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54.

Non uscì un granché, di quella storia, sugli altri giornali, e Rebecca cercò Jasper Gwyn per rassicurarlo, ma non riuscì a trovarlo. Si fece vivo lui, dopo qualche, giorno, e fu di poche parole, disse che andava tutto bene. Rebecca lo conosceva abbastanza da non insistere. Smise di cercarlo. Ritagliava gli articoli, pochi, che avevano ripreso la notizia. Si disse che tutto sommato era andata bene. Lavorava in un minuscolo ufficio che Jasper Gwyn aveva trovato per lei, un buco amabile, non lontano da casa sua. Incontrò tre candidati (tutt’e tre avevano letto il tabloid) senza che nessuno la convincesse veramente. Trascorsa una settimana, si aspettò che accadesse quello che sempre accadeva quando l’imperscrutabile volontà delle Caterina de’ Medici decideva che il tempo era finito. Qualche giorno e Jasper Gwyn le avrebbe consegnato una copia del ritratto. Lei allora avrebbe convocato il cliente, che sarebbe venuto a ritirarlo, a saldare il conto e a restituire la chiave dello studio. Era tutto rodato e ripetitivo, e questo le piaceva. Solo che quella volta Jasper Gwyn tardò a farsi vivo, e in compenso si presentò da lei, una mattina, Mr Trawley. Aveva da dire che, secondo sua figlia, le Caterina de’ Medici si erano spente, e l’avevano fatto anche in un modo piuttosto elegante, ma la verità è che quando questo era successo erano ormai nove giorni che Jasper Gwyn non si presentava nello studio. Sua figlia non aveva mancato di recarvisi ogni pomeriggio, ma non l’aveva più visto. Adesso Mr Trawley si chiedeva se dovesse fare qualcosa di particolare, o semplicemente aspettare. Non era preoccupato, ma aveva preferito venire di persona ad appurare che tutto andasse bene.

– E’ proprio sicuro che Mr Gwyn non si sia presentato per nove giorni?, chiese Rebecca.

– Mia figlia dice così.

Rebecca lo fissò in modo interrogativo.

– Sì, mi rendo conto, disse lui. Ma in questo caso sono propenso a crederle.

Rebecca disse che avrebbe controllato e che si sarebbe fatta viva al più presto. Non era tranquilla, ma non lo diede a vedere.

Prima di andarsene Mr Trawley trovò il modo di chiedere se per caso Rebecca aveva idea di com’era andata, là nello studio. Quel che in realtà avrebbe voluto chiedere era se sua figlia si era comportata decentemente.

– Non lo so, disse Rebecca. Mr Gwyn non racconta un granché di quel che succede là dentro, non è nel suo stile.

– Capisco.

– Quel che ho intuito è che sua figlia non è un soggetto facile, per così dire.

– No, non lo è, disse Mr Trawley. Fece una pausa.

– Alle volte può essere estremamente sgradevole, o esageratamente attraente, aggiunse.

Rebecca pensò che le sarebbe piaciuto essere una ragazzina di cui si potesse dire una cosa del genere.

– Le faccio sapere, Mr Trawley. Sono sicura che si sistemerà tutto.

Mr Trawley disse che non ne dubitava.

Il giorno dopo comparve sul “Guardian” un ampio servizio sulla vicenda dei ritratti. Era più preciso di quello apparso sul tabloid e si spingeva a citare il nome di Jasper Gwyn. A lui era dedicato anche un secondo articoletto, in cui si dava conto della sua carriera.

Rebecca si affrettò a cercare Jasper Gwyn. Non lo trovò a casa, e nemmeno un giro nelle lavanderie del quartiere servì a qualcosa. Sembrava sparito.