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A tarda sera Charlie e Constance si misero a parlare approfittando del fresco della camera da letto, i cuscini dietro la schiena, il televisore accesso, l’audio abbassato. Fuori dalla porta della stanza Brutus miagolava per entrare. I gatti non sopportavano che chiudessero la porta, e con l’aria condizionata accesa Charlie e Constance la tenevano chiusa.
«Se lo faccio entrare gironzolerà per la stanza cinque minuti e poi comincerà a miagolare per uscire di nuovo» disse Charlie. «Fai finta di non sentirlo. Che impressione ti ha fatto Sweetwater?»
«È spaventosamente viscido e scaltro. È un tipo affascinante. Assomiglia a Gregory Peck e sfortunatamente lo sa. Tocca a te ora.»
«È un genio del computer» disse Charlie, come se questo riassumesse le sue impressioni.
«Da quel che ha detto, lo sono tutti.»
«Lo so» borbottò. Brutus alzò la voce e Charlie imprecò contro di lui. Per un istante vi fu silenzio, poi Ashcan emise un verso stridulo e si udirono gli altri gatti correre all’impazzata per il corridoio. Charlie sospirò, si alzò dal letto e uscì in corridoio accompagnato dalla risatina di Constance.
Condusse i tre gatti verso la porta scorrevole che dava accesso alla terrazza, li fece uscire e rimase fuori per un minuto. I lampi giocavano con le nubi verso ovest, ma erano troppo distanti perché si potesse udire il rombo del tuono. L’aria era pesante, minacciosa e dannatamente calda, decretò Charlie. Poi un lampo balenò in cielo e questa volta il fragore del tuono si fece sentire distintamente, molto più vicino.
«Ho capito!» esclamò, e rientrò a chiamare Constance. Quell’estate erano stati investiti per tre volte da tempeste elettriche che avevano fatto saltare la corrente. Una scarica aveva danneggiato il televisore e la stufa elettrica dei Mitchum, i loro vicini.
Staccarono le spine dalle prese in tutta la casa e si sedettero in terrazza ad aspettare che il temporale li rispedisse dentro. Si stava alzando il vento. La temperatura sembrò aumentare e l’aria sapeva di ozono. Charlie si augurò che venisse un bell’acquazzone, che rinfrescasse l’aria e mettesse fine all’ondata di caldo che giorno dopo giorno lo stava facendo sciogliere come ghiaccio al sole.
«Se la casa, o il computer della casa, ha veramente ucciso due persone, non pensi che potrebbe essere un luogo pericoloso?» gli domandò Constance tra un rombo di tuono e l’altro. "La pioggia si sta allontanando" pensò con rammarico.
«Staremo alla larga da ascensori e vasche idromassaggio. Sei nervosa all’idea di andare in quella casa?»
«Non particolarmente, era solo una considerazione. Se si erano messi tutti in agitazione per un gioco, immagina come saranno stavolta quando si riuniranno. Ora sanno che la casa è in grado di uccidere o che tra loro c’è un assassino.»
«Quel dannato temporale passerà a sud di casa nostra» disse Charlie deluso. «Almeno sulla costa dell’Oregon farà fresco.»
Per un istante Constance ebbe la netta sensazione che il marito avesse accettato quel caso assurdo semplicemente per sfuggire all’ondata di caldo. Stava per dire qualcosa e protestare, ma rinunciò. Se quella gente era preoccupata quanto lo sarebbe stata lei nella loro situazione, probabilmente Charlie avrebbe fatto di tutto per tornare a casa molto velocemente.
«Charlie, ora che hai parlato con Milton e hai letto il materiale che ci ha fornito, pensi ancora che sia stato il computer?»
«Vedi, quando una persona vuole uccidere qualcuno di solito si serve di un’arma che gli è familiare: una pistola, una mazza, un mattone, del veleno o qualsiasi altra cosa, oppure afferra quello che ha a portata di mano, per esempio una padella, un’arma eccellente. La cara vecchia padella nera viene sbattuta sulla testa della vittima e la testa si rompe, ma utilizzare una borsa di rete o affogare qualcuno in una vasca idromassaggio mi lascia perplesso. Come ho detto a Milton Sweetwater, daremo una rapida occhiata, cercheremo di mantenere il più a lungo possibile una mente aperta a ogni ipotesi e alla fine addosseremo la colpa al computer. Andiamo a dormire. Non arriverà nessun acquazzone stasera, e c’è più caldo di un’ora fa.»
Quella mattina il benzinaio della stazione di servizio che si trovava nell’Oregon, poche miglia a sud di Bandon, aveva detto a Beth che gli abitanti della costa durante l’estate si spostavano nell’entroterra per scaldarsi. Era una giornata grigia e freddina. La nebbia fitta che poco prima avvolgeva ogni cosa si era dileguata non appena Beth aveva raggiunto quella zona. Da lì a Smart House c’era meno di un’ora.
"Devo essere pazza" si disse rabbrividendo mentre guidava verso Smart House, assalita da un déjà vu, lo stomaco talmente chiuso da non riuscire a rilassarlo nonostante le numerose inspirazioni. "Completamente pazza."
La porta d’ingresso si aprì ancor prima di aver scaricato la valigia dall’auto e Jake le venne incontro a grandi passi. Si fermò a poca distanza da lei, questa volta però senza arrivare a toccarla, esaminò il suo volto attentamente poi annuì. «Perché non hai risposto a nessuna delle mie telefonate?»
«Non lo so. Mi sembrava inutile, credo.»
Beth si voltò sfuggendo al suo sguardo inquisitorio e aprì la portiera posteriore, ma Jake la scavalcò e tirò fuori la valigia. Entrarono in casa senza dire una parola, e nessuno dei due propose di prendere l’ascensore. Mentre salivano le scale dell’ingresso, la casa pareva misteriosamente silenziosa. Raggiunto il corridoio del primo piano, Beth si affacciò a guardare l’atrio deserto e bello come sempre. La cascata era in funzione, gli spruzzi riflettevano una delle luci a soffitto, l’acqua scintillava e si frangeva creando un infinito effetto caleidoscopico. Qualcuno doveva aver lasciato aperta una porta, pensò Beth distrattamente, l’odore del cloro era penetrato dappertutto.
Avrebbe preferito che ci fosse stato qualcun altro ad accoglierla o anche nessuno. Poteva benissimo portarla da sola la valigia. In effetti, Jake aveva chiamato parecchie volte e aveva lasciato molti messaggi nella segreteria telefonica, ma lei l’aveva sempre spenta. "A cosa sarebbe servito?" si ripeté. Arrivarono davanti alla porta.
«Il… il computer è acceso?» domandò Beth con una certa esitazione.
«No» le rispose bruscamente. «Quella dannata macchina è stata spenta una volta per tutte.» Jake aprì la porta. «C’è una catena di sicurezza all’interno, una semplice antiquata, meccanica catena. L’ho montata poco fa.»
«Dovrò aprire da sola le tende e regolare la temperatura dell’acqua della vasca da bagno…» Beth trasalì. Aveva udito il suono di una risata, la risata di Gary. Beth si aggrappò allo stipite della porta.
«Non te la prendere» le disse Jake che l’aveva afferrata saldamente per un braccio. «Si è esercitato a lungo.»
«Era ora che arrivassi!» gridò Bruce dall’ascensore in fondo al corridoio. «Tra cinque minuti in giardino ci sarà una riunione di famiglia.»
«Oh, mio Dio!» mormorò Beth fissando Bruce. In passato Bruce aveva sempre cercato di mettere in risalto le piccole differenze tra lui e Gary: lui indossava la giacca, Gary i maglioni, Bruce portava scarpe lustre, Gary le scarpe da ginnastica, i capelli di Bruce erano relativamente ordinati, quelli del fratello sempre spettinati, una zazzera di ricci che tagliava solo quando gli scendevano sugli occhi. Quel giorno Bruce indossava un maglione, calzoni sportivi e scarpe da ginnastica con le stringhe slacciate, mentre i capelli erano scompigliati e arruffati.
"Persino le parole" pensò Beth. "Bruce ricordava persino quello che Gary aveva pronunciato l’ultima volta."
«Come ho detto» ripeté rabbiosamente Jake «ha fatto molta pratica.» Posò la valigia in camera mentre Beth si fermò sulla soglia.
Ora Jake sembrava impacciato. Beth si spostò per lasciarlo passare ma lui non si mosse. «Beth, non raccogliere le sue provocazioni, d’accordo? Hai degli amici all’interno della società, lo sai. Milton, io. Bruce è stato sgradevole ma non ha nessun potere e se ne rende conto. Non può fare assolutamente niente, per cui non te la prendere.»
Beth annuì. «Grazie, Jake, apprezzo il tuo interessamento.»
«Ci vediamo dopo.» E si allontanò in fretta.
Beth chiuse la porta e dopo un istante mise la catena. Solo allora avanzò nella stanza, la stessa stanza rosa e gialla in cui aveva dormito l’ultima volta. Aprì le tende e guardò il mare. L’orizzonte era indefinito, si vedevano solo l’oceano e il cielo grigio che si confondevano l’uno nell’altro. "Nessuna via di fuga in quel mare" pensò. "Si potrebbe prendere il largo sino all’orizzonte ma poi il cielo ti rispedirebbe indietro." Voltò le spalle. Il computer, silenzioso e vacuo, se ne stava lì e la fissava. Beth stava tremando. Con movimenti rapidi andò in bagno, prese un asciugamano e coprì lo schermo. «Ecco qui» sussurrò alla macchina. Senza fretta disfece la valigia, si lavò faccia e mani e s’infilò una felpa senza sapere se il freddo che provava fosse dovuto a un raffreddore o a una disfunzione del suo organismo. Ma questo non era importante, stava gelando.
Giunta al piano terra, scorse Maddie e Bruce vicino al bar. L’aria era calda e umida in quell’ambiente. Doveva essere fiorito qualche nuovo fiore, si ritrovò a pensare, qualcosa che emanava un profumo penetrante e dolciastro. Gardenie forse? Abbracciò Maddie che aveva uno sguardo vitreo, tranquillo, e sapeva di gin tonic. Sul bancone del bar c’era una caffettiera con delle tazzine. Beth annuì leggermente a Bruce e si versò del caffè.
«Bene» esordì Bruce. «Ti illustro la situazione e il piano. La società è in un mare di guai. Dobbiamo trovare i soldi per pagare quarantacinque quote azionarie e sinceramente non possiamo farcela in alcun modo. Naturalmente gli altri opteranno per liquidare la società, recuperare una minima parte del capitale e chiudere la questione.»
«Bruce, smettila!» gridò Maddie. «Eravamo d’accordo che avremmo parlato d’affari solo se fossero stati tutti presenti.»
Bruce proseguì come se non avesse nemmeno sentito. «Milton dice che prima di prendere qualsiasi decisione dovremmo darci un nuovo assetto. Sai chi prenderà il comando se lo faremo? Jake. A quel punto Milton si allineerà sulle sue posizioni e voteranno per liquidare la compagnia. Abbiamo due possibilità, quindi. Possiamo consegnare alla polizia l’assassino, cancellare tutte le prove sul computer e far sì che le azioni della società prendano un’altra direzione. Questo darebbe modo a me e a mamma di dividere le quote e rinunciare al pagamento sin da ora, oppure, Beth, e questa è la seconda alternativa, puoi decidere di differire il pagamento a tempo indeterminato?» Bruce s’interruppe e la fissò con aria di sfida. «Milton ha detto che la soluzione del pagamento differito è accettabile.»
«Di cosa stai parlando?» gli domandò Beth.
«Un assassino non può trarre vantaggio economico dal proprio crimine» rispose quasi stizzito. «Sai che è così. L’ho verificato con Milton. Questo significa che io e mamma divideremo il patrimonio di Gary. I soldi rimangono all’interno della società e potremo cominciare subito a far visitare Smart House…»
Beth provava una strana sensazione di estraneità, come se fosse stata la spettatrice di una scena per lei indecifrabile e di cui le veniva negata ogni possibilità di comprensione. Alla fine si alzò.
«Siediti!» le urlò Bruce. «Ti sto dando la possibilità di scegliere, maledizione! Tu firmi la rinuncia temporanea al pagamento e chiudiamo qui la faccenda. Non dirò una parola di quello che so.»
Beth si accorse che si stava muovendo prima ancora di aver dato ai suoi muscoli quel comando. Avanzò come un automa verso la porta scorrevole che dava sul corridoio. Bruce stava ancora gridandole qualcosa, ma le sue urla sembravano provenire da un attore alle prese con le prove di una commedia per lei di nessun interesse.
«Farai quello che ti dico o saranno cazzi amari per te!» le gridò Bruce.
Beth lasciò l’atrio diretta verso l’ingresso. Come fu lì non si fermò, raggiunse la porta d’ingresso e uscì. Non si accorse dell’uomo e della donna che si stavano avvicinando finché quasi non vi sbatté contro.
«Salve» disse Charlie. «Sono Charlie Meiklejohn e questa è mia moglie, Constance Leidl. Lei chi è?»
«Siete gli investigatori?» domandò loro, e strizzò gli occhi più volte.
«Lui è l’investigatore» rispose prontamente Constance. «E dalla descrizione di Milton Sweetwater direi che lei è Beth Elringer.» Beth annuì. «Senta, stavamo giusto chiedendoci se fosse possibile pranzare qui a casa. Arrivare a quest’ora non è molto educato, le pare? Avevamo detto che saremmo arrivati nel pomeriggio, e ufficialmente il pomeriggio è appena cominciato, è da poco passata luna, però non abbiamo avvertito che saremmo arrivati per pranzo. Verrebbe a mangiare con noi da qualche parte? Magari può indicarci lei dove.»
Charlie sollevò le sopracciglia perplesso, ma Constance aveva già preso sottobraccio la donna e la stava conducendo verso la loro auto. "Che bugiarda matricolata" pensò allegramente, afferrò delicatamente il braccio di Beth dall’altra parte e salirono tutti e tre in macchina.
«È meglio che faccia un giro» disse Beth seduta tra di loro sul sedile anteriore. «Se rientro in casa adesso potrei anche uccidere Bruce, e questo non sarebbe carino da parte mia, vero?»
«Decisamente no» concordò Constance. «Cosa le ha fatto Bruce?»
«Mi ha accusato di aver ucciso Gary.»
«Ed è così?»
«No.»
«Pensavo che fossero tutti d’accordo sul fatto che è stata la casa a uccidere i due uomini» la incalzò Constance.
«Lo dicono ma io non ci credo. Tutto sommato penso che sia stato Bruce.»
«Prima ne era convinta, poi ha cambiato idea e ora lo pensa di nuovo» disse Constance con un’aria assorta come se ne avessero discusso in precedenza.
«Sì. Prima non riuscivo a trovare una ragione per cui avesse potuto farlo, ma me ne ha appena fornita una. A dire il vero non conosco questa zona» disse guardando Charlie. «Non so dove siano i ristoranti né altri locali.»
«Non importa» rispose Constance con tono rassicurante. «Ne abbiamo visti parecchi mentre venivamo. Charlie sa dove andare. Qual è la ragione che Bruce le ha appena fornito?»
Charlie sapeva che Constance ce l’avrebbe fatta. Era arrivata proprio mentre Beth si trovava praticamente in stato di choc, aveva detto e fatto esattamente le cose giuste al momento giusto, e quella povera ragazza non poteva resisterle più di quanto vi riuscisse normalmente lui. Charlie non fiatò, continuò a canticchiare sottovoce e a cercare un ristorante ascoltando ogni parola.
«È piuttosto complicato» rispose Beth dopo una leggera esitazione. «Solo un minuto fa mi sembrava tutto chiaro, mentre adesso… credo che tutta questa storia abbia a che fare con la società e il modo in cui è strutturata.» Beth ripiombò in un tormentato silenzio.
«Non ho mai approfondito abbastanza le materie economiche per arrivare ad avere una conoscenza passabile del mondo finanziario» spiegò Constance. «È una società per azioni a conduzione famigliare, vero?»
«Esatto» rispose Beth, e da quel momento le parole le uscirono di getto. «Quando fondarono la società Bruce era ancora sposato a Binny. Hanno divorziato un paio di anni fa. Hanno due figli, dei piccoli mostri lagnosi, sempre luridi e appiccicosi. Che tristezza per Maddie, i suoi unici nipoti sono dei veri mostriciattoli. A ogni modo, Gary non sopportava Binny, e neppure gli altri avevano grande simpatia per lei. Persino Bruce, che l’aveva sposata, riuscì a resistere a lungo. Binny non è molto intelligente, e credo non sappia nulla di computer o di qualsiasi altro argomento. Così, quando Gary ha fondato la società, ha chiesto a Milton di stilare lo statuto societario in modo tale che, in caso di morte di uno degli azionisti, nessuna azione potesse andare a far parte dell’asse ereditario. Era terrorizzato all’idea che una come Binny potesse entrare in possesso anche di una sola azione, pretendesse di avere voce in capitolo o, come diceva lui, di dare il proprio contributo. Per statuto non è possibile nemmeno vendere la propria quota di azioni» aggiunse con un tono addolorato.
«In questo modo le azioni del socio deceduto ritornano in possesso della società, che deve corrispondere all’erede il valore di mercato delle azioni, a loro volta ripartite tra i soci secondo una formula basata sulla percentuale di partecipazione di ognuno. Per cui ora la società deve ricomprare le azioni di Gary e di Rich e ridistribuirle.»
«Se non sbaglio, è lei la principale beneficiaria dei beni di suo marito?»
Beth guardò Constance con un’aria confusa poi annuì. «Non posso avere le azioni, questo è il punto. Devono pagarmi il corrispettivo del loro valore ma non hanno abbastanza soldi. Penso che il tribunale imporrà loro di vendere o qualcosa del genere. Secondo Bruce è questo il mio movente.» Beth non sembrava più in grado di proseguire il ragionamento e arrivare a enunciare il motivo per il quale Bruce sarebbe arrivato a uccidere. La donna corrugò la fronte, immersa nei suoi pensieri.
Charlie rallentò e mise la freccia. Guardò Constance che gli rispose con un sorriso e uno sguardo che sembrava dire: "Ero sicura che sapevi dov’era un buon ristorante". Parcheggiò e scesero davanti a un locale su cui campeggiava la scritta LA ZUPPA DI MOLLUSCHI DI RAY E ALTRE PRELIBATEZZE. Charlie respirò profondamente l’aria di mare fresca e velata di foschia. A casa loro ci dovevano essere almeno trentasetle gradi, pensò con soddisfazione.
Il ristorante era piuttosto piccolo, e oltre alla sala principale comprendeva altri due ambienti con séparé. Si sedettero in uno dei séparé che si affacciavano sul parcheggio, consultarono il menù e d’un tratto Beth esclamò: «Oh, sì, ecco perché!»
«Prima ordiniamo» disse Charlie con decisione. «Voi due potete pure scegliere tra le altre prelibatezze, io prenderò una zuppa di molluschi.»
Ordinarono tutti e tre la zuppa e appena il cameriere si fu allontanato Beth disse: «Se mi accusa di assassinio non posso più ereditare nulla. Le azioni ritornano comunque alla società ma lui e sua madre ne ereditano la proprietà. Saranno loro i beneficiari delle azioni. Farà firmare a Maddie un piano di pagamento differito che anche lui accetterà, e la società non dovrà sborsare milioni di dollari per pagare le azioni di Gary. La società inoltre non verrà sospettata di aver inventato un computer pazzo che uccide la gente.» Beth annuì. «È questo il suo movente.»
«La società è veramente senza un soldo?» domandò Charlie.
«Praticamente sì. Come dicono loro, c’è stato un flusso di cassa. Immagino vi sia un fondo gestionale, del denaro a credito per ordinazioni inevase o cose simili, ma nulla più di questo. Gary ha speso per Smart House ogni centesimo su cui ha potuto mettere le mani. Se riusciranno a dimostrare che il computer di Smart House non c’entra niente, naturalmente per loro sarà come aver trovato una miniera d’oro. Dio solo sa quanto guadagneranno quando cominceranno a vendere i programmi avanzati, i sistemi informatici e tutto quello che ha a che fare con Smart House.»
Charlie la studiava con attenzione. «Se l’assassino è un uomo, mi sembra che si sia dato la zappa sui piedi da solo attirando i sospetti sul computer. Siete tutti coinvolti nella società, anche se lei quando ne parla si riferisce solo a "loro".»
Beth arrossì e abbassò la testa. «Credo di aver sempre pensato alla società come se non fosse stata una cosa che mi riguardava veramente» mormorò. «Era sempre qualcosa che riguardava Gary e loro, non me.»
«Per quanto tempo siete stati sposati?» le domandò Constance; e Charlie, sebbene quella non fosse il genere di domanda che avrebbe posto in quel momento, si appoggiò allo schienale per vedere dove voleva arrivare.
«Dieci anni» rispose Beth a bassa voce.
«Eravate due bambini» replicò Constance a voce altrettanto bassa e con un tono particolarmente comprensivo.
«Sì. Ci siamo conosciuti a diciannove anni. Gary stava già finendo il dottorato di ricerca ed era molto timido, aveva un’aria così buffa e goffa. Non aveva avuto ragazze prima di me, ma nemmeno io avevo avuto una gran vita sociale prima di incontrarlo. In un certo senso anch’io ero timida e avevo un aspetto buffo e goffo. Eravamo diversi dagli altri ragazzi e forse per questo riuscimmo ad andare d’accordo. Nessuno capiva cosa avessimo trovato l’uno nell’altro e adesso anch’io me lo chiedo, ma allora… In tutti quegli anni, in particolare per i primi sette, ho fatto esattamente tutto quello che ha voluto lui. Era un gran lavoratore, determinato a lasciare un segno nel mondo dell’informatica, era pieno di idee, alcune folli, altre semplicemente meravigliose. E un segno l’ha lasciato davvero. Voleva progettare dei nuovi computer e mettere a punto un pacchetto con mezza dozzina di software totalmente compatibili che occupavano una minima parte di memoria. Gary è riuscito a realizzare anche questo.»
Il cameriere arrivò con le zuppe. Il suo evidente apprezzamento nei confronti di Beth risultava stranamente rassicurante. Era giovane, probabilmente più giovane di Beth, eppure la trovava interessante. Beth però non si accorse di nulla. Constance la osservò mangiare qualche boccone poi, non appena sembrò perdere interesse nel cibo, le chiese: «Lavorava con lui sui computer a quel livello? Ha la mia completa ammirazione per questo. Le uniche cose che so dei computer è che si attacca la spina, si inserisce un programma e si spera che tutto vada per il meglio.»
Beth rise educatamente. «A dire il vero ho lavorato per lui solo i primi anni. In quel periodo mi sono laureata, e quattro anni fa gli ho detto che volevo ritornare a studiare per specializzarmi in letteratura inglese. Il primo anno in cui sono tornata all’università ho continuato a lavorare con lui, ma era troppo faticoso e pian piano ho lasciato perdere. Tre anni fa mi sono trasferita a Berkeley in un appartamento, e da quel momento ho visto Gary molto poco. Non so quanta strada abbia fatto in quel periodo, ma direi parecchia.»
«Gary ha avuto da ridire riguardo alla sua scelta?» domandò Charlie. «Ha dovuto affrontare delle discussioni per lasciarlo e tornare all’università?»
Beth spinse il cucchiaio intorno al piatto con un dito e scosse la testa. «Non abbiamo mai litigato» rispose. «Mai. All’inizio mi disse che tornare all’università era una buona idea e in seguito mi confermò che comunque non aveva tempo per me, non in quel periodo. Era completamente assorbito dal lavoro per Smart House. Naturalmente acconsentì ad aiutarmi finanziariamente, finché i soldi non cominciarono a scarseggiare. Non siamo mai stati separati nel modo in cui la gente pensava che fossimo. Semplicemente non stavamo insieme. Fino alla fine ha creduto che un giorno mi sarei stufata di lavorare per mantenermi e sarei ritornata.»
«E lei? Lo pensava anche lei?» le domandò Charlie senza riuscire a nascondere lo sconcerto che quella donna gli procurava. Non si rendeva conto che era una gran bella donna, peraltro dannatamente intelligente?
Beth lo guardò candidamente e sospirò. «Non lo so. Probabilmente alla fine sarei tornata da lui se avesse insistito molto. Una volta aveva detto che si poteva far fare qualsiasi cosa si volesse ai computer, il trucco consisteva nel trovare il linguaggio giusto, il metodo appropriato e la corretta sequenza dei comandi per comunicare loro cosa si desiderava. Gary era convinto che questo valesse anche per le persone. E aveva ragione, quantomeno riguardo alle persone. Facevano sempre esattamente quello che voleva lui, sempre.»
Charlie scosse la testa guardandola con un’espressione seria. «Per uno dei due non è stato così, Beth. Alla fine o un computer o una persona non hanno fatto esattamente quello che Gary voleva.»