173636.fb2 Il bicchiere della staffa - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 7

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Ella comparve pochi minuti dopo la mezzanotte.

«Non possiamo restare fuori molto, Bob. Non spingerti molto lontano.»

«Bene,» feci. Mi avviai. «Se sei stanca, che ne diresti di un bicchierino prima di uscire di città?»

«Credo… credo di non aver voglia di entrare in un bar, Bob.»

«Non c’è bisogno che tu entri. Mi procurerò una bottiglia e potremo berne un sorso quando ci fermeremo.»

Dato che eravamo vicino al Filone, svoltai nel parcheggio e mi fermai. «Torno subito,» le dissi, scendendo.

Il Filone era così silenzioso che mi ci vollero un paio di secondi per rendermi conto che il numero dei clienti era, più o meno, quello solito, dodici o quindici, per la mezzanotte di una giornata infrasettimanale. Il grammofono non suonava, e quando guardai per caso da quella parte notai che aveva anche le luci spente; la spina era stata tolta dalla presa di corrente e giaceva per terra, lì accanto. Le conversazioni si svolgevano in un tono appena sussurrato.

Improvvisamente capii. Anche se non se ne rendevano conto, si trattava di una veglia funebre per Amy Waggoner. Quasi tutti lì dentro la conoscevano meglio di me. A Mayville quel bar era stato la sua casa più ancora del motel dove dormiva. E lì, probabilmente, quella sera, il lutto per la scomparsa di Amy era più sentito che altrove.

I pochi che conoscevo mi salutarono con un cenno mentre andavo al banco dietro il quale troneggiava Willie Zenkovich. Non mi domandò che cosa volevo; mi chiese: «Qualcosa di nuovo su Amy?»

«Poca roba, Willie. Niente tracce, niente indizi.»

Ma egli continuava a guardarmi con aria interrogativa: voleva essere messo al corrente di ogni più piccolo particolare. Ma non potevo fare aspettare Doris, e improvvisamente ricordai la copia del Sun che avevo in tasca. La presi e la buttai sul banco. «Copia omaggio,» dissi. «Con il poco che sono riusciti a sapere qui.»

«Grazie, Bob.» Ma si dominò abbastanza per chiedermi che cosa volevo, prima di prendere il giornale. «Il solito whisky e acqua?»

Scossi la testa. «Una mezza bottiglia da portare via. Dovrebbe bastare a… No, fate una bottiglia.» Mi ero ricordato in quel momento che quella che avevo a casa era finita.

«Certo.» Willie incartò una bottiglia della mia solita marca, ed io pagai.

Come fui di nuovo in macchina, portai Doris fuori di città, oltre il motel di Birdie, Tutte le luci del motel erano spente, salvo un’insegna al neon che diceva: «Posto disponibile» e un’altra, più piccola, sopra la porta di Birdie, con la parola «Ufficio».

Fra il posto disponibile non andava considerata la stanza di Amy, naturalmente. Ella era all’obitorio, ormai, e non sarebbe più tornata, ma le sue cose erano ancora lì, in quella che era stata la scena del delitto.

Doris mormorò: «Posto disponibile», e seppi che anche lei pensava ad Amy, anche se l’aveva conosciuta solo di vista.

Guidavo adagio; non avevamo una meta precisa. «Doris, sei riuscita ad ascoltare tutt’e due le telefonate che ho fatto a Tom Acres?»

«La prima soltanto; la seconda no; c’era molto da fare in quel momento, e quando Tom ha risposto ho dovuto pensare ad altro.»

Meglio così: tutti i fatti più importanti erano stati trasmessi con la prima telefonata. Non mi ci volle molto per completarle il quadro.

«Povera donna!» esclamò. «Secondo te, è stata una rapina?»

«No. Cioè, non è stata una semplice rapina, anche se il denaro non era più nella borsetta. Ma può darsi che l’assassino mirasse a qualcosa d’altro, perchè ha perquisito abbastanza a fondo la stanza.»

«Ma se era addormentata o svenuta, che bisogno aveva di ucciderla? Avrebbe potuto…» Si interruppe, perchè le era apparsa evidente la risposta ad una domanda del genere. «Già,» continuò poi. «Lo conosceva, perchè, in caso contrario, non lo avrebbe lasciato entrare. E il mattino dopo, quando si fosse accorta che mancava qualcosa, avrebbe saputo chi era stato a portarlo via. E… secondo me questo significa che l’assassino l’ha trovato.»

«Perchè?»

«Se no, che bisogno avrebbe avuto di ucciderla? Dato che lei era svenuta, poteva frugare finché voleva senza ucciderla, non ti pare? Perchè correre il rischio di commettere un delitto se non aveva trovato quello che cercava?»

«Abbastanza convincente,» convenni. «Ma c’è un’altra possibilità, egualmente convincente. L’assassino non cercava niente. Aveva semplicemente un. motivo per desiderare la morte di Amy, e l’ha uccisa. Poi ha messo un po’ di disordine nei cassetti e nell’armadio ed ha preso il denaro che c’era nella borsetta per creare confusione, per fare pensare a una rapina.»

«Ma, Bob, avrebbe potuto creare una confusione molto maggiore. E in una maniera molto più semplice.»

«Il microfono è tuo. Avanti. In che modo?»

«Avrebbe potuto far sparire quell’avanzo di whisky e non limitarsi a ripulire i bicchieri dall’esterno, per cancellare le impronte digitali, avrebbe potuto anche asciugarli. E così avrebbe avuto due vantaggi. Primo, non avremmo saputo che Amy lo conosceva; l’assassino sarebbe potuto essere chiunque, un estraneo, con un movente ignoto. Secondo: tutto sarebbe venuto ad assomigliare molto di più ad una normale rapina. Specie se, uscendo, non si fosse chiuso la porta alle spalle.»

«Sei riuscita ad arrivare a qualcosa, ma non so di che si tratti. Sì, se non avesse chiuso a chiave la porta quando è uscito, si sarebbe pensato che l’aveva trovata così. Che Amy si era dimenticata di chiuderla. In questo caso, lui sarebbe entrato, l’avrebbe assassinata nel sonno… Accidenti, così veniamo a trovarci in un complicatissimo ingranaggio. Devo cercare di spiegarti qualche meccanismo?» Poi mi resi conto che ci eravamo già allontanati di diverse miglia dalla città e dissi: «Ma aspetta un momento.»

Ai lati della strada il terreno era piatto, sterminato. Sterzai, mi portai una dozzina di metri circa fuori dalla statale e spensi fari e motore.

Attirai a me Doris e la baciai. Un bacio lunghissimo. Ella alla fine si scostò. «I meccanismi,» mi ricordò.

Sospirai. «Va bene. Ma prima…» Sollevai il braccio che la cingeva alla vita ed aprii lo scomparto dei guanti. Presi la bottiglia, l’aprii e pescai fuori dallo stesso scomparto due bicchieri di carta cerata. Ne riempii uno e lo tesi a Doris. «Per quella stanchezza alla quale hai accennato prima,» dissi.

E un minuto più tardi attaccai: «E adesso parliamo un po’ di quei meccanismi. Hai ragione: sarebbe stato semplicissimo per l’assassino non lasciare indizi da cui si potesse dedurre che aveva bevuto con Amy, che ella lo conosceva e lo aveva fatto entrare. Come hai detto tu, gli sarebbe bastato far sparire la bottiglia, lavare e asciugare i bicchieri e lasciare la porta socchiusa. Tutto questo non gli avrebbe richiesto molto tempo, e a quanto pare aveva a sua disposizione tutto il tempo che voleva. Allora… perchè non ha fatto una cosa tanto semplice? Se lo avesse fatto, non saremmo giunti alla conclusione alla quale siamo giunti: che l’assassino conosceva Amy, e anche piuttosto intimamente, per di più. Forse era proprio questo che voleva farci credere? E se avesse portato con sé apposta la bottiglia, per lasciarla là, per fare apparire il delitto qualcosa che non era?»

«Capisco che cosa vuoi dire con la tua storia degli ingranaggi,» osservò Doris. «Avanti, continua.»

«Questo starebbe a indicare che l’assassino non conosceva affatto Amy, che le era completamente sconosciuto. Il che vorrebbe dire che era un criminale di professione, un sicario. E conosciamo una sola persona che potrebbe aver avuto tutti i motivi per ucciderla.»

«L’ex marito, per evitarsi di pagare gli alimenti? Non mi sembra un motivo molto convincente.»

«No? Riflettiamo un momento. A quanto pare, Amy viveva soltanto di quegli alimenti. Partiamo dal punto di vista che per vivere le servissero quattromila dollari all’anno, e potrebbe essere stata anche una cifra più alta. Solo per bere spendeva più di cinque dollari al giorno, il che fa, da solo, quasi duemila dollari all’anno. Quattromila dollari all’anno rappresentano una cifra niente affatto trascurabile che doveva pesare al marito, a meno che non faccia parte della categoria ad altissimo reddito, doveva essere una specie di palla di piombo al piede. Se guadagna, ammettiamo, meno di diecimila dollari all’anno, il salasso non era certo indifferente.»

«E si trattava di una condanna a vita, fino a quando o lui o Amy non fossero morti. Chi beve come beveva Amy non vive in genere fino a tarda età, ma ella, alcoolismo escluso, sembrava in ottime condizioni di salute e avrebbe potuto facilmente scampare per altri venti anni almeno. Anche se avesse dovuto pagare un sicario cinquemila dollari, egli sarebbe venuto a realizzare un ingente guadagno, si sarebbe tolto di dosso quel peso per tutto il resto della sua vita. Ma non credo che la tariffa sia così alta. Sei sempre d’accordo con me?»

«Sì, caro.» Mancò poco che quel «caro» mi distraesse, ma resistetti virilmente e continuai:

«Ha assoldato un sicario, un tipo in gamba che avrebbe sbrigato l’incarico e sarebbe stato in grado di farlo apparire qualcosa che non era. Non chiamiamolo assassino, e nemmeno X: sarebbe una cosa troppo comune.»

«Chiamiamolo Vasserot.»

«Va bene, ma chi è Vasserot? O chi era?»

«Non ne ho la minima idea. Ma Archibald MacLeish si serve di questo nome nel primo verso del suo sonetto La fine del mondo: “Inatteso come Vasserot…” Il nome non ha un suono piuttosto sinistro?»

«Certo. Waggoner rimane a Seattle… o dovunque sia… per avere un alibi e Vasserot viene qui. Conosce soltanto il nome della cittadina, perchè gli alimenti vengono spediti fermo posta, ma immagina che non gli sarà difficile rintracciarla in un centro così piccolo, e infatti la cosa non deve aver presentato per lui difficoltà alcuna. E, una volta che l’ha individuata, può esserle girato alla larga, senza rivolgere domande che la riguardassero, pur venendo a sapere dove abitava e a scoprire sulle abitudini di lei quel tanto che bastava ai suoi scopi.

«Mercoledì sera ha aspettato che tornasse a casa, probabilmente ha lasciato la macchina dall’altra parte della strada, fra gli alberi di fronte al motel, in un punto da dove poteva sorvegliare la porta della stanza di lei. L’ha vista entrare, sola, accendere la luce e, poco dopo, spegnerla. Ha aspettato più o meno un’ora per essere ben sicuro che fosse addormentata. Poi è entrato, e una serratura di quel tipo non doveva certo presentare difficoltà alcuna per un professionista come lui. Né doveva preoccuparsi di poterla svegliare, una persona anche lievemente ubriaca è come morta al mondo durante la prima ora di sonno. Amy dorme sulla schiena. Lui si serve di una torcia elettrica, ma concentra il fascio luminoso lontano dagli occhi mentre la uccide, un colpo rapido e preciso come quello di un chirurgo con il bisturi… Sai, Doris, basta questo a far pensare al lavoro di un professionista, non a quello di un dilettante. Non sembra anche a te?»

«Può darsi. Ma ciò non dimostra niente. Moltissimi che non sono né criminali né chirurghi sanno dov’è il cuore. Ma, Bob, la pugnalata non ha trapassato il lenzuolo, e di conseguenza o Amy giaceva scoperta, o l’assassino ha abbassato il lenzuolo. Perchè poi lo ha rialzato?»

Mi strinsi nelle spalle. «Non riesco a immaginarlo… a meno che non lo abbia fatto per non distrarsi a guardarla. Il corpo di Amy era di quelli che favoriscono le distrazioni. Specie il seno.»

«Ha distratto te? Non importa, non rispondere a questa domanda. Avanti. Torniamo a Vasserot.»

«Ha fatto tutto il resto per confondere la polizia e per farla procedere in tre direzioni sbagliate. Ha finto di perquisire la stanza per dare l’idea di sapere che lei doveva tenere nascosto qualcosa di grande valore. Ha portato con sé il whisky, ha sciacquato con quello i bicchieri e li ha lasciati in vista, assieme alla bottiglia per far pensare che ella aveva bevuto con il suo assassino e che, di conseguenza, doveva conoscerlo bene. E girare la chiave in modo che la porta si chiudesse alle sue spalle deve essere stato un altro particolare preordinato, perchè doveva intendersene di serrature, quell’uomo, se ha aperto con tanta facilità.»

«E poi, Bob, in questo modo aveva a sua disposizione maggior tempo per allontanarsi. Se la porta non fosse stata chiusa dall’interno, Birdie probabilmente sarebbe entrata prima.»

«Circa quattro ore prima. Di solito Birdie riordina le stanze dopo pranzo, e Amy usciva quasi sempre a quell’ora. Così come stavano le cose, Birdie ha pensato che Amy doveva essersi addormentata più tardi del solito, e non si è preoccupata fino a pomeriggio inoltrato. Naturalmente, Vasserot non poteva sapere quanto tempo avrebbe guadagnato lasciando chiusa la porta dall’interno, ma sapeva certo che non ne avrebbe perduto.»

«È una spiegazione piuttosto complicata, Bob, ma potrebbe essere valida. Intendi parlarne con McNulty?»

«Certo. Non che ci sia bisogno di suggerirgli di controllare gli sconosciuti che sono capitati qui. Specie quelli che sono arrivati poco prima dell’assassinio di Amy e che ci sono ancora o sono appena partiti.»

«Uh-uh. Ma Vasserot, se ha avuto l’intelligenza di predisporre tutto come hai detto tu, dovrebbe sapere anche questo, Bob. Non credo che avrebbe messo il suo nome, o magari un nome falso, sul registro di un albergo o di un motel. Sai che cosa avrei fatto io al suo posto?»

«Che cosa? Avresti dormito in macchina, in modo da non dover scendere da nessuna parte?»

«No, mi sarei fermata a Bisbee o a Douglas e sarei venuta qui ogni mattina per tornare ogni sera. In un caso e nell’altro, è poco più di un’ora di macchina.»

«Buona idea. Anche di questo parlerò a Mac. Non si tratta della sua giurisdizione, e così dovrà incaricarsene lo sceriffo.»

«Bob, spero che tu abbia ragione. Spero, cioè, che sia stato uno sconosciuto ad ucciderla e che quei bicchieri rappresentino un falso indizio. È troppo orribile pensare che ad ucciderla sia stato qualcuno che conosceva e che aveva in simpatia fino al punto da invitarlo ad entrare a bere. Magari dopo aver… Credi che dall’inchiesta risulterà se è andato a letto o meno con lei? Questo sarebbe davvero…» Fu scossa da un piccolo brivido.

«In questo modo verrebbe ad apparire più spregevole che mai, sì. E credo che, in un modo o nell’altro, siano in grado nel corso dell’inchiesta di appurare tale particolare. Incidentalmente, se hanno realmente avuto rapporti intimi, la mia idea di un assassino prezzolato viene a perdere qualsiasi valore.»

«Bob, smettiamola di parlare di Amy. È già tardi. Beviamo ancora qualcosa, e poi farai meglio a riaccompagnarmi a casa.»

Le stavo già versando, e mentre lei beveva buttai giù un sorso direttamente dalla bottiglia. Poi misi il turacciolo e allungai un braccio per appoggiare la bottiglia sul sedile posteriore.

E, mentre mi voltavo, vidi una luce che avanzava dalla strada, dalla parte della città. Una luce unica. Il mio primo pensiero fu di chiedermi se si trattava di una motocicletta o di una macchina con un faro guasto.

Poi mi resi conto che non si sentiva rombo di motore, e nel silenzio della notte del deserto, con il mio motore spento, avrei dovuto sentire a quella distanza, meno di cinquanta metri, anche la più silenziosa delle macchine, per non parlare di una motocicletta. E poi, la luce si stava avvicinando molto lentamente, appariva piuttosto debole…

Doris si voltò a vedere che cosa stavo guardando. «Deve essere una bicicletta,» disse.

Era una bicicletta, certo. La vedevo anch’io, ora che si era fatta più vicina. Quando arrivò alla nostra altezza svoltò. Verso di noi. Si fermò a cinque o sei metri di distanza. Non riuscivo a distinguere chi fosse in sella, perchè il raggio luminoso mi batteva diritto negli occhi. Ma sembrava che fosse un individuo grande e grosso. Un uomo in bicicletta, non un ragazzo.

Ricordai improvvisamente che Herbie Pembrook girava in bicicletta. Ed Herbie, per una ragione che ignoravo o non riuscivo ad immaginare, mi odiava, ed era più robusto di me. Sentii a un tratto il desiderio di un’arma, di qualcosa con cui difendermi… anzi, con cui difenderci, il che era ancora più importante. Herbie era un deficiente, e spesso i deficienti sono psicopatici sessuali.

Allungai un braccio verso lo scomparto dei guanti, rimpiangendo di non aver mai voluto tenere una rivoltella là dentro, come fanno moltissimi abitanti dell’Arizona; in Arizona la legge non vieta di tenere una rivoltella carica nello scomparto dei guanti della macchina. Ma c’era una torcia elettrica che, in caso di necessità, sarebbe riuscita utile come arma di difesa. La strinsi in pugno, aprii la portiera e mi diressi incontro alla luce che mi abbagliava. Perchè anche un fanale di bicicletta può abbagliare quando per miglia e miglia attorno ogni cosa è immersa nelle tenebre della notte.

Dissi: «Chi è?»

Doris mi gridò spaventata: «Bob, torna indietro. Non creare difficoltà. Sarà qualche ragazzino curioso…»

La bicicletta descrisse un semicerchio, tornò sulla strada, e chi stava in sella cominciò a pedalare, nella stessa direzione da dove era venuto, ma molto più velocemente.

Piuttosto nervoso, tornai in macchina. Forse tremavo un poco, non lo so. Dissi: «Credo che fosse Herbie Pembrook. Lo hai riconosciuto?»

«Herbie Pembrook?» Doris sembrava sorpresa. «Be’, gira in bicicletta quando si trasferisce da un posto all’altro per i suoi lavori di scarico. Ma che cosa vuoi che facesse qui, nel cuore della notte?»

«E che ci facciamo noi?» chiesi.

«Se pensavi che fosse lui, perchè non hai acceso la lampadina per vedere?»

«Mio Dio, non ci ho nemmeno pensato. L’avevo presa come arma di difesa, nel caso che… nel caso che ne avessi avuto bisogno. Avevo dimenticato che poteva servire a fare luce.»

Cercai di ridere, ma senza troppo successo. Non mi appariva certo buffo il fatto che, in una situazione di emergenza, il mio cervello non avesse funzionato a dovere. Mi ero spaventato al punto da dimenticare che un corpo contundente, se è una torcia elettrica, può servire anche ad altro.

Accesi i fari, girai la chiave dell’accensione e premetti il pedale della messa in moto. Non era troppo tardi per accertarmi, dopo tutto. Avrei potuto raggiungerlo prima che arrivasse in città. Anche una carriola come la mia macchina è in grado di correre molto più forte di una bicicletta.

«Bob! Non avrai l’idea di… di raggiungere quel tale!»

«Devo farlo, Doris. Devo sapere. Stanimi a sentire…»

Ma non mi ascoltò. Si piegò avanti e girò la chiave dell’accensione. «No, Bob. Non qui, nel cuore della notte, quando quel tale, chiunque sia, può essere armato mentre tu non lo sei. Forse ha creduto che tu avessi in mano una rivoltella, non una torcia elettrica. Come fai a sapere che cosa…»

Si interruppe, ma quello che aveva già detto era perfettamente sensato. Perfettamente sensato, se si teneva presente che lei era in macchina con me. Ora che avevo superato la paura, mi sentivo furibondo; se fossi stato solo, avrei inseguito quella bicicletta, l’avrei raggiunta, avrei saputo chi era quell’individuo. O meglio, avrei avuto una conferma, perchè credevo già di sapere chi era.

Ma, se avevo ragione, quell’uomo era più robusto di me, e, se fosse stato lui a stendermi con un pugno e non io a stendere lui, che cosa sarebbe successo poi a Doris? Non avevo il diritto di correre rischi con lei al mio fianco, anche se, solo, sarei potuto essere tanto sciocco da comportarmi altrimenti.

«E va bene,» dissi. «Non lo rincorrerò; hai vinto tu. Ma, in questo caso, intendo fare il contrario. Non voglio correre il rischio che cambi idea e torni qui a spiarci, senza il fanale acceso, questa volta.»

Tornai a girare la chiave dell’accensione e schiacciai la messa in moto.

«D… dove vuoi andare, Bob?»

«Fuori dal raggio d’azione di una bicicletta,» risposi. «In dieci minuti posso coprire il tragitto che una bicicletta copre in un’ora. Ed allora potremo parlare senza guardarci in giro o preoccuparci.»

«Va bene, ma di che cosa dobbiamo parlare?»

Eravamo di nuovo sulla strada. Diedi un’occhiata allo spioncino del contachilometri, in modo da sapere quando avessimo fatto un tragitto sufficiente per considerarci al sicuro. «Per prima cosa, dobbiamo denunciare questo incidente alla polizia, a McNulty. Quello che è successo, voglio dire. In questo caso, dovremo ammettere di esserci fermati laggiù. Ti spiacerebbe? Sai anche tu quali conclusioni, con ogni probabilità, ne deriverebbero.»

Doris esitò un momento. «Credo che faremo meglio a non denunciare nulla, Bob. Ma non per la ragione che hai detto tu. Dopo tutto, che cosa c’è da denunciare? In sostanza, non è successo niente. Un uomo o un ragazzo in bicicletta è uscito dalla strada per venirci accanto, ma si è allontanato quando ha visto chi eravamo. Forse credeva che fossimo qualcun altro.»

«E non potrebbe essere stato uno psicopatico sessuale che se l’è battuta quando si è accorto che eravamo vestiti? Se c’è un tipo del genere in città o nei dintorni, McNulty dovrebbe saperlo. Specie se questo tipo è, per di più, un deficiente.»

«Ma, Bob, si tratta solo di ipotesi. Non puoi sapere se aveva in mente qualcosa del genere. E… e tu sei convinto che fosse Herbie, vero?»

«Sì.»

«Ma non ne abbiamo la certezza. Ecco perchè, secondo me, non dovremmo parlarne. Ammetto che potrebbe essere stato Herbie, ma… ma in definitiva non ha fatto niente, non ti pare?»

«Supponiamo per un momento che sia stato Herbie. Quale innocente ragione poteva avere per trovarsi qui?»

«Semplice curiosità infantile. Non devi dimenticare che, dal punto di vista intellettuale, è ancora un bambino. E non dimenticare nemmeno che si è avvicinato alla macchina con il fanale acceso; non ha nemmeno cercato di nascondersi. Ma tu sei sceso stringendo in mano quella che può aver scambiato per un’arma, e probabilmente con una espressione combattiva, ed allora lui… è scappato. Non ti sembra una spiegazione plausibile?»

«Può darsi. Ma, ammesso che le cose siano andate così, mi pento adesso di averti dato ascolto e di non averlo inseguito. Almeno avremmo saputo con certezza che si trattava di Herbie. E, in questo caso, lo avrei denunciato.»

«Ma perchè? Se solo ammetti che poteva non avere intenzioni cattive…»

«Perchè quella di concentrare il fascio luminoso di un fanale su una macchina ferma, a notte tarda, è una cattiva abitudine, qualunque cosa si possa avere in mente di fare. Presto o tardi capiterà sulla macchina sbagliata al momento giusto, e… Bene, se è una abitudine per lui, finirà per trovarsi nei guai un giorno o l’altro. Ma lasciamo perdere, dal momento che non sappiamo se era Herbie e non abbiamo la più lontana idea di chi potesse essere se non era Herbie; non andrò a raccontare niente a McNulty.»

Diedi una occhiata al chilometraggio e giunsi alla conclusione che ci eravamo allontanati abbastanza. Ma, prima di uscire dalla strada e fermarmi, feci descrivere alla macchina un semicerchio, in modo da guardare verso la città e da essere in grado di vedere chi veniva da quella parte.

Cinsi con un braccio le spalle di Doris e me l’attirai vicino, anche se sapevo che avremmo combinato ben poco; la paura di prima, secondo me, era stata sufficiente a soffocare per quella sera i nostri umori romantici. Ma mi sbagliavo, mi sbagliavo di grosso. Doris, la mia bella Doris, mi si strinse contro, tutta tremante e bisbigliò: «Oh, Bob, ho avuto una paura terribile laggiù. Abbracciami forte, baciami.»

Nei quindici minuti che seguirono non combinammo il patatrac, ma ci andammo molto vicini, più vicini di quanto non ci fossimo mai andati. Poi Doris si scostò ed andò ad accoccolarsi in fondo al sedile. Respiravamo tutti e due affannosamente. Ma ella bisbigliò: «Caro, non possiamo… non dobbiamo. E poi, deve essere spaventosamente tardi. Farai meglio a riaccompagnarmi a casa. Ti prego.»

Sapevo che parlava sul serio, e non cercai nemmeno di riabbracciarla. Ma dissi: «D’accordo per questa sera, cara. Ma non posso aspettare per tutto un anno, un anno sottratto alla nostra vita. Non possiamo cambiare parere e sposarci subito, o al più presto? Né io né te vogliamo che tu continui a lavorare dopo il matrimonio, ma… si tratterebbe di un anno soltanto. Se al termine di un anno non riesco ad ottenere un posto più redditizio in un giornale, se l’offerta di Tom Acres non è più valida, bene posso sempre tornare a lavorare in banca, a Kansas City; ti piacerebbe vivere là, e che io guadagnassi a sufficienza per tutti e due?»

«Ma… è precisamente quello che non voglio che succeda. Voglio che tu diventi giornalista. E lo diventerai, se non facciamo sciocchezze.»

«Voglio diventare giornalista, ma voglio soprattutto te. E poi, tutto andrà per il meglio. Fra un anno, se non a Bisbee, potrò trovare un posto in un altro giornale che mi pagherà abbastanza perchè voglio essere in grado di mantenere me e te. Ma… devo averti, Doris. Rispondi di sì, ti prego.»

«Non costringermi a prendere una decisione stanotte, caro. Desidero rispondere di sì, ma… Ne parleremo un’altra volta, quando saremo più calmi.»

«D’accordo. E adesso sarà meglio che ti accompagni a casa. È molto tardi. Ma voglio un altro bacio prima… e ti prometto che terrò le mani a posto.»

Tornò a scivolarmi accanto.

Riaccesi di malavoglia il motore e rientrai sulla strada. Avevamo stabilito di non parlare più di noi per quella sera, e ricordai l’altra domanda alla quale mi sarebbe piaciuto di sentirla rispondere.

«Doris, abiti qui da molto tempo, come Herbie. Devi saperla lunga su di lui, sia pure per sentito dire. Quando lo hai conosciuto?»

«Credo di non averlo mai precisamente conosciuto, Bob. Sapevo chi era e sentivo parlare di lui. Ma non ci siamo mai rivolti la parola; non so neppure se sa chi sono o meno… anche se probabilmente lo sa, ora che ci penso.

«Vediamo un poco. Avevo sette anni quando sono arrivata qui con papà e ho cominciato a frequentare la seconda. Herbie frequentava ancora i corsi allora; doveva avere quattordici anni, il che significa che adesso ne ha trenta. Era in quarta, perchè aveva ripetuto due o tre volte i primi tre corsi. E credo fosse la seconda volta che faceva la quarta.

«Papà era alla scuola superiore e non ha mai avuto Herbie come allievo, ma una volta gli ha parlato e lo ha sottoposto a qualche prova. È giunto alla conclusione…»

«Un momento. Come è stato possibile ciò, se non frequentava la sua scuola?»

«Papà aveva scritto una volta un articolo sui ragazzi a sviluppo mentale ritardato. Il preside delle elementari lo ha saputo e ha pregato papà di sottoporre Herbie a qualche prova e di dirgli poi che cosa sarebbe stato possibile fare. A quanto pareva, nemmeno quell’anno sarebbe stato promosso dalla quarta, e forse non sarebbe stato promosso mai. E non è simpatico avere in classe un ragazzone di quattordici anni, grande e grosso, assieme a bambini normali di molti anni più giovani di lui.

«Papà lo ha sottoposto ad alcune prove e gli ha parlato. Poi ha riferito al preside delle elementari che Herbie aveva una età mentale di nove anni circa, cioè di cinque anni inferiore a quella della sua età reale. Secondo lui, l’intelligenza sarebbe migliorata di qualcosa negli anni a venire, ma non di molto. A maturità raggiunta, avrebbe avuto l’età mentale di un ragazzo di dieci anni, forse di undici anni. Un deficiente, insomma. Non un deficiente completo, però, per il quale l’età mentale corrisponde ai sette o otto anni.

«Ha raccomandato che Herbie venisse esentato dagli impegni scolastici, se fosse riuscito a trovare un lavoro o se si fosse trovato un lavoro adatto. La scuola sarebbe stata inutile per lui; gli aveva già insegnato a leggere ed a scrivere, ed aveva già fatto tutto quanto era possibile per aiutarlo. Ha detto che non era certo il caso di farlo ricoverare, perchè era perfettamente sano. E ha detto che la maggior parte di coloro che avevano l’età mentale di Herbie riuscivano a sistemarsi in maniera soddisfacente nella vita, si guadagnavano da mangiare con quei lavori semplici o puramente manuali che erano in grado di svolgere.»

«C’è qualcuno che si prende cura di lui?»

«A quell’epoca, sì, qualcuno c’era. Viveva ancora sua madre, ed aveva anche un fratello maggiore. Ora la madre è morta e il fratello si è trasferito altrove, ma Herbie riesce a sbrigarsela egualmente.»

«Si è mai trovato coinvolto in qualche guaio?»

«Niente di grave. Una volta, quando aveva vent’anni, c’era un tale che spiava le coppiette alla periferia della città, e non ci è voluto molto a scoprire che questo tale era Herbie. Ma sì trattava di una semplice e naturale curiosità sessuale, e, fino a quando non gliel’hanno detto, non sapeva neppure che non si doveva guardare dai finestrini delle macchine in sosta. Lo hanno ammonito, e da allora non è più ricaduto.»

«Fino a qualche settimana fa… la finestra di Amy.»

«Non si può chiamare spiare quello. Stava lavorando davanti alla finestra, e, date le circostanze, mi sembra che sia stato più che naturale per lui guardare. Che cosa avresti fatto tu?»

«Lasciamo perdere quello che avrei fatto io. Non sono un deficiente. Ma forse quello che ha visto guardando dalla finestra di Amy gli ha ridato il gusto di spiare. Pensa un momento a stasera. Forse ha creduto che c’era qualcosa da vedere in una macchina ferma.»

«Se era Herbie, Bob. Ma non ne sei sicuro. E, in ogni modo, non ha fatto niente. È scappato non appena sei sceso dalla macchina. È un individuo innocuo, di questo sono certa.»

Mi spiaceva di non avere anch’io la stessa certezza, dopo le minacce che mi aveva rivolto. Ma non volevo che Doris si spaventasse più di quanto si era già spaventata.

«Dove abita Herbie adesso?»

«A casa della signora Wayne… sai dov’è?»

«La vedova di Robert Wayne? No, il suo nome compare sul giornale ogni tanto, ma non so dove abiti.»

«Proprio su questa strada, in periferia; ci passeremo davanti fra poco. Vive sola. Nella casa, bene inteso; nel cortile c’è una baracca, ed ha permesso ad Herbie di sistemarsi là dentro. E lui, per pagarle l’affitto, le sbriga qualche lavoro. È una sistemazione vantaggiosa per tutti e due, perchè in casa c’è un telefono. Quando qualcuno ha bisogno di Herbie per qualcosa, telefona alla signora Wayne, la quale, a sua volta, avverte Herbie. Ecco, è quella la casa, anche se adesso è troppo buio per vederla.»

«Herbie è grande e grosso,» osservai. «Non fa scandalo una sistemazione del genere?»

«Nessuno scandalo. La signora Wayne ha più di sessant’anni. E sarebbe al disopra di ogni sospetto, anche se fosse più giovane. A proposito, è stato proprio suo marito a consultare quella volta mio padre a proposito di Herbie.»

Restammo in silenzio per un poco, poi Doris disse a un tratto: «Mio Dio, Bob, non starai per caso pensando che possa essere stato Herbie Pembrook ad uccidere Amy, vero?»