173646.fb2 Il Volo Dellangelo Di Pietra - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 14

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11

A ogni passo nell'erba bagnata le scarpe di Charles Butler facevano cic ciac.

Il terreno zuppo era un'ulteriore testimonianza dell'utilità della "collina" di Augusta, poiché la parte più vicina alla casa era asciutta.

«Augusta!» urlò all'indirizzo della lontana figura nell'abito di cotone.

Lei si fermò al limitare del bosco e si girò a salutare con la mano.

Mentre Charles avanzava, le sue scarpe affondavano sempre di più. Probabilmente si erano rovinate. Dopo avere raggiunto Augusta vicino agli alberi, si accorse che era scalza: una brillante soluzione al problema delle calzature.

Lei sorrise maliziosa. «Charles, tu e io dobbiamo far quattro chiacchiere sul tuo guardaroba.»

L'abito sartoriale e le scarpe fatte a mano non lo avevano certo aiutato a integrarsi con la gente del luogo. Lì usavano i blue jeans e lui non ne possedeva un paio dalla famosa estate passata con il cugino Max. A casa, i genitori lo avevano sempre vestito come un adulto in miniatura, come se fosse destinato a un lavoro d'ufficio per cui era previsto un preciso codice d'abbigliamento.

«Sono venuto a restituirti le chiavi di Casa Shelley.» Lo sguardo gli cadde sul sacchetto di plastica che lei aveva in mano. Era pieno di ali di pollo. «Stai progettando un picnic nella palude?»

«No, ma togliti le scarpe, arrotolati i calzoni e ti farò vedere qualcosa di memorabile.»

A piedi nudi e mostrando un pezzo di gamba che non vedeva il sole da anni, la seguì in acque più profonde.

«Stammi vicino e non allontanarti dal sentiero. Non sarebbe una bella idea finire nel bayou. Non troveresti nessun appiglio e il fondo è molto scivoloso».

Entrarono in una foresta di cipressi molto distanziati fra loro.

Il terreno era paludoso e intervallato da piccole isole d'erba. Charles non riuscì subito a individuare il sentiero di cui lei aveva parlato. Poi scorse i blocchi di roccia, verdi di limo e di muschio, che lei usava come pietre di guado.

«Sono pezzi delle fondamenta della casa originaria.»

I piedi di Augusta artigliavano i massi come fossero mani. Lui se la cavava meno bene, ma a mano a mano che procedeva divenne più sicuro. Tenne tutte e due le braccia ben distese per conservare l'equilibrio finché non arrivò su un tratto di terreno più solido sporgente su un mare di giacinti d'acqua.

Doveva trattarsi del piccolo affluente che scorreva lungo la strada per Casa Shelley.

«Questa è l'estremità del Finger Bayou.» Augusta emise un fischio leggero. Indicò un tronco che galleggiava verso di loro, nonostante la superficie nera del bayou non mostrasse nessun segno di corrente. Augusta fischiò di nuovo, e Charles si rese conto che stava chiamando il tronco, che era provvisto di due grossi occhi da rettile. L'animale nell'acqua era a poco più di un metro dai suoi piedi, e Charles ebbe il tempo di far mente locale: non si trovava in uno zoo con sbarre di protezione per tenere al loro posto gli animali feroci.

«Non ti preoccupa avere un mangiatore di carne umana nel vicinato?»

«Dai retta a Betty Hale?» rispose Augusta. «Gli alligatori preferiscono i cadaveri ai vivi. Se anche fossi morto da tre giorni e davvero saporito, questo esemplare non ti toccherebbe. Ora è nel periodo del letargo. Emerge solo ogni due giorni. Sa quando arrivo col pollo. Ne mangia qualche pezzetto, e a volte nemmeno quelli. Si è abituato a me e con gli anni abbiamo imparato a conoscerci.»

«Il corpo di Cass potrebbe essere stato mangiato da un alligatore?»

«No, allora non ce n'erano. Furono sterminati prima che morisse Cass. Credimi, io conosco ogni creatura che striscia nella palude o nuota nel bayou. Sono io che ho portato qui questo alligatore quando era piccolo. Non ho utilizzato più l'erbicida per creargli un ambiente protetto da quei bracconieri dei fratelli Laurie.»

«Allora che fine può aver fatto il corpo?»

«Non puoi trovare la soluzione a qualunque mistero, Charles. Lascia perdere.»

«Ma io ho bisogno di trovare la soluzione.»

Augusta si spostò su una piccola piattaforma, una specie di molo costruito con blocchi di pietra, e da lì gettò le ali di pollo all'alligatore. Le fauci si spalancarono a mostrare i denti acuminati. Poi si serrarono e l'acqua esplose con improvvisa violenza. Sbucò una coda, che colpì la superficie con la forza di un martello, provocando una cascata d'acqua. Quando la schiuma si diradò, l'alligatore era scomparso. Piccole onde battevano le rive del bayou e facevano oscillare i giacinti d'acqua.

Come promesso da Augusta: qualcosa di memorabile.

«Magnifico, no? Se quello stupido di Ray Laurie o di suo fratello Fred sapessero che l'alligatore è qui, domani a quest'ora sarebbe morto. Spero che proteggerai il mio segreto, Charles, e io serberò il tuo.»

«Per la verità, io non avrei alcun segreto se tu non avessi fatto intendere a Lilith che non conoscevo Mallory. A proposito, perché l'hai fatto?»

«Mallory: non riesco ad abituarmi a quel nome. Io la vedo sempre come la piccola Kathy Shelley.»

«Era forse il nome del padre?»

«Non posso esserti d'aiuto in questo. Cass non parlò mai del padre di Kathy. Non so neanche dirti se ci sia stato un matrimonio. Non ho mai pensato di indagare. Cass era incinta di Kathy e usava il suo nome da ragazza quando arrivò qui a fare il medico.»

Mentre la seguiva fuori dalla palude, comprese di aver bisogno di una guida. In quel mondo alieno gli mancava il senso dell'orientamento. C'erano animali che strisciavano, e piante che allungavano le loro verdi braccia verso di lui. Si diede una pacca sulla nuca dove un piccolo insetto l'aveva morso, macchiandosi di sangue il palmo della mano.

Charles camminò accanto ad Augusta fino al punto in cui aveva lasciato scarpe e calzini. «Pensi che il padre avrebbe potuto avere a che fare con la morte di Cass Shelley? Una storia d'amore finita male?»

«No, secondo me non funziona» disse Augusta, guardandogli le calze zuppe e le scarpe rovinate. «Il padre di Kathy era uno di fuori. Non è possibile che sia arrivato qui con una trentina di amici senza che nessuno se ne fosse accorto. D'altronde come avrebbe potuto un forestiero mettere insieme trenta persone del luogo per far loro compiere una cosa del genere?»

«Ma il padre non avrebbe potuto essere uno di Dayborn?»

Augusta scosse il capo. «Cass se ne andò a diciott'anni e non tornò finché non ne ebbe ventotto. Tutti gli altri che se ne andarono da Dayborn per frequentare il college non misero più piede in paese. Tranne Tom, lui tornò, ma fu quattro o cinque anni prima di Cass.»

«Ci potrebbe essere un collegamento fra l'assassinio di Cass e quello di Babe?»

«Dubito. Cass non aveva nemici. La sua morte resta un vero mistero. Mentre Babe era una tale carogna che nessuno si è troppo sorpreso del suo omicidio.» Agitò con impazienza le mani, come per liberarsi di quell'argomento. «Così, dove te ne vai adesso, Charles?»

Esitò per un attimo.

«Lascio il bed & breakfast. Henry mi ha invitato a stare da lui, ma non credo voglia che la cosa si sappia in giro.»

Augusta si limitò ad annuire, senza esprimere alcuna curiosità. «Be', non sei costretto ad andarci subito, no? Devo riportare il cavallo nella stalla, e dopo di che mi farebbe piacere se restassi a cena con me. È tutto pronto, basta dare una scaldata.»

«Grazie.»

«E poi ti spedirò all'emporio di Earl. Ci troverai un paio di jeans della tua misura e forse anche degli stivali robusti.»

Camminarono insieme sul terreno che si faceva più solido a ogni passo che li avvicinava alla casa.

L'unico accesso a Casa Trebec passava dal cimitero. Qualsiasi altro percorso nel paludoso terreno circostante sarebbe stato ad alto rischio per qualsiasi automobile. Anche per raggiungere Casa Shelley la via era soltanto una. Oltre a quella, c'era la palude e il bayou. «Immagino che l'assassino abbia portato via il corpo di Cass con un veicolo.»

«Certo non l'ha buttato nella palude. Se ci nascondi un corpo, dopo un po' riaffiora.»

«È possibile che Cass sia sopravvissuta?»

«No, nel modo più assoluto.» Augusta in questo era decisa. «C'era troppo sangue. Tom Jessop diede per morta persino Kathy. Cass non può essere viva.» E, con un'ombra di minaccia, aggiunse: «E che non ti venga in mente di suggerire l'idea a sua figlia».

La figlia di Cassandra Shelley guardò a nord, verso Casa Trebec, nascosta dietro le querce a eccezione della finestra della soffitta. Le nuvole che si riflettevano nel vetro rotondo creavano un'illusione di movimento e di vita all'interno.

Mallory trasportò il corpo del cane nel denso fogliame sul lato opposto della casa di sua madre per impedirne la vista dalla finestra di Augusta, tanto simile a un occhio. Quando era molto piccola, aveva creduto che quell'occhio la seguisse dovunque. Lo ricordava molto bene e, adesso, in qualche recesso della mente immaginava che l'occhio-finestra si ricordasse di lei.

Sedette accanto al cane e percorse con la mano il suo corpo ancora caldo coperto da cicatrici.

Era attenta a ogni suono, a ogni movimento fra gli alberi e nell'erba. L'aria pullulava d'insetti e vibrava per il canto degli uccelli. L'azzurro del cielo si stava lentamente rabbrunendo con il calare della sera. Poteva sentire il mormorio del fiumiciattolo che scorreva di fianco alla casa, il suo sciabordare sui sassi o contro qualche ramo galleggiante.

Gli accordi di una musica fantasma si diffusero dalla finestra alle sue spalle, dolci, semplici note: la lezione di piano d'un bambino. Quando si girò, riempì il vetro della finestra con il ricordo dell'immagine di una donna. Il sorriso di Mallory era sempre stato un po' forzato, mentre la madre, nella finestra nella sua mente, rideva in preda a una gioia assoluta. Gli occhi le brillavano come stelle verdi mentre guardava la figlia: la piccola Kathy; sei anni, quasi sette.

Mallory alzò la mano verso la finestra, e la donna le fece un cenno di saluto. Era troppo doloroso prolungare quell'illusione, e Mallory si staccò dal proprio riflesso. Era di nuovo sola.

Il ricordo della violenza e del terrore rimase con lei ben più a lungo. Aveva davanti a sé l'immagine della madre, con i capelli pieni di sangue, che strisciava sul pavimento verso di lei, la prendeva fra le braccia, tirava fuori un pennarello dalla tasca dell'abito insanguinato e le scriveva un numero di telefono sul dorso della mano. «Corri» aveva detto Cass Shelley alla sua bambina. La piccola Kathy si era stretta alla mamma, terrorizzata, strillando. «Corri!» aveva urlato ancora la madre. E poi l'aveva schiaffeggiata, per la prima volta, per farla andar via.

Mallory girò il viso e guardò il cielo. C'erano piccole luci là in alto che si accendevano una dopo l'altra. Andò a prendere un vecchio telone dal capanno degli attrezzi del giardino e lo usò come sudario per il corpo del cane. Un'ora più tardi, quando era ormai notte, lo prese in braccio e lo portò nel bosco.

Charles uscì dalla porta del Dayborn bed & breakfast con la valigia in mano. Sul portico Darlene Wooley era sprofondata in una delle poltrone di vimini accanto alla balaustra. La lampada sulla sua testa creava ombre impietose sul suo viso stanco.

«Salve» le disse con voce pacata, ma nonostante ciò, lei sussultò prima di rivolgergli un debole sorriso.

Charles posò la valigia accanto alla sedia. «Oggi ho incontrato Ira al cimitero. Ho cercato di parlargli, ma temo di averlo sconvolto. Sono davvero spiacente.»

«Non deve.» Fece uno sforzo per mantenere il sorriso, che le scivolò via mentre si guardava le mani intrecciate. «Mi fa molto piacere che lei si sia fermato a parlargli. Alcune persone in paese lo credono completamente incapace di comunicare.»

«Io potrei raccontare loro cose ben diverse.» Betty uscì sul portico. Reggeva un vassoio con un servizio da caffè in porcellana. «Ira parlava come un fiume in piena quando era piccolo.»

I capelli bianchi di Betty avevano assunto un riflesso giallo sotto la luce. La stessa lampada che aveva invecchiato Darlene faceva sembrare l'albergatrice più giovane dei suoi sessantacinque anni. La carne delle braccia flaccide tremolò sotto le maniche dell'abito quando respinse l'offerta di Charles di portarle il vassoio. Lo posò su un tavolino. «Ho portato una tazza in più per lei, signor Butler.» Betty si sedette sul dondolo. «Non corra via subito. Si sieda un attimo.»

«Grazie, ben volentieri.» Si sistemò nella poltrona accanto a Darlene e dovette affrontare il solito problema di cosa fare delle sue lunghe gambe.

Scelse di lasciarle allungate sulle assi del portico, fra le due donne. «Cass Shelley era il medico curante di Ira, non è vero?»

Darlene annuì. «Cass iniziò la terapia quando Ira aveva due anni e pensi che quando ne aveva cinque sapeva già leggere.»

Un tributo a un bravo medico che per altro attestava il grande impegno di Ira: evidentemente era stato molto motivato a entrare a far parte del mondo.

«Un progresso fantastico.»

«Lo pensavo anch'io. Ma suo padre non era altrettanto soddisfatto. Una sera, mio marito portò Ira a una cerimonia religiosa di guarigione. Ha mai visto uno di quegli spettacoli, tra preghiere e finti miracoli?»

Charles annuì mentre cercava di immaginare il terrore di un bambino autistico che, di fronte a un migliaio di persone urlanti, affrontava l'imposizione delle mani del guaritore. In una situazione simile, il solo contatto forzato sarebbe bastato a provocargli una crisi. «Immagino che l'esperienza lo abbia traumatizzato.»

«Altro che!» esclamò Darlene, e nella sua voce vibrava ancora un residuo di rabbia. «Se quella sera non avessi dovuto lavorare fino a tardi, avrei potuto impedirglielo. Ira non fu più lo stesso, dopo. E poi, con la morte di Cass, peggiorò, non disse una parola per tantissimo tempo. Mio marito lo portò dal medico del distretto vicino. Lui tentò una nuova terapia, gli faceva delle iniezioni per le allergie.»

«Be', le allergie possono creare problemi ulteriori agli autistici. Loro…»

«Può darsi» lo interruppe Betty finendo di versare il caffè. «Ma le iniezioni non lo fecero migliorare. Fece progressi solo quando, dopo la morte del padre, Darlene lo iscrisse a una scuola speciale.» Versò panna e zucchero in una tazza e la porse a Darlene. «Ricordo i tempi in cui Ira parlava tanto da stordirti. Quel bambino cominciò a parlare quando aveva… quanto, Darlene?»

«Diciotto mesi. Ma parlava alla gente più che con la gente» spiegò Darlene, come scusandosi.

«Eppure aveva tanto da dire» insistette Betty. «Per lo più, si dedicava ai suoi elenchi e alle sue stelle. Lei prende caffè nero, signor Butler, con tre zollette di zucchero, vero? Oh, sì, Ira contava tutto e memorizzava tutto.»

«Una volta,» disse Darlene, più animata «disegnò tutte le stelle che vedeva dalla finestra della sua camera. Fece una mappa che includeva il telaio della finestra e le tendine.»

«Quante cose sapeva sulle stelle!» continuò Betty. «Ancora oggi, non riesco a togliermele dalla testa. Ha presente le vecchie stelle, le stelle fredde? Un pezzettino grande quanto il palmo di una mano può arrivare a pesare una tonnellata.» Si piegò verso Darlene. «Ti ricordi la sera in cui lo sceriffo raccolse la denuncia di Ira sulla scomparsa di una stella?»

«Che gran momento, vero?» Lo sguardo di Darlene si spostò verso l'ufficio dello sceriffo, sull'altro lato della piazza. La luce era ancora accesa. «Dovrei andare da Tom a scusarmi per avergli fatto una sfuriata. Il giorno in cui prese le difese di Ira…»

«Lascia che racconti io, Darlene.» Betty cominciò a far oscillare adagio il dondolo. «Ira era molto piccolo allora. Quanto aveva, cinque anni?»

Darlene annuì e Betty continuò: «Eravamo seduti qui, come facciamo sempre dopo cena. C'era anche il vecchio Milton Hamlin. A quei tempi era un cliente fisso. Ora è morto; che liberazione! Non mi era mai stato simpatico, quello sciocco. Milton era uno di quei tipi che devono far sfoggio della propria cultura superiore ogni minuto della giornata. Conosce il genere, signor Butler?».

Charles fece cenno di sì.

«Così, il piccolo Ira era seduto sui gradini con la sua mappa delle stelle» disse Betty. «D'un tratto, guardò sua madre e annunciò che mancava una stella: era sparita tutto d'un tratto. Era sconvolto, come se avesse perduto un cucciolo. Allora Milton Hamlin cominciò a farci la lezione. Disse che le stelle non scomparivano così, ma formavano una palla di fuoco, e che Ira non avrebbe potuto rendersene conto.»

«Milton era un bibliotecario in pensione» spiegò Darlene. «Immagino pensasse che il semplice fatto di aver fatto la guardia a tutti quei libri lo avesse reso l'uomo più intelligente del mondo.»

«Venne fuori dopo che non sapeva un accidenti di astronomia.» Betty sospirò, come se la sua irritazione per il defunto Milton Hamlin non fosse ancora sopita.

«Io pensavo che Ira avesse contato male. Ma Darlene sapeva che il bambino non faceva mai errori del genere e così prese le difese del figlio. Milton era livido. Continuava a ripetere che Ira era solo un bambino piccolo e ignorante e non aveva mai visto una nova.»

Betty si stava entusiasmando con la sua storia, e si piegò in avanti a toccargli il braccio per segnalargli che adesso veniva il bello. «Allora, la sera seguente Tom Jessop arrivò sul portico, col buio, con il suo blocco e un sacco di documenti dall'aspetto ufficiale. Dio lo benedica! Si mise a scrivere il resoconto di Ira sulla stella scomparsa. Tom era molto serio. Chiese a Ira se potesse prendere in prestito la sua mappa delle stelle.»

Betty sorrise a Darlene. «Tom era un bell'uomo a quei tempi, eh?» Poi si girò verso Charles. «Sto divagando.»

Dondolò un po' più forte, seguendo il ritmo della sua storia. «Milton uscì sul portico proprio mentre Ira stava mostrando allo sceriffo il punto dove aveva visto per l'ultima volta la stella. Milton rise di tutti e due, e offese ancora una volta Ira, poverino. Allora Tom concluse: "Hai ragione, Ira. Qualunque sciocco può vedere che la stella non c'è più". E disse questo al ragazzo, ma guardando fisso Milton Hamlin, ed era uno sguardo che gelava il sangue. Milton non disse più una parola, non quella sera, comunque.»

Betty dondolava sempre più veloce. «La sera seguente, subito dopo cena, ed era ancora chiaro, lo sceriffo passò e disse a Ira che la sua stella stava per tornare. "Stanotte" specificò. "Ed è una promessa"».

Betty diede una manata sul bracciolo del dondolo.

«A quella battuta, Milton Hamlin prese a ridere a crepapelle; temevo gli venisse un colpo. Lo sceriffo gli lanciò una tale occhiataccia. Fu come se gli avesse sparato; avesse visto la rapidità con la quale il vecchio sciocco smise di ridere!»

Betty cessò di dondolarsi e indicò l'estremità del portico. «Ira era seduto su quei gradini. Rimase lì per ore, a contemplare quel posto vuoto nel cielo. E la figlia di Cass Shelley, Kathy, che allora aveva solo sei anni, era al suo fianco. Ira aveva fiducia in Tom Jessop, e anche Kathy. I ragazzini aspettavano di veder riapparire la stella, capisce?»

Charles stava fissando i gradini del portico. Non avrebbe mai dimenticato l'immagine dei due bambini seduti l'uno accanto all'altra che, con una fede assoluta, aspettavano che la stella tornasse a casa.

«E quella stessa sera,» disse Betty «la stella tornò, proprio come aveva predetto Tom Jessop! Eccola lì, giusto dove Ira aveva detto che avrebbe dovuto stare. Dopo, Tom, Kathy e Ira rimasero sui gradini, quieti e silenziosi, ad ammirare la stella per lunghissimo tempo.»

Charles sorrise, pensando che Malcolm Laurie avrebbe preteso un prezzo salato per quel "miracolo". Capì quel che Tom Jessop aveva fatto. Non riusciva però a collegare l'uomo che amava i bambini con quello che aveva usato un cane pazzo per torturare il vicesceriffo Travis e Alma Furgueson.

«Allora, era una stella binaria in eclissi.» Charles lo disse piano, come se stesse pensando ad alta voce.

«Ecco, sì» sorrise Betty piacevolmente sorpresa. «Era esattamente così.»

Anche Darlene sorrideva. «Tom aveva chiamato l'osservatorio. Credeva che Ira avesse visto un satellite o una cometa. Ma gli esperti spiegarono che una stella oscura, spostandosi, si era sovrapposta a una luminosa, nascondendone la luce.»

Charles annuì. L'eclissi doveva esser durata solo qualche ora, ma le condizioni atmosferiche potevano aver oscurato la stella per alcuni giorni. Così lo sceriffo aveva usato quanto aveva appreso per allestire uno spettacolo di magia per Ira e Kathy.

«Si chiamava Algos» disse Darlene.

«Ma noi la chiamiamo la stella di Ira.» Betty agitò un dito per terminare la storia in bellezza. «E quel vecchio presuntuoso di Milton Hamlin morì entro l'anno» disse, come se si trattasse del giusto castigo per aver umiliato un bambino.