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In mezzo alla piazza del villaggio fu alzata una bella forca, con la sua brava botola che si apriva quando il boia schiacciava il bottone e quando il boia schiacciava il bottone il sor Pisello cadeva nella buca e ci restava finché era morto.
Quando lo andarono a chiamare per impiccarlo il sor Pisello fece di tutto per guadagnare tempo: prima disse che non si era ancora fatta la barba, poi volle lavarsi la testa, poi trovò che gli erano cresciute troppo le unghie e disse che le voleva tagliare.
Il boia protestava perché si perdeva tempo ma il desiderio di un condannato a morte è sacro, e così bisognò cercare un paio di forbicine: il sor Pisèllo ci mise due ore a tagliarsi le unghie delle mani e dei piedi ma alla fine dovette rassegnarsi a partire.
Mentre saliva i gradini della forca gli venne una grande paura. Doveva morire. Così piccolo, così grasso, così verde, con la testa lavata e le unghie tagliate, e doveva morire.
Difatti cominciarono a rullare i tamburi. Il boia mise il cappio al collo dell'avvocato, contò fino a tredici perché era superstizioso, poi schiacciò il bottone. La botola si aprì, il sor Pisello precipitò nel buio pensando: "Stavolta sono morto davvero. Sento già le voci del Paradiso".
Una delle voci diceva:
— Tagli lei, signor Cipollino. Con questa luce io ci vedo troppo poco.
Qualcuno tagliò il laccio che stringeva il collo del sor Pisello e la voce disse di nuovo:
— Gli dia un sorso di questo ottimo sciroppo di patate: noi talpe non andiamo mai in giro senza la nostra bottiglietta di medicinale.
Cosa diavolo era successo?