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King e Michelle si accomiatarono da Harry e partirono. Il tempo ancora abbastanza bello permetteva di tenere la capote abbassata. Tuttavia Michelle si strinse lo scialle intorno alle spalle.
«Posso alzare la capote se vuoi» le propose King, notando il movimento.
«No, questo venticello è una meraviglia, e l’aria è talmente profumata…»
«Primavera nella Virginia più rurale. Cosa c’è di meglio?»
«Ho la sensazione che stasera abbiamo fatto qualche passo avanti nell’inchiesta.»
«Se non altro ci siamo concessi il tempo di discuterne da ogni punto di vista. È sempre utile.»
Michelle gli lanciò un’occhiata sospettosa. «Come al solito dici meno di quel che sai.»
King finse di essersi offeso per l’osservazione; però un sorriso tradì i suoi sforzi. «Non sto ammettendo di sapere qualcosa più di voi. Ma sospetto alcune cose alle quali posso avere evitato di accennare.»
«Per esempio quali, socio?»
«Per esempio che ho trascorso una splendida serata gustando due bottiglie di vino veramente favolose in compagnia di un’affascinante giovane donna, e non ho fatto altro che parlare di delitti e di idee confuse.»
«Stai temporeggiando. E menzionare il vino prima di accennare a me la dice lunga.»
«Be’, conoscevo quelle due bottiglie di vino da molto più tempo di quanto conosca te.»
«Grazie mille, ma stai ancora temporeggiando.»
Il SUV li urtò da dietro con tale forza che, se non avessero allacciato le cinture di sicurezza, sarebbero stati sbalzati in avanti fino a sfondare con la testa il parabrezza.
«Cosa diavolo…» gridò King guardando nello specchietto retrovisore. «Da dove è sbucato?» Aveva appena pronunciato queste parole quando furono di nuovo tamponati. King si aggrappò al volante, tentando di mantenere in carreggiata sulla tortuosa strada di campagna la Lexus coupé a due porte.
Michelle si sfilò in fretta le scarpe a tacco alto e puntò i piedi scalzi sul fondo dell’auto per tenersi meglio ferma. Infilata una mano nella borsetta, estrasse la pistola, incamerò il primo colpo in canna e fece scattare la sicura con un unico movimento.
«Riesci a vedere il guidatore?» domandò King.
«Non certo con quei dannati fari puntati negli occhi. Ma deve essere l’assassino.»
King afferrò con la destra il telefono cellulare. «Stavolta lo inchioderemo, quel bastardo.»
«Attento, sta accelerando di nuovo!» urlò Michelle.
L’urto violento del pesante fuoristrada sollevò quasi la parte posteriore della Lexus. A King sfuggì di mano il cellulare, che andò a sbattere contro il vetro del parabrezza e rimbalzò in aria volando all’indietro. Poi finì sul cofano del SUV, cadde sull’asfalto e si frantumò.
King afferrò di nuovo il volante e riuscì a riprendere il controllo dell’auto mentre le due vetture si sganciavano. La coupé di King pesava almeno una tonnellata meno del fuoristrada, però aveva molta più ripresa del bestione che li stava attaccando, e sotto il cofano pompava un motore da trecento cavalli. Facendo appello a tutta la sua potenza non appena imboccarono un rettilineo, King premette l’acceleratore a tavoletta e la Lexus schizzò via, staccando di un bel tratto l’altro veicolo.
Michelle sganciò la cintura di sicurezza.
«Che cosa diavolo fai?» gridò King.
«Non lo puoi seminare su queste stradine tortuose, e io non riesco a prenderlo bene di mira con la cintura allacciata. Tu continua solo a stargli davanti.»
«Aspetta un secondo, prima telefona al 911.»
«Non posso. Non ho portato il mio cellulare. La borsetta era troppo piccola per il telefono e la mia pistola.»
King le riservò un’occhiata incredula. «Non hai portato il telefonino per non rinunciare alla pistola?»
«Credo che le mie priorità si stiano dimostrando corrette» tagliò corto Michelle. «Che cosa potrei fare con il cellulare in questo momento: telefonargli in continuazione fino a sfinirlo?»
Si girò sul sedile allungandosi sullo schienale e appoggiò il gomito sul poggiatesta del sedile posteriore. «Continua a stargli davanti» ripeté.
«E tu, maledizione, cerca di non farti ammazzare» replicò King.
Il grosso fuoristrada accelerò ancora, preparandosi a un’altra collisione di metallo contro metallo, ma King sterzò bruscamente, portandosi sull’altra carreggiata, e fece crepitare per qualche terribile secondo le ruote di sinistra sulla spalletta di ghiaia della strada prima di tornare sull’asfalto. Imboccò il tornante successivo scalando le marce a ottanta all’ora, facendo stridere paurosamente i pneumatici. Tutt’a un tratto sentì le ruote di destra perdere aderenza e si buttò con tutto il peso dei suoi novanta chili da quel lato, afferrando con forza il fianco destro di Michelle, di nuovo seduta, e spingendola di fianco contro la portiera dalla parte del passeggero.
«Non sto facendo lo stupido. Mi occorre solo la zavorra. Resta così per un secondo.»
Rallentò di cinque o sei chilometri orari ed emise un sospiro di sollievo non appena le gomme fecero di nuovo saldamente presa sul terreno.
Attaccarono un altro rettilineo che King sapeva lungo quasi mezzo chilometro prima di una serie di impegnative curve a serpentina. Premette l’acceleratore così forte da essere più che certo che, se avesse premuto ancora per tre o quattro millimetri, la suola del suo mocassino avrebbe toccato il pavimento dell’automobile. Mentre l’ago del tachimetro dava rapidamente la scalata alle velocità a tre cifre, gli alberi lampeggiarono così vertiginosamente da farlo vomitare se solo ci avesse fatto caso.
Alle loro spalle il conducente del fuoristrada li inseguiva a oltre centottanta chilometri orari, stando loro dietro e mantenendosi minacciosamente a distanza di tamponamento. King toccò i centonovanta orari e cercò istintivamente di cambiare ancora marcia, ma la Lexus se non ne aveva altre a disposizione. L’unica cosa che gli veniva da pensare era: Quanti airbag ha questa dannata macchina? Sperava fossero almeno una dozzina; sembrava proprio che ne avessero bisogno fino all’ultimo perché la serie di curve si stava rapidamente profilando davanti a loro. Se avesse rallentato, sarebbero morti; se avesse mantenuto quella velocità pazzesca, sarebbero morti ugualmente.
Michelle adocchiò i fari che si avvicinavano minacciosi dietro la Lexus e poi spostò lo sguardo sulla silhouette scura del conducente. Si allungò all’indietro, appoggiò il gomito destro sul bordo superiore interno del baule e prese la mira con entrambe le mani strette sull’impugnatura della pistola.
Giunsero al tratto a curve e King frenò forte fino a rallentare a novanta orari, laddove i cartelli stradali imponevano i trenta; ma nei loro calcoli sulla sicurezza stradale gli ingegneri responsabili della viabilità indubbiamente non avevano tenuto conto dei SUV assassini. Questo permise al fuoristrada inseguitore di guadagnare terreno prezioso. «Sta arrivando» avvertì King. «Non posso correre più forte di così senza perdere il controllo della macchina.»
«Vedi solo di tenerla stabilizzata. Se non rallenta troppo, proverò a bucargli una delle gomme anteriori.»
Il loro inseguitore si avvicinò a meno di una quindicina di metri e poi arrivò a sei o sette. Doveva essersi accorto che lei lo teneva sotto tiro, pensò Michelle, eppure non cedeva di un millimetro. Poi a un tratto il conducente accelerò di colpo a tavoletta e il SUV compì un incredibile balzo in avanti.
King lo aveva notato e imitò gli sforzi del loro inseguitore. La Lexus scattò in avanti, con il fuoristrada attaccato dietro. King inarcò la schiena e premette l’acceleratore con entrambi i piedi come se questo potesse conceder loro la turbocompressione di cui avevano disperatamente bisogno.
Quello che non aveva assolutamente previsto era una famigliola di cerbiatti che aveva scelto proprio quel momento per attraversare la strada.
«Attenta!» gridò King. E sterzò disperatamente a sinistra e poi a destra. Uscirono di strada e urtarono di striscio un tratto di guard-rail mentre i Bambi fuggivano a balzi in ogni direzione. King sentì il guard-rail imprimere la propria firma sulla fiancata della sua ex bellissima coupé decappottabile stridendo da rivetto a rivetto. Rientrò in carreggiata e lanciò un’occhiata allo specchietto retrovisore. Il conducente del fuoristrada aveva inchiodato per evitare i cerbiatti, ma il SUV non era affatto uscito di strada, e si era di nuovo lanciato all’inseguimento.
King non ebbe il tempo di tornare a velocità di crociera, e comunque il particolare fischio emesso dal motore gli instillò il dubbio che l’urto avesse prodotto qualche altro danno oltre a quelli estetici. L’unica cosa certa era che l’ago del tachimetro era precipitato sotto i centotrenta orari e non si muoveva di là.
«Preparati all’urto» urlò Michelle. «Ecco che arriva quel figlio di puttana.» La ragazza sparò due colpi di pistola mentre il fuoristrada premeva contro il baule della Lexus, producendo un buco nella lamiera e strappando quel poco che era rimasto del paraurti posteriore, facendolo poi volare tra gli alberi. Michelle venne sbalzata verso la parte posteriore della vettura. Quando King vide le sue gambe agitarsi in aria, allungò prontamente la mano destra e le afferrò una caviglia, avvolgendo poi il braccio intorno alla gamba nuda, stringendole la coscia sotto l’ascella e trattenendola con forza. Imboccarono un altro rettilineo, e in qualche modo King riuscì a guadagnare un po’ di velocità spremendo potenza dal motore della Lexus, e lasciando di nuovo indietro il fuoristrada assassino.
«Merda!» strillò Michelle.
«Sei ferita?»
«No, ho sparato un paio di colpi, ma ho perso la pistola. Maledizione, erano cinque anni che avevo quella SIG!»
«Lascia perdere la pistola. Quel bastardo sta cercando di ammazzarci.»
«Be’, se avessi ancora la mia pistola lo accopperei prima che ci ammazzasse lui. Non so se ho colpito qualcosa. Ci è venuto addosso proprio mentre stavo sparando.» Michelle fece una breve pausa, poi urlò all’improvviso: «Aspetta un attimo!».
«Cosa c’è?»
«Eccola lì! La mia pistola è finita sullo spoiler posteriore. È rimasta incastrata lì dietro.»
«Non se ne parla neanche… non azzardarti neppure a farci un pensierino, madame.»
«Tu pensa solo a tenermi per la gamba. Riesco quasi ad arrivarci.»
«Porcaccia la miseria, Michelle, finirai per farmi avere un infarto, e stavo già per averne uno per i fatti miei!»
King era talmente concentrato su di lei che fino all’ultimo istante non si avvide che il SUV aveva di nuovo accelerato e si stava affiancando a loro.
«Reggiti forte!» urlò mentre scalava le marce, grattando a più non posso in un modo tale da annullare probabilmente qualsiasi garanzia offerta dalla casa automobilistica Lexus. Poteva quasi sentire l’auto urlargli disperata “Baaastaa!” e si aspettò di vedere l’albero del cambio vomitare tutti gli ingranaggi sulla strada. In pochi istanti rallentò a trenta all’ora, con entrambi i piedi sul pedale del freno, dopodiché inchiodò fino a fermarsi bruscamente, con le ruote che fumavano. Michelle si era aggrappata come una sanguisuga al poggiatesta del sedile posteriore, con i piedi nudi agganciati disperatamente allo schienale del sedile del conducente.
Il corpo di King stava subendo gravi scompensi in tanti di quei modi che immaginò che un attacco cardiaco fosse il meno che potesse aspettarsi. Innestò di scatto la retromarcia, spinse a fondo l’acceleratore, spremette ogni briciolo di potenza residua dal motore e partì a razzo all’indietro.
Il SUV aveva frenato con tale violenza che i copertoni delle sue ruote sembravano incendiati, tanta era la quantità di fumo che risaliva verso l’alto. L’uomo al volante compì rapidamente un’inversione a U e si lanciò al loro inseguimento in quarta. La griglia del radiatore sembrava un muso provvisto di denti d’acciaio pronti a divorarli. Guadagnava terreno a vista d’occhio.
Michelle smise di allungarsi verso la pistola e fissò il suo socio con la coda dell’occhio. King stava guardando indietro guidando in retromarcia. «In retro non puoi andare più forte di quanto lui possa in avanti, Sean.»
«Grazie per avermelo fatto notare.» Le nocche delle sue dita erano violacee, tanto stringeva il volante. «Attaccati a qualsiasi cosa. Al cinque effettuerò un testacoda.»
«Sei pazzo!»
«Penso di sì.»
Effettuare un testacoda significava che dalla retromarcia avrebbe fatto compiere alla vettura in corsa un’inversione a 180 gradi, probabilmente su due ruote, avrebbe ingranato al volo la terza, iniettato benzina nei turbocompressori e sarebbe ripartito a razzo nella direzione opposta. Tutto in un unico movimento rapidissimo, preferibilmente senza uccidere entrambi.
Il sudore imperlò la fronte di King mentre pregava che l’addestramento ricevuto nel Servizio segreto tornasse utile, nonostante fossero passati tanti anni. Si aggrappò alla portiera con la mano libera per fare leva, piantò saldamente il piede sinistro sul fondo della vettura come fulcro, valutò il momento giusto e sterzò con forza, lasciando andare completamente il volante e poi riafferrandolo saldamente. Funzionò alla perfezione. Saltò le prime due marce in avanti, ingranò la terza e ripartì al volo. Tuttavia, cinque secondi dopo, il SUV era dietro di loro e guadagnava terreno.
Ora dal cofano della Lexus fuoriusciva del fumo e ogni spia di livello d’emergenza sul cruscotto prediceva una triste sorte. La loro velocità calò a novanta chilometri orari, poi a ottanta. Era finita.
«Sean, arriva!» strillò Michelle.
«Non posso farci proprio niente, maledizione!» gridò lui di rimando, mentre il senso di impotenza si trasformava in rabbia nel corso di un solo respiro.
Il SUV li superò ruggendo, rallentò leggermente e li speronò di fianco con tutta la forza delle sue due tonnellate e mezzo. King tenne il volante con una mano e afferrò con la destra la caviglia di Michelle, mentre la sua socia si sforzava disperatamente di recuperare la pistola. Le affondò le unghie nella pelle con tale forza che capì che la stava ferendo a sangue. Il suo braccio e la sua spalla stavano subendo una torsione esagerata, quasi oltre ogni limite.
«Stai bene?» le urlò, stringendo i denti per sopportare il dolore mentre sentiva tutto il peso della sua compagna sottoporre a uno sforzo estremo i suoi tendini.
«Adesso sì, ho preso la pistola.»
«Bene, ottimo, perché quel bastardo sta di nuovo tornando alla carica. Reggiti forte!»
King guardò dietro di sé e vide il fuoristrada nero sterzare bruscamente verso di lui nello stesso istante in cui sentì la caviglia di Michelle ruotargli nella mano.
«Che cosa stai…» Non ebbe il tempo di finire la frase. Il SUV speronò la parte posteriore della Lexus, e la coupé fece quello che King aveva temuto per tutto il tempo. Cominciò a sbandare, e poi finì in testacoda completamente fuori controllo.
«Reggiti forte!» urlò ancora King con voce roca, mentre apparentemente ogni goccia di bile cominciò a salirgli in gola con la prospettiva di ustionargliela. Nelle vesti di agente del Servizio segreto King si era allenato a lungo per acquisire la massima padronanza di veicoli in condizioni estreme. Riscaldato dall’inversione in retromarcia lasciò che l’istinto prendesse il sopravvento. Invece di opporsi ai movimenti dell’auto, li assecondò girando il volante nel senso di rotazione del veicolo, e non in senso contrario, e reprimendo l’impulso naturale di inchiodare i freni. La cosa di cui aveva più paura era un eventuale ribaltamento dell’automobile. Se la macchina si fosse capovolta, Michelle sarebbe di sicuro morta e probabilmente anche lui avrebbe fatto una brutta fine. Non sapeva quanti giri in testacoda effettuò la macchina, ma la Lexus mantenne l’aderenza alla strada malgrado uno spreco impressionante di gomma dei pneumatici e di metallo.
Finalmente l’auto si fermò, con il muso puntato nella direzione verso cui erano diretti; il SUV nero era appena poco più avanti e si stava allontanando, avendo apparentemente deciso di rinunciare allo scontro. Michelle aprì il fuoco, e i pneumatici posteriori del SUV scoppiarono e si disintegrarono sotto la forza lacerante dei proiettili. Il veicolo iniziò a sbandare pericolosamente, entrò in un testacoda e poi fece quello che la Lexus si era risolutamente rifiutata di fare: si ribaltò rotolando su se stesso in corsa. Tre vibranti giravolte e alla fine si fermò di schianto in posizione capovolta sul ciglio sinistro della strada, un centinaio di metri più avanti, con una turbolenta scia di pezzi e frammenti di metallo, vetro e copertoni dietro di sé.
King diede un’accelerata in avanti per portarsi più vicino, per quel che gli concesse la sua coupé ormai in rottami, mentre Michelle scivolava sul sedile accanto a lui. «Sean?»
«Cosa?»
«Ora puoi lasciarmi la gamba.»
«Come? Ah, sì, giusto.» King mollò la presa ferrea.
«Lo so. Anch’io ero terrorizzata.» Michelle gli riservò un’affettuosa stretta alla mano libera mentre si guardavano negli occhi sospirando di sollievo.
«Caspita, lei sì che sa guidare, agente King» disse Michelle con riconoscenza.
«Sinceramente, spero che sia l’ultima volta che sono costretto a farlo.»
Arrivarono vicini ai rottami del fuoristrada ribaltato e scesero. Avanzarono adagio verso la vettura immobile; Michelle aveva la pistola puntata e pronta. King riuscì a scardinare la portiera tutta ammaccata del conducente.
L’uomo cadde quasi loro addosso.
Michelle era pronta a sparare, ma poi rilassò il dito teso sul grilletto.
Il conducente era a testa in giù, parzialmente trattenuto dalla cintura di sicurezza. Quando King aveva aperto la portiera, l’uomo era caduto a corpo morto fuori dall’apertura.
La testa era talmente maciullata e sanguinante che King non si diede la pena di controllare il polso.
«Chi è?» domandò Michelle.
«Non saprei dire. È così buio qui. Aspetta un attimo.» Tornò alla Lexus, salì a bordo e la manovrò in modo che i fari puntassero direttamente sul morto.
Guardarono il corpo stagliato nella luce quasi accecante.
Era Roger Canney.