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L'idea fu del cane di pezza.
Povero Spìcciola: non gli badava mai nessuno; primo, perché non si capiva di che razza fosse, secondo, perché non apriva mai bocca, nemmeno per sbadigliare. Era tanto timido. Se qualche pensiero gli attraversava la testa da un orecchio all'altro si guardava bene dal comunicarlo agli amici. Con chi parlare, del resto? Le bambole erano signore troppo eleganti per prendere in considerazione un cane che non era né maltese, né pechinese, né bassotto. I soldati di piombo gli avrebbero rivolto la parola, ma gli ufficiali certo non avrebbero dato il permesso. Insomma tutti avevano qualche ragione per non accorgersi del cane di pezza, e a forza di starsene zitto, sapete che cosa gli era successo? Che non sapeva più abbaiare.
Anche quella volta che aprì bocca per spiegare la sua famosa idea, gli uscì un suono così bizzarro, tra il miagolio del gatto e il raglio dell'asino, che l'intera vetrina scoppiò a ridere.
Solo Penna d'Argento non rise, perché i pellerossa non ridono mai. E quando gli altri ebbero finito di ridere lui si tolse la pipa di bocca e disse:
— Signori, ascoltare tutti quello che Spìcciola dire. Cane avere
parlato sempre poco e pensato molto. Chi pensare molto dire cosa saggia.
Spicciola arrossì fino alla punta della coda per il complimento, si schiarì la voce e cominciò a balbettare:
— Quel bambino… quel Francesco… credete che riceverà qualche dono dalla Befana quest'anno?
— Non credo — disse il Capostazione. — Sua madre non si è fatta più vedere e lettere non ne sono arrivate: io sono sempre stato attento alla posta.
— Anch'io — proseguì Spìcciola. — E penso proprio che a Francesco non toccherà nulla. Che ne direste se gli facessimo una sorpresa?
— Uh sì, una sorpresa — risero le bambole. — Che cos'è?
— Zitte, voi — tuonò Mezzabarba — le donne dovrebbero sempre star zitte.
— Ritirate subito l'offesa — esclamò il Colonnello dei bersaglieri sguainando la spada — o ve la ricaccerò in gola…
— … A cannonate! — concluse il Generale dell'artiglieria, schierando le sue batterie.
— Scusate, — gridò il Pilota Seduto — non fate tanto chiasso, perché di quassù non si capisce nulla. Lasciate parlare il cane.
— Ecco — disse Spìcciola, quando fu tornata la calma — sappiamo il suo nome, sappiamo il suo indirizzo: perché non andiamo tutti quanti da lui?
— Da chi? — domandò una delle bambole.
— Da Francesco.
Ci fu un attimo di silenzio, poi scoppiò una discussione ani-matissima: ciascuno parlava e gridava per conto suo, senza stare a sentire quello che dicevano gli altri.
— Ma questa è una rivolta, — esclamava il Generale — io non posso assolutamente permettere una cosa simile. Bisogna ubbidire agli ordini.
— Ossia?
— Ossia niente. Bisogna rimanere disciplinati.
S
— E andare dove ci porterà la Befana? Così a Francesco non toccherà nulla nemmeno quest'anno, perché il suo nome è segnato sul librone dei poveri…
— Corpo di mille balene…
— Piuttosto. — intervenne il Capostazione — conosciamo l'indirizzo, ma non la strada per arrivarci.
— Io ci ho pensato — mormorò timidamente Spìcciola. — Io posso seguire una pista col fiuto, lo sapete?
— E io sapere leggere tracce in terra — disse Penna d'Argento. — Io d'accordo andare tutti da Francesco. Chi viene?
Stavolta non si trattava di far chiacchiere, ma di decidere. Tutti guardarono dalla parte del Generale d'artiglieria.
Egli stette un pezzo a grattarsi il mento, passeggiò su e giù davanti ai suoi cannoni schierati in ordine di battaglia, poi concluse:
— Va bene. Proteggerò la marcia con le mie truppe. Confesso che anche a me non piace molto l'idea di farmi comandare da una vecchia Befana.
— Urrà! — gridarono gli artiglieri.
La fanfara dei bersaglieri intonò una marcetta che avrebbe fatto fare i salti mortali ad un morto, il Macchinista si attaccò al fischio della locomotiva e dovette accorrere il Capotreno a zittirlo.
La data del viaggio fu fissata per la sera seguente, vigilia dell'Epifania. A mezzanotte la Befana sarebbe venuta in negozio per riempire di giocattoli la cesta e avrebbe trovato la vetrina vuota, ecco tutto.
— Chissà che faccia farà, chissà che zampillo, corpo di mille balene in fuga! — ghignò il Capitano Mezzabarba, sputando oltre il parapetto del suo veliero.