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Jack Coffey sedeva alla scrivania vicino alla cella. Si era avvicinato all'unica finestra della stanza, bloccandola con una matita. Il caldo era soffocante, mentre Coffey intratteneva il tenente dell'East Side. «L'agente di Stella Small, una persona davvero spaventosa, è riuscita a trovarle una parte in una soap opera. Ma la madre e la nonna hanno intenzione di riportarla a casa, nell'Ohio.»
«Meglio così.» I piedi di Loman tambureggiavano sul pavimento, fissava l'orologio.
«Quella poveretta ne ha passate abbastanza» aggiunse Coffey, compiacendosi del nervosismo di Loman. «Era in ospedale, imbottita di sedativi. L'agente si è piegata sul letto, le ha sorriso con i dentini acuminati e le ha detto: "Decidi tu, bambolina. È un contratto di tre anni per la soap opera più seguita di New York". Poi, con un'espressione preoccupata ha aggiunto: "Mi rincresce, tesoro. Preferisci seppellirti viva nell'Iowa?". A quel punto la madre di Stella ha ribattuto: "Noi viviamo nell'Ohio". E l'agente: "Che differenza fa?".»
«Bella storia, Jack.» Il sorriso di Loman stava svanendo. Prese un fazzoletto per asciugarsi la fronte e la testa calva. «Cosa diavolo ci faccio qui?»
«Dobbiamo chiudere un vecchio caso. Non te l'hanno detto? L'omicidio di Natalie Homer.» Coffey lesse sorpresa nello sguardo di Loman, ma niente di più.
«Non era un mio caso. Ero soltanto un agente, all'epoca.»
«Lo so, ho convocato anche Parris, sta arrivando.»
Loman trasalì, poi si asciugò di nuovo con il fazzoletto. «Alan Parris?»
«Sì,» disse Coffey «il tuo collega.»
L'uomo che hai venduto per una promozione.
Il tenente Coffey dondolava sulla sedia, godendosi quel momento. Il tenente Loman non gli era mai piaciuto. «Allora, perché non hai parlato di quel caso? Quando hai portato i documenti…»
«Non ho collegato le cose.»
«Entrambe sono state impiccate e soffocate con i propri capelli. Di cos'altro avevi bisogno?»
«Le scene del delitto erano completamente diverse.» Loman estrasse le chiavi della macchina dalla tasca dei pantaloni. «Non rimarrò qui per questo.»
«Non hai scelta, Harvey. Sei stato convocato come testimone, quindi resterai qui finché non ci capiremo qualcosa.» Sempre sorridendo, il comandante della Crimini Speciali uscì chiudendo la porta dietro di sé.
L'ufficio era calmo e in penombra. I neon erano spenti, le scrivanie vuote. L'unica luce era puntata su Mallory e Ronald Deluthe, che indossava una maglietta insanguinata. I suoi jeans e il berretto da baseball, recuperati dalla parete, non avevano macchie. Riker era accanto alla finestra e osservava il marciapiede affollato. Vide la testa di Charles Butler svettare tra la folla di curiosi e giornalisti.
Mallory era ancora alle prese con la sua messa in scena. «Tieni giù quella faccia.»
Riker sospettava che Deluthe non avesse la forza di sollevarla. «Dovremmo riportarti all'ospedale, ragazzo.»
«È lui che vuole restare,» disse Mallory «quindi resta.»
Riker fu sul punto di aggiungere qualcosa, ma lasciò perdere per il bene di Deluthe. Dopo aver ucciso lo spaventapasseri, era una sorta di terapia, anche se non era quello lo scopo di Mallory. Lei voleva un sosia realisticamente malconcio.
«Anche se non vedono la faccia, riconosceranno i capelli. Non passano inosservati» disse Riker.
Mallory risolse il problema con il mascara. E dopo alcune pennellate, i capelli che spuntavano dalla fasciatura erano diventati castani. «Deluthe, ora sei al centro dell'attenzione.» Si chinò per guardarlo negli occhi. «Adesso non sei più invisibile, quindi fine dei capelli ossigenati. Hai capito?»
«Forte e chiaro» rispose Deluthe.
Riker era perplesso. L'empatia non era il forte di Mallory, eppure aveva compreso il significato dei capelli fosforescenti di Deluthe.
Mallory gli tamponò il labbro sanguinante.
«Janos ti porterà nell'ufficio, e io ti farò alcune domande. Non rispondere, annuisci e basta. E non lasciar trasparire nessuna emozione.»
«Sissignore.»
«È importante, ragazzo» disse Jack Coffey. «Non abbiamo prove, niente.»
Non potevano nemmeno giustificare un mandato d'arresto. E siccome non c'era motivo di menzionare che Deluthe aveva eliminato l'unico testimone oculare con una mazza da baseball, il tenente lo accompagnò lungo il corridoio.
«Allora l'avete preso.» La voce di Geldorf proveniva dalla porta della scala, dove si trovava insieme a Charles Butler. «Ottimo lavoro.»
«Salve Lars.» Riker ricambiò il sorriso del vecchio. «Conosci la tua parte?»
«Sì, Charles mi ha spiegato tutto, state tranquilli…»
Mallory gli fece segno di tacere. La porta si aprì e Alan Parris fece il suo ingresso scortato dal detective Wang. Riker studiò l'uomo e riconobbe una faccia che aveva il suo stesso problema: l'alcol. L'ex poliziotto non mostrava i segni di una sbronza recente, ma la paura può rendere sobri. Se non altro non puzzava di bourbon. Anche il fatto che indossasse un vestito nuovo indicava che fosse spaventato, cercava di assomigliare a un rispettabile cittadino invece che a un disoccupato alcolizzato.
«Signor Parris?» Mallory indicò la porta sul lato opposto della stanza. «Può aspettare lì? Grazie.»
Geldorf osservò l'uomo entrare nell'ufficio di Coffey e prendere una sedia vicino al divisorio di vetro. «Starà troppo comodo lì dentro. Avete bisogno di una stanza chiusa, senza finestre e senz'aria.» Il vecchio sembrava rinato, di nuovo arrogante e fastidioso. «Bisogna avere il controllo totale, decidere quando può andare in bagno, quando e se può mangiare.»
«Non ti riguarda» rispose Mallory, ricordandogli che era solo in visita alla Sezione Crimini Speciali. «Parris crede di essere qui per un colloquio informale.»
«No» disse Janos. «Quando ha visto Geldorf si è spaventato sul serio. Vuole un avvocato. Cosi dobbiamo aspettare un'ora fino a che…»
«Col cavolo.» Riker uscì dalla stanza ed entrò nell'ufficio urlando: «Cos'è questa storia dell'avvocato?».
La voce di Parris era risentita. «Avete intenzione di crocifiggermi per queste impiccagioni?»
«Non guardi la televisione? Non ascolti la radio? Abbiamo inchiodato l'assassino oggi pomeriggio. Abbiamo alcune domande da farti sull'omicidio di Natalie Homer.»
«Io non ero…» Parris si voltò verso la porta mentre Geldorf entrava nell'ufficio. Mallory si mise a sedere dietro la scrivania di Coffey, poi guardò Lars Geldorf intimandogli di rimanere zitto e di aspettare il suo turno.
«Dicevi, Parris?» continuò Riker.
«Non sono stato io a raccogliere le denunce di Natalie. Ero un agente, non un detective.»
«Ma la conoscevi, la vedevi tutti i giorni mentre eri di pattuglia.»
«Non mi ha mai degnato di uno sguardo.»
«E questo ti dava fastidio, vero?» Geldorf si piegò all'orecchio di Parris. «Era così carina, e tu avevi la pistola, tutto quel potere, e lei non si accorgeva nemmeno della tua esistenza.»
«Finiscila» disse Mallory. Ora tutti in quella stanza, compreso Alan Parris, erano uniti da un nemico comune, Lars Geldorf.
Il vecchio finse di ignorare Mallory e si mise a cercare qualcosa nella tasca della giacca. Estrasse una foto di Natalie Homer, un ingrandimento della donna con i capelli e il corpo mutilati. «Qui non è tanto carina…»
«Ho detto basta!» Mallory afferrò la fotografia, parte della sua rabbia era genuina.
«Voglio un avvocato.»
«Non ti biasimo, Parris» disse Riker. «Il vecchio dice cazzate, ma tu non sei accusato di alcun crimine.»
Si voltò verso Geldorf. «Non una parola di più.» Quest'ultima frase era piaciuta molto ad Alan Parris, che sorrideva.
«Signor Parris… Alan» disse Mallory. «Eri un poliziotto, sai quanto è difficile questo lavoro. Cosa puoi dirci di lei, qualcosa che possa…»
«Ogni volta che veniva alla stazione di polizia, raccoglieva una folla di detective. Parlavano con lei per ore. Per quello che le è servito…»
«Ti dispiaceva per lei?» chiese Riker.
«Povera ragazza. Meritava di meglio.»
«Dimmi dei controlli extra nella zona» disse Mallory. «Ogni tanto andavi a dare un'occhiata, vero? Magari ti fermavi da lei per…»
«Perché avrei dovuto? I detective non me lo hanno mai chiesto.» Parris si voltò verso Geldorf. «A voi bastardi piaceva parecchio, ma non le avete mai creduto.» Si rivolse a Mallory. «Vedevano Natalie solo quando era molto spaventata. Credevano fosse sempre così, paranoica.»
«Ma tu la conoscevi meglio» disse Riker. «La vedevi tutti i giorni, sapevi cosa stava passando.»
Lei era sempre Natalie per Alan Parris. Lui la chiamava per nome, troppa confidenza per una donna che a malapena si accorge di te.
Jack Coffey aveva lasciato aperta la porta della cella. Così il tenente Loman poté vedere la schiena di un uomo scortato lungo il corridoio. Mallory aveva ragione. Nessun altro avrebbe potuto essere più convincente del giovane poliziotto coperto di sangue, le manette ai polsi e alle caviglie. Le braccia muscolose di Janos afferrarono Deluthe prima che inciampasse.
«I ferri ai piedi sono una misura eccessiva» disse Harvey Loman.
Coffey fissava il sudore sul collo di Deluthe. Il mascara colava e la striscia marrone si mischiava al sangue sulla maglietta. Poi capì che il gioco non era finito quando Loman disse: «Non riesco a immaginare quel povero bastardo che corre più veloce di Janos».
«Il procuratore sta arrivando» disse Coffey. «Quindi rispettiamo le procedure. Ferri ai piedi e tutto il resto. Vogliamo proporgli un patto.»
«Sì, lui che cosa ha da offrire?»
«Può identificare l'uomo che ha ucciso Natalie Homer. Dunque, ricordi bene la scena del delitto?»
«Come potrei dimenticarla. Quella stanza era l'inferno in terra, la puzza, gli insetti, ma non era come il delitto della puttana.»
«Sparrow.»
«Sì, tutte quelle candele, il cappio diverso. E non era neppure morta. Continuo a non vedere alcun collegamento, Jack.»
«Lo spaventapasseri è il collegamento, è il figlio di Natalie. Credo tu l'abbia incontrato una volta, Harvey.»
Charles Butler entrò nell'ufficio. Siccome non aveva ricevuto ulteriori istruzioni, tutto ciò che poteva fare era osservare. Adesso erano in cinque, tutti pronti a scattare per via dello stress e del caldo.
Mallory fissava la finestra che dava sulla stanza della Crimini Speciali. «Sta arrivando.»
Cinque paia di occhi osservarono Janos che scortava il prigioniero alla scrivania sotto l'unica luce accesa. Dall'ufficio del tenente si vedevano solo le catene, la fasciatura e il sangue. Il viso ferito era coperto dal berretto da baseball. Mallory guardò Charles, che non riusciva a nascondere i suoi pensieri. Non sapeva che l'uomo ferito fosse Deluthe ed era semplicemente curioso.
Mallory si sporse verso Alan Parris. «C'è una novità, abbiamo rintracciato un testimone. Una volta l'hai incontrato.»
«Sì» confermò Riker. «L'hai allontanato dalla porta di Natalie, ricordi? Aveva solo sei anni.»
«Uno dei bambini nel corridoio?»
Riker si voltò verso la parete di vetro e indicò l'uomo ferito scortato da Janos. «Era il figlio di Natalie.»
«Oh Cristo!» Parris fissò l'uomo in manette. «E lui l'assassino?» Da dov'era seduto non poteva vedere il profilo di Deluthe. «Dunque il bambino è impazzito.»
Mallory annuì, come per dire, Sì, è molto triste. «La sorella di Natalie l'ha nascosto in un altro stato, puoi indovinare il motivo.»
Parris scuoteva la testa. «Suo figlio ha impiccato quelle donne, non posso crederci, Cristo.»
Il detective Wang entrò nell'ufficio e gettò una busta sulla scrivania. Riker estrasse il contenuto, fotografie di vent'anni prima, tre detective e due agenti. Le sparpagliò sul tavolo.
Com'era prevedibile, Parris si concentrò sul proprio ritratto, giovane, appena uscito dall'accademia di polizia. Stava per dire qualcosa quando Mallory lo anticipò: «Non ci vorrà molto». Prese le fotografie e si alzò.
«Certo» disse il tenente Loman. «Ricordo bene quei bambini nel corridoio, almeno uno di loro.» Fissava i sacchetti delle prove che contenevano la confezione di un rullino di vent'anni prima e tutti i messaggi indirizzati a Natalie Homer. «Sai perché me lo ricordo, Jack? Quel ragazzino entrò nell'appartamento di Natalie e prese la scatola vuota di un rullino. Voleva un souvenir dell'omicidio di quella povera donna. Vorrei poterlo dimenticare.»
Mallory guardava dall'alto la faccia gonfia di Deluthe. Parlava a voce alta, perché le sue parole risultassero udibili in tutta la stanza. «Prenditi tutto il tempo che vuoi. Queste sono le foto dell'anno in cui tua madre è stata uccisa.»
Deluthe teneva la testa bassa e fissava le fotografie che Mallory teneva in mano.
Mallory disse: «Questo?».
Il giovane poliziotto annuì.
«Sicuro?»
Deluthe annuì di nuovo.
Inaspettatamente Mallory si chinò su di lui e abbassò la voce. «Non parlare, non muoverti. Abbiamo ancora un po' di tempo prima che io torni là dentro. So che non riesci a toglierti quel morto dalla testa, non ci riuscirai mai, adesso è parte di te, come quello che gli hai fatto.» Indicò l'uomo corpulento accanto a lui: «Il detective Janos si è offerto di occuparsi di te per un po'».
Deluthe la guardò, ferito. «Credi che sia matto?»
Mallory annuì. «Lo siamo tutti.»
«La pazzia è un luogo» disse Janos. «Ci entri, e ci esci.»
«Succede molto spesso, c'è anche una procedura, si chiama prevenzione suicidi.» Sollevò di nuovo la fotografia. «Coraggio, indica questa foto e abbiamo finito.»
Deluthe allungò il braccio ammanettato e lo fece.
Mallory contò fino a dieci. «Ora annuisci un'altra volta.»
Fece ciò che Mallory gli chiedeva, poi chinò la testa, gli occhi fissi al pavimento, il ritratto del rimorso.
«Bel lavoro.» Apprezzava il realismo.
Deluthe si afflosciò sulla sedia, i pugni stretti, gli occhi chiusi. L'effetto anestetizzante dello shock stava svanendo. Mallory si voltò verso Janos: «Riportalo in ospedale».
Mallory finse di guardare la fotografia mentre camminava verso l'ufficio di Coffey.
Arthur Wang le bloccò la strada, allungandole un sacchetto che conteneva le prove, i messaggi e la confezione del rullino con il logo Polaroid. «Il capo ha finito con questa roba.»
Il detective Wang aprì la porta della cella e diede al tenente Coffey una copia delle fotografie. Mallory gli aveva detto di dire una cosa soltanto: «È la prima».
Jack Coffey fissò la fotografia per un istante, poi la mise sulla scrivania di fronte a Loman. «Lo spaventapasseri ti ha riconosciuto.»
«Ti ha riconosciuto.» Mallory spinse al centro del tavolo la fotografia di Lars Geldorf, poi si voltò verso Allan Parris e disse: «Puoi andare adesso».
L'ex poliziotto lasciò in fretta l'ufficio e Geldorf sprofondò nella sedia. Strinse la foto di vent'anni prima, all'epoca aveva cinquantacinque anni, e scosse la testa. «È una pazzia.» C'era una punta di panico sul suo volto quando alzò gli occhi oltre la testa di Mallory e vide Charles.
Mallory poteva fare a meno di voltarsi, conosceva molto bene quella faccia che non sapeva nascondere le sue emozioni. Nessun attore è capace di recitare lo shock come un uomo onesto con un coltello puntato alla schiena.
Benvenuto nel mio lavoro, Charles.
Osservò il viso di Lars Geldorf e ci vide riflesso il dispiacere di Charles Butler, che finalmente aveva capito il ruolo che aveva quella sera. Senza saperlo aveva preparato il vecchio, il suo amico, alla resa dei conti. E ora voleva solo lasciare quell'ufficio, e le persecuzioni di Mallory.
Ma lei non aveva ancora finito. «Charles?»
Si fermò. Mallory sapeva che l'avrebbe fatto. Charles aveva lo sguardo ferito quando si voltò.
«Mi spiace. Avrei voluto che fosse Parris o Loman» disse la regina dei bugiardi. Solo Lars Geldorf le credeva. La porta si chiuse su Charles Butler, e l'unica fonte di conforto per il vecchio scomparve.
«Non ho mai posato gli occhi sul figlio di Natalie» disse Geldorf.
«Per questo è ancora vivo» disse Mallory.
Il vecchio si voltò verso Riker. «Aiutami, ti dico che io…»
«Lars, ti prego» disse Riker impassibile. «È finita, perché lo spaventapasseri avrebbe dovuto mentire?»
«Ti faccio le mie scuse.» Mallory sorrideva. «Pensavo che non avessi risolto il caso perché eri un pessimo detective.» Prese le foto della scena del delitto, le sistemò sul tavolo. «So perché Parris non è nelle fotografie. È stato in quella stanza solo per qualche secondo. E tu?» Impilò le foto con ordine. «Tu non sei in queste foto perché sei stato tu a scattarle, quella notte.»
«Avrei potuto dirtelo io!» disse Geldorf.
Mallory prese la confezione del rullino. «Questo particolare non mi tornava. Lo spaventapasseri ne ha lasciato uno dopo ogni delitto. Non aveva nulla a che fare con l'omicidio di Natalie, solo con la scena del suo omicidio. Questa scatola è vecchia di vent'anni. Il ragazzino l'ha trovata sul pianerottolo mentre stavi scattando le fotografie a sua madre.» Buttò la confezione sul tavolo. «Qualcosa per ricordarsi di te.»
«E il cerchio si chiude» disse Riker. «La famiglia ha sempre saputo che era stato un poliziotto a uccidere Natalie. Ci siamo chiesti come un bambino di sei anni avesse potuto riconoscere un poliziotto in borghese. Per questo avevamo ristretto il campo a Loman e Parris, loro portavano la divisa.»
«Ma lo spaventapasseri ci ha fornito la vera spiegazione» disse Mallory, che mentiva e respirava con la stessa naturalezza. «Quando ti ha visto scattare le foto sapeva già che eri un poliziotto. Era la seconda volta che ti vedeva.»
Geldorf si allungò sulla sedia. «Siete davvero bravi, ma non potete farcela. Sono stato io a inventare questo gioco, voi non avete niente.» Si alzò e si abbottonò la giacca. «Provateci con qualche altro.»
«Non così in fretta Lars.» Rimase colpito quando Riker gli mise le mani sulle spalle e lo costrinse a rimanere seduto. «Il capo d'accusa è omicidio.»
E quell'accusa era appesa a un sacco di bugie raccontate da una mosca sul muro.
«Tutte quelle salsicce» disse Mallory. «Troppe per una persona sola, ricordi? Natalie stava cucinando per il figlio, che era in bagno mentre tu uccidevi sua madre. Abbiamo sempre pensato che l'assassino fosse qualcuno che conosceva.»
«Il suo ex marito» gridò Geldorf.
«No» disse Riker. «L'ex marito fu il primo a pedinare Natalie. Poi però conobbe la seconda moglie e tutto finì. Eri tu che le lasciavi i messaggi sotto la porta. La spaventavi perché venisse alla stazione di polizia da te. Che barzelletta. Tu e quella bellissima ragazza. Anche vent'anni fa, avevi il doppio dei suoi anni.»
«Non credevi che Natalie fosse a casa quella sera» disse Mallory. «Era sempre al lavoro quando passavi da lei per lasciarle le lettere d'amore. Ti ha sorpreso mentre infilavi il messaggio sotto la porta. Per questo il bambino non vi ha sentiti parlare prima che tu la uccidessi. Quale spiegazione avresti potuto fornire?»
Riker si diresse verso la porta e disse: «Vado a comunicare al capo che è fatta».
Mallory proseguì: «Ci ha detto che sua madre afferrò la padella e la lasciò cadere. Poi scivolò e cadde battendo la testa contro la cucina a gas. Era svenuta, ma tu credevi stesse bluffando. L'hai trascinata sulla macchia di grasso poi l'hai voltata supina».
Le pupille di Geldorf erano dilatate? Sì.
«Stava rinvenendo,» continuò Mallory «avevi paura che gridasse? Per questo le hai stretto le mani intorno alla gola e l'hai uccisa?»
Jack Coffey era entrato nella stanza. «A quel punto hai avuto paura, vecchio?» Coffey diede a Mallory dei fogli dattiloscritti. «È la dichiarazione di Loman.»
Geldorf allungò il collo, riuscì a leggere il primo foglio. «Loman? L'altro…»
«L'ex collega di Alan Parris.» Riker sorrideva. «Ha dato tutta la colpa a te. Sostiene che hai cercato di insabbiare il caso, nascondendo le prove e…»
«Stavo proteggendo le mie prove!»
«È la tua parola contro la sua.» Mallory smise di leggere. «E lui è un tenente.» Mallory sapeva che la dichiarazione di Loman non aveva alcun valore, perché si limitava a ripetere la versione di Geldorf sul depistaggio dei giornalisti, ma ripiegò i fogli e disse: «Con questo abbiamo finito».
Coffey gettò le prove in una scatola; riordinava i frammenti di quella giornata. Poi il tenente le allungò un pezzo di carta. «Non conosco questa testimone.»
«È la nipote della padrona di casa, Alice White. Vide un uomo rubare la corda e il nastro dalla cassetta degli attrezzi del custode.» Un'altra bugia. «Sta venendo qui per l'identificazione.» Mallory prese la fotografia di Geldorf e la mise nella scatola con noncuranza. «Testimonierà che il figlio di Natalie è rimasto in quell'appartamento per due giorni a tenere compagnia alla madre morta, insieme a mosche e scarafaggi. Non mi meraviglio che sia impazzito.» Citando Susan Qualen disse: «A chi chiedi aiuto quando un poliziotto uccide tua madre? Alla polizia?». Si voltò verso Geldorf. «Ci ha detto che il ronzare degli insetti era assordante, e lui aveva solo sei anni. Credo che il rumore si sia intensificato man mano che cresceva.»
«Hai il diritto di rimanere in silenzio…» Riker cominciò a leggere da un foglio l'elenco dei suoi diritti. Terminate le ultime formalità, il presunto colpevole poteva chiamare un avvocato. Avevano calcolato i tempi alla perfezione.
Mallory strappò il foglio dalle mani di Riker. «Ascolta Geldorf, è stata una notte lunga e tu conosci questa litania a memoria. Firma e basta.» Gli passò la penna e Geldorf la prese, come migliaia di criminali prima di lui. È così naturale accettare un oggetto che qualcuno ti porge. Esitò.
Mallory batté il pugno sul tavolo: «Firma! Chiama il tuo avvocato!».
Erano arrivati in fondo, e Geldorf cominciava a realizzare che non c'erano margini per un accordo, segno che c'erano troppe prove contro di lui. Si piegò su se stesso, sollevò le mani in una specie di preghiera. «Amavo quella donna. Ho pianto per la sua morte. Natalie era…» Aveva perso il filo dei pensieri, la ragione, aveva perso tutto. Il vecchio chinò la testa e Mallory faticò a capire le parole che borbottava: «Ero un buon poliziotto una volta, e questo deve pur contare… qualcosa».
Lo fissò incredula. «Ti aspettavi un accordo?»
«Non mi interessa se era un poliziotto.» Jack Coffey mostrava segni d'impazienza. «Non gli offriremo…»
«È il mio caso.» Mallory si voltò verso Geldorf. «So cosa stai pensando, vecchio. Tutto quell'imbarazzo nel dipartimento, e poi risparmiare alla città il costo del processo, anche questo dovrebbe valere qualcosa, giusto?»
Geldorf annuì.
Jack Coffey, visibilmente in collera, disse: «Facciamola breve, Mallory».
Mallory si avvicinò, fissò Geldorf. «Questo è un buon accordo, l'unico che possiamo offrirti. L'accusa non chiederà la pena di morte. Niente telecamere, niente giornalisti, e la verità non uscirà mai da questa stanza. Se rinunci al processo, probabilmente riusciamo a convincere il procuratore a occuparsi del tuo caso stanotte, senza clamore.» Infatti era già stato tutto approvato. La sentenza sarebbe arrivata in mattinata. «Con gli sconti applicati agli ex poliziotti, ti farai quindici anni.» Praticamente era una condanna a vita, Geldorf aveva settantacinque anni.
Mallory spinse un blocco per appunti sul tavolo. «Scrivi la tua versione come più ti piace. Chiamalo delitto passionale. Racconta che amavi quella donna alla follia. Hai cinque secondi, prendere o lasciare.»
«Il tempo è scaduto.» Il pugno di Jack Coffey si abbatté sul tavolo e Geldorf sobbalzò. «Adesso!»
Lars Geldorf prese il blocco per appunti, gli tremavano le mani quando cominciò a scrivere la sua confessione.
Mallory seguì il collega nell'ufficio, non voleva che andasse via, non ancora. Era una delle poche persone di cui le importasse qualcosa, ma questo non significava che si fidasse di lui. Riker si mise a sedere alla scrivania, lontano dalle luci. La sigaretta accesa brillava nell'oscurità.
«Come sta Sparrow?» Voleva metterlo alla prova. Secondo l'infermiera, Riker chiamava l'ospedale ogni ora.
«E quasi finita» disse. «E questione di ore.»
Mallory trattenne un commento che a lui non sarebbe piaciuto, poi, dopo un lungo silenzio, aggiunse: «Hai voluto il caso Sparrow a tutti i costi. Solo per fedeltà a un'informatrice? Oppure credevi che l'assassinio di Frankie Delight sarebbe tornato a tormentarti?».
Riker alzò le spalle. «C'era di più, ma è una cosa tra me e Sparrow.» Si alzò dalla sedia e spense la sigaretta. «Sto andando all'ospedale, voglio essere lì quando…»
«No, non ci andrai» disse Mallory. «So che è uscita dal coma. Non me lo avresti detto, vero?» I loro occhi si incontrarono. «Adesso tocca a me andare da Sparrow.»
Bel colpo, vero Riker?
Dopo tutto quello che aveva passato, ora doveva tirarsi indietro e consegnare una donna impotente nelle mani della sua peggior nemica. Ma dovette cedere. I diritti che Mallory rivendicava su Sparrow erano molto più validi dei suoi.
Annuì, l'accordo era stipulato.
Mallory guardò dalla finestra finché Riker non uscì dall'edificio. I giornalisti gli si buttarono addosso con microfoni e telecamere, il trattamento riservato alle star. Il sergente Bell uscì di corsa dalla porta per salvarlo con una conferenza stampa di bugie. Riker s'incamminò sul marciapiede. Lasciò passare due taxi, non aveva nessun posto dove andare.
Mallory tornò alla scrivania. Una lampada si accese in fondo all'ufficio. Il capo della Scientifica sedeva in un rettangolo di luce, le braccia incrociate, in attesa.
Mi stai spiando, Heller?
La fissava da lontano, cinque scrivanie più in là. Cosa aveva sentito della conversazione con Riker? Mentre Mallory lo raggiungeva, vide che aveva gli occhi rossi e gonfi. Evidentemente non aveva dormito.
«Warwick libri usati» disse solo questo, aspettando la sua reazione. Mallory era stupita, si sentiva minacciata.
Heller fraintese la sua espressione. «Allora Warwick era fra i sospettati, lo sapevo.»
Mallory si mise a sedere vicino alla scrivania. Giocare con quell'uomo era una faccenda rischiosa. «Non posso darti nessuna informazione su di lui.» Era sempre una buona idea mischiare verità e bugia. «Warwick non è lo spaventapasseri, questo ti aiuta?»
Heller sollevò la faccia. «Allora non hai bisogno di questo.» Le diede un foglio. «Peccato, ho dovuto chiedere un sacco di favori per ottenerlo.»
Mallory lesse la fotocopia della cartella clinica. Da bambino John Warwick era stato accusato di aver ucciso la sorella gemella. Un testimone oculare lo aveva scagionato, non prima che la polizia avesse passato ore cercando di estorcergli una confessione, un bambino di otto anni terrorizzato che piangeva per la sorella e chiamava la mamma. Bande di giornalisti avevano pedinato la famiglia, ingigantendo il trauma di un bambino senza colpa. John Warwick aveva trascorso il resto della sua infanzia in manicomio, tormentato dalle bugie della polizia e dei giornalisti, perso in un dolore terribile, incapace di credere alla sua stessa innocenza.
Mallory posò il documento. Per ciò che ricordava del libraio, non sarebbe stato capace di uccidere una mosca. L'idea di Heller era patetica. Il passato di Warwick non era affar suo. Gli disse: «Non avresti dovuto ficcare il naso nei nostri affari, Heller. Se Warwick fosse stato davvero un sospetto, avresti potuto rovinare tutto».
«Dovevo sapere» disse. «Quel bastardo di Riker non si è fidato di me a proposito del libro. Doveva essere catalogato come prova.» Non c'era animosità nella voce di Heller, neanche un po'. Era un uomo felice.
Il libro.
Mallory rifletté, ma non riuscì ad arrivare a nessuna conclusione. Il libro non era rovinato dal fuoco o dall'acqua, eppure doveva essere quella la prova che Riker aveva rubato dal pavimento allagato nell'appartamento di Sparrow.
Aveva rischiato tutto per nascondere il possibile collegamento tra una puttana e la figlia di Markowitz.
«Ritorno a casa» disse Mallory. «Un libro di Jack Swain.»
Quando Heller annuì, Mallory capì che quell'uomo aveva prove concrete contro Riker, ma nessuna logica avrebbe potuto condurlo alla conclusione successiva. Riker era la brutta copia dello sceriffo Peety.
Godeva di un tale rispetto che nessuno l'avrebbe creduto colpevole di un furto, nemmeno in presenza di prove evidenti. Perfino Heller non era riuscito a credere alle prove che lui stesso aveva raccolto. Aveva rinnegato la sua incrollabile e assoluta fede nei fatti per cercare la prova inesistente dell'innocenza di Riker. Aveva trovato qualcosa che luccicava come la verità, mentre era soltanto fede.
Senza scambiarsi altre parole, lasciarono l'ufficio e raggiunto il marciapiede, si separarono.
Mallory rimase in silenzio anche mentre quella donna l'abbracciava e la ringraziava. Indietreggiò e fissò la faccia sorridente della prossima e ultima vittima dell'assassino di Natalie Homer. Susan Qualen aveva creduto alla stampa che sosteneva che l'unico figlio di sua sorella era ancora vivo. Il danno di un omicidio commesso vent'anni prima non sarebbe finito con quella sera. Si sarebbe trascinato fino al mattino. Dopo la rapida sentenza contro Lars Geldorf, la sorella di Natalie avrebbe appreso che la polizia aveva ucciso suo nipote con una mazza da baseball.
«Ci dispiace molto, signorina» le avrebbe detto Jack Coffey.