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Il terzo ritratto Jasper Gwyn lo fece a una donna che stava per compiere cinquant’anni e che aveva chiesto al marito un regalo capace di stupirla. Non aveva visto lei l’annuncio, non aveva trattato lei con Rebecca, non aveva scelto lei di fare quello che stava facendo. Quando arrivò, il primo giorno, si mostrò scettica, e non volle svestirsi completamente. Rimase in sottoveste di seta, viola. Da giovane aveva fatto la hostess, perché aveva bisogno di mantenersi e di mettere più chilometri possibile tra sé e una famiglia che voleva dimenticare. Il marito l’aveva conosciuto sulla tratta Londra-Dublino. Era seduto al posto 19D, e aveva allora undici anni più di lei. Adesso, come spesso succede, avevano la stessa età. Dal terzo giorno si tolse la sottoveste, e un paio di giorni dopo Jasper Gwyn diventò, senza saperlo, il sesto uomo che l’aveva vista completamente nuda. Un pomeriggio Jasper Gwyn le fece trovare tutti gli scuri aperti, alle finestre, e lei ebbe come un attimo di esitazione. Ma dopo parve abituarsi, e col tempo arrivò a piacerle l’indugiare davanti ai vetri, senza coprirsi, sfiorando il vetro con i seni, che aveva candidi e belli. Un giorno attraversò il cortile un ragazzo, a prendere una bicicletta: lei gli sorrise. Qualche giorno dopo Jasper Gwyn tornò a chiudere gli scuri e in qualche modo, da quel momento, lei si arrese al ritratto – un volto diverso, e un altro corpo. Quando fu il giorno giusto per parlare lo fece con una voce bambina, e chiedendo a Jasper Gwyn di sedersi accanto a lei. Ogni domanda sembrava coglierla impreparata, ma ogni risposta era singolarmente acuta. Parlarono di temporali, di vendetta e di attese. Lei disse, a un certo punto, che avrebbe voluto un mondo senza numeri, e una vita senza ripetizioni.
L’ultima lampadina si spense che lei camminava, lenta, cantando sottovoce. Nel buio Jasper Gwyn la intravide continuare lenta, sfiorando le pareti. Lui aspettò che gli fosse vicina e le disse Grazie, Mrs Harper, è stato tutto impeccabile. Lei si fermò e con voce bambina gli chiese se poteva fare una richiesta. Provi, le rispose Jasper Gwyn. Vorrei che mi aiutasse a rivestirmi, lei disse. Con dolcezza, aggiunse. Jasper Gwyn lo fece. E la prima volta che qualcuno lo fa per me, lei disse.
Mrs Harper ebbe il suo ritratto in cambio di diciottomila sterline e di una dichiarazione in cui si impegnava al più assoluto riserbo, pena pesantissime sanzioni pecuniarie. Il marito glielo consegnò la sera del suo compleanno, la tavola imbandita solo per loro due, a lume di candela. Aveva confezionato la cartellina con carta d’oro e un nastro blu. Lei aprì il regalo e seduta a tavola, senza dir nulla, lesse difilato le quattro pagine che Jasper Gwyn aveva scritto per lei. Quando finì, alzò lo sguardo verso il marito e per un attimo pensò che nulla avrebbe potuto impedire loro di morire insieme, dopo aver insieme vissuto per sempre. Il giorno dopo Rebecca ricevette una mail ini cui i signori Harper ringraziavano per la splendida opportunità e pregavano di comunicare al signor Gwyn che avrebbero conservato gelosamente il ritratto senza mai mostrarlo a nessuno, perché era divenuta la cosa più cara che era dato loro di possedere. Sinceramente, Ann e Godfried Harper.