173646.fb2 Il Volo Dellangelo Di Pietra - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 16

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13

Si fermarono sotto il pilone del telefono vicino al cottage di Henry Roth, che a segni disse: «Ci vediamo più tardi» e si allontanò, lasciando Charles nel mezzo della stradina sterrata.

Una voce conosciuta lo chiamò: «Charles, guarda su».

Risalì con lo sguardo il lungo pilone, fino a un viluppo di cavi e luci intermittenti.

Sicuro che Mallory fosse lassù, cominciò a salire la scaletta metallica.

Presto la scorse al lavoro sui fili. Afferrò uno dei bracci del pilone, e si trovò faccia a faccia con lei. Nel buio, i suoi capelli erano luminosi, i riccioli catturavano la luce della luna.

Lei gli rivolse un piccolo sorriso. Non le piaceva sprecare le parole, o forse non comprendeva il bisogno che ne avevano gli altri esseri umani. Aveva sempre preferito la compagnia delle macchine, silenziose, efficienti e poco inclini alla polemica. I colleghi del dipartimento di polizia di New York, la chiamavano "Mallory la Macchina".

«Ci rivediamo» disse Charles, e fece l'errore di guardare in giù, verso la strada. Dovette aggrapparsi con forza al pilone, concentrandosi sul viso di lei. «Vedo che lavori ancora senza rete…»

Mallory sembrava a suo agio, seduta nell'imbracatura di cuoio che recava il nome della locale società telefonica.

«Presumo che quella tu l'abbia rubata.»

Annuì distrattamente, senza offendersi. Era occupata a maneggiare fili scoperti. «Ho lavorato nel settore informatico di una società dei telefoni, su al Nord.»

Allungò una mano attraverso un intrico di fili per slacciargli la cravatta e togliergliela. Poi gli sbottonò il gilet, aprendolo in modo da esporre la camicia. Tra le stelle, insieme a Mallory, Charles pensò che quello era forse il momento più romantico della sua vita. Era ansioso di vedere cosa lei avrebbe fatto per rovinarglielo.

Mallory gli puntò una scatoletta scura al petto: ne uscì un fascio di luce. Lui guardò il piccolo schermo da computer proiettato sulla sua camicia. «Vedo che hai eliminato il problema di risoluzione.»

«Ho tramutato i pixel in onde analogiche. Ma assorbe ancora troppa potenza dalla batteria.»

Charles dedusse che la batteria di riserva era collegata a uno dei fili che uscivano dal minuscolo computer e sparivano nella tasca del blazer di Mallory. Lei chinò il capo e digitò sulla piccolissima tastiera con l'aiuto di un bastoncino d'argento. Il suo viso era inondato di luce azzurra.

Sebbene detestasse l'alta tecnologia, Charles aveva dimestichezza con il gergo informatico. Amava a tal punto il suono della voce di Mallory che, un anno prima, aveva ascoltato con rapita attenzione le sue descrizioni di quel prototipo avanzatissimo di palmare.

Charles osservò il diagramma proiettato sulla camicia. «E questo cos'è?»

«Stai guardando la rete di distribuzione di una società elettrica. Ho lavorato anche per loro. Guarda qua.» Si girò verso Dayborn. La luce mancò di nuovo, in città e a Owltown. I lampioni si spensero e s'accesero, uno alla volta, a intermittenza. Poi tutte le luci di Dayborn tornarono ad accendersi insieme. Owltown, invece, rimase al buio, come pure l'area al di qua dell'Upland Bayou.

«Bel trucchetto, vero? È stato un lavoraccio sistemare gli interruttori indipendenti.»

Finalmente capì cosa avesse fatto per tutti quei mesi, dalla primavera all'autunno: era stata impegnata a disporre trappole, a escogitare progetti, insomma a complottare. «E per quanto tempo hai lavorato per l'Ufficio delle imposte?»

«Bel colpo, Charles! Ho scaricato quel che mi serviva durante il test preliminare al colloquio di lavoro, che poi, però, non ho fatto.»

Gli archivi dell'Ufficio delle imposte le avevano rivelato tutto quanto le interessava sapere sulla popolazione di Dayborn, compresi quelli che – negli ultimi diciassette anni – erano morti o si erano trasferiti.

Dopo di che doveva aver ficcato il naso nel database della banca locale, per scoprire chi avesse dei debiti e chi donasse soldi alla New Church. Forse aveva persino intercettato le conversazioni telefoniche di Dayborn, raccogliendo ulteriori notizie e preparando il suo ritorno a casa.

«L'Ufficio delle imposte mi ha consentito di iniziare a mettere insieme la mia lista.»

«La tua lista? Ma in questo maledetto paese tutti tengono una lista? Vuoi individuare i membri della folla, vero? Gli assassini di tua madre.»

Mallory lo guardava fisso negli occhi. «Chi altro tiene un elenco?»

«Be', lo sceriffo, tanto per cominciare. Ed Henry. Non te l'ha detto?»

«Non abbiamo avuto molto tempo per parlare. Sono stata occupata.»

«Lo vedo.»

Lei gli toccò la mano per sollecitarlo a continuare. «L'elenco dello sceriffo?»

«Jessop non ha mai smesso d'investigare sull'omicidio di tua madre. Sta torturando i suoi sospetti. Sono al corrente soltanto di due: Alma Furgueson e il vicesceriffo Travis.»

«Travis? Lo sceriffo crede che Travis fosse fra quelle persone?»

«Sì. E da allora gliela sta facendo pagare.»

Gli parve di scorgere un rimpianto negli occhi di Mallory. «Non sapevi che lo sceriffo non si fosse mai arreso?»

No, non lo sapeva; lui, invece, ne era certo. «Allora, siete dalla stessa parte. Non devi più nasconderti. Potresti…»

«Charles, lui è della polizia, io no. Ho lasciato il mio distintivo a New York. Credevo avessi capito.»

«Ma che hai intenzione di fare, Mallory? Il giustiziere? Henry mi ha detto che gli assassini erano quasi una trentina. Non puoi beccarli tutti.»

«Certo che posso.» E con lo stesso tono disse: «Per favore, reggimi le pinze».

Lui obbedì. «Secondo me, il primo passo è trovare chi ha ucciso Babe Laurie. Quindi, quando non sarai più sospettata…»

«Perché dovrebbe interessarmi chi ha ucciso Babe?»

«Non ti chiedi perché Babe sia stato ucciso?»

«No. Non ha importanza.» La sua voce era irritata, ma cambiò tono in fretta, passando improvvisamente a un altro argomento. «Allora, ti è piaciuto lo spettacolo di stasera?»

«Quale? Il tuo o quello di Malcolm?»

«Il circo dei Laurie, Charles!»

«Be', lo spettacolino di magia ha bisogno di qualche ritocco. È troppo rozzo per i miei gusti.»

«Non è all'altezza di Max Candle?»

«Per niente. Troppi lustrini. Malcolm non ha classe.» Charles guardò di nuovo in giù e si ricordò di essere in cima a un pilone del telefono. Gli parve che la terra si muovesse, o era forse il suo stomaco?

«Tuo cugino si è mai occupato di miracoli religiosi?»

«No, però Max conosceva il mestiere.» Si guardò di nuovo la camicia mentre Mallory vi faceva scorrere una serie di diagrammi. «Potresti dare qualche suggerimento a Henry per un miracolo religioso su piccola scala?»

Prima di rispondere, Charles assistette a un nuovo miracolo a opera di Mallory. Lei toccò la tastiera e a Owltown tornò la corrente.

«Non hai paura di essere scoperta?»

Lei lo squadrò, offesa. «La società elettrica manderà una squadra a controllare le linee. A dieci chilometri da qui troveranno la causa del guasto lungo la linea principale. Penseranno che siano entrati in funzione i circuiti di black-out. Ho lasciato uno scoiattolo sui fili scoperti. A quest'ora sarà bello croccante.»

«Mica avrai…»

«Charles, ti sentiresti meglio se ti dicessi che lo scoiattolo era già morto prima che lo friggessi?»

Il suo era un sarcasmo lieve, ma toccò un nervo scoperto. Ai suoi occhi doveva apparire un pagliaccio. «Stavo per dire, non hai tralasciato proprio nulla. Ora, mi scuserai, ma è stata una giornata lunga e sono stanco.»

Stava per scendere quando sentì la mano di Mallory sul braccio.

«Resta» disse.

Lui esitò.

Non era un comando. L'inflessione era diversa, quasi di scusa.

La mano gli serrò il braccio, come se avesse bisogno di forza per trattenerlo. Ma non ce n'era bisogno, non ce n'era mai stato.

Lei si sporse oltre il groviglio di fili elettrici scoperti. Il congegno che aveva fra le mani pulsava di luci rosse. Gli sfiorò con le labbra la guancia e l'orecchio, mormorandogli: «Non ucciderò mai più un altro scoiattolo, te lo prometto».

Prima che lui potesse aprir bocca, lo baciò. Lui rimase immobile: non si sarebbe mosso neanche se si fosse trovato su un tappeto di carboni ardenti.

Fu tutto troppo breve. Mallory si tirò indietro. Mentre l'euforia passava, si chiese se lei fosse conscia dell'effetto che gli faceva. Avrebbe perso il sonno cercando di capire perché lo avesse baciato.

O forse no.

Non gli importava perché l'avesse fatto. E sarebbe corso giù dal pilone in un baleno per ammazzarle una decina di scoiattoli, se lei glielo avesse chiesto.

«Voglio che te ne torni a New York, Charles. Parti stasera.»

Non avrebbe esitato a sacrificare la vita per Mallory. Ma non poteva abbandonarla. Tornarsene a New York senza di lei era impensabile. Scosse il capo.

«Anche Henry mi può aiutare. Non ho bisogno di te, Charles.»

«Be', grazie tante.»

«Tu non conosci questo posto. Non puoi…»

«Buona notte» e cominciò a scendere. I pioli di metallo erano freddi sotto le sue mani. Concentrò lo sguardo sul pilone e rafforzò la decisione di non guardarla più.

«Dove stai andando?» Il suo tono adesso era risentito: aveva osato andarsene senza essere stato congedato.

Negli anni aveva imparato a subire i suoi maltrattamenti, perché l'amava, mentre Mallory non amava nessuno.

«Charles? Dove stai andando?»

«Sto andando a scoprire chi ha ucciso Babe Laurie.»

«Charles!» La sua voce gli giungeva affievolita dalla distanza crescente.

Imboccò la stradina sterrata e non si guardò indietro. Il cottage dello scultore era buio. Mallory, dall'alto del pilone del telefono, digitando sul suo palmare accese contemporaneamente tutte le luci della casa, per illuminargli il cammino.

Dopo un'indisturbata ora di violazione di domicilio, Mallory tornò nel bosco con una pala che aveva preso dal capanno nel giardino di sua madre. Si chiese cosa avrebbe pensato lo sceriffo di quella incursione nella sua casa vuota, e se vi avesse dimenticato qualcosa. La cassetta degli attrezzi che si era messa a tracolla le sbatteva contro il fianco mentre procedeva fra gli alberi, guidata da un sottile fascio di luce dorata. La torcia elettrica, piccola come una stilografica, faceva risaltare ogni radice e ogni pietra sul suo cammino. Quando si scostò una felce dal viso, la luce le illuminò una mano e lei si bloccò.

Le lunghe unghie rosse erano spezzate, e lo smalto stava venendo via. La pelle era tutta graffiata, le nocche spellate e piene di lividi bluastri. Li studiò per un momento, incredula, come se lividi e unghie spezzate non fossero concepibili nel suo universo.

Da quando aveva dieci anni era stata maniacalmente ordinata, non sopportando né imperfezioni nel suo aspetto né cose fuori posto intorno a sé. La madre adottiva, la defunta Helen Markowitz, aveva sempre tenuto la casa pulita e in ordine. La piccola Kathy venerava Helen e il suo esempio era diventato per lei una religione che non includeva Dio, ma ogni tipo di straccio o spazzola, ogni solvente e detersivo conosciuti. Nel condominio di New York dove abitava c'era un ripostiglio in cui i barattoli, le bottiglie e i vasetti dei detergenti erano schierati come un esercito di soldatini sull'attenti.

Appoggiò la pala contro un albero e si coprì il volto con le mani rovinate. Si sentiva stanca, svuotata, senza più fiato nei polmoni, né sangue nelle vene. Oh, se avesse potuto sedersi nella fresca oscurità senza doversi alzare più. Era stata una lunghissima giornata, dolorosa e difficile, ma a farla crollare era stata la vista dello smalto sfaldato e delle unghie spezzate.

No, non poteva fermarsi.

Aveva perduto tutto: la famiglia e persino i ricordi più preziosi. Non era nemmeno riuscita a ricordarsi il nome del cane morente. E adesso era di nuovo sola, quella solitudine che lei aveva sempre creduto preferibile alla compagnia di persone che in seguito l'avrebbero abbandonata, morendo oppure andandosene via, come aveva fatto Charles quella sera.

Mallory spense la torcia e rimase ferma nell'oscurità, facendo profondi respiri per cercare di ritrovare la calma. Quindi raccolse la pala e riprese a muoversi. Il suo viso non esprimeva dolore né altre emozioni.

Entrò nella radura dove aveva lasciato il cane. Dopo aver rimosso i rami che lo coprivano, gli si inginocchiò accanto ed estrasse da un tronco cavo la sua sacca da viaggio.

Infilò la torcia nella cavità, dove gli insetti si precipitarono gli uni sugli altri, fuggendo la luce improvvisa. Dietro la sacca aveva infilato una borsa di tela con una scorta di componenti elettronici. La tirò fuori e l'aprì per infilarvi l'imbragatura di cuoio, la cassetta degli attrezzi e il computer palmare, protetto dalla custodia di metallo.

Quando tutto fu ben nascosto, riprese la pala e iniziò a scavare una fossa poco profonda. Sarebbe tornata in seguito a sistemare meglio il corpo dell'animale. Adesso le importava solo di seppellirlo. Al buio era più facile immaginarlo ancora giovane, come quando si volevano bene e stavano sempre insieme.

Ebbe appena il tempo d'infilare la pala nel terreno, quando un colpo di fucile esplose alle sue spalle.

Fu colpita, e la pala cadde a terra. Un istante dopo impugnava la 357 Magnum. Prese la mira guidata dall'istinto, per riflesso.

Il corpo di Fred Laurie cadde dall'albero con un grosso buco nel petto.

"Mallory la Macchina" era tornata.

Rimettendo la pistola nella fondina avvertì l'umido del proprio sangue scivolarle sulla spalla sinistra e tastò il foro d'uscita della pallottola. Guardò il fucile del morto. Era un calibro 22.

Ideale per mandare all'altro mondo una rana. Avrebbe dovuto usare un altro calibro per andare a caccia di umani.

Che stupido.

La ferita non le faceva ancora male, ma lei sapeva che il dolore sarebbe arrivato presto. Si toccò la scapola tutt'intorno alla ferita. Le dita incontrarono il foro d'ingresso sanguinante. Non c'era alcuna pallottola da estrarre, solo due buchi dai quali continuava a perdere sangue.

Attese domandandosi se qualcuno sarebbe venuto a indagare sullo sparo. Non vide né sentì nulla, eppure percepiva una presenza dinanzi a sé, ad alcuni metri di distanza.

Infine, Mallory corse via, lontano dal cane, dalla sacca e dall'uomo morto.

Aveva perso di vista Mallory fra gli alberi, ma non era un problema.

Sapeva dove si stava dirigendo.

Lilith si fermò al limite del cimitero. L'angelo di Cass Shelley dominava tutti gli altri monumenti. Era magnifico. Girò intorno alle ali spiegate, e si imbatté nell'angelo in carne e ossa. La statua e il suo doppio. Il pallidissimo volto di Mallory emerse dalle pieghe di pietra, ma un attimo dopo era già scomparso. Del sangue gocciolava lungo il marmo, come se la pietra fosse stata ferita.

La vicesceriffo si precipitò all'inseguimento. Mallory si addentrò nel bosco al di là del cimitero, i capelli d'oro rilucenti tra le foglie. Lilith urlò nella notte: «Se continuerai a correre perderai il poco sangue che ti rimane».

Per tutta risposta le giunse l'eco di una risata.

D'un tratto Mallory si accasciò a terra. Lilith aveva il fiatone quando la raggiunse. Estrasse la pistola e la tenne con le due mani come le avevano insegnato.

Mallory si lamentava. Perdeva sangue da una ferita alla spalla. Lilith le s'inginocchiò accanto, sollevando la canna della pistola. «Chi ti ha fatto questo?»

Sussultò alla vista dell'arma in pugno a Mallory che le ordinò di indietreggiare. Lilith non si fece pregare. Ma la canna della sua pistola si stava lentamente abbassando.

«Attenta a quel che fai, pivellina.»

Lilith si irrigidì. «Ti è costato un mare di sangue correre a quel modo» disse. «Morirai prima di uscire dal bosco.»

«E che te ne frega? Neanche fossi un vero poliziotto…» Mallory sorrideva. «So che i federali ti hanno reclutata dalla polizia di Stato.»

«Tu non sai…»

«Davvero?» Mallory si trasse a sedere. «Qualsiasi idiota l'avrebbe scoperto. I federali tengono d'occhio ogni setta del paese. O gli piace credere di farlo.»

«Io non ho nessun…»

«Sei così inesperta. Probabilmente hai creduto a tutte quelle balle su un brillante futuro nell'FBI. È così? Spiacente, pivella. Ti hanno mentito. Lo fanno spesso.»

Mallory era in piedi adesso, mentre Lilith era ancora accucciata, immobile. «L'FBI non ti assumerà mai, e non potrai tornare nella polizia di Stato. Ti hanno tagliata fuori. Sanno che collabori con i federali alle spalle dello sceriffo. Perché dovrebbero fidarsi di te? La tua carriera è finita, pivella. O forse no. Potresti ancora salvare qualcosa.»

Mallory piegò la testa da un lato. Doveva soffrire parecchio, ma sembrava non badarci. «L'ultima cosa che ti conviene è che lo sceriffo mi rimetta in cella. Perfino tu puoi capirlo.»

Ma tutto quel che Lilith capiva era che il sangue continuava a sgorgare dalla ferita dell'evasa.

«Hai un po' di nausea, vice? Forse stai pensando al momento in cui lo sceriffo scoprirà che sei una spia e ti coprirà di sputi? Tranquilla, ti tiro fuori io da questo casino. Quando ti avrò raccontato quello che so sui federali, quelli saranno costretti a farti fare carriera. Ho ereditato un dossier scottante da un vero mago nell'arte di scovare i peccati altrui. Allora, ti interessa il mio aiuto?»

Lilith annuì e aumentò la stretta sulla pistola mentre si tirava su con cautela. Quella donna avrebbe potuto ucciderla, di questo era sicura.

Il dubbio che la tormentava era un altro: Potresti uccidere Mallory? Potresti mai uccidere qualcuno?

Forse no. Voleva fare il poliziotto da una vita. Era la sua unica certezza. Ma ora anche quella si stava sgretolando. Era nauseata. Se fossero arrivate a uno scontro a fuoco…

«Punta la pistola a terra mentre parliamo» le ingiunse Mallory. «Avrai maggiori probabilità di non beccarti un proiettile in faccia» e sorrise, come per dire: Non c'è nulla di personale in questo, nessun rancore, chiaro? «Abbassa la pistola.»

Un attimo dopo, Mallory sparò e Lilith credette di morire.

Sentì il sibilo della pallottola, il suo soffio caldo e veloce le sfiorò la pelle. L'aveva mancata. Quando la paura cessò di annebbiarle la vista, si trovò a fissare la propria Colt in mano a Mallory, per la seconda volta nella stessa giornata.

Merda.

Il dubbio, quel vecchio familiare fantasma, rideva alle sue spalle. Così, tu vuoi fare la poliziotta, Lilith?

«Continui a perdere questa» le disse Mallory, mostrandole la Colt. «Non fare quella faccia tragica, pivellina. Hai imparato un'altra lezione importante: non credere mai a quel che ti dice un indiziato.»

«Non mi avresti mai raccontato il marciume sul conto dei federali.»

«No, certo che no.»

«Quindi se lo sceriffo ti becca gli dirai tutto del mio accordo con l'FBI.»

«No. Ti ho mentito anche su quello. È meglio che glielo dica tu.»

Lilith era alle prese con la morale di Mallory. C'era un codice, ma dannazione se…

«Stacca il caricatore dal cinturone e lascialo cadere.»

Lilith eseguì. Il caricatore rotolò fino ai piedi di Mallory. Dopo aver infilato la propria pistola nella fondina, Mallory puntò la Colt su Lilith mentre afferrava il caricatore.

«Non ne avrai mai bisogno. Ora stacca quello stupido sfollagente, e il resto di quell'accozzaglia, la radio e la torcia. Tutta zavorra inutile.»

Il manganello fu sganciato e cadde a terra, seguito dal resto del suo equipaggiamento. Mallory la esaminò attentamente.

«Ora hai l'aspetto di un poliziotto.» Fece scivolare il caricatore in una tasca del blazer; adesso impugnava di nuovo due revolver. «Prima di andare ti farò un ultimo favore.» Mallory scagliò la Colt 38 nel fitto del fogliame.

«Questo dovrebbe tenerti occupata per un po'.» Indicò la torcia della ragazza lì per terra. «Scommetto che la batteria è nuova di zecca.» Sorrise. «La controlli tutte le mattine, vero?» Nell'aria aleggiava la parola "stupida". Le mani di Lilith si strinsero a pugno nelle tasche mentre si girava a scrutare il punto fra gli alberi in cui era sparita la sua pistola. Ogni altra emozione era soffocata dall'ira mentre diceva: «Non smetterò di darti la caccia». Quando tornò a guardare Mallory, si trovò davanti il vuoto. Era sparita.

«Già, come no» disse una voce nel buio.

Vicino alla riva del Finger Bayou, Mallory camminava nell'acqua che le arrivava alla vita, fra l'intrico di piante galleggianti. Per spostarsi in avanti, si afferrava alle radici sporgenti e ai ramoscelli degli argini. Era tutto così scivoloso, doveva lottare per mantenere l'equilibrio. Nel fango i piedi non avevano presa. Il sangue continuava a uscirle dalle ferite. Le gocciolava lungo il corpo e finiva col mescolarsi all'acqua nera del bayou, senza lasciare tracce che qualcuno avrebbe potuto seguire.

Le gambe cedettero senza preavviso. Cadde in ginocchio, incurante del ramo spezzato che le tagliava i jeans e la feriva a una gamba. Allungò una mano per afferrare un arbusto e lo mancò, cadendo nell'acqua. Ora era lontana dalla riva e non aveva più appigli. Cercò invano di rialzarsi. Si dibatté.

Era esausta…

Quando riaprì gli occhi, si trovava sulla terraferma. Due mani rudi le premevano la schiena e dalla sua bocca aperta usciva acqua a fiotti. Poi qualcuno la afferrò sotto le ascelle, e la trascinò via.

Per un'ora il bosco fu illuminato dalla luce delle torce che intrecciavano i loro raggi tra gli alberi. Alla fine la ricerca fu abbandonata, per quella notte. Malcolm e Ray Laurie avevano rinunciato a trovare Fred. Lungo la via di casa imprecarono contro quel bastardo del fratello, imbastendo una balla da raccontare a sua moglie, perché non pensasse che il marito si era di nuovo imboscato con qualche ragazzotta del peep-show.

Il bosco tornò silenzioso, a eccezione dei richiami dei gufi e di altri piccoli animali. Verso mattina, altri due uomini diretti al cimitero disturbarono la sua quiete, spaventando i topi campagnoli e i rapaci notturni che davano loro la caccia. Furtivamente si avvicinarono all'angelo di pietra. Avvolsero le ali con una corda e lo tirarono giù. Poi anche l'angelo fu trascinato via nel buio.