173931.fb2 La Bambina Dagli Occhi Di Ghiaccio - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 8

La Bambina Dagli Occhi Di Ghiaccio - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 8

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Erano esiliati adesso, chiusi fuori dalla stanza. Heller li aveva puniti per aver infranto il primo comandamento della medicina legale: non fare danni sulla scena del delitto.

I detective avevano corso avanti e indietro, combattendo disgustosi insetti alati, neri e panciuti, cercando di arrivare alla finestra, dalla quale non erano ancora state rilevate le impronte. Adesso Mallory sedeva sulle scale antincendio e teneva compagnia al collega. Qui l'aria era meno greve che all'interno, ma densa e quasi troppo pesante da respirare. Il sole era caldo, la giornata tranquilla e il fumo della sigaretta avvolgeva Riker in una nuvola.

Gli insetti erano intrappolati nell'appartamento: si sentiva il ronzio incessante anche oltre la finestra chiusa. Il cadavere in putrefazione aveva attirato tutti gli amici volanti del circondario. L'odore era insostenibile.

Mallory guardò oltre la grata metallica. Erano arrivati altri curiosi sul posto. Non c'era granché da vedere, ma New York ha un debole per gli spettacoli e il nastro giallo della polizia indicava dove iniziava la fila. La settimana precedente, probabilmente l'assassino era rimasto in attesa su quello stesso tratto di marciapiede. Dopo aver chiamato i giornalisti li aveva osservati entrare e uscire dall'edificio, per nulla impressionati dal suo lavoro. «Mi chiedo per quanto tempo abbia aspettato l'arrivo dei poliziotti. Ore? Giorni?»

Riker aspirò una boccata di fumo. «Gli agenti stanno perlustrando l'isolato. Forse saremo fortunati.»

No, Mallory dubitava che si sarebbe fatto avanti un testimone, qualcuno che ricordasse un tizio che bighellonava sul marciapiede. Era passato troppo tempo tra l'omicidio e la scoperta del cadavere.

Riker spense la sigaretta sulla ringhiera della scala antincendio. «Mi domando se troveremo altri corpi, magari in condizioni peggiori.»

«Non credo. Janos dice che ci sono state solo due segnalazioni al numero verde della TV.» E malgrado l'assassino avesse confessato per telefono e i giornalisti fossero andati alla stazione di polizia, il corpo di Kennedy Harper era stato lasciato marcire per sei giorni nella calura di agosto. «L'assassino deve aver pensato che la polizia se ne fregava di lui…»

«Beh, in parte ha ragione» disse Riker. «Per questo ha bruciato la tenda della finestra di Sparrow. Era impossibile non vederla dalla strada. Voleva assicurarsi il pubblico per il suo secondo spettacolo.»

All'interno dell'appartamento Heller aprì la finestra. «Bene, tutte le finestre sono aperte e quell'odore terribile è quasi scomparso. I signorini adesso possono entrare.»

Sebbene nessuno l'avesse espressamente richiesto, gli inquilini si tenevano a distanza dal luogo del delitto. Erano riuniti dall'altro capo del corridoio, dove Ronald Deluthe interrogava un uomo con la tuta da lavoro e un grosso mazzo di chiavi.

«Lei è il custode dell'edificio?»

«Indovinato.»

Deluthe capì che intendeva dire: "Chi altro potrei essere, cretino?". Non era un inizio promettente, ma proseguì. «Allora, c'è un cadavere in putrefazione da almeno una settimana e prima di oggi non ha sentito la puzza?» Si fermò un momento per allontanare una mosca dal viso. «Nessuno si è lamentato?» Un esercito di insetti si arrampicava sul muro, altri passeggiavano sul soffitto.

Una donna con la voce squillante disse: «Certo che ci siamo lamentati. Crede che questo sfaticato abbia perso cinque minuti per controllare?».

La porta si aprì e Mallory entrò nel corridoio, giusto in tempo per vedere il custode esibirsi nel tipico gesto newyorkese di amore e amicizia, il dito medio che si alza dal pugno chiuso.

«Kennedy Harper aveva cambiato la serratura.» L'uomo si avvicinò all'inquilina e le gridò in faccia: «E io non ho le chiavi! Cosa dovevo fare, buttare giù la porta?».

Dall'altra parte del corridoio, Mallory chiamò Ronald Deluthe: «Trova il fabbro che ha cambiato la serratura, scopri quando è stato qui».

«Ve lo dico io.» Il mazzo di chiavi del custode tintinnò mentre sorrideva all'affascinante detective. «È stato qui due settimane fa. Sono rimasto a guardarlo mentre lavorava.» I suoi occhi stavano spogliando Mallory a poco a poco, prima la giacca, poi la maglia, il reggiseno.

Mallory lo ascoltava con attenzione. «Kennedy Harper era in casa quel giorno?»

«Sì.» I suoi occhi fluttuavano lungo il corpo di Mallory. «E allora?»

Le lunghe gambe di Mallory erano strette nei jeans ma per il custode erano nude. L'uomo alzò lo sguardo, improvvisamente spaventato. Mallory si avvicinava con ampie falcate, brandendo una macchina fotografica come se fosse un'arma.

Ronald Deluthe si chiese se fosse solo arrabbiata o se anche stavolta non si fosse perso qualcosa.

Mallory, di fronte all'uomo con la tuta da lavoro, formulò un'accusa precisa: «Lei aveva le chiavi della vecchia serratura».

«Certo, ho le chiavi di tutto l'edificio.»

Era evidente. E ogni chiave era contrassegnata con il numero dell'appartamento. Deluthe si aspettava qualche commento caustico, ma il custode rimase in rispettoso silenzio. Mallory gli si parò di fronte con una mano sul fianco, la fondina e la pistola bene in mostra. Ma lo sguardo era ancora più minaccioso. Non sbatteva mai le palpebre? Fece due passi verso il custode che a questo punto, non potendo indietreggiare oltre, si spiaccicò contro il muro.

«Perché allora non ha le nuove chiavi? Era qui quando il fabbro ha cambiato la serratura. Anche la Harper era in casa quel giorno.»

«Gliele ho chieste, ma lei non ha voluto darmele.»

Mallory fissò il mazzo con le targhette, e quando fece per afferrarlo il custode si ritrasse.

«Però ha ancora le vecchie chiavi.» Mallory osservò il cartellino dell'appartamento 4B. «Poteva entrare prima che lei cambiasse la serratura.»

«Non è mai stato un problema per lei.» Ora si stava comportando da cittadino modello: era ansioso di aiutare e parlava veloce. «In cinque anni non si è mai lamentata. Poi un giorno, improvvisamente, non si fida più di me, non mi vuol dare le chiavi. Una cosa da non credere.» Si voltò verso Deluthe: «Questo non scriverlo, ragazzo».

Deluthe chiuse il taccuino e lo rimise in tasca, poi estrasse un foglio e cominciò a leggere. «Ha il diritto di rimanere in silenzio…»

«Cosa stai facendo?» Mallory glielo strappò di mano e gli appioppò la macchina fotografica. «Abbiamo finito con questo signore, vai fuori a fare delle fotografie.»

Deluthe annuì. Si stava abituando alle umiliazioni. L'assassino non aveva modo di sapere che il cadavere era stato scoperto, non questa volta, almeno, quindi non poteva essere tra la folla di curiosi. In effetti, Mallory lo aveva invitato ancora una volta a levarsi dai piedi.

Riker si trovava nei pressi della cucina, dove l'odore era più forte. Fissò il barattolo di mosche morte e contò due dozzine di piccoli piatti. Ciascuno conteneva i resti di una candela rossa consumata. Componevano un cerchio perfetto e, nel mezzo, c'erano i resti di Kennedy Harper. Aveva il cappio intorno al collo, il doppio nodo era simile a quello di Sparrow, ma non l'avevano trovata impiccata. Il lampadario non aveva retto e il corpo della donna era caduto molto prima che giungesse la polizia. Una lampadina rotta e la plafoniera si trovavano accanto a un groviglio di cavi venuti giù dal soffitto. Il cadavere era gonfio e la faccia era coperta da pezzi d'intonaco. Soltanto un occhio era visibile, parzialmente spruzzato di polvere bianca, un occhio affossato nella sua orbita.

Oppure i vermi se l'erano mangiato.

Riker si allontanò, chiedendosi se questa donna fosse bella come Sparrow. Si piegò di fronte al lavandino della cucina e raccolse il portafoglio: portava i guanti. Lo aprì e guardò la fotografia della patente. Non si era sbagliato, era una donna attraente, ma a parte i capelli tranciati col rasoio, non c'erano altre somiglianze con Sparrow. Rimise il portafoglio sul pavimento, insieme al contenuto della borsetta. Si fece da parte per permettere a un agente della Scientifica di rilevare le impronte sul barattolo di mosche morte, ma ancor prima che l'agente scuotesse la testa, sapeva che non ne avrebbero trovate.

Vide Heller sulla porta con un agente che firmava la ricevuta per un mucchio di vestiti avvolti in sacchetti di plastica. Dopo aver tolto la plastica, il medico legale sollevò una camicia verde pallido e la diede a Riker. «Forse questo ti interessa.» La girò per mostrare una grossa "X" sbiadita sul retro. C'era un messaggio di scuse della lavanderia.

«Ho già visto un segno del genere,» disse Heller «su una maglietta appallottolata sotto il lavandino di Sparrow. La usava come straccio.»

«Allora l'assassino non sceglie le donne a caso.» Mallory si avvicinò al corpo. «Pedina le sue vittime.»

«Già» disse Riker. La "X" sul retro della maglietta confermava la teoria di Mallory riguardo alla serratura nuova installata una settimana prima dell'omicidio. «L'assassino vede le donne per strada, poi segna le magliette per seguirle facilmente fino a casa, come se marchiasse un animale. A differenza della Harper, però, Sparrow non aveva sporto denuncia, non aveva detto a nessuno di essere pedinata, d'avere paura. Per le prostitute è diverso.»

Sparrow, perché non sei venuta da me?

Il tenente dell'East Side, invece di mandare un sottoposto, era venuto di persona e Mallory lo interpretò come un'ammissione di colpa per gli errori commessi.

«Ho portato la documentazione.» Il tenente Loman si rivolgeva solo a Riker, come se Mallory non esistesse. «La prima denuncia risale a qualche settimana fa. Qualcuno la seguiva.»

Riker prese la busta e ne estrasse quattro fogli in altrettante buste di plastica. Ogni volta lo stesso messaggio. Loman era teso, quasi sull'attenti. Mallory si chiese se dipendesse dal fatto che Riker era stato capitano.

«Kennedy si era trovata quei biglietti nelle tasche.» Loman si asciugò la fronte con un fazzoletto. «Mi sembrano piuttosto innocui.»

Riker annuì senza commentare, poi lesse i documenti allegati alle buste.

Il tenente fissò la camicia verde che il detective aveva in mano. «L'ha portata alla polizia. Ha detto che è successo in metropolitana. C'è anche una maglietta con lo stesso segno. Ogni volta che si è trovata un messaggio in tasca, Kennedy era stata in mezzo alla gente, in metropolitana, oppure in un negozio. Non ha mai visto il suo pedinatore in faccia.»

Mallory notò che il tenente chiamava la vittima per nome. Era una cosa normale per i poliziotti della omicidi parlare dei morti con tanta familiarità. Gli uomini di Loman però avevano conosciuto Kennedy Harper viva, una cittadina che protestava, come tante altre.

Il tenente evitò lo sguardo di Mallory, aspettando che Riker dicesse qualcosa, una cosa qualsiasi. «Non aveva mai visto quell'uomo in faccia. Cosa potevamo fare?»

«Avete inviato una pattuglia?»

Il tenente fu costretto a rivolgersi a Mallory; Riker aveva finito di leggere e anche lui aspettava una risposta.

«No» rispose Loman. «C'era in giro l'influenza. Avevo troppo poco personale per inviare una pattuglia.»

Mallory scosse la testa. Sarebbe stato un atto di grave insubordinazione gridargli che era un bugiardo. Kennedy Harper era morta prima che l'epidemia di influenza colpisse quella parte della città. I suoi uomini avevano avuto tutto il tempo per andare a trovare la graziosa Kennedy Harper. Tanto che perfino il comandante della squadra la chiamava per nome.

Riker prese un pezzo di carta con del sangue ormai seccato e lo mostrò al tenente.

Loman esitò prima di rispondere. «Questo è l'ultimo messaggio. L'uomo ha usato una spilla. Kennedy era entrata alla stazione di polizia sanguinante, con quel messaggio appeso al collo.»

Mallory sapeva che quella donna si era spinta a tanto nella speranza che finalmente la prendessero sul serio.

Riker lesse il messaggio insanguinato a voce alta: «Posso toccarti quando voglio».

«Quello stesso giorno aveva deciso di andarsene» disse Loman. «Abbiamo pensato che fosse un'ottima idea. Uno dei miei uomini le ha portato del caffè, l'ha medicata. Ho prenotato personalmente il biglietto per le Bermuda.»

Ma che pensiero gentile!

«Non avete fatto altro?»

«Sì!» Loman si voltò verso Mallory, adesso era lui ad attaccare. «La ragazza era sotto shock. L'abbiamo scortata all'ospedale, e poi a casa. A quel punto, l'unica cosa che doveva fare era prendere un taxi per andare all'aeroporto.»

L'avete lasciata da sola.

Mallory si avvicinò al tenente. «E non avete fatto delle indagini?»

«No, perché avremmo dovuto? Lei doveva essere alle Bermuda.»

Era arrivato Edward Slope. Si piegò, voltò il cadavere e i fotografi inquadrarono il volto decomposto.

«Questo cambia tutto» disse Heller, e tutti si voltarono a guardare il cadavere. Le mosche uscivano dalla bocca percorrendo le lunghe ciocche di capelli che vi erano state infilate. Il doppio nodo della corda teneva aperta la bocca, allargando le labbra in un ghigno orribile. «Era quasi riuscita a liberarsi.»

Solo Mallory osservava la reazione di Loman. Era pallido, la bocca asciutta. Il veterano, mille casi alle spalle, era sul punto di svenire. Era un uomo vulnerabile, adesso. Mallory si avvicinò e disse: «I giornalisti vi riferiscono una soffiata e voi non indagate?». Subito aggiunse con tono deferente: «Signore…».

«I miei uomini non sapevano nulla.» Si rivolse a Riker. «Per quanto ne sapevamo noi, la signora era alle Bermuda.»

Mallory studiava la cartellina. «Abbiamo bisogno di altri uomini.»

«Ne avete già uno, ditemi soltanto…»

«Tre» disse Riker. «Facciamo tre.»

«D'accordo» disse il tenente. «Abbiamo finito?»

Riker annuì, congedandolo nonostante fosse un suo superiore. Loman girò i tacchi e attraversò la stanza. Mallory si chiese se sarebbe riuscito ad arrivare in strada prima di vomitare.

Dopo aver controllato che la rimozione del cadavere si svolgesse secondo la procedura stabilita, il dottor Slope si trattenne a studiare una piantina dell'appartamento. Heller si avvicinò alla borsetta della vittima e cominciò a disegnare uno schizzo sul blocco, annotando la posizione di ciascun oggetto.

Mallory si inginocchiò e studiò gli oggetti. «Forse c'è stata una colluttazione.»

«Direi di no.» Heller cerchiò gli oggetti. «Ha fatto cadere la borsetta e il contenuto si è rovesciato. Per come la vedo io, si trovava qui, in piedi, quando qualcosa l'ha spaventata.»

Riker osservò la porta d'ingresso. «Ci sono tre serrature e una catena, ma nessun segno di scasso. Eppure la donna era spaventata a morte, non me la vedo aprire la porta di casa a uno sconosciuto.»

«Magari il nostro uomo è un poliziotto» azzardò Mallory.

«Non lo escluderei.» Heller prese un nuovo paio di guanti. «Ma non credo che la porta fosse chiusa a chiave. Kennedy Harper stava partendo per un lungo viaggio, è andata a fare le ultime spese, dopo di che i poliziotti l'hanno accompagnata a casa.» Prese un blocchetto di traveller's check. «È passata dalla banca.» Poi prese una confezione di pillole da un sacchetto della farmacia. «Si è rifornita di medicinali, ed è passata in lavanderia. Ma aveva dimenticato la ricevuta ed è tornata a casa a prenderla.»

Riker fece per accendersi una sigaretta, poi prese tempo. «Tiri a indovinare oppure…»

«È un dato di fatto» disse Heller. «Alla lavanderia hanno detto che ha cercato nella borsa per prendere la ricevuta, ma l'aveva dimenticata. L'ho trovata sul mobile accanto al lavandino. Ricordate, questa donna deve partire, conta di prendere la ricevuta e di tornare indietro di corsa, quindi non chiude la porta a chiave.» Heller si alzò in piedi. «Si trova qui, si allunga per prendere la ricevuta, ma quell'uomo la spaventa e le cade la borsetta. Secondo me, è entrato subito dopo di lei.»

Click.

Ronald Deluthe fotografava le persone sul marciapiede. Aveva diviso la folla in varie categorie. I turisti erano vestiti come la Statua della libertà, avevano acquistato la corona di plastica verde da un venditore di souvenir. Si mettevano in posa e, a loro volta, scattavano foto a Deluthe, che era diventato una specie di attrazione, forse per via dei suoi capelli fosforescenti. L'altra categoria comprendeva la gente del posto, quasi annoiata dagli omicidi. Molti portavano la stessa tenuta dell'assassino descritta dalla signorina Emelda: jeans e maglietta. Era una divisa da quelle parti, e ben cinque individui indossavano il cappellino da baseball.

Click, click.

I giornalisti freelance si riconoscevano facilmente: erano gli unici che tormentavano gli agenti. I professionisti affermati, invece, scendevano altezzosi dai furgoni delle emittenti televisive, inseguiti dai tecnici che sistemavano luci e telecamere. In quell'istante una ragazza bruna gli si avvicinò con il microfono, ignorando gli altri poliziotti. Aveva occhi solo per Deluthe. Una ragazza carina. Deluthe le scattò una fotografia.

Click.

La giornalista sorrise.

Click, click, click, click.

Le sue parole risuonarono come il canto di una sirena: «È un omicidio, giusto?» domandò a Deluthe.

«No comment» rispose lui. Questa volta la scena del delitto era sotto stretta sorveglianza. Gli agenti non potevano dare informazioni ai giornalisti, per quanto graziosi.

Deluthe aveva finito il rullino e pregava che Mallory e Riker non arrivassero prima che l'agente Waller tornasse con la nuova pellicola.

Era salvo, Waller stava sgomitando tra la folla. Appena in tempo. Dio esiste. Deluthe aprì la macchina fotografica per cambiare il rullino, quando una faccia in mezzo alla folla attirò la sua attenzione, una faccia che guardava in alto. Anche Deluthe alzò lo sguardo verso la finestra dell'appartamento di Kennedy Harper, al quarto piano, ma riuscì a vedere soltanto il cielo riflesso nel vetro. Caricò la macchina fotografica, ma prima che riuscisse a scattare la foto il tizio si era confuso tra la folla. Deluthe aveva intravisto un borsone di tela sulle spalle dell'uomo, assomigliava a quello che teneva in macchina, con il ricambio per la partita di baseball a Central Park. A quel punto si ricordò di scattare la fotografia.

Click.

Merda. L'aveva preso di schiena. Deluthe si chiese se dovesse fermarlo. Ma con quale pretesto? Mi scusi signore, lei guardava in alto invece che in basso. Avrebbe potuto finire male, peggio del tentato arresto del custode.

Deluthe intravide un viso familiare nella folla e dimenticò quello strano spettatore. Era il vigile del fuoco intervenuto a casa di Sparrow, Gary Zappata. Stava fissando l'ingresso dell'edificio dove viveva Kennedy Harper. Cosa stava cercando?

Click.

Mallory uscì sul marciapiede, seguita dal collega. Gli occhi di Zappata guardavano il sergente Riker con odio. Zappata voleva Riker morto. Click.

Mallory raggiunse Deluthe. Non gli diede il tempo di spiegare le sue teorie su Zappata, gli ordinò di prendere appunti. Deluthe eseguì, e scrisse a matita sulla pagina bianca. «Fai sviluppare i rullini. Non lasciarti impietosire, devi spiegare a quelli del laboratorio che ci servono subito. Torna alla Crimini Speciali e libera una parte del muro nella sala operativa. Appendi queste relazioni.» Gli mise in mano una grossa cartellina. «Sul mio tavolo, troverai delle foto prese da spezzoni di telegiornale. Confrontali con le foto che hai scattato oggi. Torna qui da Riker quando hai finito, ti darà un'altra lista. E adesso vai, corri…»

La partita di baseball serale era saltata.

Il detective Janos era un carro armato, sul piano fisico e psicologico. Niente poteva fermarlo: se il tenente Coffey l'avesse spedito alla ricerca del Santo Graal, lui l'avrebbe trovato. Aveva rintracciato il nastro con le chiamate registrate dalla emittente televisiva. Era esausto. I giornalisti l'avevano chiamato tesoro, avevano ripetuto la parola sinergia quattro volte in cinque minuti e avevano parlato a vanvera per altri venti, facendogli perdere tempo prezioso.

I giornalisti erano assolutamente convinti che la costituzione degli Stati Uniti li autorizzasse a nascondere alla polizia le prove utili a risolvere un caso di omicidio.

Eppure, Janos non aveva ucciso nessuna di queste persone. Non era il suo stile. Aveva semplicemente teso la mano al direttore dicendo: «Voglio la cassetta».

Un altro membro dello staff, la conduttrice delle news, pontificava sulla libertà di stampa, dimostrando di non aver mai letto il primo emendamento.

E Janos aveva risposto: «Voglio la cassetta».

Era passata mezz'ora prima che arrivasse l'avvocato dell'emittente sbraitando: «Dategli quella cassetta, idioti.

Altro tempo se n'era andato nel tentativo di convincere un tecnico oberato di lavoro al dipartimento che non poteva semplicemente lasciargli la cassetta e andarsene; aveva bisogno di una copia per il tenente. Anche in questo caso alla fine aveva ottenuto ciò che voleva.

E ora Janos portava il trofeo verso la sala operativa. Aprì la porta e si fermò sulla soglia, prendendosi un momento per ammirare la sagoma di uno spaventapasseri appeso alla parete. In sua assenza, i ragazzi si erano dati da fare.

Guardò il borsone di tela grigia vicino alla bacheca. Un paio di calze di spugna erano abbandonate sul pavimento: evidentemente non funzionavano per simulare i piedi della figura sul muro. Nello spazio sotto il cappello da baseball c'era una fotografia che mostrava la nuca di un uomo: il tipo sospetto di cui aveva parlato Emelda Winston, l'uomo senza volto appostato sull'albero. Sotto la fotografia, appesa al sughero con delle puntine, c'era una maglietta e, immediatamente più giù, a comporre una figura umana, un paio di jeans. Al posto delle mani, un paio di guanti di lattice, da cui pendeva la tracolla di una Polaroid, altro dettaglio che corrispondeva alla descrizione di Emelda.

Interessante.

Il dettaglio più singolare era un contorno di mosche nere intorno al cappello da baseball. Un grosso moscone, infilzato con uno spillo, ronzava e si contorceva, ancora vivo.

Sentì dei passi e si voltò verso Deluthe. Valutandone la corporatura, Janos decise che i vestiti dello spaventapasseri erano suoi. Ma c'era una prova più evidente: Ronald Deluthe era arrossito, forse perché teneva in mano una mosca ancora viva infilzata su una spilla da balia.

«Deluthe, sei troppo giovane per essere così cinico.» Janos gli sorrise. Solo allora Deluthe capì di aver ricevuto un complimento, e ricominciò a respirare.

Avevano scelto quel posto per metterla a disagio, ma Daisy era troppo fatta per rendersi conto di essere in un bar frequentato esclusivamente da poliziotti. Un metro di bancone e cinque uomini con i rispettivi drink separavano Mallory da una prostituta di mezza età. La donna, scheletrica e con i capelli di un rosso elettrico, sedeva appollaiata su uno sgabello, lo sguardo fisso alla porta. Riker era in ritardo di dieci minuti, e lei non avrebbe aspettato a lungo. Quando la prostituta guardò nella sua direzione, Mallory si mise gli occhiali da sole. Ma non l'avrebbe riconosciuta comunque, erano entrambe molto cambiate: la piccola Kathy era diventata una donna e Daisy una specie di cadavere ambulante. In passato, la rossa aveva lunghi capelli biondi e si scambiava le siringhe con Sparrow. Quelle due avevano fatto di tutto insieme, anche vomitare nello stesso water.

Le labbra di Daisy si schiusero in un sorriso ammiccante. Guardava un uomo, che si voltò per richiamare l'attenzione della barista, un'altra testa rossa. Ma i capelli di Peg Baily, a differenza di quelli di Daisy, erano di un colore plausibile. Inoltre, Baily era piuttosto in carne, scoppiava di salute e in passato era stata un'ufficiale di polizia con parecchie decorazioni.

Il cliente sollevò il sopracciglio chiedendosi perché mai una prostituta dall'aspetto malandato fosse autorizzata a starsene lì così a lungo. La consuetudine voleva che Daisy fosse sbattuta fuori a calci nel sedere, letteralmente. Peg Baily sollevò due dita per informarlo che sarebbe uscita entro due minuti.

Guai in vista.

Il bar si era trasferito da poco, e forse era una coincidenza che Baily avesse scelto di lavorare nella zona di Riker, ma Mallory era convinta del contrario. La barista guardò l'orologio sopra il bancone, poi si rivolse a Mallory: «Se il tuo collega non si fa vedere entro cinque minuti, giuro che la sbatto fuori». Una prostituta con l'AIDS non fa bene agli affari.

Mallory guardò fuori dalla finestra, in cerca d'ispirazione. Angie, la ex signora Riker, stava aprendo la porta del negozio di barbiere dall'altra parte della strada. Guidava una processione di quattro ragazzini, frutto del suo secondo matrimonio. Mallory si chiese se Riker avesse fissato l'interrogatorio a quell'ora per controllare l'ex moglie. Si trattava di un caso?

La barista batté sul bancone per attirare l'attenzione di Mallory e disse: «Tempo scaduto, signorina».

«Solo una domanda, Baily. Tu conoscevi Riker quando era sposato, vero?»

«Perché me lo chiedi? Lo sai benissimo.» Improvvisamente lo sguardo di Peg Baily si fece ostile, chiedeva Dove vuoi arrivare? «Eravamo colleghi, lo sai perfettamente. Cosa diavolo vuoi insinuare?»

«Perché non gli hai mai detto che la moglie lo tradiva?» Da bambina Mallory aveva scoperto molte cose origliando i discorsi dei genitori adottivi. «Sapevi che Angie era una stronza, ma non l'hai mai detto a Riker, neanche dopo il divorzio. Ancora adesso non sa che gli hai tenuto nascosto…»

«Non mi stai minacciando, vero, Mallory?» Baily si appoggiò al bancone. «Non mi piacerebbe. E se gli dici una sola parola ti riduco male.»

Mallory sorrise, perché era più giovane, più veloce e non aveva paura di niente. E poi era lei ad avere la pistola.

Riker si presentò in quell'istante. Scese dalla macchina e guardò Deluthe che si allontanava in cerca di parcheggio.

Le due donne restarono in silenzio. Il bar aveva le luci basse. Mallory e Baily lo fissavano senza essere viste, Riker era in pieno sole e aveva il riflesso della vetrina negli occhi. Si voltò lentamente, ricambiando il saluto di Angie. Angie lasciò i bambini sul marciapiede e attraversò la strada, evitando il traffico e urlando un gioioso Ciao! Mallory guardò l'ex signora Riker avvicinarsi al suo collega, e si rese conto che i capelli di Peg Baily erano stati tinti della sua stessa tonalità.

Riker scrutava la vetrina in silenzio, fingeva di leggere gli orari del suo bar preferito, mentre l'ex moglie si avvicinava alle sue spalle. Angie era ancora una bella donna, aveva un'aria allegra, anzi felice, probabilmente stava chiedendo a Riker come gli andassero le cose. Per Riker era già tanto essere lì, ad ascoltare le sue chiacchiere. Non parlava più con Angie, non avrebbe mai più parlato con lei. Era troppo difficile.

La donna appoggiò la mano sul braccio dell'ex marito.

Peg Baily strinse i pugni.

Riker s'irrigidì, in silenzio. Fissava la vetrina, senza vedere nulla, senza ascoltare nulla, finché lei si mise a gesticolare. Le mani di Angie dicevano Nessun rancore. Poi si allontanò e attraversò la strada.

A quel punto, Peg Baily perse la pazienza e se ne andò per preparare una bibita all'ex collega. Mallory lo osservava mentre si fissava le scarpe e pensava ai fatti suoi. Dubitava che Riker avesse avuto una storia con Sparrow. Era ancora innamorato della sua ex. Perché avrebbe dovuto stare con una puttana quando poteva avere Peg Baily? Riker entrò e salutò la barista, che gli offrì la bibita. Lui la fermò e chiese del bourbon.

Altri guai.

Si allentò la cravatta e si sedette accanto a Daisy, che prontamente ordinò un cocktail di champagne.

Riker beveva il suo secondo bourbon ascoltando quella cantilena, del tutto simile a quella di Sparrow. Anni prima erano molto amiche, due ragazzine del Sud contro la città intera. Fino a quel momento, l'interrogatorio si era rivelato inutile. Riker decise di rivangare il passato: «Ti ricordi quella bambina bionda che stava sempre con Sparrow?».

«Non solo con Sparrow. Quella bambina ci conosceva tutte.» Daisy fece segno a Baily di prepararle un altro cocktail.

«Come si chiamava?»

«Tesoro mio, aveva tantissimi nomi. Qualcuno la chiamava Pulce Volante, Sparrow la chiamava Baby.»

«E tu come la chiamavi?»

«La chiamavo "Hei tu!", ecco come la chiamavo. La prima volta che l'ho vista era in una crackhouse.» Si interruppe per bere il drink. «Era venuta a cercare Sparrow. Aveva il faccino sporco. E quegli occhi, piccoli fuochi, verdi e freddi, così freddi. Non sembrava umana. Ed era maleducata. Tesoro, non hai idea di quanto fosse maleducata. Una volta, però, l'ho vista pulita. Era bella come un angelo, ma non voglio essere blasfema, mia madre mi ha tirato su come si deve, sono una persona per bene, io…»

Ci sarebbe voluto un po' di tempo, prima che Daisy terminasse il suo racconto. Riker non aveva idea di come facesse a guadagnarsi da vivere sui marciapiedi della città, dove il tempo è denaro.

«Come ti dicevo, una volta l'ho incontrata in un posto di tossici, ho sentito un rumore nel buio. Per prima cosa, ho visto quegli occhi freddi, occhi spaventosi. Quella bambina non aveva l'anima. Si è avvicinata a me, mi ha dato un portasigarette d'argento. E pure quel vecchio libro con i cowboy in copertina. Non era il mio genere. Be', ha spazzato via le siringhe e l'immondizia e mi si è messa a sedere accanto. Ha scacciato i topi con i piedi e mi ha detto: "Leggimi una storia". Non mi ha chiesto "Per favore", niente del genere, figurarsi, mi ha detto soltanto "Leggimi una storia", come se fosse un suo diritto…»

«La bambina non sapeva leggere?»

«No, sapeva leggere meglio di me» disse Daisy. «Mi aiutava con le parole difficili. Ma quella notte, quella prima volta, mi ha posato la testa sulle ginocchia mentre aspettava che cominciassi a leggere. Così ho letto finché non si è addormentata e sono rimasta sveglia tutta la notte per tener lontani i topi. Ho dovuto farlo, capisci?»

Riker annuì: «Sei stata la sua mamma per una notte».

«Quando non trovava Sparrow, chiedeva a un'altra.»

Riker alzò lo sguardo. Mallory sedeva all'altro capo del bancone. Se si fosse tolta gli occhiali da sole, Daisy l'avrebbe riconosciuta? Probabilmente no, ma gli occhi verdi erano rimasti gli stessi. Avrebbero spaventato una prostituta che credeva ai fantasmi.

«Sicché voi ragazze vi occupavate della bambina?» domandò Riker.

«Qualche volta» rispose Daisy. «Non poteva contare su Sparrow. Era troppo impegnata a farsi e a risvegliarsi nei posti più strani. Meno male che la bambina sapeva badare a se stessa.»

Già, che bambina fortunata.

A volte Kathy sopravviveva con i rifiuti che trovava nell'immondizia. «Ti ricordi il giorno in cui Sparrow è stata accoltellata?» chiese Riker.

«Tesoro, come potrei dimenticarlo? Sono andata a trovarla in ospedale. C'era anche la bambina. Poveretta, si era addormentata seduta, sul bordo del letto di Sparrow. Troppo stanca per sdraiarsi e perfino per cadere: è stata l'ultima volta che l'ho vista viva.»

«Non ti viene in mente altro? Sparrow non ti ha detto chi l'ha accoltellata?»

La prostituta adesso era sulla difensiva.

«Stai tranquilla» disse Riker. «Non mi serve un testimone, è una storia vecchia, è una faccenda personale, capito?» Una banconota da venti dollari scivolò sul bancone. «Sai chi è stato ad accoltellarla?»

«Tiro a indovinare.» La prostituta afferrò il denaro. «Solo a indovinare, hai capito? Sparrow ti avrà parlato di Frankie D. Te lo ricordi quel bastardo fuori di testa?»

Riker annui. Frankie Delight era uno spacciatore piuttosto importante, non uno di quelli che vendeva la roba per strada. «Sparrow ci andava a letto in cambio della droga?»

«No, non l'ha mai fatto. Lei trafficava videoregistratori nuovi di zecca, ancora nella scatola, uno degli affari di Tall Sally andò a monte e…»

«Conosco la storia» disse Riker. La piccola Kathy Mallory si occupava dei furti.

Il grande colpo dei videoregistratori.

Ricordava il rapporto relativo a quella rapina. Uno degli uomini di pattuglia aveva visto delle persone sospette e tra queste una bambina bionda con gli occhi verdi.

Lou Markowitz gli aveva fornito i dettagli, poi aveva detto, con un misto di meraviglia e di orgoglio: «Quella bambina ha ripulito un furgone».

Daisy scosse il braccio di Riker per riportarlo alla realtà e gli chiese: «Cosa ne è stato di Frankie?».

Riker non lo sapeva fino a quel momento. «Ho sentito che ha lasciato la città.» In effetti, chi muore lascia la città. «Allora Daisy, cosa faceva Sparrow negli ultimi tempi? Vi sentivate?» Dubitava che quella prostituta leggesse i giornali e probabilmente il televisore era stato venduto un secolo fa per comprare la droga.

«No, siamo in rotta.» Fissò il fondo del bicchiere. «Da tantissimo tempo. Ma oggi ho sentito dire dalle ragazze che Sparrow è la puttana che hanno impiccato l'altra notte. Be', non è vero. La mia amica Sparrow aveva smesso con quella vita. Tanti anni fa, tesoro. Anni fa.»

Le allungò altri dieci dollari. Lei glieli strappò di mano, poi saltò giù dallo sgabello e andò verso l'uscita fissando Peg Baily. Poi Daisy si voltò e sparì, non volendo rischiare un insulto fermandosi un secondo di più.

Riker si avvicinò a Mallory, attirando gli sguardi di tutti gli uomini della stanza. «Tempo perso. Il nostro uomo non ce l'ha con le puttane. Sparrow aveva smesso da anni.»

Mallory, scettica, scosse la testa. Non riusciva a pensare niente di buono a proposito di Sparrow.

Puttana una volta, puttana per sempre?

«Come è andata con quella compagnia di teatro?»

«Un vicolo cieco» rispose Mallory. «Sparrow ha sostituito qualcuno che all'ultimo momento non è potuto andare in scena. Alle prove non l'avevano mai vista prima del giorno del delitto.»

«Be', qualcuno le avrà trovato quel lavoro. Potremmo trovare un legame tra Sparrow e Kennedy Harper.»

«No, Riker. Non era uno spettacolo di Broadway. Sparrow ha risposto a un annuncio esposto su una bacheca del supermercato. Il regista le ha dato la parte perché si presentò con indosso il costume e sapeva le battute a memoria.»

Riker cercò di immaginare Sparrow che studiava a memoria Čecov. Svuotò il bicchiere e lasciò i soldi sul bancone. «E adesso? È l'ora dell'obitorio?»

«No, Slope sta esaminando un altro cadavere.»

«D'accordo» disse Riker. «L'agente Waller ha guardato la videocassetta. Ha dato a Janos un nome e un indirizzo per il tipo con i jeans e la maglietta. Hai presente quella grande chiesa su Avenue B?»

«Un prete?»

«Indovinato.» Riker fissò il bicchiere vuoto, rigirandoselo fra le mani. «Se vuoi tirarti indietro, posso farcela da solo.»

«No.» Raccolse le chiavi della macchina e lasciò una mancia spropositata sul bancone.

Il parco dell'East Village era un frullato di ritmi latini, rock, rap, soul, provenienti dalle radio. Per quelli che portavano le cuffie, Riker indovinava il genere musicale dai movimenti del corpo. A Tompkins Square era legato il ricordo della notte in cui suo padre lo aveva cacciato di casa, soluzione drastica per far fronte ai gusti musicali di un ragazzino. Quella notte Riker si era messo a suonare in un posto subito reclamato da un altro ragazzo che suonava il clarinetto la cui musica era un autoritratto: fredda, asciutta, scura. Riker aveva risposto con un rock, duro, ostile, e avevano duellato a lungo. Quindi avevano abbandonato gli strumenti. Dopo molte birre avevano finito la serata ubriachi, abbracciati l'uno all'altro per tenersi in piedi. Un'unica creatura musicalmente discordante su quattro gambe traballanti. Che tempi!

I piccioni terrorizzati volarono via al passaggio di una macchina con la radio a tutto volume. Riker accese una sigaretta e tornò verso la chiesa, dove scoprì che il piano di Mallory per torturare il prete era andato storto.

Non era una cattedrale, ma aveva delle finestre elaborate, un crocifisso gigante e parecchie file di candele votive che luccicavano ai piedi delle statue dei santi. Statue di plastica.

Mallory aveva acquistato per venti dollari una macchina fotografica usa e getta, all'unico scopo di innervosirlo, e quando lui si limitò a riderle in faccia, fu una grande delusione. Il prete sembrava compiaciuto all'idea di farsi fotografare in qualità di sospettato di omicidio. «Non sorrida, padre, la prego» disse Mallory. «Quindi Sparrow frequentava la parrocchia?»

«Me lo chiede come se fosse una colpa». Padre Rose si divertiva a discutere con Mallory, un piacevole diversivo rispetto alla sua normale routine. A quel punto, Mallory nutriva seri dubbi sulla possibilità che padre Rose le fornisse dei nomi. Guardò Riker che aspettava di entrare in scena, nella parte del poliziotto buono, amico di tutti.

Mallory abbassò la macchina fotografica, affinché il prete potesse vedere il suo sorriso impaziente. Aveva un vasto repertorio di sorrisi e questo, in genere, non metteva le persone a loro agio. «Un testimone l'ha vista sulla scena del delitto, l'altra notte.»

«Sì, c'era parecchia gente, anche prima che arrivassero i vigili del fuoco.» Il prete si voltò di lato. «Ne volete una di profilo?» Si fermò in posa, aspettando lo scatto. «Il vostro testimone è una vecchia signora, giusto? Con occhiali molto spessi? Era seduta alla finestra dall'altra parte della strada, a godersi lo spettacolo e…»

«Uno spettacolo? Lei ha visto uno spettacolo, padre?» Scattò un'altra fotografia. «Perché si trovava sul luogo del delitto? Aveva scordato qualcosa?»

«Dunque sono sospettato.» Sembrava quasi lusingato.

«Non aveva la tonaca l'altra notte.»

«Lascio a casa il collare quando lavoro nella clinica del quartiere. Ci vado tre volte la settimana. Bendo ferite, distribuisco aspirine, cose così…»

Mallory lo scrutò da sopra la macchina fotografica perché lui potesse vedere bene i suoi occhi. «Voglio dei nomi. Chi può garantire per lei, diciamo un'ora prima del delitto?»

«L'infermiera che gestisce la clinica, andavamo via insieme quando abbiamo sentito i pompieri arrivare.»

«Quando ha parlato con Sparrow l'ultima volta?»

«Domenica, ma non ho…»

«Le ha detto di sentirsi in pericolo? Che qualcuno la seguiva?»

Il prete scosse la testa.

«Non lo sa o non lo vuole dire? Vuole un avvocato, padre? E un suo diritto.»

«Adesso basta.» Riker entrò in scena a quel punto, recitando la parte del superiore irritato. Recitava bene la parte del capo. «Vai a verificare la sua dichiarazione.»

Mallory scese dall'altare passando accanto al collega che saliva in silenzio. Riker era già fuori parte. Non aveva niente di amabile in volto quando si piazzò di fronte al prete. Mallory rimase a guardare.

«So che ha cercato di accedere alla scena del delitto» disse Riker. «La mia testimone non è una vecchia signora, ma un vigile del fuoco grasso e peloso.»

«Sì, dev'essere stato quello che mi ha detto che Sparrow era morta. Era cattolica, aveva diritto all'estrema unzione.»

«Il pompiere ha detto che lei sapeva il nome della donna prima che i poliziotti la identificassero. Sapeva che quello era il suo appartamento? Quante persone ci sono nella sua parrocchia, duecento?»

Padre Rose fece una smorfia di fastidio. Aveva capito che era un test. Volevano metterlo alla prova. «Ho riconosciuto la sua faccia quando…»

«Allora godeva di un'ottima visuale, giusto? Un posto in prima fila, vicino alla finestra, ha notato niente di strano?»

«I capelli infilati in bocca?» Il prete stava recuperando terreno. «No, troppo ovvio. Quel particolare era sui giornali?» Incrociò le braccia. «Forse vi riferite alle candele. Non mi pare che la stampa ne abbia parlato.» Padre Rose indicò il santo di plastica e le fiammelle che luccicavano. «Come queste. Sì, le ho viste galleggiare.» Fece un largo sorriso. «Solo che quelle di Sparrow erano rosse, le mie sono bianche.»

Padre Rose non aveva notato le mosche morte. Almeno un particolare non era trapelato.

Il prete sorrideva, trionfante.

«Si sta forse divertendo, padre?» Riker si avvicinò, costringendolo a indietreggiare. «Sparrow è una mia amica, e io non mi sto divertendo. Quindi, sia gentile, la smetta di ridere.»

Padre Rose indietreggiò ancora, come se il detective volesse colpirlo. Anche Riker indietreggiò, per ricompensare l'atteggiamento più docile del prete. «Magari c'è un collegamento religioso. Come spiega le candele?»

«Certo non erano lì per creare atmosfera» e si affrettò ad aggiungere: «Tutte le luci erano accese nell'appartamento di Sparrow prima che i pompieri rompessero…».

«Lei accende candele, perché?»

«E il rito… è previsto dal rito.» Il sacerdote non era più tanto sicuro di sé. «Offerte, una luce nell'oscurità, speranza?» Quest'ultima parola svanì in un sussurro mentre guardava il detective allontanarsi dall'altare.

Riker gli dava le spalle quando gli chiese: «Sa che Sparrow era una prostituta?».

Mallory osservò la reazione sbalordita del prete. Aprì e chiuse la bocca come un pesce fuori dall'acqua. Capì che non avrebbe potuto aiutarli, nemmeno se avesse violato tutti i segreti del confessionale. Sparrow non si fidava di lui: non gli aveva raccontato del suo passato.

I due detective percorsero la navata centrale, poi si fermarono. Un rumore di passi di corsa… Il prete li chiamò: «Aspettate!». Si spostava di statua in statua, accendendo tutti gli stoppini. «Ancora un minuto, abbiate pazienza, per favore.» Accese le candele dell'altare. «Mi spiace…» Poi si avvicinò a Riker. «Mi spiace davvero. Sparrow è una persona speciale per me.» L'espressione era effettivamente dispiaciuta. «Ha un gran cuore, più di tanti altri. È migliore di quanto lei stessa non creda.»

Riker annuì e accennò un sorriso, rivalutando un uomo che sapeva ammirare una prostituta.

«Ripensandoci forse le candele erano soltanto un modo per creare atmosfera» disse il prete. «Forse la spiegazione è questa. Sembra banale ma non è così. Le candele hanno un effetto molto teatrale, anche quando la luce è accesa. Guardatevi intorno, ecco, guardate…»

Le candele luccicavano sotto il crocifisso. Il Cristo fluttuava in un gioco di luci suggestivo. E lungo la parete, le fiammelle accendevano le statue di un movimento inaspettato, volti espressivi, attori, azione…

«Grazie, padre.» Mallory aveva una faccia pensierosa. E se le candele avessero avuto lo stesso significato del barattolo di mosche morte?