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Quando Charles bussò alla porta di Augusta, fu Henry Roth a farlo entrare, facendogli cenno di tacere.
«Augusta ha ospiti.»
Charles entrò in cucina mentre Riker stava porgendo alla donna il proprio documento d'identità con annesso distintivo della polizia.
Strizzando gli occhi, lei si chinò sulla tessera con la foto del detective. «Ho bisogno degli occhiali. Vado a prenderli.» Passandogli accanto, fece un brusco cenno di saluto a Charles, e scomparve frettolosa nell'atrio.
Occhiali?
Fino a quel momento non ne aveva mai avuto bisogno. In effetti, il giorno in cui si erano conosciuti, lui si era meravigliato del fatto che lei potesse leggere senza problemi i caratteri minuscoli del suo biglietto da visita.
Si rivolse a Riker, che si stava guardando intorno con grande interesse.
«Lasciami indovinare» disse Charles. «Ti sei messo a pedinare Henry.»
«Già.» Riker si voltò a guardare lo scultore. Parlava lentamente per farsi capire da quel tipo che credeva sordo e abituato a leggere le labbra. «Ma non è colpa tua, amico. Sei stato in gamba a liberarti da quella pivella della vicesceriffo, ma non immaginavi che sulle tue tracce ci fosse un altro poliziotto, vero?»
Augusta tornò con un paio di occhiali piazzati sulla punta del naso. L'antica montatura dalle spesse lenti doveva essere appartenuta a qualche antenato con gravi problemi di vista. I suoi occhi risultavano molto ingranditi.
Curioso.
«Diamo un'occhiata» disse, studiando il documento di Riker. Poi fissò il suo volto. «Lei è molto fotogenico.» Lo presentò a Henry e a Charles, aggiungendo: «Il signor Butler è tanto gentile da aiutarmi a risolvere alcuni problemi legali riguardanti una proprietà terriera».
Charles e Riker si strinsero la mano come se si incontrassero per la prima volta.
Augusta si avvicinò ai fornelli e prese a rimestare il contenuto di una pentola. «Spero intendiate fermarvi tutti a pranzo.»
«Non vorrei disturbare, signora» si schermì Riker. «Sono qui per raccogliere informazioni sulla detenuta dello sceriffo. Si chiama Mallory.»
«Bene, posso dirle come arrivare all'ufficio dello sceriffo. Attraversi il cimitero, prenda la strada del ponte e…»
«Ho già incontrato lo sceriffo. Mi ha detto che l'altroieri la prigioniera è evasa.»
«Oh, Signore mio!» Augusta si girò lentamente e ritornò al tavolo con passo incerto. Allarmato, Charles si mosse verso di lei. In piedi alle spalle di Riker, Henry Roth gli fece segno di stare indietro.
Augusta si lasciò cadere su una sedia accanto al tavolo, e le mani di Henry volteggiarono in una spiegazione silenziosa: «È la tipica strategia della donna del Sud. È più forte di te e me messi insieme, ma in questo momento vuol dare a intendere di essere fragile».
Sembrava riuscirci piuttosto bene. Il volto di Riker esprimeva genuina preoccupazione. Lui vedeva solo i capelli grigi, il volto rugoso, gli occhi azzurri e smarriti di una donna che doveva essere mezza cieca per aver bisogno di lenti così spesse.
«Sono spiacente, signora» esclamò Riker. «Non era mia intenzione spaventarla.»
Augusta mosse debolmente una mano, come se le mancasse il respiro. «Acqua!»
Riker si fiondò al lavandino e le riempì un bicchiere. Glielo portò, poi prese una sedia e si sedette dall'altro lato del tavolo.
«Oh, grazie.» Lei afferrò il bicchiere con tutte e due le mani e sorseggiò un po' d'acqua. «Non posso pensarci. Un'assassina in giro per Dayborn.»
«Non so se abbia veramente ucciso qualcuno» puntualizzò Riker. «E comunque credo che lei non corra alcun pericolo.»
«Ciò mi conforta molto. Riuscirà a catturarla presto?»
«Non ho l'autorità di arrestare nessuno, signora. Sono solo un turista, qui in Louisiana.»
Augusta sbatté le ciglia con civetteria «Oh, ma che bello!»
«Io penso che questa tizia, Mallory, potrebbe darmi una mano» disse Riker. «Vede, mi sto occupando di un vecchio omicidio.»
Augusta atteggiò la bocca in una smorfia inorridita.
«Ho sentito che sua madre fu uccisa da una folla inferocita. Lei ha qualche idea su…»
Augusta gemette premendosi la fronte col dorso della mano. «Non ho la forza di rivangare quel terribile episodio.»
«Mi spiace insistere, signora» continuò Riker. «Ma ho davvero bisogno del suo aiuto.»
«Sono lusingata che lei mi ritenga in grado di aiutarla.»
Charles guardò Henry, che scosse il capo. «Non offrirebbe mai aiuto e conforto al nemico, nemmeno se Riker stesse morendo dissanguato.»
Quando Augusta afferrò un foglio di carta e cominciò a farsi vento alzando gli occhi al soffitto, fu chiaro che era andata troppo in là nel recitare la parte. Lo sguardo di Riker ebbe un lampo improvviso, quasi a dire: "Ora capisco!". Aveva compreso di avere di fronte non già una vecchietta sconvolta, ma una temibile avversaria.
Riker osservò attentamente la cucina, passando con lo sguardo da una superficie all'altra. Trasse un respiro profondo, inalando l'odore dei detergenti. Allora anche Charles si guardò attorno con maggior attenzione.
Il giorno precedente la cucina era abbastanza in ordine, ma oggi era immacolata. Il vetro della credenza era invisibile adesso, senza il velo giallo lasciato dal tabacco dei sigari di Augusta. Negli armadietti i cibi in scatola e gli altri barattoli erano perfettamente allineati. Le pentole di rame erano lucide e splendenti. Perfino i vasi delle erbe aromatiche sul davanzale della finestra erano stati lustrati e sistemati in bell'ordine. Un lavoro di pulizia ben al di là della norma, addirittura maniacale.
Riker aveva trovato Mallory.
«Signora, capisco perfettamente il suo turbamento, dopo tutto Dayborn è una cittadina tranquilla» commentò Riker, adesso molto sicuro di sé.
«Vede, a New York saranno almeno un migliaio gli evasi e i latitanti pronti a tagliare la gola a chiunque per qualche spicciolo. Nella metropoli tutto gira più in fretta. È un posto infernale.» Si sporse verso di lei e sorrise. «Per sopravvivere bisogna usare il cervello» concluse con un vago accento di sfida.
Augusta ricambiò il sorriso e piegò appena la testa come per segnalare che le regole del gioco erano cambiate. Coltelli e pistole non erano ammessi, ma poco ci mancava.
«Crede forse che solamente New York sia pericolosa, detective Riker?» Si tolse gli occhiali. «Noi abbiamo cinque varietà di serpenti velenosi, e ragni dal morso mortale. I nostri alligatori sono più lunghi di due newyorchesi messi in fila, e le nostre zanzare potrebbero reggere il peso di una sella.»
«A New York abbiamo ratti grandi come puledri, ingorghi di macchine da Harlem a Battery e due fiumi traboccanti di pesci morti e di contribuenti assassinati.»
Augusta batté una mano sul tavolo. «Noi siamo più inquinati e più assassini di voi. Ha notato le industrie chimiche lungo il fiume? Sono lì grazie a un formale contratto sottoscritto da Satana in persona. Producono veleni e in più appestano aria e acqua. Un bell'affare, eh? Qui in Louisiana noi non tolleriamo la corruzione, la esigiamo. Tutto quel che voi avete, Riker, è un'isoletta insignificante con un grave problema di traffico. Io so tutto di New York.»
«Signora Trebec, credo di essermi innamorato di lei.»
«Allora mi devi chiamare Augusta.» Sorrise con squisita insincerità.
Riker si sciolse un po'. Aveva gli occhi colmi di ammirazione, ma questo non gli impedì di sferrare il colpo finale.
«Augusta, sei una dura, devo riconoscerlo. Quindi, quando Mallory si è presentata alla porta, le hai tirato un sasso e lei è fuggita via, è andata così?»
Riker si appoggiò allo schienale della sedia e si accese una sigaretta. La stanza era così silenziosa che il suo fiammifero spento fece un udibile ping nel centrare il portacenere di vetro. «Ho bisogno di parlare con Mallory. È importante. Diglielo.» Soffiò una nuvola di fumo e fissò una porta laterale come se potesse visualizzare Mallory nell'altra stanza.
Augusta tamburellò con le dita sul tavolo. «Non credo che verrà. Mi piace credere che la mia reputazione di spietata brutalità mi preceda. Ma se la vedo, le sparerò certamente da parte tua.»
«Mi può trovare nell'albergo della piazza.»
«O nell'ufficio dello sceriffo» disse Augusta in tono accusatorio.
«Appunto. Ma per ora non ho intenzione di riferirgli di questa nostra chiacchierata» aggiunse Riker.
«Non ho segreti per lo sceriffo» replicò Augusta, senza fare una piega. «Qualche volta, quando era più giovane, mi è toccato sculacciarlo o soffiargli il naso. Magari glielo dirò io stessa. Oh, scusa. Non ci pensavo. Ti creerebbe dei problemi, se Tom pensasse che non gli dici tutto?»
Riker si alzò e abbozzò un beffardo inchino, concedendo la vittoria ad Augusta. Poi fece un gesto così lontano dalla sua natura che Charles trasalì. Si piegò sull'anziana donna, le prese la mano e gliela baciò.
Charles uscì con lui. «Hai trovato pane per i tuoi denti, mi sembra.»
«Una donna eccezionale.» Riker guardò la porta fra le due scalinate. Mise una mano sulla spalla di Charles e insieme a lui si allontanò un po' dalla casa. Il suo tono era confidenziale. «Ho dato uno sguardo a quella cappella, lo studio del tuo amico. Charles, non ti sembra che quell'uomo abbia una fissazione per Mallory e sua madre? Una fissazione potenzialmente pericolosa?»
«Assurdo. È un tipo molto pacifico.» Un tipo che teneva un macabro elenco di presunti assassini e partecipava allegramente a un piano per torturare gli abitanti di Dayborn, ma, ciononostante, un'anima mite. Si liberò della mano di Riker. «Non riesco a immaginarmi Henry che uccide…»
«Calmati, Charles. Ti ho fatto una semplice domanda. Non mi guardare con tanta ostilità. Sei fuori di te e la colpa è di Mallory.»
«Non sai quel che dici. Non le ho parlato da quando sei arrivato. Credi di conoscerla tanto a fondo e te ne stai qui a calunniare…»
«Ieri mi hai chiesto se sapessi che suonava il piano. L'ho sentita suonare una volta. A una festa a sorpresa per Lou Markowitz. I musicisti se ne erano andati e anche i familiari. Eravamo rimasti solo noi poliziotti, ma la festa non accennava a finire.»
Charles sapeva che l'amico stava solo tentando di ammansirlo, ma Riker era un mago nel raccontare storie e lui ci cascava sempre.
«A un tratto Lou grida: "Ci vuole un po' di musica".»
All'epoca la vita gli sorrideva. Helen, sua moglie, non era ancora stata aggredita dal cancro. Louis era un uomo tutto casa e famiglia con una figlia che faceva la poliziotta. Il padre e il nonno avevano fatto lo stesso mestiere e la tradizione di famiglia sarebbe proseguita.
«Il vecchio era di ottimo umore quella sera. Voleva che la festa e la musica continuassero. In piedi accanto al piano, urlava: "Possibile che nessuno di voi bastardi sappia suonare?". Così Mallory si sedette al piano e cominciò a suonare un semplice pezzo per principianti. Mia nipote si esercitava con lo stesso brano durante le prime lezioni di piano. Era un motivetto dolce, orecchiabile. Sulla sala piena di poliziotti sbronzi scese il silenzio. Non volava una mosca, si sentiva solo la musica.»
Quel che Riker ricordava meglio era l'espressione sul viso di Louis. Aveva allevato Mallory da quando aveva dieci anni, senza mai sospettare che sapesse suonare il piano. Era sempre stata reticente circa il suo passato. Ma quella notte Mallory aveva suonato. Solo quella volta, solo per lui e poi mai più.
«Lou Markowitz mi ha dato un grosso dolore facendosi uccidere. Ora ho paura per sua figlia. Sto sveglio la notte per il timore che possa andar fuori di testa, senza qualcuno al suo fianco che si preoccupi per lei e la tenga ancorata alla realtà. So quel che provi per lei, Charles, e lo sapeva anche Lou. Penso che il vecchio contasse su di te perché le dessi un po' di equilibrio. Ma tu hai perso la bussola. Lei è qui per fare del male a un sacco di gente, e tu la stai aiutando.»
«Questo è sleale, Riker.» Ed era sleale, no?
«Ieri sera ero all'ospedale. Volevo parlare con Travis, ma lui non era in condizioni di ricevere visite. Ti ricordi quella donna che ieri è strisciata fuori dal cimitero? Si chiama Alma Furgueson. La stavano portando dentro quando io sono uscito. Il conducente dell'ambulanza mi ha detto che si era tagliata le vene.»
«Cristo.»
«L'hanno ricoverata appena in tempo. Ce la farà. Ma se fosse morta? Sei arrivato quasi al punto di uccidere per amore di Mallory.» Charles rifletté. Fin dove era pronto a spingersi per Mallory? Oh, la risposta era in basso, giù fino al centro della terra, dove immaginava ci fosse l'inferno. Il paradiso poteva scordarselo, dopo quello che aveva fatto ad Alma.
In quel momento la macchina dello sceriffo sbucò dagli alberi slittando sul terreno bagnato. Si impantanò, le ruote girarono a vuoto, poi fecero presa e la macchina si fermò a qualche metro da Riker e Charles. Era coperta di fango e di graffi causati dai rami bassi.
Lo sceriffo si sporse dal finestrino e urlò: «Riker, se vuoi ancora parlare con Travis, è meglio che ti sbrighi. Vuole rendere una confessione. Il medico dice che non durerà per molto».
«Continuiamo dopo» disse Riker a Charles.
«Ci vediamo in ospedale» ribatté Charles. «Ho deciso di far visita ad Alma Furgueson.»
«Buona idea.» Riker raggiunse la macchina dello sceriffo. La portiera anteriore era spalancata.
Quando l'auto fu scomparsa oltre gli alberi, Charles sentì dietro di sé la porta aprirsi e poi richiudersi. Si voltò, non troppo sorpreso nello scorgere Mallory, ma stupito dal cambiamento che notava nel suo aspetto. Le scarpe da corsa erano state sostituite da stivali e indossava una blusa bianca di un'altra epoca, lunga e fluente. Il collo era coperto da un foulard nero. Una larga cintura scendeva sul fianco destro, appesantita dal grosso revolver.
Fatti pochi metri la macchina dello sceriffo affrontò una pozzanghera particolarmente insidiosa.
Riker si sporse ad accendere la sigaretta che pendeva dalle labbra dello sceriffo. «Non sarebbe stato più semplice lasciare la macchina a casa di Roth e venire da Augusta a piedi?»
«Già, ma ogni tanto mi piace dar fastidio alla vecchia. Crede che casa sua sia inaccessibile al resto del mondo. Così io mi presento in macchina giusto per provocarla. La maggior parte delle volte mi grida dietro, ed è molto più divertente. Sai com'è la vita nei piccoli paesi. Ci divertiamo con poco.»
Già, come no. «Come sapevi dove trovarmi?»
«Oh, la mia vice ti ha pedinato fino da Augusta.»
«Pedinava me?»
«Be', sì. Si è accorta quasi subito che l'avevi vista, allora si è messa a seguire Henry per depistarti. Poi ha lasciato che Henry si allontanasse, in modo da poter tornare sui suoi passi e riprenderti. Non prendertela, Riker. Dice che per essere uno di città, te la sei cavata egregiamente nel pedinare Henry. Mi risulta che abbia seguito un percorso decisamente tortuoso.»
Adesso Riker si chiedeva se la scena della vice al bar non fosse stata un rilancio al buio, per dirla nel gergo del poker. Lo sceriffo era così complicato.
«Così, Travis sta morendo» commentò Riker dopo un po'. «È tanto che aspetti questo momento, non è vero, Tom?»
«Diciassette anni. Incominciavo a temere che il cuore di quel bastardo non si sarebbe mai arreso. Sono contento che ci sia tu con me, Riker. Mi serve un testimone affinché la confessione abbia un certo peso in tribunale.»
La macchina imboccò l'ampia statale.
«A proposito, Riker,» lo sceriffo sogghignava, «quando vedi la detective Mallory, figlia adottiva del tuo compianto amico Lou, dille che può venire a riprendersi l'orologio da tasca in qualsiasi momento.»
Riker si accasciò nel sedile. «Okay, mi hai beccato» ammise.
Procedettero in silenzio per un altro tratto. C'era una monotonia confortante negli sconfinati campi di canna da zucchero, un paesaggio piatto da cui spuntava qualche raro albero.
«Toglimi una curiosità, Riker. Mallory è brava nel suo lavoro?»
«Eccezionale. Anche tu non sei niente male, sceriffo. Come hai fatto a risalire a Markowitz? Hai chiamato New York?»
«Già. Ho scoperto che Markowitz era un poliziotto, e che era morto. Il resto l'ho saputo da Jeff McKenna, dell'Ufficio Persone Scomparse. Lo conosci?»
«Eccome. Quel bastardo è lì da cent'anni.»
«Diciott'anni fa mi toccò il caso di un ragazzo scappato da casa. Sapevo che era a New York, così chiamai McKenna. Lui lo trovò un mese dopo: era stato arrestato nel corso di una retata per droga. Conobbi McKenna quando andai a New York a prelevare il ragazzo per riportarlo a casa.»
«Così hai chiamato McKenna chiedendo notizie del tuo vecchio amico Louis Markowitz, di cui non avevi mai sentito parlare.»
«Proprio così. E McKenna mi ha detto che Lou era morto. Allora ho chiesto che ne fosse stato di Mallory, e lui mi ha risposto che è ancora in polizia, ma che adesso è detective.»
«E poi gli hai chiesto di me?»
«Certo, e mi ha raccontato un sacco di cose interessanti. Il buon McKenna ha la memoria di un elefante. Si ricorda perfino il nome del ragazzo scappato di casa diciotto anni fa. Fummo fortunati a trovarlo così in fretta. Stava da cani, ma grazie a Dio non aveva nessuna ferita più grande della punta di un ago. Bella città la tua, Riker. Bambini fatti di droga, gente che piscia sui muri, pervertiti a caccia di ragazzini sulla Quarantaduesima strada. Dev'essere deprimente, alla lunga.»
«Già. Per fortuna ora ho trovato il Signore in Louisiana.»
Lo sceriffo sorrise. «Ho sentito che ti sei fatto qualche bevuta con quelli della New Church a Owltown. Ne hai ricavato nulla di utile?»
Riker tirò fuori di tasca un foglietto spiegazzato e lesse: «Hai intrapreso un lungo viaggio su un terreno pericoloso. Puoi seguire la strada tortuosa o comprare un miracolo e volare». Appallottolò il volantino e lo gettò sul fondo della macchina a far compagnia alle lattine di birra vuote. «Non riesco a capacitarmi. Sembra la pubblicità di Una compagnia aerea.»