173646.fb2 Il Volo Dellangelo Di Pietra - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 15

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Il suo cammino era ben illuminato dai fari di una fitta fila di automobili che dalla statale si allungava fino al luogo della commemorazione. Benché avesse percorso un bel tratto a piedi dalla casa di Henry Roth, Charles andava più veloce delle automobili. Davanti a lui la gigantesca insegna luminosa «Miracoli in vendita» gettava la sua luce rossa sul tendone.

Superò il parcheggio sterrato, già pieno di automobili, e si aggregò a un gruppo che si dirigeva verso la struttura.

Una palla di fuoco girava intorno alla tenda come una stella cadente impazzita. Charles riconobbe uno dei trucchi magici usati dal cugino: strizzando gli occhi, riusciva a scorgere il binario-guida nella scia delle fiamme.

Si ricordò di quando il cugino Max aveva svelato i particolari di quel trucco a un anziano predicatore per ripagarne l'ospitalità.

Il sorriso di Charles era dolceamaro: il trucco di Max si era tramandato da un uomo di spettacolo a un altro. Avrebbe forse trovato altre vestigia di Max all'interno del tendone?

Mentre raggiungeva l'ingresso, un giovane non più alto di un metro e mezzo gli mise in mano un volantino. Charles lo accettò, ringraziando. Era il programma dei seminari della New Church intitolato Miracoli finanziari.

Piegò il foglio e lo mise nella tasca della giacca, dedicando maggior attenzione all'ometto. Era sicuramente un Laurie, come gran parte degli abitanti di Owltown. Il piccoletto si distingueva per le scarpe, davvero sproporzionate per lui, la camicia troppo grande e i calzoni arrotolati in fondo. Nel complesso, gli ricordava il modo scombinato di vestire dei barboni di New York.

Charles esibì il biglietto che gli aveva dato Malcolm. Il giovane, piuttosto seccato perché il suo compito era distribuire fogli e non riceverne, lo ignorò.

«Scusi…» insistette Charles.

«Sì, signore» disse il giovane, le spalle un po' piegate dalla rassegnazione.

Charles gli porse nuovamente il biglietto, non lasciandogli altra alternativa che accettarlo. «Malcolm mi ha detto di darlo a qualcuno all'ingresso.»

«Non ne so nulla, signore.» E chiamò forte: «Zio Ray!».

Spuntò un'altra faccia da Laurie: aveva i capelli brizzolati e le rughe di un uomo vicino ai sessant'anni. «Che problema c'è, Jimmy?»

Jimmy gli diede il biglietto, quindi lo zio si rivolse a Charles. «Bene, bene, lei dev'essere il signor Butler.» Il sorriso di Ray Laurie era amichevole, ma si offuscò quando tornò a rivolgersi a Jimmy. «Avresti dovuto fare entrare subito il signor Butler e accompagnarlo al suo posto.»

Poi afferrò Charles per un braccio e fece un gesto in direzione dell'ingresso. «Deve scusare Jimmy. È un pasticcione. Ha serie difficoltà a concentrarsi.»

Charles lo trovò strano, perché il viso del giovane mostrava più segni d'intelligenza di quello, indifferente e molle, dello zio.

Ray Laurie si presentò come fratello di Babe.

«Condoglianze per la sua perdita» disse Charles.

Gli occhi di Ray si fecero assenti, come se si stesse chiedendo a quale perdita alludesse quell'uomo. Quando finalmente capì, sorrise e fece un cenno col capo. «Vuole seguirmi?»

Charles fu accompagnato a un posto riservato in prima fila. La posizione era un po' laterale: Ray Laurie gli chiese se gli dispiacesse.

«Per niente.» Charles dovette urlare per farsi sentire sopra il brusio della folla. C'erano già un migliaio di persone sedute, e forse il doppio ancora fuori, in attesa di entrare. «Allora Malcolm officerà la funzione al posto del fratello?»

«Sa, il predicatore è sempre stato Malcolm, signor Butler. Certo, Babe era una grande attrazione, sia per le sue divinazioni sia per il potere di guarigione, ma è Malcolm il vero predicatore. È uno spettacolo vederlo in azione.»

Charles stava guardando il palco quando un grande drappo rosso fu tolto dall'ampio fondale.

«Una novità» disse Ray Laurie, indicando la gigantografia del defunto Babe Laurie. Il ritratto era più grande di un cartellone sulla statale. «Lei non può immaginare quanto costi un lavoro così. Tuttavia Mal ha voluto preparare la cerimonia senza badare a spese. Credo che a Babe sarebbe piaciuto un sacco.»

Dal suo punto di osservazione laterale, Charles poteva scorgere un angolo del precedente fondale, con la grande mano insanguinata del Cristo inchiodata al braccio di una gigantesca croce.

Nuove icone in luogo delle antiche.

I posti vuoti si andavano riempiendo rapidamente a mano a mano che la gente si riversava nel tendone.

Venditori con sgargianti gilet arancioni circolavano tra i fedeli, offrendo ad alta voce ricordini e portafortuna. Per cinquanta dollari si poteva acquistare un ricciolo dei capelli di Babe. Al prezzo stracciato di cinque dollari si aveva una zampa d'uccello attaccata a un portachiavi per scacciare il malocchio. Allo stesso prezzo, c'erano sacchettini d'erbe ornati di piume in grado di curare tutti i mali, dall'artrite al cancro. Per qualche dollaro in più si potevano comprare pezzetti di quarzo a forma di piramide, benedetti da Babe Laurie in persona. Una birra costava quattro dollari, un hot dog tre. E adesso, fratelli e sorelle, ecco a voi l'affare migliore di tutti, un assaggino di paradiso: una nuvola rosa di zucchero filato, vostra per due - contateli! – solo due dollari.

Ora, con una piccola imbeccata dagli uomini urlanti con i gilet arancioni, la folla cominciò a salmodiare un mantra.

«Babe, Babe, Babe!»

I componenti del coro, vestiti con lunghi abiti viola, si schierarono sotto il gigantesco ritratto e cominciarono a cantare un gospel, alternandosi alla folla salmodiante.

«Babe, Babe!»

«Oh, when the sa-a-a-a-ints…»

«Babe, Babe!»

«…come marching i-i-i-n»

«Babe, Babe!»

«Oh when the saints come ma-a-a-rching in…»

«Babe, Babe, Babe!»

Sulle note di una musica dixieland, gli orchestrali presero posto accanto al coro, zittendo i salmodianti con il suono delle trombe, di un clarinetto e un trombone. Il mantra della folla si dissolse in acclamazioni e applausi.

La musica cessò prima che il canto finisse, aumentando così l'attesa del pubblico, mentre le luci in sala si abbassavano. Un riflettore illuminò un piccolo cerchio sul fondale del palco. La folla urlò e applaudì. Il cerchio di luce aumentò in dimensioni e intensità, fino a divenire un sole bruciante.

Troppo luminoso. Charles distolse lo sguardo e osservò la folla stupita di fronte al miracolo: la nebbia stava invadendo lentamente il palco, un piccolo prodigio a base di ghiaccio secco e acqua bollente.

Al centro del cerchio luminoso comparve Malcolm Laurie. Il suo abito aveva più lustrini del costume di un matador. La nebbia gli nascondeva le gambe al di sotto del ginocchio e lui procedette con il movimento fluido di un abile danzatore; sembrava che i suoi piedi non toccassero terra. Sorrise mostrando una fila di denti bianchissimi e sollevò una mano a chiedere silenzio. Le urla si spensero in un sospiro diffuso in tutto il tendone.

Attaccò la litania, amplificata da un microfono senza fili e accompagnata in sottofondo da un coro sommesso. «Fratelli e sorelle, siete stanchi di essere poveri? Dite amen!»

«Amen!» urlò la folla.

«Siete stanchi della vostra infelicità? Dite amen!»

«Amen!»

«So che cosa vi state chiedendo, fratelli e sorelle. "Perché?" Vi chiedete, oh perché Babe Laurie è morto e vi ha abbandonati?»

La luce aumentò e si fece abbagliante. Quando si spense, Malcolm non c'era più.

Il riflettore si riaccese illuminando un altro punto del palco e Malcolm riapparve nella luce. «Babe non se n'è andato. È qui! Mio fratello è con me. È con tutti noi stasera.»

Protese le mani verso la folla, con dita tremanti, la voce dolce come quella d'un amante. «Lo sentite? Sentite il suo amore? Spalancate i vostri cuori e ascoltatemi. Io dormo, ma il mio cuore veglia: è la voce del mio amato che bussa, dicendo "Aprimi, amore mio".» Si portò da un capo all'altro del palco, fissando il pubblico per dare l'impressione di stabilire un contatto profondo con gli occhi di ogni singolo spettatore.

«Il mio diletto ha messo la sua mano sulla porta.» Malcolm si mise una mano sul cuore e piegò un ginocchio.

«E io mi levai per aprirgli.» Malcolm si rialzò lentamente. «Le mie mani e le mie dita stillarono mirra profumatissima sul chiavistello.» La sua voce si fece ancora più dolce, mentre diceva «Ho aperto al mio amore.» Allargò le braccia e le mani come per abbracciarli tutti. «Lascio che mi baci con la sua bocca: perché il suo amore è più inebriante del vino. Il mio diletto è per me come un sacchetto di mirra: giacerà tutta la notte sul mio petto.»

Charles riconobbe i versi più sensuali del Cantico dei Cantici, anche se reinterpretati e fuori sequenza. Si voltò a guardare una signora anziana seduta dietro di lui. Aveva gli occhi fissi sul predicatore come se fosse il suo amante. E, naturalmente, lo era.

Malcolm luccicava di sudore sotto la luce. La sua voce seducente stava offrendo al pubblico sesso consacrato. Arrivava a toccarli tutti, uomini e donne senza distinzione, ad accarezzarli con gli occhi, con la voce, sfiorando tutti i punti sensibili, eccitandoli in un crescendo di «Amen!» Era la versione pseudo-religiosa di una rockstar; pura sensualità al servizio del Signore.

«Fratelli e sorelle!» gridò. «Posso sentire Babe dentro di me: mi sta riempiendo il corpo col fluido dell'amore, il potere di Dio Onnipotente. Io ho il potere!»

Rivolse al cielo un braccio con il pugno chiuso.

«Amen!» strillò la folla con rinnovato fervore.

Charles fissò l'enorme gigantografia e ascoltò la folla che ripeteva il nome di Babe, alzando e abbassando le mani ritmicamente, più e più volte, imitando il gesto di Malcolm.

Così, quella era la New Church, che prendeva in prestito qualcosa dalla Bibbia e qualcosa da Hitler.

Affascinante.

Malcolm adesso reggeva una brocca di vetro e un calice di cristallo. Versò un fiotto d'acqua trasparente nel calice, ma il cristallo si riempì di un liquido rosso intenso, e la gente trattenne il respiro.

Aveva osato trasformare l'acqua in vino.

Charles aveva visto questo trucco altre volte, ma mai in un contesto religioso. I cristalli colorati erano nascosti in fondo al bicchiere, nella parte coperta dalla mano.

Malcolm bevve, poi girò le spalle al pubblico guardando in alto verso l'immagine del fratello. Il bicchiere cadde e andò in frantumi. Lui sollevò le braccia come crocifisso e il suo corpo fu scosso dalle convulsioni. La folla si era zittita. Quando Malcolm tornò a girarsi, era diverso. La bocca sembrava più larga, con il labbro inferiore sporgente; gli occhi più grandi, i capelli impiastricciati di sudore: nei suoi tratti c'era una nuova espressione di crudeltà.

Avanzò da un capo all'altro del palco, zoppicando appena. Protese la mascella, raddrizzò la schiena, gonfiò il petto trasudando tracotanza da ogni poro della pelle sudata. Aveva uno sguardo folle mentre si spingeva fin in fondo al palco e tornava di nuovo alla ribalta. Tese le mani in un gesto di supplica. Il corpo era scosso dagli spasmi.

«È Babe!» strillò un uomo in prima fila. Tutto il tendone ammutolì. La moltitudine era ipnotizzata dalla resurrezione e dalla luce.

E poi, di colpo, senza tanti complimenti, lo spettacolo mutò. Fu la volta dei tipici mostri circensi, una donna con le braccia in continua convulsione e un uomo che camminava sulle mani trascinando le gambe. Mancava solo il ragazzo dalla faccia di cane e la donna barbuta. La banda suonava invitandoli a salire sul palco, zoppicando, strisciando, agitandosi violentemente. La reincarnazione di Babe Laurie impose le sue mani su di loro, uno per uno, e poi l'orchestra suonò di nuovo mentre storpi e zoppi si allontanavano danzando, risanati ed estatici.

Dopo di loro, malati meno gravi ma più onesti si fecero largo tra la folla, implorando Malcolm di risanarli. A uno a uno furono condotti al centro del palco. Malcolm premette le mani sulla fronte di un uomo sorretto da due bastoni. L'uomo cadde all'indietro fra le braccia di due adepti, pronti ad afferrarlo. Con gesto teatrale Malcolm spezzò i due bastoni, e l'uomo tornò zoppicando al suo posto, per nulla guarito, cadendo prima ancora di aver raggiunto la seggiola. Nessuno se ne accorse: tutti gli occhi erano incollati al palcoscenico.

Poi cominciò la processione di anziani: la mano di Malcolm si posò sulla fronte di una vecchia e lei volò all'indietro, come se fosse stata colpita da un fulmine. Scese le scale ancora sotto choc, stordita e incerta nei passi: la sua espressione sofferente poteva essere presa per esaltazione, poiché aveva gli occhi sgranati e traboccanti di lacrime.

Quindi Malcolm si dedicò ai miracoli collettivi, ovviamente preceduti dalla colletta.

«Siete credenti?» Malcolm ora aveva smesso la pelle del fratello per tornare a diffondere il suo carisma personale. «Dite amen.»

«Amen!».

«Date tutto quello che avete. Ogni dollaro che avete nel portafoglio, ogni centesimo che avete in tasca. Date tutto ciò che avete e riceverete più di quel che avete donato. Volete un miracolo? Dite amen.»

«Amen!»

Nei piatti della colletta si stavano ammucchiando pile di denaro. La gente in prima fila stava davvero vuotando i portafogli mentre ripeteva il nome di Babe e fissava la sua immagine.

Babe era un dio e Malcolm era il suo officiante sulla terra.

«È tempo di dimostrare la vostra fede. Volete comprare un miracolo?»

«Amen!»

«Allora svuotate quei portafogli! Non pensate al domani.»

Come Charles ricordava, Cristo aveva detto qualcosa del genere a Giuda, ma solo per impedirgli di chiedere l'elemosina in un raduno simile a quello.

«Liberatevi di quel contante, e vi tornerà centuplicato e ancor di più. Vivrete nella luce della fede e sarà vostra ogni cosa buona della vita. Ve lo garantisco. Riceverete quel che il vostro cuore desidera in proporzione alla vostra fede.»

Charles aveva scoperto la clausola-scappatoia nel contratto offerto da Malcolm. Se il miracolo non si verificava, allora il postulante aveva delle carenze di devozione e fede. Non era colpa di Malcolm, e non era previsto alcun rimborso per gli uomini di poca fede.

«Voglio che scaviate in quelle tasche e mi portiate tutte le vostre banconote. Aprite i portafogli e versate la vostra fede nei piatti della colletta per le opere di Dio. Aiutandoci l'un l'altro, partecipiamo al flusso positivo che rigenera il mondo. È un cerchio sacro, non si può interromperlo, non si può impedirgli di tornare a voi, purché abbiate fede. Dovete dimostrarla, la vostra fede. Dovete avventurarvi nella notte con indosso soltanto la vostra fede. Dite amen!»

«Amen!»

«E voi donne!» Batté con forza un piede sul palco. «Vuotate quelle borsette. Vi dico di scavare in cerca del denaro. Non vorrete tornare a casa e scoprire che vi siete tenute anche una sola moneta? La vostra fede si ridurrà in cenere e per il resto dei vostri giorni sarete tormentate dal dolore per questa occasione perduta.»

Charles si guardò intorno. La maledizione era stata un colpo di genio. A due posti di distanza da lui, in terza fila, una donna fino ad allora incerta, frugava tutta agitata in fondo alla borsetta. Alla sua sinistra, un'altra donna si era svuotata la borsa in grembo: fazzolettini di carta e involucri di gomma da masticare si sparsero in terra. Charles fissò stupito la quantità di medicinali che si portava appresso. Le sue mani erano deformate, orribili. Era giovane per soffrire di una forma tanto avanzata di artrite.

I volti dei credenti erano pervasi da un desiderio ardente, immenso. Tutti si alzarono in piedi, gemendo per il potere che scorreva dentro di loro nel nome di Babe Laurie. Urlarono i loro amen, e Charles sentì una grande energia nell'aria.

«Credete voi?»

E la massa ruggì a una voce: «Io credo!».

Erano tutti concentrati su Malcolm, eccetto Charles, solo con le sue paure di fronte all'enorme animale che ruggiva e s'impennava tutt'intorno. Da un momento all'altro la folla avrebbe potuto smascherare il non credente seduto in prima fila.

Il gomito di un fedele colpì la testa di Charles che si voltò. In piedi nel corridoio centrale c'era Henry Roth che lo cercava. Charles si alzò ed Henry lo salutò con un cenno della mano, poi cominciò a dirgli di venir via subito. C'era molta insistenza nei movimenti delle mani e nei suoi occhi.

Dopo essere usciti dal tendone ed essere arrivati al parcheggio, videro le luci dello spettacolo spegnersi alle loro spalle. Charles si fermò in mezzo alla strada. Nell'oscurità del tendone, pensò, l'estasi collettiva avrebbe lasciato il posto al panico.

Henry gli tirò la manica e formò la lettera "S". La mano si mosse in su e in giù, veloce, scrivendo: «Sbrigati!».

Si misero a camminare in fretta, e Charles si girò un'ultima volta a guardare la sagoma del tendone stagliata contro il cielo della sera. La folla si stava disperdendo in gruppetti eccitati: li osservò uscire, simili a formiche. Poi, d'improvviso, i pali più alti cedettero, e la struttura di tela sbandò come un grosso animale ferito, scatenando la fuga del gregge di Malcolm Laurie. Si accesero i fari delle auto e una lenta fila di macchine si diresse verso la statale.

Mentre Charles ed Henry attraversavano Owltown, le luci si spensero tutt'intorno e la notte si chiuse su di loro.

Chi poteva aver architettato quel piccolo miracolo? Un nome a caso: Mallory.

Ma certo! Grazie alla sua abilità di hacker, doveva aver sabotato la linea elettrica. Charles non riusciva a immaginare nessun'altra spiegazione per quel black-out selettivo seguito all'arrivo di Henry.

Così ora, oltre a essere nell'elenco di Henry e in quello dello sceriffo, i Laurie avevano anche l'attenzione di Mallory. Che degna avversaria per una famiglia di predicatori. Nostra Signora del Cyberspazio. Un vero demonio irresponsabile.

Finalmente arrivarono nella piazza di Dayborn. Mentre superavano la fontana, tutti i lampioni e le luci delle case si spensero.

Charles puntò lo sguardo sul bosco sull'altra riva del Finger Bayou, chiedendosi su quale albero Mallory si fosse arrampicata per seguire i loro spostamenti.

Dopo che Charles ed Henry ebbero attraversato il ponte, la tornò luce e tutti i telefoni di Owltown presero a suonare in lontananza. Charles disse: «Povero Malcolm. I piatti della colletta non avevano ancora finito il giro della prima fila».

Henry sorrise. «Allora non ha neanche coperto le spese per l'allestimento del tendone. In prima fila c'erano quasi solo parenti.»

Ma naturale. I componenti della famiglia mettevano tutti i loro soldi nel piatto della colletta, spingendo il resto del gregge a imitarli.

Nei boschi al di là del ponte si sentì un colpo di arma da fuoco. Henry non sembrò preoccuparsene.

«È solo Fred Laurie che se ne va di nuovo a caccia di gufi. L'ho visto entrare nel bosco. Oppure è Augusta che ha sparato a Fred Laurie. È un grave errore prendersela con i suoi gufi.»

Fred Laurie era a caccia, nel bosco. Gli occhi scuri si posavano su ogni ombra che si muovesse. Puntò il fucile e premette di nuovo il grilletto. Scivolò più vicino al suo bersaglio, ora poteva vederlo meglio. Aveva sparato a una foglia: trafitta dritta al cuore. Era la terza che colpiva, mentre i suoi fratelli davano spettacolo a Owltown.

Il Jane's Café si era rivelato un'ottima fonte d'informazioni. Origliando una conversazione, aveva appreso che lo sceriffo non permetteva più a Jane di portare il vassoio del pranzo alla prigioniera, e che quello della colazione non era stato toccato. Lo sceriffo era più sgarbato del solito, o almeno così raccontava Jane a Betty Hale, e la nuova vice non l'aveva nemmeno guardata quando le aveva chiesto se ci fosse qualcosa che non andava.

Betty aveva ammesso che a Jane non sfuggiva nulla. Forse Tom Jessop avrebbe dovuto nominare lei suo vice.

Poi era intervenuto nella conversazione il postino, con la sua parte di notizie: lo sceriffo era stato tutto il giorno in perlustrazione per le strade, cercando qualcuno, osservando ogni albero che riuscisse a scorgere dal finestrino dell'auto. Prima ancora, quella mattina, si era fiondato alla vecchia Casa Shelley.

La detenuta doveva essere scappata, svanita. Tutti erano d'accordo su questo, al Jane's Café. «Proprio come la madre» aveva detto Jane.

Fred era andato a Casa Shelley in cerca di Kathy, ma non ne aveva trovato traccia. Non poteva certo essersi avventurata nella palude intorno al Finger Bayou. Nessuno all'infuori di Augusta sapeva orientarsi in quel pantano. Il bosco era il luogo più probabile. Ecco dove andava cercata.

Emerse dagli alberi e si fermò in una radura per accendersi una sigaretta. Non avrebbe scoperto il corpo del cane, se non fosse inciampato nell'involto di tela nascosto sotto i rami. Accese un altro fiammifero e lo tenne sospeso su un tronco cavo. Dall'estremità spuntava un lembo di pelle nera. Non dovette tirarla fuori per sapere che si trattava della borsa da viaggio che per tre giorni era rimasta nell'ufficio dello sceriffo. Apparteneva a lei, come la bestiaccia avvolta nel sudario di tela.

Soffiò sul fiammifero. Passi? Sì, qualcuno si stava avvicinando.

In fretta Fred ricoprì il cane con i rami, poi tornò nel fitto del bosco. Si mise a tracolla il fucile e afferrò il ramo di un albero. Si issò con tutto il corpo nascondendosi tra il fogliame, prima che la donna arrivasse alla radura.

Aveva il passo leggero di un daino e la pelle più scura del colore della divisa. Ogni tanto si fermava e ascoltava. Quando si appoggiò alla nera corteccia di un albero, il contorno della pelle perse ogni definizione. Il cuore di Fred smise di battere per un istante. Riusciva a vedere l'uniforme ma non la donna che la indossava. Poi il cuore riprese a battergli con ritmo accelerato. Lei estrasse la pistola dal fodero e puntò la canna verso l'alto, continuando a guardarsi intorno. La vicesceriffo era immobile, in ascolto.

Riusciva a sentire il battito del cuore di Fred?

Certo che no, è impossibile. Tuttavia, lui si tenne una mano premuta sul torace.

La vicesceriffo Beaudare riprese a correre nel bosco, fermandosi una sola volta a guardare indietro. Correva con grazia, come i tanti cervi che Fred aveva ucciso.