38374.fb2 Il medaglione - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 10

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Nei giorni che vennero il maresciallo, a malgrado dei suoi quotidiani impegni, s’applicò alla promissa fatta a quel poviro omo dispirato.

La prima cosa che fece fu di andare a trovare Gasparina, la soro di Ciccino, che stava assà in pena per il fratello.

Gasparina gli disse che lei e Marta erano coetanee e amiche, che da picciotte passavano praticamente le giornate insieme e che si facivano le confidenze. Non potiva che confermare quello che quarant’anni avanti aviva ditto al fratello tornato dalla prigionia: Marta ne aviva avuti appresso di picciotti che avrebbero voluto farsi ziti con lei, ma lei non si era mai messa con nessuno, manco per scherzo o passatempo. Seria e riservata, non dava conto.

E se avesse avuto una storia d’amore clandestina per gli altri del paìsi che ragione aviva per ammucciarla macari a lei, allora semplicemente sua amica del cuore e non ancora cognata?

Mostrò la foto levata dal medaglione al professor Galluzzo che era un esperto di fotografia e aviva pubblicato un libro sulla storia di Belcolle. Il professore non riconobbe il picciotto, disse però che a suo parere quella faccia era un particolare ritagliato da una foto più grande che forse ritraeva un gruppo di ragazzi durante una gita o una festicciola.

«Sì, qualche gita o qualche festicciola la facevamo» confermò Gasparina. «Ma sempre con cugini, parenti o amici stritti. Certe volte, ma raro, c’era qualchi picciotto forasteri. Ma questa faccia non me la ricordo.»

Tra i clienti anziani di Pasqualino il varberi la piccola foto passò di mano in mano e il risultato fu sempre l’istesso: «No, non l’ho mai visto».

Solo il geometra Albanese s’addimostrò meno sicuro degli altri.

«Questa faccia credo di averla vista, ma tanto tempo fa… Verso il ’40 o qualche anno dopo, dice? Sì, è possibile, il paìsi era pieno di sfollati, i più picciotti però facivano i pendolari… di giorno andavano a travagliare, la sira tornavano a Belcolle per dormiri in pace, senza bombardamenti. E c’era macari chi viniva a Belcolle a trovare la famiglia sfollata il sabato doppopranzo e sinni ripartiva lunedì matina presto. Può darsi che sia in errore, ma questa faccia mi pare d’avirla vista. »

Troppo poco. E questo poco fu tutto quello che arriniscì a ottenere dopo una simanata di domande a vacante.

Ma come faciva il giorno appreso a presentarsi a Ciccino, restituirgli il medaglione e dire che non potiva farci nenti di nenti?

Quella sira, sutta la doccia prima di andarsi a corcare, notò che il rame del piccolo Crocefisso che gli aviva arrigalato trent’anni avanti sua matre e che lui portava sempre al collo si era annerito e qualche minuscolo tratto della catenella si era macari come ossidato.

Lo devo portare a puliziare, pinsò.

E quel pinsero esplose come un lampo nella sua testa.

Nudo com’era, s’apprecipitò a taliare il medaglione che aviva messo nel cassetto del comodino.

Sbrillucciacava.

Evidentemente era stato ripulito da poco.

E l’indomani a matina s’appresentò dal signor Cusumano, un sittantino che da quarant’anni era l’unico orafo del paìsi.

«Sì, certo. Non più di due anni fa la povira Marta venne da me per tarsi puliziare il medaglione, di dintra e di fora.»

«Quindi lei lo aprì?»

«Naturale, come facivo a puiìziarlo di dintra senza raprirlo?»

«E dentro c’era una foto?»

«Sissignore. La levai e dopo la rimisi a posto.»

«Si ricorda se era questa?» spiò il maresciallo pigliandola dalla tasca e mostrandola all’orafo.

Cusumano la taliò attentamente e rispose.

Allora il maresciallo capì d’aviri trovato l’unica possibile soluzione del problema.

S’assittò e disse: «Lei mi deve fare un grandissimo favore».