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Le pareti erano state dipinte di arancione nel tentativo di ravvivare la camera d'ospedale. Ma i fiori primaverili incorniciati erano uno scherzo di cattivo gusto per il vicesceriffo Travis morente.
Eppure si sarebbe detto che la stesse prendendo con spirito.
Aveva la bocca fissa in un'espressione di dolore che poteva passare per un bizzarro sorriso.
La pelle era giallastra e coperta da un velo di sudore. I tubi che uscivano dalle narici lo collegavano a un erogatore di ossigeno. Altri tubi da fleboclisi pendevano da sei sacchetti di plastica appesi a un sostegno in metallo. I cavetti per il pacemaker erano infilati nella pelle. Il respiro era affannoso, e il battito cardiaco era una linea irregolare sullo schermo di un monitor.
Il suo corpo emanava odore di terra e di umido. Negli ultimi trent'anni Riker era diventato un vero esperto nel riconoscere il lezzo della morte.
Sul lato opposto del letto un giovane in camice bianco parlava con voce acuta e tono arrogante, insistendo che il suo paziente non era in condizioni di essere interrogato. Lo sceriffo doveva prendere il suo amico e andarsene. Subito. Era un ordine.
Lo sceriffo si avvicinò al giovane medico, che era più basso di lui, aveva le spalle strette e non era armato. Gli spiegò, con voce potente, che avrebbe fatto bene a farsi da parte. Subito. Era un suggerimento. In caso contrario avrebbero dovuto spostare Travis per far spazio al dottore su quel letto d'ospedale.
Riker vide l'espressione del medico perdere risolutezza e la confusione insinuarsi nei suoi occhi. Con un'ultima occhiata al paziente, si rifugiò nell'angolo più lontano della stanza, accasciandosi contro la parete arancione.
Riker esaminò la cartella clinica di Travis per vedere se recentemente gli fossero stati somministrati analgesici che potessero invalidare la sua confessione. Controllò anche le date e gli orari delle diverse rianimazioni praticate con il defibrillatore. Sopra la firma di un medico c'era uno scarabocchio tremolante che doveva essere stato tracciato da Travis. Diceva «Basta». E una dottoressa aveva firmato dopo le parole «No code», la formula che metteva fine all'accanimento terapeutico, impedendo ulteriori rianimazioni.
Lo sceriffo si piegò sul letto del vice e lesse da un foglio: «Travis, nel rilasciare questa confessione sei consapevole di essere in punto di morte?».
Travis sollevò lo sguardo, stupefatto. Chiaramente la domanda lo aveva colto di sorpresa, nonostante fosse già morto sei volte e a dispetto della sua stessa richiesta scritta affinché la settima potesse risultare quella buona. I grandi occhi del vicesceriffo d'improvviso assunsero lo sguardo fisso e appannato di un cadavere, e Riker fu turbato alla vista delle sue lacrime.
Tom Jessop ripeté la domanda e Travis mosse lento il capo per indicare che sì, ora sapeva di dover morire.
Il volto dello sceriffo non mostrò alcuna emozione mentre appallottolava il biglietto, rinunciando a ogni ulteriore formalità. «C'eri anche tu fra la folla impazzita? Hai assassinato Cassandra Shelley?»
«Gettai un sasso al cane. Voleva azzannarmi. Non so nemmeno dove presi quel sasso, so solo che la bestia stava per assalirmi» disse Travis con fatica.
«Tu eri là quando lei morì.»
«Non c'ero andato con l'intenzione di farle del male. Cass stava per accusarmi di…» La sua mano si levò a disegnare deboli cerchi nell'aria. «Era tutto nella lettera: i risultati delle analisi del laboratorio. Lei voleva rovinarmi a colpi di scienza. Io sapevo che era un errore e stavo per dirglielo. Non ho mai fatto del male a un bambino in vita mia. E non volevo far del male a Cass. Ma, Cristo, non appena in paese si inizia a mormorare una cosa del genere…» Sul suo volto apparve un'espressione di improvviso dolore.
Il monitor emise un fischio e mostrò una serie di picchi seghettati. Il dottore si avvicinò in punta di piedi, ma lo sceriffo lo ricacciò indietro con un cenno del capo.
Al capezzale di Travis arrivò un'infermiera. Era un donnone massiccio, nera e sovrappeso. Una mano grassa e tozza impugnò una siringa e spruzzò un po' di liquido in aria. Piegandosi sul paziente cercò una vena fra gli ematomi delle braccia.
«Cos'è quella roba?» chiese Jessop.
«Morfina per il dolore» fece lei guardandolo come se fosse appena strisciato fuori da una trappola per scarafaggi. Posò lo stesso sguardo schifato sul dottore.
«Non può dargli quella roba!» urlò Jessop, facendosi avanti. «Le droghe invalidano l'…»
«Vai a farti fottere» disse l'infermiera, e infilò l'ago dove doveva.
Riker apprezzò il comportamento dello sceriffo, che riconobbe l'autorità della donna e smise di protestare. Rimase in silenzio mentre l'infermiera si accertava che la morfina facesse effetto sul paziente.
Il volto di Travis era rilassato adesso. La bocca era aperta, molle, e le parole uscivano strascicate. «Presero a volare le pietre e il cane si stava avventando contro di me.»
«Parlami della lettera.»
«Ho detto tutto quel che so della lettera.»
«Chi altro era presente?»
«Il padre di Ira. Poi mi ritrovai con un sasso in mano…»
«Chi altro? C'era Babe Laurie?»
Travis annuì.
«L'hai visto tirare le pietre?»
«No, ma non significa che non l'abbia fatto. Io ero occupato con il cane.»
«Malcolm e Fred Laurie?»
«Malcolm no. Fred c'era, e l'ho visto gettar sassi. Malcolm se ne era andato prima che Jack Wooley lanciasse la prima pietra. Io ne raccolsi altre per colpire il cane. Continuava a ringhiarmi contro.»
«Lascia perdere il cane. Che mi dici di Alma Furgueson, lei c'era?»
Per un attimo Travis scivolò nel torpore. Lo sceriffo gli afferrò la spalla scuotendolo per farlo tornare in sé: Travis fece un cenno col capo.
Riker si chinò e chiese, piano: «Babe Laurie ti ha mai minacciato? Ha avuto qualcosa a che fare con il tuo infarto? Ti sei azzuffato con lui il giorno in cui è morto?».
«Io non c'entro niente con l'omicidio. Non ho mai ucciso un essere vivente in vita mia. Ho preso a sassate il cane, ma è sopravvissuto.»
«Che cosa ti ha provocato l'infarto?» lo incalzò Riker.
«Ero a Casa Shelley per prendere Cane Buono e portarlo dal veterinario. Di solito Henry Roth mi aiuta in quelle occasioni, ma non era ancora arrivato. Ho caricato il cane nel bagagliaio. Quello era inquieto, saltava e batteva la testa contro il lunotto posteriore. Poi ho provato un dolore al petto. Stavo tornando in paese, quando ho visto lei che camminava lungo la strada.»
«Mallory?» chiese Riker.
«Kathy. Somigliava terribilmente a sua madre. A un tratto fu come se fossi stato colpito da un fulmine. Sono finito fuori strada. Kathy mi ha salvato la vita. Avrebbe dovuto lasciarmi morire.»
«Sottoscrivo» disse lo sceriffo. «Perché la folla imbestialita uccise la madre di Kathy?»
«Non lo so. Cass voleva distruggermi. Ma era tutto un errore, lo giuro su Dio. Lei piombò alla riunione e disse…» le sue mani si agitavano freneticamente.
«Quale riunione?»
«Non farei mai del male a un bambino. Non so perché lei…»
«Non credo che la folla che uccise Cass volesse solo salvarti il culo da un'accusa di violenza ai danni di un bambino. Voglio la verità, Travis!»
«Va' a chiederla al cane» e gli occhi di Travis si chiusero.
Lo sceriffo allungò le mani e lo prese per le spalle. «Non morire proprio adesso, figliò di puttana!» Scosse il corpo magro con violenza. «Perché uccisero Cass?» Urlava per farsi sentire al di sopra del fischio del monitor.
La domanda restò senza risposta. La linea piatta sul video era il segno che ormai il monitor era collegato a un cadavere. Tutte le macchine concordavano sul fatto che il cuore avesse smesso di battere. Il dottore si avvicinò al letto. Riportò gli interruttori nella posizione "Off" e chiuse l'erogatore dell'ossigeno. Poi consultò l'orologio e impugnò la cartella clinica, segnando l'ora esatta nella quale la tecnologia era morta.
Charles rallentò dopo aver passato la stazione di servizio. Mallory si girò a guardare dal lunotto posteriore. «La macchina si sta fermando. Non ci segue. Dai gas, Charles.» Continuò a tener d'occhio la strada ancora per qualche minuto, mentre andavano a tutta birra e imboccavano la statale.
Intorno a loro le canne da zucchero si agitavano al vento, increspandosi come onde sulla superficie di un vasto mare verde. All'orizzonte si stagliava una fabbrica su cui torreggiava il logo di un'industria chimica. Le canne lambivano il mostro di tubi neri e travi d'acciaio, uno spettro dal futuro, un'anticipazione della fine del mondo. Del fumo ingannevolmente bianco usciva dalle ciminiere, spargendosi in cielo.
Lasciata la statale, si immisero in una strada laterale che portava all'ospedale. «Che cosa ti fa pensare che abbiano conservato i documenti tanto a lungo? La maggior parte degli ospedali non li distrugge dopo dieci anni o giù di li?» chiese Charles.
«Non più. I computer hanno risolto tutti i problemi di archiviazione.»
L'edificio squadrato dell'ospedale spuntò sulla destra. «La cassiera preferita di Augusta al Levee Market lavora qui part time: inserisce i vecchi documenti cartacei in una banca dati informatizzata. Se solo avesse lavorato un po' più in fretta, avrei potuto accedere alle informazioni semplicemente servendomi del mio portatile.»
Charles rallentò e indicò la macchina dello sceriffo ferma davanti all'ingresso. «Potremmo tornare più tardi.»
«No, quei dati mi servono adesso. Non preoccuparti, Charles. Non faranno domande. Hai detto a Riker che saresti andato a trovare Alma, vero?»
«Ma tu?»
Charles dubitava dell'efficacia del travestimento di Mallory. Il lungo spolverino nero era ampio di spalle e le copriva quasi tutto il corpo: spuntavano solo gli stivali e l'orlo dei blue-jeans. Il copricapo era un pezzo d'antiquariato, con la calotta bassa e la tesa abbastanza ampia da somigliare a un cappello da cowboy. Sotto il cappello, un foulard nero le nascondeva i capelli. Gli assurdi occhiali scuri da aviatore la facevano sembrare ancora più pericolosa.
«Sul serio, Mallory, non credi che Jessop e Riker ti riconosceranno all'istante?» Un'autopompa rosso fuoco nell'atrio dell'ospedale avrebbe dato meno nell'occhio.
«Entrerò da una finestra del seminterrato.»
Oh, certo. Aveva dimenticato con chi aveva a che fare. Solo un idiota sarebbe entrato dalla porta principale. Parcheggiarono nell'area riservata ai visitatori e percorsero il fianco dell'edificio. «Fermami quando vedi una finestra che ti piace.»
«È l'ultima sul retro.» Mallory consultò l'orologio che lui aveva al polso. Per fortuna era passata l'ora in cui gli impiegati cambiavano turno. «Qui. Lascia la macchina molto vicino.» Gli porse un foglio di carta. «Procurati queste medicine alla farmacia. Sono per Augusta.»
Lui diede un'occhiata al foglietto. «Una ricetta con sopra il mio nome come medico curante!»
«Tu sei dottore.»
«Sono dottore in filosofia, non in medicina.»
«Fino a ieri. Ti ho attribuito i dati di un medico di New Orleans. Andrà tutto liscio, non preoccuparti.» Scese e chiuse la portiera. Al riparo della macchina, Mallory ruppe la finestra del seminterrato. Charles si era aspettato che tirasse fuori un elaborato set di attrezzi da scasso, invece si era servita di un semplice sasso.
Riker voleva andar fuori a fumarsene una, ma cambiò idea: Charles Butler era appena entrato nell'atrio con in mano un grosso mazzo di fiori. Stranamente, data la sua mole, attraversò la sala affollata inosservato. C'era stato un grosso incidente sulla statale, e il personale ospedaliero era particolarmente affaccendato. I parenti degli automobilisti discutevano animatamente con medici e infermieri al banco accettazioni, oppure sedevano sulle sedie e i divani dell'atrio, in preoccupata attesa.
Charles si avvicinò allo sportello della farmacia e porse un foglietto all'addetto. Il farmacista dai capelli grigi, dopo aver dato uno sguardo alla ricetta, annuì e fece segno di pazientare cinque minuti.
Charles si era allontanato dallo sportello di qualche passo, quando fu spintonato da un'infermiera. Riker sorrise alla reazione di Charles, che si precipitò a scusarsi per quello che lei aveva fatto a lui. L'infermiera accarezzò uno dei fiori di Charles e annuì. Poi indicò una camera in fondo al corridoio dove Charles avrebbe trovato Alma Furgueson e il suo visitatore, lo sceriffo.
Riker aveva preferito non partecipare al colloquio: non aveva voglia di assistere allo spettacolo di Jessop che torchiava quella poveretta.
Mentre usciva, si tastò le tasche per assicurarsi di avere sigarette e fiammiferi. La Mercedes di Charles non si vedeva. Fece due passi lungo il fianco dell'edificio e scorse la macchina parcheggiata sul retro, sebbene ci fossero una decina di posti liberi più vicini all'ingresso principale.
Interessante.
Si avvicinò alla macchina, ma si bloccò nel notare la finestra con il vetro rotto. Rimase stupito per un attimo, perché quello non era lo stile di Mallory. Forse aveva premura.
Si diresse verso il montacarichi che fungeva da ingresso di servizio. La porta era chiusa e non c'era segno di effrazione. Mallory doveva proprio essere entrata dalla finestra.
Provò ad aprire la portiera della macchina di Charles. Non era chiusa a chiave. Bene. Non aveva mai fatto partire una Mercedes senza chiave, ma collegare i fili dell'accensione non poteva presentare grosse difficoltà.
Riker represse la voglia di fumare e rientrò nell'atrio dell'ospedale. Qualche istante dopo, il farmacista percorreva il corridoio diretto alla caffetteria e una giovane prendeva il suo posto allo sportello della farmacia.
Riker si avvicinò e le chiese quando sarebbero state pronte le medicine per Charles Butler.
«Lei è fortunato. Gliele ha preparate prima di andare in pausa pranzo.» Fece scivolare il sacchetto sul banco. «Sono trenta dollari e venticinque centesimi, dottor Butler.»
Riker pagò e aprì il sacchetto. Dottor Butler? Le etichette dei medicinali erano molto eloquenti. Un antinfiammatorio, un antibiotico, e un potente antidolorifico.
Individuò la porta d'accesso al seminterrato. A pochi passi di distanza un infermiere aveva appoggiato una sedia a rotelle contro la parete e stava entrando nella toilette degli uomini. Adesso il suo piano era completo.
Aprì la porta e ispezionò il vano delle scale: era deserto. Riker prese la sedia a rotelle e con cautela la spinse giù per i gradini. Il piano inferiore era un labirinto. Sapeva di trovarsi nell'ala est, così percorse un corridoio e svoltò in direzione sud. Stava cercando la stanza corrispondente alla finestra con il vetro rotto. Durante la pausa pranzo, il silenzio nel seminterrato era assoluto.
Scelse una porta in fondo a un lungo corridoio. Nel raggiungerla notò il montacarichi che portava al parcheggio. Bingo! Evidentemente Dio approvava il suo progetto di aggressione e rapimento ai danni di Mallory.
Parcheggiò la sedia a rotelle accanto alla porta. Trasse di tasca un fazzoletto e svitò la lampadina appena sopra la porta in modo che la luce del corridoio non rivelasse la sua presenza. Girò la maniglia con forza e la serratura cedette. La porta si aprì silenziosa.
La stanza era buia, eccetto che per la piccola torcia nella mano di Mallory.
Era completamente assorbita dalla consultazione di uno schedario. Riker scorse una lampada da tavolo sul mobile alla sua destra. Allungò la mano per accenderla mentre con l'altra afferrava la ragazza alla spalla costringendola a girarsi. E, fatta luce, fu più sorpreso di lei.
«Guarda guarda, Jesse James in persona» esclamò, studiando l'insolita mise di Mallory. Lo spolverino era aperto, così poté scorgere il cinturone con la pistola. «Ragazza mia, faresti bene a ripassare un po' la geografia. Questo è il profondo Sud, non il vecchio West.»
Mallory sbatteva le palpebre per la luce e si torceva dal dolore. Quando Riker le lasciò la spalla, l'espressione di dolore sul volto di Mallory scemò. Lui scostò lo spolverino e toccò la grossa fasciatura sotto la blusa.
«Ah, Mallory, ti sei beccata una pallottola, vero?»
In silenzio, lei allontanò la sua mano. Non era felice di rivederlo. Riker le mostrò il sacchetto della farmacia. «La ricetta del dottor Butler? Vuoi spiegarmi cosa sta succedendo?»
Gli strappò di mano il sacchetto e ne controllò il contenuto, quasi lo sospettasse di aver rubato qualcosa. Riker sapeva che stava prendendo tempo, per imbastire una storia plausibile.
«Sto cercando i risultati di certi test che mia madre ordinò per un paziente. Tutte le analisi del sangue furono fatte qui.»
Poteva anche essere vero. A volte Mallory diceva la verità solo per confonderlo. Fogli di carta azzurra sbucavano dalle tasche del soprabito nero. «Che cos'hai lì?»
Lei ignorò la domanda e aprì un altro cassetto dell'archivio.
«Come stai, Riker? Hai un aspetto orribile.»
«E tu, allora? Ho visto la tua foto segnaletica in uniforme carceraria a righe. La fine del mondo!»
Nessuna reazione.
Ci voleva un'esca migliore per indurla ad abboccare.
«L'FBI ha trovato tracce della tua intrusione in un computer riservato, Mallory. È un reato federale, roba seria.»
Si ficcò il sacchetto della farmacia nella tasca dello spolverino. «Non ho lasciato tracce dentro quel computer. Quei bastardi cercano di inchiodarmi da anni, ma non sono in grado di provare nulla. E se non possono provarlo, io sono innocente.»
«Nessuna traccia, eh? Come fai a esserne tanto sicura?» Indicò la sua spalla bendata. «Non sei infallibile, Mallory. Errore numero uno: la pallottola. Errore numero due: non esserti disfatta dell'orologio di Markowitz. Lo sceriffo se ne è servito per risalire a lui. E poi c'è il vetro rotto. È stata tua l'idea di parcheggiare lì davanti la macchina di Charles in modo da attirare la mia attenzione? Io credo che l'FBI abbia davvero qualcosa su di te, forse abbastanza da portarti in tribunale.» Proseguì dopo una pausa a effetto: «I federali vogliono tutto quello che hai raccolto sulla New Church. Se non collabori, piomberanno su Dayborn come dei falchi. E il tuo piccolo progetto personale andrà in fumo».
«È un bluff. Non hanno niente in mano che li autorizzi a un'azione contro la New Church.»
Riker appoggiò un braccio sull'archivio, tanto per sondare le acque. Lei non si mosse. «Mallory, i federali ci hanno fatto un grosso favore. Non hanno trasmesso le tue impronte allo sceriffo e sono disposti a dimenticare l'episodio del computer. Ho un debito nei loro confronti. Conosci le regole.»
«Puoi dire ai tuoi amici che i membri della New Church non complottano per rovesciare il governo. Non dispongono di armamenti pesanti, niente esplosivi, né armi chimiche. L'FBI non ha nessuna scusa per venire qui e mettere sottosopra la città.»
«Non basta. Mi serve qualcosa di più.»
«Sono vent'anni che i federali hanno un dossier sulla New Church. Avrebbero dovuto accorgersi da un pezzo che quel dossier è pieno di balle.» Parlò rivolta all'archivio, scorrendo i vari fascicoli e fermandosi ogni tanto a tirarne fuori qualcuno. «Per anni sono stati convinti che Babe Laurie fosse un leader religioso carismatico e pericoloso. Forse adesso hanno finalmente capito che era l'idiota del villaggio. Non ci crederesti se ti dicessi la cifra che l'FBI ha speso per raccogliere informazioni fasulle. Sono convinta che abbiano tentato di ottenere dati più attendibili dall'Ufficio delle imposte. Ma quelli delle imposte si sono ben guardati dal lasciare che i federali ficcassero il naso nelle loro indagini.»
Era altamente improbabile che Mallory avesse pronunciato tutte quelle parole senza infilarci almeno una bugia. Riker decise che non doveva esistere alcuna indagine dell'Ufficio delle imposte sul conto della New Church.
«D'accordo, dimmi che cosa sanno quelli del fisco.»
Già, raccontami una favola.
«Non posso farlo senza ammettere di aver violato un altro computer riservato. Come hai detto poco fa, Riker, è un reato federale.»
«Credi forse che ti tradirei?» Lentamente, Mallory cominciò a indietreggiare. Riker fece un passo verso di lei, che sollevò lo spolverino mostrando la pistola.
Non arriveresti a spararmi, vero, piccola? Ad alta voce disse: «Dammi qualcosa che possa riferire ai federali.»
«Il fratello di Babe Laurie sta architettando una frode fiscale. Sta liquidando le risorse della New Church trasferendole in un fondo protetto. È tutto organizzato perché il denaro finisca su un conto all'estero.»
«Senti senti.»
«E non è finita. Malcolm progetta di svignarsela. Ha appena concluso un affare riguardo le proprietà lungo il Lower Bayou. Ha venduto tutto quanto apparteneva ai suoi familiari, a loro insaputa. Per la fine del mese saranno senza un tetto e vivranno del sussidio di disoccupazione.»
«Ora capisco perché sei tornata a Dayborn adesso. Non volevi rischiare che qualcuno se la svignasse prima che tu potessi inchiodare i responsabili della morte di tua madre.»
Mallory lo guardava con freddezza, come si guarda un estraneo armato e pericoloso.
«Pensi che Babe Laurie fosse al corrente della truffa?»
«No» rispose lei. «Babe Laurie era uno stupido. Per Malcolm, coinvolgerlo sarebbe stato un rischio assurdo.»
«Forse Babe ha scoperto ciò che il fratello aveva in mente e quello lo ha ucciso.» Dimmi che esiste un altro colpevole per quest'omicidio. Ti crederò.
«Non è stato Malcolm» rispose lei. «Non farebbe nulla per attirare l'attenzione su di sé in questo momento. Lo stesso vale per gli investigatori dell'Ufficio delle imposte. Ma quando Malcolm Laurie cercherà di lasciare il paese, lo arresteranno per frode fiscale e appropriazione indebita. Se i federali fanno innervosire Malcolm e mandano all'aria l'operazione, quelli delle imposte li massacrano.»
Riker avanzò ancora verso di lei e fu un errore. Mallory arretrò, un'espressione minacciosa sul volto. Riker non credeva che gli avrebbe puntato contro la pistola, non ancora almeno.
«Mallory, questa storia dell'Ufficio delle imposte… mi posso fidare o sono tutte balle?»
Stava sorridendo? Nella luce bassa della stanza Riker riusciva a malapena a scorgere il suo volto.
«L'Ufficio delle imposte sta indagando sulla New Church» disse. «E sta conducendo accertamenti sulle scritture contabili.»
Voltò la testa verso la porta e Riker si spostò di lato, sbarrandole preventivamente la strada.
«Così quelli del fisco hanno dei sospetti. E allora? Sospettano di tutti. Ma non stanno davvero preparando un arresto, dico bene?»
«Vuoi la vera verità? Quando avrai fatto il tuo rapporto, l'FBI contatterà l'Ufficio delle imposte per ottenere notizie sulle indagini.» Parlava meccanicamente, senza tradire alcuna tensione. «Quelli delle imposte negheranno di stare indagando. Ma i federali sanno che il fisco tiene d'occhio tutte le organizzazioni del tipo della New Church, così penseranno che l'indagine c'è, e che l'Ufficio delle imposte stia preparando un arresto. Dieci minuti dopo aver parlato con i federali, l'Ufficio delle imposte avvierà un'azione penale. Spiccherà un mandato d'arresto per Malcolm sulla base delle irregolarità fiscali riscontrate durante i controlli. Soddisfatto?» Mallory riprese a indietreggiare.
Riker ridusse la distanza fra loro prima che il cinturone con la pistola scomparisse all'esterno del cono di luce della lampada.
Mai come in quel momento era stato consapevole del peso della pistola nella fondina. Mosse adagio la mano sotto la giacca. Se solo fosse riuscito a estrarre l'arma per primo, forse Mallory si sarebbe arresa. Altrimenti sarebbe morto. L'amicizia nei suoi confronti non avrebbe impedito a Mallory di portare a termine la sua missione: vendicare l'assassinio della madre.
«Mallory, lo sceriffo può trascinarti in tribunale. Sa che Babe Laurie era presente quando quel branco di gente impazzita ha lapidato tua madre. Ha individuato un movente…»
La mano di lei era posata sul cinturone, in attesa.
Riker sfilò la pistola dalla fondina, lento, per non indurla a estrarre la sua. Mallory era tanto più giovane e più veloce… «So quello che hai in mente. Tutte quelle persone. Non puoi farlo, Mallory.»
«Adesso basta, Riker.» Gli puntò addosso la pistola.
«Kathy!» urlò lui, dimenticando di avere a sua volta un'arma in pugno, invocando la bambina che aveva conosciuto tanti anni prima, augurandosi di riuscire a raggiungerla prima che quell'estranea potesse ucciderlo.
Il seminterrato piombò nell'oscurità più assoluta. La mano di Mallory aveva trovato la scatola dei fusibili. Aveva ucciso solo la luce. Pochi secondi, e Riker si ritrovò solo nella stanza.
Quando Charles entrò nella camera di Alma Furgueson, lo sceriffo se ne era già andato, ma c'era qualcun altro accanto al letto. La robusta proprietaria del Jane's Café stava sistemando delicati fiori di campo in un bicchiere sul comodino.
«Buongiorno!» Jane lo salutò con calore, benché non si fossero mai parlati. «Avevo sentito dire che era tornato in città. E così è venuto a trovare Alma. Be', è proprio gentile.» Si piegò sulla donna sdraiata nel letto e ripeté tutto, come se gli occhi di Alma, puntati sul gigantesco visitatore, non lo avessero visto.
«Saluta il signor Butler, Alma.» Jane prese i fiori dalle mani di Charles e cominciò a sistemarli nella brocca. Un po' d'acqua cadde sul tavolino, facendo sbavare l'inchiostro di un biglietto nel quale Jane augurava ad Alma una pronta guarigione.
«Mi dispiace che lei non stia bene, signora Furgueson.» Charles prese una sedia e si sedette accanto al letto. «So che la sua crisi è stata in parte causata dall'angelo nel…»
«Niente affatto» disse Jane, rispondendo per Alma. «Le capita almeno una volta l'anno. Sa, è un po' pazza. La chiami Alma, e basta, come facciamo tutti.»
Charles ricominciò daccapo, rivolgendosi ad Alma. «Io mi trovavo nel cimitero quando lei…»
«Che scena, vero?» esclamò Jane. «Penso che ci siano andati tutti, in paese. Ma, angelo o non angelo, per Alma era venuta l'ora di tagliarsi e versare un altro po' di sangue.»
Charles abbassò lo sguardo sui polsi fasciati della donna. Cicatrici più vecchie sbucavano dalle bende bianche. Allora era vero, per Alma era un rituale.
Questo mitigò solo un poco il suo senso di colpa. E se fosse morta?
«Mi risulta che lei sia una seguace della New Church» disse lui, deciso a stabilire una conversazione con l'aspirante suicida.
«Tutti a Owltown seguono la New Church» dichiarò Jane. «Ho cercato di convincere Alma a uscirne. Lei era una fervente cattolica. Fu pura follia trasferire la proprietà della casa alla New Church.» Ebbe una smorfia di disgusto, e per un attimo Charles pensò che avrebbe sputato sul pavimento.
Alma lo stava fissando con occhi sgranati. Non riusciva a interpretare l'espressione della donna. Era spaventata o contenta di avere un visitatore?
«Preferisce che me ne vada?» le chiese.
«Certo che no» rispose Jane.
Gli occhi di Alma non smettevano di fissarlo. Quando le sorrise, lei gli restituì il sorriso. Lui piaceva ai matti. C'era qualcosa nel suo sciocco sorriso che faceva credere loro di avere trovato un compagno.
Posò una mano su quella di Alma. «Forse dovrebbe riposare.»
«Non si preoccupi per lei» disse Jane. «È solo un po' pallida perché lo sceriffo era qui poco fa, a turbarla con un sacco di domande a proposito di una certa riunione. Urlava: "Di cosa avete parlato in quella riunione?" neanche Alma fosse sorda. E la poverina è diventata bianca come un lenzuolo. Ma ora sta bene.»
«Che genere di riunione?» stavolta Charles si rivolse a Jane. E invece fu Alma a rispondere.
«Oh, nulla di speciale. Solo una riunione d'affari tra i membri del consiglio direttivo. L'ho detto allo sceriffo, stavamo parlando delle riparazioni da fare al tendone e del preventivo per i cataloghi delle vendite per corrispondenza. Poi è entrata Cass.»
Jane intervenne. «Cedendo la proprietà della sua casa, Alma si è guadagnata un posto nel comitato direttivo della New Church.»
Charles si rivolse ad Alma. «Che ci faceva Cass Shelley a quella riunione?»
Alma guardò il bicchiere e la brocca, tutti e due pieni di fiori. «Jane, potresti prendermi un po' d'acqua?»
Quando Jane fu uscita, Alma gli toccò il braccio. «Jane dice che lei è in grande confidenza con Malcolm.»
«Ci siamo conosciuti al Jane's Café. Io non…»
«E l'ho vista in prima fila alla cerimonia commemorativa, l'altra sera. Era seduto vicino ai membri della famiglia.» Gli afferrò un polso, affondandogli le unghie nella pelle e sorridendogli con occhi lucidi di febbre. «Non ho detto niente della lettera allo sceriffo.»
Ancora la lettera. Che cosa aveva detto Ira di quella lettera? «Vuol dire la lettera azzurra?»
«Sì, era azzurra.» Pareva compiaciuta, come se Charles avesse appena superato una sorta di esame. «Tom Jessop non è un credente, sa, non è uno di noi. Sa che c'ero anch'io quando è morta Cass, ma non ha mai capito l'importanza della sua ascesa al cielo. Adesso Cass è tornata per portarmi via. Ha sempre voluto farlo. Aveva messo insieme tutti i documenti legali, ma poi Jane… Oh, Jane adora dare battaglia. Così fece venire un avvocato da New Orleans, perché dichiarasse che non c'era motivo di portarmi in alcun posto. Ma ora Cass è tornata, e stavolta mi porterà via.»
Sì, Alma era pazza davvero. E qualcuno avrebbe dovuto curarla: ogni cicatrice su quei polsi rappresentava un'occasione perduta di farle avere l'aiuto di cui aveva bisogno. Era facile predire il suo futuro. Un giorno o l'altro ce l'avrebbe fatta a uccidersi, e sarebbe morta da sola. Che razza di amica, quella Jane!
«Che cosa ricorda della riunione?»
«Cass entrò mentre noi stavamo discutendo delle riparazioni da apportare alla tenda prima del nuovo giro di spettacoli. Era molto arrabbiata. C'era stato un furto nel suo ufficio. Lo sceriffo era fuori città e non so che cosa lei si aspettasse da noi. Continuava ad agitare quella lettera. Diceva che era stata rubata, ma ce l'aveva in mano.»
«Poteva essere una copia?»
«Già, non ci avevo pensato.»
«Lei sa cosa c'era scritto in quella lettera?»
«Sì, come no. Lei voleva portarmi via. Gliel'ho detto.»
«Bene, la riunione. C'è qualche legame tra quell'incontro e la lapidazione?»
«No, la morte di Cass fu opera del Signore. Le pietre vennero dal cielo come pioggia, e una mi cadde in mano. Non forte, badi, ma con dolcezza. La portai a casa con me, la tengo ancora sotto il letto. C'era un tale silenzio fra una pietra e l'altra!»
La voce di Alma era acuta adesso. «Cass non urlò, non disse nulla. Dio la stava mettendo alla prova e lei ne era consapevole.»
Alma si passò una mano fra i capelli. «E le pietre piovevano solo su Cass. Fu un miracolo.» Le lacrime le inondavano il viso e la voce si era fatta più alta, quasi un grido. «E ora lei è tornata, per compiere la missione divina. È tornata per me. Una volta avevo paura, ma ora non più. È giunto il momento di espiare i miei peccati.» Alzò gli occhi al soffitto, e urlò: «Signore perdonami, te ne prego!».
«Che cosa le ha fatto?» Jane ricomparve con in mano una brocca e un bicchiere. «Non deve subire forti emozioni. Credo sia il caso che se ne vada, signor Butler.»
Quando Charles uscì in corridoio, la porta sbatté dietro di lui.
Riker era appoggiato a un lettino, una sigaretta spenta fra le labbra. «Una bella visita, Charles? Si sarebbe detto un raduno di preghiera. Alma ha forse paura di finire all'inferno per quel che ha fatto?»
«Non sono sicuro che abbia fatto qualcosa di male. Dice di aver avuto una pietra in mano, ma di essersela portata a casa. Non è lucida, ma in questo le credo.»
«La pietra le è comparsa in mano tutto d'un tratto?»
«È convinta che sia caduta dal cielo.»
«Il vicesceriffo ha raccontato una storia simile, e lui non era di certo pazzo.»
«Non credo che Alma sopporterebbe altre domande, in caso tu…»
«Non è per questo che sono qui. Ti consiglio di aspettare che lo sceriffo se ne sia andato prima di filartela insieme a Mallory.»
«Di che cosa stai parlando?»
«Dacci un taglio, Charles. Le ho appena consegnato i medicinali della farmacia. Era nel seminterrato a rubare documenti. Sai a che cosa servono quelle medicine?»
«Sono per Augusta.»
Riker gli lanciò uno sguardo di commiserazione. «Mallory ha una ferita da arma da fuoco alla spalla, Charles. Ecco a cosa servono quelle medicine. Devo portarla via da qui prima che si becchi un'altra pallottola, e ho bisogno del tuo aiuto. Dirò allo sceriffo che mi dai uno strappo fino in città. Potremmo caricarla sulla tua macchina e tirare dritto, riportarcela a casa.»
Mallory ferita? Charles scosse il capo. Impossibile. Come avrebbe potuto…
«Charles, sai perfettamente che ha ucciso lei Babe Laurie.»
«No, io non lo so, e nemmeno tu.»
«Be', ricapitoliamo» disse Riker. «Abbiamo la mamma di Mallory, lapidata da una folla di invasati. E quelli della New Church sono una manica di invasati di prim'ordine, dico bene? Secondo i federali, Babe Laurie era a capo di quella setta. E il bastardo muore assassinato a nemmeno un'ora dall'arrivo di Mallory in città.»
«Mallory non avrebbe usato una pietra.»
«Perché no? È così che è stata uccisa sua madre. Devi ammettere che la ragazza ha un'idea interessante della giustizia.»
«Finiscila, Riker!»
«Lo sceriffo ha un bel ricordo di una certa bimbetta, troppo piccola per riuscire a impugnare una pistola. Ma, se Mallory resta qui ancora un po', sarà troppo tardi. Lo sceriffo si farà spedire il suo fascicolo dal dipartimento, profilo psichiatrico incluso. Vuoi che quell'uomo scopra di che pasta è veramente fatta Mallory?»
«Così vorresti attirare Mallory in macchina, e poi…»
«Già, lo devo a Lou Markowitz. Lui farebbe lo stesso, se fosse ancora vivo. Cristo, il vecchio la schiafferebbe nel bagagliaio e guiderebbe non-stop fino al mattino. Io voglio solo che sua figlia resti viva e fuori di prigione. Dammi una mano, Charles. Devo implorarti? Okay, allora ti imploro. Lou sarebbe in ginocchio, se fosse qui.».
«No.» Charles guardò in fondo al corridoio. Tom Jessop veniva verso di loro. «Lo sceriffo sta lasciando l'ospedale. Ciao, Riker.»
Riker si rivolse a Jessop: «Due minuti». Lo sceriffo fece un cenno con la mano e uscì.
«Charles, perché non ci dormi sopra? Ne possiamo riparlare domani. Se dovrò agire da solo potrei essere costretto a usare la forza, e preferirei evitarlo.»
«Non potresti mai farle del male. E non riuscirai a costringerla a partire con te, non da solo. Hai mai provato a portare Mallory in un posto qualsiasi?»
«Sì» rispose Riker. «Una volta l'ho portata allo zoo del Bronx. Aveva undici anni. Le scimmie non volevano giocare con lei. Penso che Kathy le innervosisse, non osavano avvicinarsi alle sbarre. In quei giorni ogni forma di rifiuto scatenava reazioni molto violente in Mallory. Così puntò il dito contro le scimmie e disse: "Sparagli".»
«Questa te la sei inventata.»
«Non ne sei del tutto sicuro, vero?»