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49. L 'INVINCIBILE

Un pomeriggio di luglio, il professore Ernesto Manarini di 42 anni, insegnante di fisica al liceo, in vacanza, con la moglie e due figlie, nella sua casa di campagna in Val Caliga, fece una grande scoperta. Nel vasto solaio egli aveva attrezzato un laboratorio dove passava tutte le giornate e spesso anche le notti, facendo esperimenti. Era una sua mania innocente quella di avere la " bosse " dell'inventore; vecchio motivo di scherzi familiari e di lmmancabili ironie da parte dei colleghi che non lo prendevano sul serio.

Quel giorno – c'era un caldo opprimente, la casa silenziosa, la moglie e le ragazze in gita con amici – egli stava armeggiando con un nuovo apparecchio di sua invenzione, uno dei tanti che in tanti anni aveva costruito senza concludere mai niente, quando al pianterreno ci fu un tremendo schianto, come per un'esplosione.

Impressionato, il professore tolse a ogni buon conto la corrente dal circuito che stava provando e si precipitò dabbasso. Pensava che fosse esplosa la bombola di gas che serviva a fare da mangiare. Ma la bombola era intatta, lo constatò subito attraverso il denso fumo che riempiva la cucina. Il guaio era successo in un lungo e stretto armadio a muro, dove il Manarini teneva, per non adoperarlo quasi mai, il fucile da caccia con relative munizioni. Lo sportello era volato in pezzi, del calcio dello schioppo restava un moncherino, anche gli spigoli del muro erano rotti. Non c'era dubbio: per ragioni inesplicabili erano scoppiate le cartucce.

Il Manarini restò qualche istante attonito. Poi cacciò un urlo: " Ci sono! Ci sono! Vittoria! ". E si mise a saltare fra le schegge e i calcinacci come un pazzo. Evelina, sua moglie, rientrata poco dopo, lo trovò ancora in cucina che camminava su e giù in preda a straordinaria eccitazione. E, al cospetto del disastro, stava cominciando una predica solenne, quando lui, gli occhi stralunati, le fece segno di tacere e con aria misteriosa la trasse di là, che le figlie non udissero. " Ascoltami, Evelina " le disse " ti devo confidare un segreto, un segreto così terribile che io non ho forza abbastanza per sostenere da solo. E non c'è bisogno che tu mi prometta di non parlarne con anima viva. Quando te l'avrò detto, capirai da sola che è una questione di vita o di morte. " " Ernesto, tu mi spaventi " fece lei, impressionata dalla faccia del marito, e dal tono. " No, non c'è da spaventarsi, cara. Il fatto è questo: ho fatto una scoperta formidabile. Un apparecchio che concentra in una specie di raggio il campo elettrico, e questo raggio fa scoppiare a distanza gli esplosivi, probabilmente può anche provocare incendi ma questo ancora non posso dirlo con certezza. Ci lavoravo da più di dieci anni, e non ti ho mai detto niente. Finalmente Dio mi ha voluto premiare. Ma perché mi guardi in questo modo? Evelina? Evelina! Non capisci? Io da stasera posso essere il padrone del mondo! "

" Dio mio, e che cosa vorresti fare, adesso? " disse lei, questa volta spaventata seriamente.

" Ma non guardarmi così " gridò il Manarini. " Tu non mi credi, tu pensi che io sia matto. Vuoi che ti dia una prova? Aspetta. " Corse di sopra in camera da letto e poco dopo era di ritorno con in mano tre cartucce da pistola. " Su, se non ci credi, valle a mettere in fondo al giardino, ai piedi dell'abete, poi allontanati un poco e sta a vedere. "

Evelina obbedì. All'insaputa delle figlie attraversò il prato e gettò le cartucce ai piedi dell'abete. Alzando gli occhi, vide il marito affacciato all'abbaino che con gran gesti le faceva segno di trarsi in disparte. Rientrò allora in casa e, affacciata a una finestra del pianterreno, stette a vedere. " Un tesoro d'uomo, Ernesto " pensava intanto " ma qualche volta sfiora l'imbecillità. Possibile non gli sia venuto neanche il sospetto che a provocare l'esplosione in cucina sia stato semplicemente il caldo? " Pac, pac, pac! Tre secche botte, di cui le ultime due quasi contemporanee. Un piccolo fumacchio sotto l'abete, un ramo secco che cadeva, una inquietudine che di colpo cominciò a gonfiarle il petto in un furioso batticuore, un tumulto di pensieri preoccupanti che si accavallavano in un crescendo senza fine. " E adesso? " si chiedeva la donna col presentimento che la serenità della loro esistenza familiare era finita per sempre. " E adesso? Che cosa farà Ernesto? Rivelerà il segreto? E a chi? All'esercito? Non sarebbe una imprudenza? Se lo arrestassero per toglierlo dalla circolazione e impedirgli di parlarne ad altri? Se lo facessero sparire? " " Mamma, mamma! " Era la voce della Paola dal salotto. " Cosa è stato? Non hai sentito come degli spari? " Riuscì a dominarsi, rispose con voce indifferente: " Niente. Sarà stato un cacciatore. La domenica c'è sempre una sparatoria, qua in giro… ".

" Ancora il professore Manarini? " imprecò il capo di Stato Maggiore generale, investendo l'aiutante di campo. " Ma si può sapere che cosa vuole questo rompiscatole? Abbiamo ben altre gatte da pelare! Gliel'ho già detto dieci volte: lo riceva lei, gli parli lei, pensi lei a toglierlo dai piedi. E si può sapere come ha fatto a entrare? "

" Ecco qui, Eccellenza. Un biglietto di presentazione del sottosegretario Fanton. "

" Fanton? E chi è questo Fanton? "

" Sottosegretario all'Istruzione. "

" E alla vigilia della guerra, con l'Europa in fiamme col nemico alle porte, col Paese sconvolto dal panico, con la catastrofe imminente, dovremmo occuparci dei casi personali del professore Manarini? Un figlio da imboscare, giurerei. "

" Dice che è per una questione di supremo interesse nazionale, testuali parole, dice che non parlerà se non con lei personalmente e senza testimoni, dice che non se ne andrà finché non sarà ricevuto, dice che non c'è un minuto da perdere… "

" Non c'è un minuto da perdere " sogghignò il capo di Stato Maggiore sferrando un pugno sulla scrivania. " Lo faccia entrare, su, lo faccia entrare, che lo sistemo subito io! "

Il Manarini entrò. Il generale non alzò neppure gli occhi dalle carte: " Dunque lei sarebbe il professore Manarini? ". " Sissignore. " " E che desidera? " Il professore si schiarì la voce, era emozionato. " Eccellenza, nell'eventualità di un'invasione, con la piena consapevolezza della gravità del mio gesto, io sono venuto a offrire… " " Volontario? Vuole arruolarsi volontario? E viene a raccontarlo proprio a me? " Manarini fece due passi avanti. Chi gli dava tanto coraggio? Alzò lo voce: " Eccellenza, mi lasci parlare! Io sono venuto a offrire un mezzo per sconfiggere il nemico ". " Lei… che cosa? " " Prima di entrare in merito, mi permetto di chiedere non solo una assoluta garanzia di segretezza, ma anche la salvaguardia della mia incolumità personale, mia e della mia famiglia. Per contropartita, la invito, anche subito, ad assistere a un esperimento. " " Dove? " " Non qui, certo. Meglio in aperta campagna. Lei sa guidare l'automobile? " " Perché? " " Perché io non so guidarla. E l'autista non può accompagnarci. Lei ed io soli, questa è la condizione sine qua non. Qualsiasi altro testimone escluso. Ne va della mia vita. E ormai anche della sua, Eccellenza. " Da quota 9000, alle prime luci della mattina limpidissima, la squadriglia di ricognizione veloce avvistò il nemico. Per chilometri e chilometri a perdita d'occhio, sul nastro diritto della strada una colonna interminabile di macchine avanzava lentamente; in testa, a due a due, i formidabili carri armati di rottura. E al di sopra dell'armata, controluce, si vedevano roteare i caccia; erano una trentina.

L'avvicinarsi dei tre ricognitori fu immediatamente avvertito dal nemico. Dall'ombrello di protezione, una decina di apparecchi si staccarono fulminei, si divisero in due gruppi e manovrarono per chiudere i nostri a tenaglia.

A bordo del ricognitore capo squadriglia, seduto accanto al pilota, il professore Manarini schiacciò un tasto. Uno schermo oblungo si accese. Allora egli afferrò per una manopola l'estremità di una specie di tubo mobile su un perno e lo fece brandeggiare lentamente. Delle piccole vampe bluastre balenarono nel cielo là dove fino a un istante prima erano i caccia nemici che muovevano all'attacco, quindi una pioggia di fumate nere precipitò a picco verso la terra lontana.

Pochi secondi, ed ecco un altro più numeroso barbaglio nel cielo; da cui colarono giù come tizzoni gli altri aerei squarciati e fumiganti. Nell'aria restò una cancellata altissima di nere colonne che il vento disperdeva.

Dopodiché, senza cambiare rotta, i tre ricognitori assunsero la formazione in linea di fila e si tuffarono in direzione della colonna corazzata.

Minuscoli lampi in corrispondenza dei primi carri fecero capire che il nemico apriva il fuoco contraereo. Ma quasi nello stesso istante i dispositivi Manarini installati sui ricognitori entravano in azione di conserva.

Fu una scena mai vista. Da lontano era come se una gigantesca miccia distesa lungo la strada fosse stata accesa a un capo e il fuoco la risalisse a velocità vertiginosa, divorandola. Un'eruzione di vampe, saette, fuochi artificiali, fontane incandescenti, nembi purpurei, guizzi e ardenti globi volò su per le schiere trasformandosi in un tetro oblungo nuvolone che, internamente illuminato dalla benzina in fiamme, si avvoltolava in vortici convulsi. In poco più di un secondo, di tre intere divisioni corazzate non restava che una striscia di immota cenere. Dal bollettino n. 14 del Gran Quartiere Generale: "… Tre formazioni nemiche di super-bombardieri pesanti provenienti da nord-est, la prima di circa 850 apparecchi, la seconda di circa 200 e la terza di oltre 1100 sono state totalmente distrutte dai nostri mezzi speciali d'intercettazione non appena hanno varcato la linea di confine… " " Nel Mare Jonio, una squadra navale nemica composta di due portaerei, una corazzata, 3 portaerei ausiliarie e 13 siluranti di scorta, che stava avvicinandosi alle nostre coste, è stata fatta saltare in aria dai nostri mezzi antinavali: una nostra nave ospedale ha tratto in salvo oltre 2200 naufraghi… " Dai titoli dei giornali:

ALTRE SETTE DIVISIONI NEMICHE ANNIENTATE I REPARTI SUPERSTITI DELL’ ESERCITO INVASORE RIPIEGANO IN DISORDINATA FUGA

OLTRE 8000 APPARECCHI AVVERSARI E NUMEROSI MISSILI ATOMICI POLVERIZZATI IN CIELO

UN MESSAGGIO DEL CAPO DELLE FORZE ARMATE AL PROFESSORE MANARINI

IL NEMICO CHIEDE L'ARMISTIZIO

COME IL GENIO DI UNA NAZIONE POVERA HA SBARAGLIATO L'ESERCITO PIÙ POTENTE DEL MONDO

MANARINI PORTATO IN TRIONFO DAL POPOLO DI ROMA LA GRANDIOSA CELEBRAZIONE DELLA VITTORIA: IL DISCORSO DI MANARINI IN CAMPIDOGLIO

IL PREMIO NOBEL PER LA PACE A ERNESTO MANARINI

MANARINI CHIAMATO ALLA SUPREMA CARICA CON VOTAZIONE PLEBISCITARIA

IL PRESIDENTE MANARINI INAUGURA LA 46esima FIERA DI MILANO