. Per un lungo istante non successe nulla, poi dal finestrino comparve un viso, un volto familiare che sfoggiava un radioso sorriso sintetico.

— Ti sembra bello? — fece. — Aspettare tutto questo tempo e neanche dirmi che sono diventato zio?

Era mio fratello Brian.