39180.fb2 Mr Gwyn - читать онлайн бесплатно полную версию книги . Страница 50

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49.

Poiché la natura umana è sorprendentemente meschina, sul taxi Jasper Gwyn pensò soprattutto a quanta gente avrebbe dovuto incrociare all’ospedale – colleghi, editor, giornalisti, c’era da aspettarsi un bel po’ di incontri faticosissimi. Immaginò le volte in cui gli avrebbero chiesto cosa stava facendo. Orribile, pensò. Ma quando salì al reparto, solo Lottie gli venne incontro, nel corridoio deserto.

– Non vuole nessuno, non vuole farsi vedere così, gli disse. Ha chiesto solo di te, mille volte, meno male che sei venuto, chiedeva solo di te.

Jasper Gwyn non rispose perché la stava ancora guardando, sconcertato. Portava tacchi a spillo e un tailleur corto mozzafiato.

– Lo so, disse lei. E Tom che me l’ha chiesto. Dice che lo tiene di buon umore.

Jasper Gwyn annuì. Anche la scollatura era di quelle che tengono di buon umore.

– Si incazza se piango, aggiunse Lottie. Ti va di restare un po’ qui? Muoio dalla voglia di andare da qualche parte a singhiozzare come mi pare.

Nella stanza, Tom Bruce Shepperd giaceva tra cannule e macchinari, come rimpicciolito sotto lenzuola e coperte dal colore inesistente – color ospedale. Jasper Gwyn avvicinò una sedia al letto e si sedette. Tom aprì gli occhi. Che schifo, disse, ma piano. Aveva le labbra secche, e nessuna luce nello sguardo. Ma poi si girò un po’, e riconobbe Jasper Gwyn, e allora fu diverso.

Piano, e lentamente, si misero a parlare. Tom aveva da raccontare cosa gli era successo. Il cuore, da qualche parte. Una roba complicata. Tentano un intervento tra due giorni, disse. Ma tentare non è un granché come verbo, annotò.

– Ne uscirai, disse Jasper Gwyn. Come l’altra volta, ne uscirai alla grande.

– Forse.

– Come sarebbe a dire forse?

– Credo che preferirei cambiare argomento.

– D’accordo.

– Vedi se ti riesce di dire qualcosa che non mi deprima.

– Il tailleur di Lottie era da sballo.

– Il solito maiale.

– Io? Tu sei il maiale, sei tu che la fai vestire così.

Tom sorrise – per la prima volta. Poi richiuse gli occhi. Si vedeva che parlare lo affaticava. Jasper Gwyn gli passò una mano sui capelli, e per un po’ rimasero lì, insieme e basta.

Ma poi, senza aprire gli occhi, Tom disse a Jasper Gwyn che c’era una ragione particolare per cui l’aveva fatto chiamare anche se per nulla al mondo avrebbe voluto farsi vedere da lui in quello stato vomitevole. Riprese fiato, e poi disse che era per quella storia del ritratto.

– Non mi va di andarmene senza sapere cosa cazzo ti sei inventato, disse.

Jasper Gwyn spostò la sedia un po’ più vicino alla testa di Tom.

– Tu non te ne vai da nessuna parte, disse.

– Dicevo per dire.

– Prova solo a ripeterlo e vendo tutta la mia backlist a Andrew Wylie.

– Non ti prenderebbe mai.

– Questo lo dici tu.

– D’accordo, ma adesso stammi a sentire.

Ogni tanto si fermava a riprendere fiato. O il capo di un filo che gli scappava, bastardo.

– Ci ho pensano, a quella storia dei ritratti… be’, non ho voglia di stare a sentire tante chiacchiere. Mi è venuta un’idea migliore.

Prese la mano di Jasper Gwyn.

– Fallo.

– Cosa?

– Fammi un ritratto. E io capirò.

– Un ritratto a te?

– SÌ.

– Adesso?

– Qui. Hai due giorni. Non starmi a infinocchiare con tutte ste storie che hai bisogno di un mese, e lo studio, e la musica…

Strinse forte la mano di Jasper Gwyn. Era una forza illogica, nessuno avrebbe saputo dire da dove veniva.

– Fallo e basta. Se sai farlo, lo puoi fare anche qui. Jasper Gwyn pensò a un sacco di obiezioni, tutte sensate.

Comprese con lucidità assoluta che era una situazione grottesca, e si pentì di non aver spiegato ogni cosa al momento giusto, che era molto tempo prima, e sicuramente non ora, in quella stanza d’ospedale.

– Non è possibile, Tom.

– Perché?

– Perché non è un gioco di prestigio. È come attraversare un deserto, o scalare una montagna. Non lo si può fare in un salotto solo perché un bambino a cui vuoi bene te lo chiede. Facciamo così: ti operano, tutto andrà a meraviglia e quando torni a casa io ti spiego tutto, giuro.

Tom mollò la stretta sulla mano e per un po’ se ne stette in silenzio. Respirava un po’ affannoso, adesso.

– Non è solo quello, disse alla fine.

Jasper Gwyn dovette chinarsi un po’ per riuscire a sentire bene.

– Mi importa di capire cosa cazzo combini, ma non è solo quello.

Tornò a stringere forte la mano di Jasper Gwyn.

– Una volta mi hai detto che fare il ritratto a qualcuno è un modo di riportarlo a casa. E così?

– Sì, una cosa del genere.

– Un modo di riportarlo a casa.

– Sì.

Tom si schiarì la gola. Voleva che si capisse bene quello che stava per dire.

– Riportami a casa, Jasper.

Si schiarì un’altra volta la gola.

– Non ho molto tempo e ho bisogno di tornare a casa, disse.

Jasper Gwyn alzò lo sguardo perché non voleva guardare gli occhi di Tom. C’erano tutte quelle macchine, e il colore delle pareti, e il timbro dell’ospedale ovunque. Pensò che era tutto assurdo.

– Mi verrà da schifo, disse.

Tom Bruce Shepperd mollò la stretta e chiuse gli occhi.

– Tanto mica credi che te lo pago, disse.