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Anche Cass sudava. Nella luce incerta, vedevo la sua fronte brillare, lucida di minuscole bollicine.
E mi sembrava di sentire il rumore degli ingranaggi che gli giravano nella testa. Avrebbe potuto benissimo uccidermi e, con ogni probabilità, cavarsela. Bastava che trascinasse il mio cadavere fino alla macchina, che teneva sempre accanto alla porta di servizio, e lo trasportasse nel deserto. Poi mi avrebbe seppellito in un buco nella sabbia, ai piedi di una duna, a poche centinaia di metri dalla strada, e ben difficilmente allora mi avrebbero ritrovato.
La sua versione sarebbe stata semplicissima ed impossibile da controbattere. Avrebbe ammesso che ero venuto; qualcuno poteva avermi visto, o io potevo aver detto a qualcuno dove ero diretto, come lo avevo infatti detto a Charlie Sanger. Ma Cass avrebbe detto che mi aveva offerto un passaggio a Naco, vero anche questo, e che, dopo il mio rifiuto, egli aveva deciso di partire solo. Che io avevo bevuto e poi me n’ero andato, non sapeva dove. E, dopo essersi sbarazzato di me nel deserto, egli avrebbe continuato fino a Naco per crearsi un alibi, avrebbe bevuto qualche bicchiere e sarebbe tornato per mezzanotte circa, in tempo per…
In tempo per fare che cosa? Era questo il punto. Non aveva nulla da perdere a uccidermi, non potevano chiuderlo due volte nella camera a gas, ma non avrebbe avuto nemmeno nulla da guadagnare se, dopo avermi ucciso, non recuperava quell’avviso. E non si sbarazzava anche, oltre che di me, di chi ne conosceva l’esistenza, lo aveva visto o ne era in possesso. Se qualcun altro lo aveva visto. E di questo non poteva essere sicuro; secondo lui, avevo mentito per cercar di salvare la pelle. Probabilmente aveva la convinzione, ma non la certezza, che avevo trovato l’avviso, quel pomeriggio, nella stanza di Amy. E, sempre secondo lui, era possibile che non l’avessi mostrato ad altri; perchè infatti avrei dovuto farlo se solo quella sera ero giunto ad effettuare il riconoscimento? Se me lo avesse trovato addosso, in una delle tasche, non sarei certo rimasto vivo fino a quel momento.
«Un altro bicchiere?» La sua domanda era così imprevista da farmi sobbalzare.
Avrei dovuto rispondere diplomaticamente di sì o di no. Non avevo certo nessuna intenzione di farlo irritare. Ma fu più forte di me, non riuscii a trattenermi. «Il bicchiere della staffa?» domandai a mia volta. «Il bicchiere della staffa, come quello che avete dato ad Amy prima di ucciderla?»
E seppi che, se mai fossi uscito vivo di lì, non avrei più usato quel detto corrente nel suo significato originale. Sarei stato scosso da un brivido ogni volta che lo avessi sentito.
Ma egli si stava alzando. Sembrava che non mi avesse sentito o che non avesse capito quello che avevo detto. In ogni modo, si alzò, tornò dietro al banco e cominciò a riempire due bicchieri abbondanti, terribilmente abbondanti. Aggiunse il ghiaccio.
Aveva sempre la rivoltella a portata di mano, sul banco, ma ora era più trascurato, e mi voltava la schiena più a lungo che non le volte precedenti. Forse sperava davvero che tentassi di fuggire, per aver modo di cogliermi al volo, da sportivo in un certo senso.
Dovevo tentare? Non sapevo se fosse un abile tiratore o meno. Forse sarei riuscito a raggiungere la porta e ad aprirla prima che un proiettile mi colpisse… o mi colpisse in un punto vulnerabile. Forse avrei potuto…
E allora, prima che avessi il tempo di decidermi, ecco che accadde. Ci fu un rumore cigolante, come se qualcuno avesse cercato di abbassare la maniglia della porta d’ingresso, poi un colpo, secco e deciso, venne bussato sul cristallo.
Mi alzai e mi diressi verso la porta mentre la mano di Cass si stringeva intorno al calcio della rivoltella. Dissi (e credo che la mia voce fosse calma): «È Charlie Sanger. Sparate pure adesso, se avete intenzione di farlo, ma con Charlie là fuori nessuno scambierà certo la detonazione per il rumore di uno scappamento.»
E continuai dritto, mentre i brividi mi correvano giù per la schiena, in attesa che il proiettile mi colpisse da un momento all’altro.
Stavo spingendo indietro il catenaccio per lasciare entrare Charlie Sanger quando la rivoltella fece sentire la sua voce. E il proiettile fece centro, ma non su di me. In una frazione di secondo, dopo quel colpo bussato alla porta, avevo fulmineamente capito che non avevo niente da perdere, in ogni modo, che Cass non mi avrebbe certo sparato se la mia morte non gli avesse dato almeno la possibilità di fuggire.
E la mia intuizione risultò esatta. Nei pochi secondi che mi furono necessari per raggiungere la porta Cass era giunto alla conclusione che un proiettile nella testa avrebbe rappresentato una morte più rapida e più facile che non la camera a gas.
«Che cosa diavolo sta succedendo?» chiese Charlie Sanger.
Il Bar Sinistro, l’insegna al neon di Cass, mi aveva salvato. Quando aveva chiuso, si era dimenticato di spegnere quella. Senza di che, Charlie si sarebbe limitato ad abbassare la maniglia, per essere ben sicuro che Cass aveva dato di chiave, ma non si sarebbe certo fermato, non avrebbe insistito, non avrebbe bussato. Ma aveva visto l’insegna al neon accesa ed aveva invece bussato, perchè aveva pensato che forse Cass era ancora là dentro a riordinare, e in questo caso lo avrebbe avvertito che si era dimenticato di girare l’interruttore collegato all’esterno.
Quasi un’ora dopo, e non erano ancora le nove, ero nell’ufficio di polizia, a battere una deposizione che era quasi finita. McNulty, che era arrivato solo pochi minuti dopo di me, stava leggendo al disopra della mia spalla mentre lavoravo a macchina. Da principio aveva cercato di interrogarmi, ma era bastato che cominciassi a scrivere perchè si convincesse che avrei fatto più in fretta a quel modo, ed io non vedevo l’ora di sbrigarmela perchè di lì a poco Tom Acres avrebbe chiuso il suo numero. A meno che non volesse che chiamassi prima Tom e gli trasmettessi l’articolo e poi… McNulty si era rassegnato a lasciarmi fare a modo mio.
Poi ecco comparire Hetherton — non sono mai riuscito a sapere chi gli avesse telefonato per avvertirlo che il caso era risolto — che prima dava una rapida occhiata ai fogli che avevo già scritto e poi continuava a leggere sopra una mia spalla mentre McNulty leggeva sull’altra.
Quando finii, tutti e due mi erano, più o meno, addosso. Tolsi l’ultimo foglio dal rullo e lo firmai. Chiesi a McNulty: «Volete che sigli anche tutte le pagine precedenti?»
Mi rispose che l’idea gli sembrava buona, e lo accontentai. Poi mi alzai e mi diressi verso la porta. McNulty aveva già sollevato il ricevitore e stava chiedendo una comunicazione con lo sceriffo a Douglas. Hetherton era intento a leggere una seconda volta, e con maggiore attenzione, il mio pezzo. Nessuno mi badava, ed io me la battei in fretta.
Entrai nell’ufficio del giornale, accesi la luce, mi sistemai comodamente sulla poltrona e presi il telefono. Ebbi fortuna, perchè fu la voce di Doris a rispondermi.
«Cara,» dissi, «dammi Tom Acres. E, se appena puoi, ascolta anche tu. Il caso di Amy Waggoner è stato risolto.»
«Bob! Chi l’ha uccisa? E chi è stato a scoprirlo?»
«L’ha uccisa Cass Phillips. Ed a scoprirlo sono stato io. E adesso taci, cara, e passami Tom; siamo quasi all’ora della chiusura, ed ho un mucchio di roba da trasmettergli.»
Meno di un minuto dopo stavo parlando con Tom.
Ero arrivato circa alla metà del pezzo quando entrò Hetherton. Mi passò davanti e si mise a sedere alla sua scrivania, guardandomi in silenzio ed ascoltando quello che stavo dicendo nel microfono.
Quando dissi: «Questo è tutto, Tom», Tom rispose: «Bel colpo! Vi farò pagare un extra per questo, non so ancora di quanto perchè devo parlare prima con il proprietario, ma vi assicuro che cercherò di ottenere il massimo. E, se avete avuto l’intelligenza di fare quello che avete fatto, come mai non riuscite a escogitare il sistema per costringere quel bastardo di Hetherton a licenziarvi?»
Guardai Hetherton, nella speranza che avesse sollevato il ricevitore e fosse in ascolto della nostra conversazione. Ma rimasi deluso.
Dissi: «Ma si tratta di una cosa che potrei fare, ecco.»
«Parlate sul serio?» Il tono di Tom era in parte giubilante ed in parte incredulo.
«Forse sì. Vi richiamerò, in ogni modo. Arrivederci.» E interruppi la comunicazione.
Guardai il mio padrone e dissi: «Hetherton, ho un problema da risolvere.» Era la prima volta che, parlando con lui, lo chiamavo Hetherton e non signor Hetherton.
Ammesso che se ne fosse accorto, non fece commenti. «Sì?»
«Ho taciuto qualcosa nella dichiarazione che ho reso a Mac. E in quello che ho raccontato a Tom. Non che fosse una menzogna: non era tutta la verità, semplicemente. Ho detto che, mentre parlavo con Cass, prima che il putiferio avesse inizio, ho ricordato di aver visto, chissà quando e chissà dove, un avviso della polizia con il ritratto di James Norcutt. Non ho specificato dove, e voi invece lo sapete benissimo.» Con un cenno della testa indicai la cassaforte. «Circa il quando, sapete ormai che è stato oggi nel pomeriggio; ricordate perfettamente di avermi lasciato qui da solo, con la cassaforte aperta, perchè dessi un poco di denaro a vostra moglie.»
«Assurdo,» replicò freddamente. «Non esistono avvisi della polizia nella cassaforte.»
Annuii. «Non ne dubito. Quando, stasera, avete saputo che il caso era stato risolto e che Cass si era suicidato, avete pensato, per prima cosa, di venire qui e di distruggere quel pezzo di carta, per passare più tardi nell’ufficio della polizia. A quest’ora l’avviso deve essere ridotto in cenere, e cenere ben ben polverizzata, quanto a questo.»
«Assurdo,» ripeté. E aggiunse: «Non potete dimostrarlo.»
«Non posso,» ammisi. «Così, se ne parlassi, sarebbe la mia parola contro la vostra. Ma c’è un’altra cosa che ho taciuto nella mia deposizione, una cosa che Cass mi ha detto. Direttamente, non ha niente a che vedere con il delitto, e di conseguenza ero nel pieno diritto di tacerla.
«Cass mi ha detto che, quando è arrivato al motel mercoledì sera, un uomo era in visita da Birdie, e che egli ha aspettato che quest’uomo uscisse prima di bussare alla porta di Amy. Ha riconosciuto quell’individuo, ma non mi ha detto chi era.»
Guardai Hetherton, chiedendomi per un istante se per caso la mia ipotesi non era sbagliata, ma giunsi alla conclusione che non era possibile. A prima vista, sembrava pazzesco che, fra tutti, proprio Hetherton avesse una relazione con Birdie. Ma gli opposti possono provare una attrazione reciproca; un ometto magro e smilzo aveva maggiori possibilità degli altri di sentirsi attirato da un donnone rozzo e vitale come Birdie Edwards. E poteva anche essere vero il contrario, a meno che Birdie non ricavasse qualche vantaggio concreto da un simile stato di cose.
E poi, Birdie rappresentava quanto di più opposto si potesse immaginare alla moglie di Hetherton. Con gli occhi della mente rividi la signora Hetherton: piccola, magra, scostante e sostenuta.
Dissi: «Hetherton, quell’uomo eravate voi.»
Hetherton stava calando le arie. Ripeté: «Assurdo!» Ma questa volta aggiunse: «È soltanto una vostra supposizione. Questa volta non si tratterebbe nemmeno della vostra parola contro la mia.»
«Vero,» ammisi. «Ma anche una supposizione può diventare importante se la si ricollega al fatto che voi eravate in possesso di quell’avviso. E, secondo me, potete esserne entrato in possesso in un modo soltanto. Birdie ficca il naso dappertutto, e Amy deve averla incuriosita più di tutti gli altri suoi clienti. Certo ha frugato nella stanza di Amy, ed ha trovato quell’avviso.
«E la cosa deve averla lasciata perplessa. Non credo che abbia ravvisato nella fotografia Cass; non lo conosceva molto bene. Ma forse quel viso le è riuscito vagamente familiare, ed allora ha prelevato il foglio dal nascondiglio dove Amy lo teneva e ve lo ha mostrato durante il vostro appuntamento seguente. E voi lo avete riconosciuto, perchè, in caso contrario, non vi sareste fatto dare l’avviso. Secondo me, non avete detto a Birdie chi era, ma, con qualche pretesto, l’avete convinta a lasciarvelo portare via.
«Non so perchè. Guadagnate molto e molto di più di quello che guadagnava Cass e non è possibile che aveste in animo di ricattarlo. Ma forse vi piaceva l’idea di esserne in possesso, lo consideravate qualcosa di simile a un asso nella manica. Qualcosa che avreste sempre potuto adoperare, quando se ne fosse presentata l’occasione. Credo che vi piaccia di avere il potere sugli altri, come il potere di farmi lavorare per voi per un altro anno quando sarei in grado di guadagnare di più, e di imparare di più sul lavoro giornalistico, da qualche altra parte.»
«È tutto un lavoro di immaginazione il vostro, Spitzer. Lo ammettete anche voi. E non avete la minima prova. Se osate rendere di pubblica ragione una storia del genere…»
«Non ci penso nemmeno. Non mi sono mai piaciuti né i pettegolezzi né i lavori di fantasia. Ma sto pensando se non è il caso che dica a McNulty, e che lo ripeta sotto giuramento all’inchiesta, le due cose che conosco di scienza mia, i due fatti sui quali si fondano le mie ipotesi. Primo: dove e quando ho visto quell’avviso della polizia. Secondo: che Cass mi ha detto di aver visto, alla una di notte di mercoledì, uscire dalla stanza di Birdie un uomo che conosceva, ma di cui non mi ha fatto il nome.
«E credo che molte persone, a cominciare da McNulty, il quale è molto più furbo di quello che immaginavo, accetterebbero per vere le mie affermazioni e giungerebbero alle stesse conclusioni alle quali sono giunto io. Non avrei bisogno, immagino, di esporre ad alta voce le mie deduzioni.»
Lo avevo fatto sudare, e sapevo che la mia ipotesi corrispondeva alla realtà, dal principio alla fine. Il suo viso non era minimamente mutato, ma aveva la fronte lucida di goccioline umide. Chiese: «Si tratta di un ricatto, Spitzer?»
«No. La mia coscienza lotta semplicemente per decidere, se devo riferire questi due fatti che non sono lavoro dell’immaginazione, se è o meno mio dovere di denunciarli. Qualunque cifra intendiate offrirmi, e spero che non siate così sciocco da offrirmi del denaro, e qualunque cosa intendiate fare, licenziamento compreso, non faccio promesse. Ma devo ammettere che, se non fossi più in questo giornale, in questa città, se non lavorassi più per voi e non dovessi più vedervi tutti i giorni, ci penserei meno. Avrei altre cose di cui preoccuparmi, sulle quali riflettere. Ma, qui o altrove, non faccio promesse. Il minimo che meritate è di tremare un poco… di chiedervi continuamente che cosa ricorderò all’inchiesta.»
Mi fissò a lungo, ed io sostenni il suo sguardo, impassibile. Alla fine disse: «Siete licenziato.»
Tutto era stato semplicissimo. Ricatto? No, in fondo; Hetherton non aveva modo di sapere e non intendeva correre rischi, ma io non avevo la minima intenzione di rivelare i fatti, né all’inchiesta né altrove. Cass era morto e il caso era chiuso. Solo il desiderio di vendetta avrebbe potuto spingermi a suscitare uno scandalo che avrebbe travolto non solo Hetherton ma anche Birdie. E, anche se avessi potuto danneggiare Hetherton senza fare del male a Birdie, avrei taciuto. Lo avevo già deciso, e stavo semplicemente bluffando.
Presi il telefono, e fu la voce di Doris a rispondermi. «Doris,» dissi, «hai ascoltato tutto quello che ho trasmesso a Bisbee?»
«Sì, caro. E che cosa era, alla fine della conversazione, quella storia di una certa qual possibilità di venire licenziato?»
«Passami ancora Tom Acres e lo saprai. E questa volta ascolta bene, anche se le spie del centralino continuano ad accendersi e spegnersi.»
Quaranta secondi dopo dicevo a Tom: «Sono stato licenziato.»
«Meraviglioso! E siete stato anche assunto. Quando volete cominciare? Lunedì? O volete prendervi una settimana di riposo e cominciare l’altro lunedì?»
«Ve lo farò sapere dopo aver parlato con Doris, Tom.»
«Benissimo, cominciate quando volete. E non pensate più a quell’extra per l’articolo di stasera. Ho dovuto lottare con il proprietario per farvene assegnare uno decente. Ma adesso, invece, comincerete a settantacinque la settimana e non più a sessantacinque. Sono io a stabilire gli stipendi, e non ho quindi bisogno di chiedere autorizzazioni per questo.»
«Fatto. E adesso lasciate libera la linea. Doris sta ascoltando e devo parlarle.»
Ed ecco la voce di Doris a interromperci. «Salve, Tom. E arrivederci.» Tom rise, e ci fu uno scatto mentre la comunicazione veniva interrotta.
Dissi: «Doris, ora che ci ripenso, ti chiamerò più tardi dal telefono pubblico dell’emporio. C’è qui qualcuno, e ciò che devo dirti è… bene, personale. Non allontanarti.»
Riagganciai e mi alzai. Sulla soglia, mi voltai e dissi: «Arrivederci, signor Hetherton.» Ma non rispose, e ne fui contento. Aveva un’aria vecchia ed abbattuta, e mi sentivo spiacente per lui. Se si fosse mostrato gentile al momento del congedo, mi sarei sentito ancora più spiacente, ed era una cosa, questa, che non volevo.
Sull’altro marciapiede, davanti all’ufficio di polizia, vidi Charlie Sanger; aveva l’abitudine di uscire spesso per respirare una boccata d’aria e per guardarsi attorno. Lo salutai con un cenno, ed egli mi rispose.
Puntai in direzione dell’emporio.
E mancò poco che andassi ad urtare contro Herbie Pembrook, che mi guardava con aria minacciosa, come sempre. Avevo completamente dimenticato i miei sospetti nei confronti di Herbie. Era per caso diretto al giornale per saldare i conti con me? Era così, a quanto pareva. Mi bloccò e mi puntò un dito sul petto. «Voi,» disse, «siete stato nella mia stanza, questo pomeriggio. E io non…»
Non lo lasciai finire. Mi sentivo in quel momento pieno di coraggio e di decisione: non intendevo lasciare Mayville senza aver sistemato le cose con Herbie. Anche a pugni, se era così che la voleva. Il tempo e il luogo erano quanto di più indicato si potesse immaginare per una rissa, perchè Charlie era lì, a pochi passi, e non ci perdeva d’occhio. Se Herbie avesse fatto ricorso a mezzi sleali, avesse impugnato il coltello, Charlie sarebbe arrivato in tempo a bloccarlo.
«Sì,» lo interruppi. «Sono stato nella vostra stanza, perchè pensavo che forse eravate stato voi ad uccidere Amy. Adesso so che non siete stato voi. Me ne vado di qui, forse domani, ma non voglio che pensiate che me la batto perchè me lo avete detto voi. E, prima che me ne vada, se andate in cerca di rogne…»
Ma non terminai la frase, sbalordito. Ero sbalordito perchè il cipiglio minaccioso si era improvvisamente trasformato in un ampio sorriso. «Non vado in cerca di rogne, se ve ne andate. Non ho niente contro di voi. Buona fortuna.»
Si voltò e si avviò nella direzione dalla quale era venuto, mentre io continuavo a fissare la sua schiena, più sbalordito che mai. Poi mi rivolsi a Charlie e vidi che stava attraversando la strada verso di me. Forse la vista di Charlie aveva persuaso Herbie a battersela, ma… quel sorriso era stato sincero, sincero come il suo cipiglio di pochi secondi prima; Herbie non era certo un attore. Ed era stato sincero anche quando mi aveva augurato buona fortuna.
«Che diavolo succede?» chiesi a Charlie.
«Siete in urto con Herbie, per caso?» Mi parve di notare nei suoi occhi una espressione divertita.
«Lo ero. Ma…» E gli raccontai tutto. Prima che finissi, egli scoppiò a ridere.
«Avrei dovuto parlarvi di lui già da molto tempo. Me ne sono dimenticato. Herbie è innocuo… ma se la prende sempre con i giovani cronisti del Sun. E non è che sia pericoloso per loro, cerca soltanto di spaventarli e di costringerli ad andarsene. Non ha nulla contro di loro personalmente.»
«Ma perchè? Che cosa ha contro i cronisti del Sun?»
«Solo contro quelli giovani e di bell’aspetto. In genere, con lo stipendio che paga, Hetherton riesce a trovare unicamente ragazzini appena usciti dalla scuola o vecchi giornalisti qualificati che non riuscirebbero a sistemarsi altrove. Ma ogni tanto, per un breve periodo di tempo, si assicura qualcuno come voi… ed è allora che Herbie si preoccupa. I ragazzi e i vecchi non gli fanno né caldo né freddo.»
«Ma perchè?»
Charlie tornò a ridere. «Herbie è innamorato. Innamorato come un collegiale. È innamorato di Alicia Howell da quando avevano tutti e due dieci anni. Alicia è al Sun, ed Herbie si si preoccupa e diventa geloso quando a lavorare con lei c’è qualcuno più o meno della sua stessa età. Ha paura allora che Alicia si innamori.»
«Mio Dio!» esclamai. «Alicia Howell…»
«Già. Come vi ha già detto Herbie, buona fortuna.» E si diresse con passo strascicato verso la porta dell’ufficio di polizia, lasciandomi più sbalordito che mai; se i fatti erano stati tali da rendermi perplesso, la spiegazione era addirittura incredibile. Povero Herbie Pembrook, innamorato senza speranza per tutti quegli anni… E povera Alicia Howell, che certo non aveva mai incoraggiato Herbie, ma che probabilmente non era riuscita mai e non sarebbe riuscita mai a trovarsi un altro spasimante…
Dovetti scuotere la testa per schiarire le idee prima di entrare nella cabina del telefono e di chiudermi la porta alle spalle. Infilai la moneta nella scanalatura e subito fui in linea con Doris.
«Cara,» dissi, «saresti disposta a sposarmi subito?»
«Certo, Bob. Vediamo un poco… non ho bisogno di dare preavviso qui perchè ci sono già due ragazze in attesa di assumere il posto di centraliniste… ma comunque saranno necessarie almeno quarantotto ore. La prova del sangue e tutte quelle altre formalità. Com’è il tuo sangue?»
«Bollente. Ma ho un’idea migliore. Potremmo sposarci al Messico stasera. Strada facendo, preleviamo Tom e sua moglie come testimoni, e… Bene, se ti passassi a prendere a mezzanotte, al termine del tuo turno, saremmo là per la una.»
«Bob, mezzanotte è troppo tardi per partire per il Messico.»
«E va bene.» Ero deluso, ma in fondo non avevo mai creduto che acconsentisse ad una cerimonia così precipitosa. «Domani allora?»
«Non intendevo questo. Volevo dire che, dal momento che mi dimetto e dal momento che non c’è molto lavoro stasera… Carmelita sarà in grado di cavarsela con un solo centralino, e che differenza fa se lavoro altre due ore o me ne vado subito? Mi vuoi aspettare qui fuori dopo avermi dato il tempo necessario per lavarmi la faccia e per rivestirmi?»
«Vengo subito.»
E, per fare più in fretta, corsi verso il punto dove avevo lasciato la macchina.