173931.fb2 La Bambina Dagli Occhi Di Ghiaccio - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 7

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Il sergente Riker attraversò la sala della Crimini Speciali, quindici scrivanie sistemate alla meglio, contenitori di cibo d'asporto ovunque e uomini armati. All'altro capo della stanza una parete di vetro separava l'ufficio privato del tenente Coffey. Mallory era davanti alla scrivania del capo, gli occhi bassi come una scolaretta in castigo.

Cosa c'era di sbagliato?

Riker li raggiunse e si sistemò al solito posto, sprofondando nella sedia con la sigaretta penzoloni. Dopo un pranzo sostanzioso, non aveva nessuna voglia di sprecare parole; si limitò ad aprire bene gli occhi a significare: "Ci sono". «Mi dicono che hai mandato quel ragazzo…» Il tenente Coffey si fermò a fissare la sigaretta del sergente, con la chiara intenzione di fargliela buttare. «Il ragazzo della squadra di Loman, come si chiama?»

«Duck Boy.»

«L'hai spedito in quel magazzino a scartabellare tra milioni di scatoloni pieni di vecchie prove. Speri che non torni più, vero?»

Riker alzò le spalle. L'idea era quella, ma non era sua, e Mallory non se ne assunse il merito. Stava leggendo la documentazione del tenente.

«Be', è stato fortunato.» Jack Coffey sollevò uno scatolone dal pavimento e lo posò sul tavolo. «Gli ci sono voluti solo cinque minuti per trovare il vostro caso di impiccagione.»

Sembrava che a Mallory non interessasse. Giocò con il lembo di una cartellina rossa sulla scrivania del capo e l'aprì. Riker intravide le fotografie a colori dell'autopsia, poi si voltò di nuovo verso il tenente, fingendosi interessato alle avventure di Duck Boy. «Allora, come ha fatto?»

«Il mese scorso, c'era una falla nel tetto del magazzino e alcuni scatoloni che contenevano le prove sono stati danneggiati.» Coffey prese dallo scatolone un grosso plico avvolto da una carta marrone. «Un impiegato ricordava di aver reimpacchettato le prove. I documenti di accompagnamento erano sciupati, ma alcune cifre del numero di protocollo erano ancora leggibili così quel tipo… come diavolo si chiama? Duck Boy, diamogli un altro nome, per favore… Insomma quel ragazzo, ha usato quelle cifre per scovare un fascicolo nell'archivio del medico legale.»

Il tenente disfece il plico e ne estrasse un pezzo di corda, appoggiò per terra lo scatolone e si allungò per prendere la cartella rossa dalle mani di Mallory: «Questo è il referto di un'autopsia di vent'anni fa. Non ci sono collegamenti con la vicenda di Sparrow, quindi il caso torna all'East Side. Se la vedrà il tenente Loman». Posò cartellina e corda sul tavolo: «Abbiamo chiuso».

Con un atteggiamento che significava "Non così veloce", Mallory lanciò la corda in grembo a Riker, poi distribuì il contenuto della cartellina sul tavolo. Indicò una fotografia. «Guardate qui.»

Riker e Coffey si sporsero per osservare un cadavere informe coperto di vermi.

«Le ha strappato i capelli.» Le mani curate di Mallory indicarono i capelli biondi arruffati della donna. «Sfilacciati con il rasoio.»

Il tenente sorrideva. Ottimo tentativo, ma non mi convince. «Vedo una donna con i capelli corti, niente ciocche infilate in bocca.»

«Era bionda,» disse Riker «come Sparrow.»

«Non è sufficiente.» Coffey frugò fra le carte, poi diede a Riker un plico di pagine pinzate. «Leggiti il rapporto. La donna è stata trovata impiccata, ma non era quella la causa della morte. Il patologo era il dottor Norris. Disse che prima era stata strangolata.»

«I medici non sono infallibili.»

Mallory guardò le altre fotografie. «Markowitz diceva che era quasi sempre ubriaco.»

Riker batté la mano sul tavolo. «Quel vecchio bastardo era sempre ubriaco.»

Coffey intrecciò le mani dietro la testa. «Così voi pensate che un patologo, sobrio o ubriaco che sia, possa non vedere una ciocca di capelli infilata nella bocca della vittima?»

«Era un patologo quello che ha constatato la morte di Sparrow» disse Mallory.

Il sorriso del tenente si allargò. «Un incapace.»

Il capo era troppo allegro, e questo metteva Riker a disagio. Non credeva alle premonizioni, ma aveva l'impressione che il tenente stesse preparando una trappola per Mallory. E non c'era modo di metterla in guardia.

Mallory prese il vecchio referto dell'autopsia sventolandolo in faccia al tenente: «L'hai letto? Non c'erano testimoni all'autopsia. E questo è strano, perché Markowitz diceva che ci volevano almeno due assistenti per coprire gli errori dell'ubriacone. Norris non lavorava mai da solo».

Jack Coffey non sembrava impressionato. «Qual è il punto?»

«Non voleva testimoni mentre occultava le prove. Così ha omesso qualche dettaglio dal…»

«Ne ho abbastanza.» Coffey strappò il referto dalle mani di Mallory.

La festa è finita.

Il tenente ora non sorrideva più. «Basta con le favole, Mallory. I ragazzi della Casi Irrisolti negano che tu li abbia contattati con la richiesta di rintracciare un fascicolo.» Abbassò gli occhi sul referto per rinfrescarsi la memoria. Poi disse: «Non si sono mai occupati del caso di Natalie Homer».

«Mentono» disse Mallory. «Evidentemente hanno perso il fascicolo.»

Che faccia tosta, era ammirevole.

«Vuoi insinuare che abbiano preferito mentire piuttosto che ammettere di averlo smarrito?»

«Esatto» disse il detective Janos. Tre teste si girarono verso la porta aperta, per guardare quell'uomo grande come un frigorifero e brizzolato. «L'omicidio di Natalie Homer è di competenza della Casi Irrisolti.» La voce mite di Janos era in netto contrasto con la sua corporatura massiccia. «L'hanno assegnato a un esterno…»

«Così si sarebbero persi sia il fascicolo sia la richiesta di Mallory?» Coffey non era ancora convinto. «E poi avrebbero mentito?» Un poliziotto che mente era un concetto nuovo in quella stanza.

«Mettiamola così» sorrise Janos. «La sezione si è trasferita. Sono ancora un po' disorganizzati. Se non hanno fatto una copia dei documenti prima di spostarli, non li troveremo più. Oggi in prima pagina c'è la notizia di una prostituta impiccata e i ragazzi della Casi Irrisolti ricevono una richiesta per dei documenti andati persi. Sì, credo abbiano mentito, capo.»

«Ma tu li hai trovati?»

«Molto di più» disse Janos. «Il nome del detective che seguì il caso era nel verbale del medico legale. Così sono andato a dare un'occhiata a casa sua. Viene ad aprirmi un vecchio, con quei documenti in mano e mi chiede perché ci ho messo tanto. Eccoci qua.» Janos indicò la porta sul lato opposto dello stanzone della squadra.

«Vi presento Lars Geldorf.»

Riker si voltò a guardare un ometto con i capelli bianchi. «Avrà almeno settantacinque anni.»

Lars Geldorf si era stancato di aspettare, e si stava incamminando verso l'ufficio del tenente. Nessuno aveva avvisato quel detective in pensione che era invecchiato. Indossava un vestito di seta. Sorrideva con aria spavalda e si capiva che stava pensando: "Io vi salverò".

«Sento odore di guai» disse Coffey.

Riker era d'accordo. Gli venne in mente suo padre, un altro di quei poliziotti che, una volta in pensione, non si era messo in pantofole. Geldorf aveva lo stesso modo di camminare, da padrone del mondo. L'uomo anziano entrò nell'ufficio di Coffey e gli strinse la mano, confidando che il suo nome e la sua fama l'avessero preceduto. Poi si tolse la giacca per non stropicciarla e si sedette.

Proprio come papà.

Altri guai in vista. Geldorf aveva una pistola nella fondina, era di nuovo della partita.

Il sorriso educato del tenente Coffey si affievolì: «Mi hanno detto che ha qualcosa per me».

«È tutto qui.» Il detective in pensione prese una borsa che odorava di cuoio. «Il caso Natalie Homer. Ho letto dell'assassinio sul giornale.» Gli occhi si rimpicciolirono. «Peccato che non siate riusciti a tenere la stampa lontano dal luogo del delitto.» Era convinto che avessero sbagliato tutto: ai suoi tempi era riuscito a tenere segreti i dettagli del caso. Fino a quel momento, nessuno aveva mai sentito parlare dell'impiccagione di Natalie Homer.

Jake Coffey indicò la cartellina con il rapporto del medico legale. «Non è lo stesso modus operandi»

«Sì che lo è» disse Geldorf. «Sono sicuro. Tutti i dettagli combaciano.»

«Il referto dell'autopsia di Natalie Homer non parlava di capelli in bocca.» Coffey aprì la cartellina rossa e osservò la prima pagina del vecchio rapporto. «Il medico legale era…»

«Norris… il dottor Peter Norris» disse Geldorf. «Un ubriacone all'ultimo stadio. Sono contento che sia morto. E ti sbagli figliolo: io stesso le ho tolto i capelli dalla bocca prima che la portassero via.» Si allungò all'indietro e sorrise compiaciuto. «Di solito è il medico legale che rivela i dettagli alla stampa.»

Il tenente Coffey lesse a voce alta il referto dell'autopsia: «Strangolata a mani nude. Secondo il medico legale la vittima è stata strangolata prima di essere impiccata».

«Uno psicopatico» sorrise Geldorf. «O forse voleva far credere che fosse andata così.» Alzò gli occhi verso Mallory. «Qual è la tua teoria?»

«Mi piacciono gli psicopatici» gli rispose lei.

Geldorf si voltò verso Riker. «E tu? Vuoi un suggerimento? È improbabile che la vittima avesse della corda in casa.»

Riker tamburellò le dita sul bracciolo della sedia. Riconosceva quel rituale: imparare dal più vecchio. In passato aveva creduto che fosse un'invenzione di suo padre, un giochetto per farlo impazzire. Si sporse in avanti per prendere la borsa di cuoio del detective in pensione. Fu un momento difficile: quella documentazione era il biglietto di Geldorf per collaborare con la Crimini Speciali, non voleva mollare la presa. Mallory incrociò il suo sguardo e lo minacciò in silenzio, Rassegnati, vecchio mio. Le sue mani si aprirono lentamente. Riker afferrò la borsa e l'aprì, poi la svuotò. «Che fine hanno fatto i capelli che aveva in bocca?»

«Con le altre prove. Dopo l'archiviazione del caso, le ho impacchettate io stesso.»

Il tenente Coffey scosse la testa: «Niente capelli».

«Sicché li hanno persi?» disse Geldorf sollevando le spalle. «Succede sempre.»

Riker diede al tenente una delle fotografie portate da Geldorf. Natalie Homer aveva la bocca piena di capelli.

Il detective Janos era in piedi dietro alla sedia di Geldorf e si abbassò per sussurrargli all'orecchio: «Digli delle candele».

Ma che diavolo?

Ventiquattro candele e un barattolo di mosche morte erano gli unici dettagli che non erano stati menzionali sul giornale del mattino. Perché Janos avrebbe dovuto raccontare tutto al vecchio? Riker diede un'occhiata alle foto della scena del delitto, ma non vide nessuna candela votiva.

«Quell'estate, l'East Village era soggetto a numerosi black-out» disse Geldorf.

«La corrente mancò per tre ore dopo il tramonto. Natalie aveva tre candele nel suo appartamento.»

Mallory prese un sacchetto di cera rossa dallo scatolone. Le candele si erano fuse insieme.

«Ora capisci?» disse Geldorf. «È così che trattano le prove. Queste candele erano nuove di zecca. Controlla gli stoppini, non sono mai stati accesi. Credo che l'assassino sia arrivato quando era ancora chiaro, corrisponde all'ora del decesso dichiarata da Norris.»

Le candele erano di colore rosso brillante, ma della forma sbagliata.

Riker ne contò solo tre, e non tante come quelle che aveva trovato nell'appartamento di Sparrow.

Geldorf stava aspettando un complimento per la puntuale interpretazione degli stoppini intatti.

«Bel lavoro.» Non c'era sarcasmo nella voce del tenente, nonostante il vecchio avesse incasinato le prove. Jack Coffey era sempre rispettoso dei poliziotti fuori servizio. «Devo parlare con i miei, da solo. Il detective Janos si occuperà di lei.»

Quando la porta dell'ufficio si chiuse su Geldorf e la sua balia, Coffey scosse la testa. «Non c'è alcun collegamento.» Sollevò la fotografia che Riker gli aveva dato. «L'assassino di Natalie Homer oggi deve avere circa quarant'anni, impiccare biondine è un divertimento da ragazzi.» Restituì la foto a Riker. «Non è un serial killer, Sparrow è ancora viva. Questa volta non abbiamo neppure il cadavere.»

Riker si voltò verso la collega. Mallory era stata cresciuta dal migliore giocatore di poker del mondo. Solo lei poteva sperare di tenere il caso alla Crimini Speciali.

«Io dico che ha già scelto la sua prossima vittima.» Mallory prese la borsa di cuoio dalle mani di Riker e la sollevò come se fosse il suo asso nella manica. «Posso collegare i due casi.»

«Ne sei convinta?» Coffey si piegò sullo scatolone e prese un piccolo pezzo di corda contenuto in un sacchetto di plastica, che non era servito a proteggere la prova dall'acqua. Riker sentì odore di muffa quando il tenente lo aprì: ne estrasse un classico cappio da impiccagione.

Coffey prese una fotografia del caso Sparrow. «I nodi sono diversi, non si assomigliano nemmeno. Quello di Sparrow è un nodo doppio.» Sollevò il cappio usato per Natalie Homer. «Mentre con questo la morte è garantita. Se l'assassino sa come si fa un nodo scorsoio, perché non l'ha usato anche stavolta?»

Mallory rimase in silenzio. Fissava il cappio, la prova che Coffey aveva tenuto per ultima. Sembrava una chiara vittoria per il capo, ma Riker sapeva che quel sorriso trionfante era prematuro, Mallory non era ancora fuori gioco.

Jack Coffey continuò: «Sai perché tuo padre non riusciva a togliersi di testa l'assassinio della Homer? Markowitz non sapeva che l'impiccagione era una messa in scena, il referto dell'autopsia fu tenuto nascosto. Non seppe mai che la donna era stata strangolata prima di essere impiccata».

«Lo sapeva!»

«Provalo.»

Mallory tirò fuori dalla tasca un taccuino malandato e lo passò al tenente. «Ti sbagli.»

Anche senza gli occhiali da lettura, che non usava mai, Riker riconobbe la calligrafia di Lou Markowitz mentre Coffey scorreva pagine di appunti illeggibili.

Coffey guardò Mallory. «Non riesco nemmeno a leggere…»

«Io sì» disse. «Il nastro che legava i polsi di Natalie era così stretto da inciderle la pelle. Eppure non c'era alcun segno di circolazione interrotta. E non troverete questo particolare nel referto dell'autopsia, un'altra mancanza. Markowitz sapeva interpretare un cadavere meglio di quell'ubriacone di Norris. Sapeva che l'assassino aveva legato le mani di una donna morta. Sapeva che era morta prima dell'impiccagione e nonostante ciò non riusciva a smettere di pensare a quella corda.»

Il tenente Coffey chiuse il taccuino. «Mi stai dando ragione. L'assassino voleva che l'omicidio sembrasse opera di uno psicopatico.»

«No! L'assassino aveva progettato di impiccare Natalie Homer, ma qualcosa andò storto.»

«Ti stai arrampicando sui vetri, Mallory.»

«Se l'assassino non avesse avuto un piano, perché si sarebbe portato la corda?» Afferrò il vecchio taccuino dalle mani del tenente, poi uscì dall'ufficio. Chi non la conosceva avrebbe potuto pensare che fosse arrabbiata… Coffey lo pensò. In realtà Mallory aveva un tempismo perfetto.

Era il momento giusto.

«Ha un senso» disse Riker.

«Natalie Homer è rimasta appesa a quella corda dal venerdì alla domenica notte. L'assassino avrebbe potuto tornare con la sua corda. Mallory vuole trovare a tutti i costi un collegamento fra questi casi.»

«Quadra tutto.» Riker l'avrebbe considerato un miracolo, ma Dio era dalla parte di Mallory? «E c'è da chiedersi cos'altro abbia trovato negli appunti di Lou.» Si complimentò con la sua collega per quell'uscita di scena. «Dacci una settimana. Come la mettiamo se salta fuori un altro cadavere dopo che il caso di Sparrow è tornato alla squadra di Loman?»

«Cazzate, Riker. Non c'è nessun collegamento, e lo sai. Tutto quello che hai in mano sono due donne con i capelli tagliati male e della corda.» Il tenente si coprì il viso con la mano, non voleva che vedessero la sua frustrazione: «Okay, questo è l'accordo. Tieni Geldorf e il suo fascicolo lontani da me. Non voglio che abbia accesso alle prove del caso Sparrow».

«Andata.» Il detective spense la sigaretta con la suola della scarpa, poi si alzò. Questa vittoria lo metteva a disagio. Era andata troppo liscia.

Coffey rimise i fogli e le fotografie nella cartellina rossa. «E tieni Geldorf lontano dai giornalisti. Non voglio leggere titoli cubitali sul collegamento fra questi due casi.» Gettò il rapporto del medico legale a Riker e la corda nello scatolone. «E porta questa roba fuori dal mio ufficio.»

Riker sollevò lo scatolone. «Ho proprio in mente un posto dove sbattere tutta questa roba, compreso il vecchio.»

«Bene. Se non tirate fuori qualcosa di concreto in quarantotto ore, il caso torna a Loman.»

Coffey abbassò il capo, fingendo di interessarsi alle carte sul tavolo. «Ho chiamato l'ospedale. Le condizioni di Sparrow peggiorano.» Alzò gli occhi. «Mi spiace Riker, la conoscevi da molto, vero?»

Il detective annuì. Ora capiva tutto.

La sua collega gli aveva affidato l'ultima parte del gioco, la più umiliante, quella nella quale Jack Coffey faceva la carità a un sergente di mezza età e a una puttana moribonda.

Lars Geldorf aprì la porta e Mallory lo seguì in un appartamento che puzzava di posaceneri strapieni e di resti di cibo avariato. I mobili logori e un piccolo televisore testimoniavano la vita modesta di un poliziotto in pensione. Un grande specchio rifletteva le luci della strada. Nessuna donna aveva mai messo piede in quel posto: polvere, vetri ingialliti da milioni di sigarette. Tutto ciò che era appeso ai muri parlava di Geldorf. Ritagli di giornale incorniciati lo mostravano giovane, in posa con politici e poliziotti. Tutti morti prima che Mallory nascesse. Nella cornice più appariscente era appeso un encomio. Non era la prova di una carriera stellare, ma lui ne andava fiero.

L'ex detective si fermò un attimo e sorrise, per dare il tempo alla sua ospite di ammirare quei ricordi. Poi la condusse nell'altra stanza, dove campeggiava un altro grande specchio. Copriva l'intonaco malandato, ma aveva anche un altro scopo, meno prosaico. Mallory lo capì quando il vecchio ci si mise davanti, un pavone con un vestito di seta fuori moda da decenni. Il suo anello d'oro brillò quando si sistemò la cravatta e sorrise. Geldorf si ammirava, e amava quello che vedeva. Poi indicò un altro gruppo di fotografie. «Quella al centro è stata scattata la notte in cui abbiamo trovato Natalie. L'ho scattata io stesso.»

Mallory fissò la fotografia incorniciata della scena del delitto. I capelli erano stati rimossi dalla bocca della vittima. Il cadavere giaceva prono sul pavimento in bella mostra in un sacco nero aperto; vicino alla morta c'erano due detective sorridenti, in posa come cacciatori con il loro trofeo. Ma il vero trofeo era un terzo uomo, un poliziotto valoroso in mezzo ai detective, ben più alto di loro. I due uomini che sorridevano sembravano trattenere Louis Markowitz, soggetto involontario di un macabro souvenir. Il suo viso era leggermente sfuocato perché scuoteva la testa.

Sotto la fotografia c'era un tavolo ingombro di carte e raccoglitori. Il pezzo più moderno di tutta la stanza era un fax di prima generazione. Su modesti scaffali di metallo erano impilati alcuni scatoloni, e due grandi bacheche erano stracolme di appunti personali. L'assenza di un computer non sorprese Mallory. Geldorf viveva ancora nell'era della macchina per scrivere.

«Non capisco perché non possiamo lavorare da qui.» Prese una scatola da uno scaffale. «Come vedi sono perfettamente organizzato.»

«Coffey vuole la massima riservatezza,» mentì «e un posto in centro è meglio.»

«La massima riservatezza» annuì Geldorf. «Buona idea.»

Lo scatolone di Natalie Homer era già mezzo pieno quando cominciò a infilarci altre carte. Ai Casi Irrisolti non archiviano mai scatoloni di quelle dimensioni, una capiente cartella era sufficiente per i rapporti e le dichiarazioni. «Hai lavorato parecchio a questo caso?»

«Certo. Un caso non è chiuso finché non è risolto» disse Geldorf. «Dopo che sono andato in pensione ho continuato a raccogliere prove. Quando ero pronto per altri interrogatori, segnalavo tutto alla sezione competente e ufficializzavo.»

«Quindi lavori soltanto sui tuoi casi?»

«Esatto. Avresti dovuto vedere questa stanza dodici anni fa. C'erano così tanti scatoloni che non ci si muoveva. Per pensare bisognava spostarsi in corridoio.» Aspettò per darle il tempo di ridere alla battuta. Avrebbe aspettato a lungo. Poi, lentamente, si girò a guardare gli scaffali vuoti. «Uno alla volta, ho chiuso i casi irrisolti, ho svuotato gli scaffali e mi sono liberato dei fantasmi. Me ne sono rimasti pochi.» Abbassò la testa e si concentrò sulla scatola da riempire. «Quando ero in servizio avevo pochi giorni per lavorare su un caso, adesso posso impiegarci degli anni interi.» Sorrise imbarazzato e disse: «Non avrei dovuto dirtelo, ora penserai che ero un pessimo detective. Ma mi rifarò. Li risolverò, tutti». Mise altre carte nello scatolone. «Sono tutto tuo, a tempo pieno.»

«Lo apprezzo molto.» Mallory aveva già pensato a come tenerlo fuori dai piedi.

L'incombenza di tenerlo sott'occhio sarebbe toccata a Charles Butler e alla recluta di Loman, Duck Boy.

Si mise gli occhiali da sole, e si voltò verso lo specchio. Vi vide riflessa la figura di Geldorf. Si era sbagliata: quando nessuno lo guardava non era arrogante. Doveva essere difficile mantenere quell'atteggiamento. Il vecchio, riflesso nel grande specchio, sembrava rimpicciolito. Aveva lo sguardo preoccupato, probabilmente vedeva ogni giovane poliziotto come una minaccia alla sua dignità.

Bene.

Tenerlo al suo posto non sarebbe stato un problema.

Geldorf sigillò le alette dello scatolone con il nastro. «Adesso vorrai sicuramente parlare con tutti quelli che sono stati sulla scena del delitto.» La guardò. «Ti starai domandando come il tuo assassino abbia scoperto i capelli nella bocca di Natalie.»

Mallory si voltò e gli sorrise. Vecchio astuto. «Sapevi che non si tratta di un serial killer.»

«Non poteva esserlo.» Il ghigno sottile spiegava tutto: voleva ritornare in gioco, riscuotersi dal torpore della sua età. «Il mio sospetto principale è morto diciannove anni fa.»

A Mallory cominciava a piacere quell'uomo. Adesso erano alleati, nessuno dei due avrebbe tradito l'altro.

«Potrebbe trattarsi di un imitatore.» Sollevò il pesante scatolone e Mallory, per rispetto, non gli chiese se voleva aiuto. Geldorf la seguì dicendo: «Quando scoprirò come il tuo assassino ha trovato le informazioni forse chiuderò il caso di Natalie. Ci daremo una mano».

Te lo sogni, vecchio mio.

Non aveva alcuna intenzione di lavorare all'omicidio di Natalie Homer.

La pista era vecchia di vent'anni, una pista fredda. Aprì la porta per Geldorf, poi prese le chiavi e la chiuse.

«Il legame tra i due casi è nei dettagli.» Sistemò il pesante scatolone sulle spalle mentre camminavano verso l'ascensore. «Avevo il controllo completo della mia scena del delitto. Nessuna soffiata alla stampa. Sai come ci sono riuscito? Ho detto a un agente di farsi pagare dai giornalisti. Quel ragazzo ha ricavato venti dollari da ciascuno di quei bastardi, poi ha detto loro che la polizia aveva trovato una donna impiccata.»

«Così hanno pensato si trattasse di suicidio.» Mallory approvò: era sempre una buona cosa dire la verità quando si mentiva. «E Natalie Homer è finita in decima pagina.»

«Su un unico giornale, e soltanto due righe.» Posò la scatola e chiamò l'ascensore. «Così ora dovrete escludere le possibili fughe di notizie. Meno male che ho conservato i miei appunti.»

Certo.

«Penserai tu agli interrogatori» disse Mallory. «Ti ho fatto assegnare un aiutante, come surrogato del distintivo.»

Così si sarebbe liberata di Geldorf e di Duck Boy.

«E quell'omone. Butler, si chiama così?» Geldorf tirò fuori il biglietto da visita che gli era stato dato un'ora prima alla Butler & Company.

«Il dottor Butler,» disse Mallory, malgrado Charles non usasse mai quel titolo «è uno psicologo della polizia.» Fortunatamente non c'era niente in quel biglietto che potesse contraddirla. «Lavorerà a stretto contatto con te.»

Charles Butler indossava giacca e cravatta: era un giorno di lavoro. Grazie all'intervento di Riker, non si sarebbe più annoiato nella calura estiva. Attraversò l'ingresso arredato con mobili di mogano e acquerelli di Watteau, poi percorse un breve corridoio lasciandosi alle spalle secoli di arredi e dipinti antichi per entrare nel regno di Kathy: elettronica, plastica, metallo e cavi. L'ufficio privato di Mallory alla Butler & Company era un posto interessante. Le finestre alte, ad arco, erano nascoste dagli scuri di metallo e tappeti grigi ricoprivano il pavimento di legno. I computer troneggiavano perfettamente allineati al centro della stanza, gli schermi accesi. Simili a grandi occhi blu fissavano l'intruso: Charles sognava di accecare quei bastardi a suon di calci. Tre pareti erano coperte da scaffali metallici ricolmi di manuali, disposti con precisione a cinque centimetri dal bordo. Mallory aveva rifiutato i suoi quadri, preferendo a loro un gigantesco pannello di sughero che copriva la quarta parete, dal pavimento al soffitto. Il sergente Riker stava finendo di appendervi fotografie e documenti. Mallory aveva dato a Charles un nuovo progetto su cui lavorare, un regalo, o meglio due regali: un omicidio vecchio di vent'anni e un settantacinquenne.

«Quando torneranno?»

«Mezz'ora.» Riker frugò in una borsa di cuoio e tirò fuori altre carte. Sul muro, senza un ordine particolare, erano stati sistemati appunti scritti a mano e dichiarazioni dattiloscritte.

«Tutto questo per tenere tranquillo il vecchio Geldorf?»

«Sì» disse Riker. «Credi che lo terrà impegnato per un po'?»

«Certo.» Charles stava pensando a come cambiare discorso senza sembrare scortese. Decise di prenderla alla larga. «Dopo la morte di Louis, Mallory ha tenuto qualcuno di quei vecchi libri western?»

«No.» Riker fece cadere la borsa, poi si piegò a raccoglierla.

«Che peccato.» Charles fissava il muro e studiava una piantina dell'appartamento della vittima. «Volevo leggere tutta la serie, cercare di capire cosa ci avesse visto Louis. Credo di poter rintracciare le altre copie, ma…»

«Non è possibile.» Riker si voltò per appendere una fotografia a colori dell'autopsia della vittima. «Non si trovano nelle biblioteche né nelle librerie, sono tascabili fuori commercio.»

«È ciò che ha detto John Warwick, più o meno le stesse parole.»

Riker si appoggiò alla parete, chinò il capo, preparandosi ad affrontare anni di bugie, le sue e quelle di Louis.

Charles andò a sedersi sul bordo della scrivania d'acciaio. Aspettò con pazienza finché Riker non si voltò, poi sorrise. Quell'espressione bonaria ottenne su Riker lo stesso effetto tranquillizzante che aveva avuto su John Warwick.

«Potresti dirmi cosa succede nel secondo libro?»

«Sì.» Riker si mise a sedere su una sedia pieghevole di metallo, sollevato.

«E passato un po' di tempo. Ti ricordi la trama del libro?»

Charles annuì: «Un ragazzino di quindici anni uccide un uomo per strada».

«Un uomo disarmato. Ma nel libro successivo si scopre che l'uomo era armato e che quindi si è trattato di uno scontro corretto.»

Riker controllò la porta dell'ufficio. Si assicurò che fossero soli e continuò: «Il ragazzino ha preso la pistola dell'avversario, molto più bella della sua. Lo sceriffo Peety ignora l'esistenza della seconda pistola perché al suo arrivo Wichita l'ha già nascosta nei pantaloni. Nel secondo libro hanno un anno di più,» disse Riker «lo sceriffo Peety e il ragazzino. Wichita ha vinto un altro scontro a fuoco e ha ucciso un'altra persona.»

Riker guardò di nuovo la porta, ben sapendo che se Mallory gli fosse arrivata alle spalle, lui non se ne sarebbe accorto: aveva un passo felino. Tornò a Charles e alla sua storia. «Ormai il ragazzino è famoso, un vero pistolero. Alla fine del primo libro lo sceriffo lo ha spinto in un canyon, un salto nel vuoto. Il ragazzino è precipitato nel canyon, con il cavallo e tutto il resto.»

«Ma è sopravvissuto.»

«Sì, e anche il cavallo. Sono caduti nel fiume, che li deposita a riva privi di sensi. Una ragazza indiana trova Wichita e lo porta al suo accampamento. Hanno la stessa età, sedici anni. Nell'ultima pagina lo sceriffo è di nuovo a caccia di Wichita, e la ragazza lo aiuta a scappare, buttandosi sotto gli zoccoli del cavallo dello sceriffo lanciato al galoppo.» Allargò le braccia come a dire: "Capito come funziona?". Gettò la borsa a Charles. «Tu e Geldorf potete finire di riempire la parete. Gioca a fare il detective. Divertiti.»

Charles era perplesso. L'espediente del colpo di scena finale spiegava perché la piccola Kathy Mallory leggesse e rileggesse libri del genere.

La teoria del libraio, quella della bambina che cerca rifugio in un mondo fittizio, non reggeva. Charles osservò gli scaffali pieni di riviste specializzate e manuali. Mallory non leggeva romanzi. Anche da bambina era sempre stata razionale e concreta. E malgrado si fosse precocemente appassionata al genere western, Louis sospettava che la bambina guardasse i vecchi film in televisione solo per godere della sua compagnia. Ma, per quello che Charles sapeva della guerra consumatasi tra padre e figlia adottiva, la piccola Kathy avrebbe preferito morire piuttosto che ammettere di aver bisogno di lui.

Durante tutti gli anni che avevano vissuto insieme, lei aveva tenuto Louis a distanza, si era sempre rivolta a lui chiamandolo "Sbirro" oppure "Markowitz".

Charles si chiese se Mallory se ne fosse pentita. Forse la risposta era sì.

Il tenente Coffey e il detective Janos alzarono lo sguardo quando Duck Boy comparve sulla porta e rimase lì, impalato. Aspettava di essere notato.

Coffey lo fece entrare. «Cosa c'è, ragazzo?»

«Signore, ho finito con le scartoffie» e gli allungò un plico di carte.

«Se questo è il rapporto sul magazzino…»

«No, signore, è qualcosa che ha richiesto il sergente Riker, ma non riesco a trovarlo, lo vuole lei? Qualcuno lo vuole?»

Il tenente prese il rapporto, fissando nella mente il vero nome di Duck Boy stampato sulla prima pagina. Poi lo gettò nella cassetta dei documenti "in uscita" sulla sua scrivania. «Deluthe, hai fatto un buon lavoro oggi. Ma le scartoffie d'ora in poi toccano a Riker e Mallory.» Si voltò verso Janos. «Ti hanno dato un indirizzo?» Dal suo tono si capiva: Non voglio sapere dove sono.

Il detective annotò l'indirizzo su un foglietto e disse a Deluthe: «Li puoi trovare qui».

Deluthe fissò il rapporto nella cassetta. «Così preferisce che siano loro a non leggerlo?»

Jack Coffey si allungò sulla sedia e sorrise. Il ragazzo ragionava. Si era guadagnato la loro attenzione. «Va bene, siediti.»

Ronald Deluthe si sedette accanto a Janos.

«Puoi fare rapporto a me, ma dimmi solo le cose principali» spiegò Coffey.

«Sissignore, ho parlato con i giornalisti. L'altra notte erano in zona, seguivano una pista. Per questo sono arrivati prima dei pompieri.»

«Che tipo di pista?»

«Qualcuno ha telefonato con una soffiata un'ora prima del delitto. Il programma televisivo ha un numero verde per questo genere di chiamate. Ma quella non era la prima telefonata che hanno registrato…»

Janos si sporse in avanti. «L'emittente televisiva ha registrato le chiamate? Il direttore non ha detto nulla a Mallory. Bastardi.» Diede una pacca sulla spalla di Deluthe: «Bel lavoro ragazzo».

«Grazie signore.» Deluthe continuò a elencare i fatti: «Hanno avuto un'altra soffiata, un omicidio a pochi isolati dalla scena del delitto, una settimana prima, ma era una bufala».

«Allora proseguiamo» disse Coffey.

«Sissignore. La stessa persona ha telefonato per avvertirli dell'omicidio di Sparrow. Questa volta non ha indicato un nome né un indirizzo. Ha detto soltanto di seguire il fumo. Non avevano intenzione di mandare l'unità mobile, quel tipo li aveva già presi in giro una volta. Ma siccome in città non succedeva niente di più interessante, alla fine sono andati a vedere.» A quel punto Deluthe si rese conto che l'attenzione stava calando. Si schiarì la voce: «È tutto».

Janos mise la mano carnosa sul braccio di Deluthe. «Torna indietro. E la prima telefonata, il finto omicidio?»

«È stato cinque o sei giorni fa. L'informatore ha fornito un nome e un indirizzo precisi. Ma quando i giornalisti sono arrivati a casa della signorina Harper, i vicini hanno detto che era in vacanza alle Bermuda. Poi i giornalisti sono andati alla polizia e un sergente ha confermato. La signorina Harper era andata…»

«Un momento.» Coffey prese il rapporto dalla cassetta. «Come faceva il poliziotto a sapere dove fosse la donna? La signorina Harper aveva sporto qualche denuncia?»

«Non lo so, signore. Ho parlato solo con i giornalisti.»

Il detective Janos scosse la testa. «L'hai detto a Mallory e a Riker?»

«Era nel rapporto, ma io…»

«Sì, sì, d'accordo.» Janos passò dietro il tavolo e osservò le pagine da sopra la spalla del tenente. «Qui c'è l'indirizzo. Chiederò un mandato di perquisizione per l'appartamento della Harper. Vale la pena dare un'occhiata. Forse Mallory aveva ragione a pensare che sia un serial killer.»

Jack Coffey fece finta di non sentire. Rivolse un sorriso a Deluthe. «Bel lavoro, bravo davvero. Così abbiamo una cassetta con la voce dell'assassino?»

«Nossignore. Ne ho chiesta una copia al direttore, ma ha detto che comprometterebbe l'integrità…»

«Janos!»

«Sì, capo?»

«Portami quella cassetta.»

Charles fissò le vecchie fotografie scattate dopo che il corpo era stato adagiato a terra. Tra le squallide cose di Natalie, l'unico indizio di speranza erano i vasi da fiori; ognuno conteneva un bocciolo rosso, la promessa di una rosa. Charles covava sentimenti protettivi nei confronti di quella donna morta vent'anni prima, per la quale Riker e Mallory mostravano così poco interesse. Per questo Charles aveva sviluppato una sorta di alleanza con Lars Geldorf.

«Non sono sicuro di seguirla.» Il detective in pensione percorse tutta la parete rivestita di sughero con un atteggiamento da ispettore generale.

«È un omaggio a un vecchio amico» disse Charles Butler. «Conosceva il primo comandante della Crimini Speciali?»

«Lou Markowitz?» disse Geldorf. «Sì, l'ho incontrato una volta. Aveva visto la scena del delitto e si era fermato per parlare con il mio collega. Davvero un grande poliziotto. Fu un enorme piacere incontrarlo.» Si voltò verso il muro. «Scusi, diceva?»

«L'ufficio di Louis aveva una parete di sughero come questa. Mi ci è voluto un po' per capire come funzionava.» Charles indicò una serie di carte pinzate insieme. «Gli strati superiori contengono informazioni che derivano da ciò che sta sotto. In questo modo si capisce subito lo sviluppo del caso. Non si perde tempo con piste false e dati insignificanti. Anche la scelta dell'ordine è importante. I dettagli meno rilevanti sono sul bordo esterno.»

«Non male, dottor Butler, davvero niente male.»

«Chiamami Charles.» Effettivamente era un dottore, ma la laurea in psicologia gli serviva solo per inquadrare i clienti. Forse uno psicologo professionista avrebbe predetto la reazione di Mallory.

Non udì i passi alle sue spalle, si girò solo quando udì il commento di Riker dalla porta, un leggero: «Gesù Cristo». Geldorf non sentì: fissava ancora la bacheca. Charles guardò Mallory: da quanto tempo era lì, al centro della stanza? Mallory non dava segno di averlo notato e Charles si sentiva un ladro, perché in quel momento era libero di osservarla senza essere visto.

Aveva lavorato per ore a quel muro; adesso indietreggiò per vederlo dal punto di vista di Mallory. Le foto e la documentazione del delitto formavano una spirale che dal centro si espandeva verso i bordi del pannello. Era come se i ragionamenti su quell'omicidio si fossero cristallizzati, come se una parte del cervello di Markovitz fosse esposta in bella vista sulla parete.

Senza una parola, e senza essere notata da Geldorf, Mallory lasciò la stanza. Riker sollevò la mano, intimando a Charles di non seguirla, poi scomparve nel corridoio. Pochi minuti dopo, la porta dell'ingresso si chiuse sbattendo.

Lars Geldorf si concentrò sulle fotografie della scena del delitto.

«Questi sono gli originali. Dagli ingrandimenti si vede meglio.»

Effettivamente le Polaroid erano molto più piccole delle foto che un tempo erano appese alla bacheca nell'ufficio di Louis. Charles indicò una fotografia del cadavere appeso al lampadario.

«Cos'è quella macchia sul grembiule?»

«Grasso. E le altre macchie sono scarafaggi.» Geldorf si piegò e prese una busta dallo scatolone ai suoi piedi. «Ho fatto fare degli ingrandimenti.» Prese un plico di fotografie. «Sono tutte sgranate, ma si vedono meglio gli scarafaggi.»

«Infatti.» Erano giganteschi.

«Oh, ti piacciono gli scarafaggi? Ho dei meravigliosi scatti di mosche e vermi.»

Geldorf aprì un'altra busta con le inquadrature degli insetti in primo piano. «Queste foto le ha fatte il medico legale. Quel vecchio bastardo aveva un debole per gli insetti. Un ubriacone, un maniaco…»

Charles osservò le foto. «Immagino che fosse un entomologo dilettante.» Non c'erano primi piani di scarafaggi. «Sembra che preferisse mosche e vermi.»

Il fax squillò, e Riker tornò di corsa nell'ufficio di Mallory. Osservò la carta che usciva dalla macchina, poi strappò il foglio e lasciò la stanza.

«Torno subito.» Charles percorse il corridoio. Trovò il detective nell'ingresso, sprofondato in una sedia. Stava parlando in un telefono del 1900. «Nessun problema, ottenere il mandato di perquisizione è stato facile» diceva Riker. «Ma il custode non aveva le chiavi dell'appartamento della Harper.» Stava per mettere una gamba sul tavolo d'antiquariato di fronte a lui, ma si fermò. Mallory gli aveva insegnato che non si mettono i piedi sui mobili, specialmente su quelli antichi. «Chiamo io Heller e Slope, sì, il fabbro ha aperto l'appartamento, va bene. Mallory è già per strada.»

Riker riattaccò, poi vide Deluthe che sbucava dalla cucina dell'ufficio con un panino in mano. «Ragazzo, guida tu. Vai a prendere la macchina e portala qui di fronte. Scendo tra un minuto.»

Riker buttò il fax sul tavolo. Charles lo lesse: «Ragazzi tornate a casa. Tutto perdonato. Baci, Sezione Crimini Speciali». «L'ha spedito Jack Coffey?»

«No, troppo sdolcinato. E poi lui fa finta di non sapere che Mallory lavora ancora qui.» Riker guardò il fax. «No, è più lo stile di Janos.»

«C'è stata un'altra impiccagione?»

Il detective lo fissò. «Indovinato, ma tienilo per te. Mallory aveva ragione. Abbiamo un serial killer.» Si fermò con una mano sulla maniglia. Disse, senza voltarsi: «Dimmi una cosa, Charles. Vorresti vivere in un mondo dove tutte le bugie di Mallory diventano realtà?».