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ver' cui poco già mai mi valse o vale ingegno, o forza, o dimandar perdono; e i duo mi trasformaro in quel ch'i' sono, facendomi d'uom vivo un lauro verde, che per fredda stagion foglia non perde.
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Qual mi fec'io quando primier m'accorsi de la trasfigurata mia persona, e i capei vidi far di quella fronde di che sperato avea già lor corona, e i piedi in ch'io mi stetti, et mossi, et corsi, 45
com'ogni membro a l'anima risponde, diventar due radici sovra l'onde non di Peneo, ma d'un piú altero fiume, e n' duo rami mutarsi ambe le braccia!
Né meno anchor m' agghiaccia
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l'esser coverto poi di bianche piume allor che folminato et morto giacque il mio sperar che tropp'alto montava: ché perch'io non sapea dove né quando me 'l ritrovasse, solo lagrimando 55
là 've tolto mi fu, dí e nocte andava, ricercando dallato, et dentro a l'acque; et già mai poi la mia lingua non tacque mentre poteo del suo cader maligno: ond'io presi col suon color d'un cigno.
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Cosí lungo l'amate rive andai, che volendo parlar, cantava sempre mercé chiamando con estrania voce; né mai in sí dolci o in sí soavi tempre risonar seppi gli amorosi guai, 65
che 'l cor s'umilïasse aspro et feroce.
Letteratura italiana Einaudi
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Francesco Petrarca - Il Canzoniere Qual fu a sentir? ché 'l ricordar mi coce: ma molto piú di quel, che per inanzi de la dolce et acerba mia nemica è bisogno ch'io dica,
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benché sia tal ch'ogni parlare avanzi.
Questa che col mirar gli animi fura, m'aperse il petto, e 'l cor prese con mano, dicendo a me: Di ciò non far parola.
Poi la rividi in altro habito sola, 75
tal ch'i' non la conobbi, oh senso humano, anzi le dissi 'l ver pien di paura; ed ella ne l'usata sua figura tosto tornando, fecemi, oimè lasso, d'un quasi vivo et sbigottito sasso.
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Ella parlava sí turbata in vista, che tremar mi fea dentro a quella petra, udendo: I' non son forse chi tu credi.
E dicea meco: Se costei mi spetra, nulla vita mi fia noiosa o trista; 85
a farmi lagrimar, signor mio, riedi.
Come non so: pur io mossi indi i piedi, non altrui incolpando che me stesso, mezzo tutto quel dí tra vivo et morto.
Ma perché 'l tempo è corto,
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la penna al buon voler non pò gir presso: onde piú cose ne la mente scritte vo trapassando, et sol d'alcune parlo che meraviglia fanno a chi l'ascolta.
Morte mi s'era intorno al cor avolta, 95
né tacendo potea di sua man trarlo, o dar soccorso a le vertuti afflitte; le vive voci m'erano interditte; ond'io gridai con carta et con incostro: Non son mio, no. S'io moro, il danno è vostro.
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Letteratura italiana Einaudi
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Francesco Petrarca - Il Canzoniere Ben mi credea dinanzi agli occhi suoi d'indegno far cosí di mercé degno, et questa spene m'avea fatto ardito: ma talora humiltà spegne disdegno, talor l'enfiamma; et ciò sepp'io da poi, 105
lunga stagion di tenebre vestito: ch'a quei preghi il mio lume era sparito.
Ed io non ritrovando intorno intorno ombra di lei, né pur de' suoi piedi orma, come huom che tra via dorma,
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gittaimi stancho sovra l'erba un giorno.
Ivi accusando il fugitivo raggio, a le lagrime triste allargai 'l freno, et lasciaile cader come a lor parve; né già mai neve sotto al sol disparve 115
com'io sentí' me tutto venir meno, et farmi una fontana a pie' d'un faggio.
Gran tempo humido tenni quel vïaggio.
Chi udí mai d'uom vero nascer fonte?
E parlo cose manifeste et conte.
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L'alma ch'è sol da Dio facta gentile, ché già d'altrui non pò venir tal gratia, simile al suo factor stato ritene: però di perdonar mai non è sacia a chi col core et col sembiante humile 125
dopo quantunque offese a mercé vène.
Et se contra suo stile essa sostene d'esser molto pregata, in Lui si specchia, et fal perché 'l peccar piú si pavente: ché non ben si ripente
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de l'un mal chi de l'altro s'apparecchia.
Poi che madonna da pietà commossa degnò mirarme, et ricognovve et vide gir di pari la pena col peccato, benigna mi redusse al primo stato.